1 Aprile 2021 - Diversi racconti che proclameremo nella veglia, nel giorno e alla sera di Pasqua, ci prestano gli occhi sullo stesso evento.
Il mattino del primo giorno della settimana, gli occhi di Maria di Màgdala e l’altra Maria, quasi escono dalle orbite dallo stupore, dalla sorpresa, ma sono tutti sulla pietra tolta dal sepolcro, ma non vanno oltre: non arrivano ancora a Gesù risorto e vivo.
Gli occhi di Pietro non possiedono nemmeno lo stupore emotivo dello sguardo delle donne, sono occhi delusi, indagatori, occhi che osservano, che rimangono fissi su ciò che è morto e non può essere diversamente. Lo sguardo di Pietro è lo sguardo di colui che processa la realtà, non la capisce, non riesce a concepirla insieme a tutto il resto. Pietro ha ancora gli occhi sulla croce, sul sangue, sui chiodi. È lo sguardo di colui che ha l’anima e la mente su ciò che è stato tolto e non su ciò che è stato donato. Pietro vede un sepolcro vuoto, depredato del corpo del Maestro.
Gli occhi di Giovanni guardano e vedono, vedono e conoscono, riconoscono e credono, credono e amano. Lo sguardo di Giovanni nel sepolcro vuoto vede la morte, la morte depredata del suo trofeo più illustre: un corpo! E crede.
È Risorto!
Lo sguardo di Giovanni non vede ciò che manca ma ciò che è dato. Lui e tutta la Chiesa possono finalmente sperimentare per la prima volta cosa significhi credere veramente in Gesù. Non una fede mentale, religiosa, associativa che non entra nelle vene della vita, dei pensieri, delle emozioni e delle scelte, figlia di un momento che stabilisce le cose anche con una certa logica: assurda ma logica.
La fede vera ed efficace non è scoprire che Gesù è Risorto, ma credere sempre in Gesù Risorto, fidarsi di lui. Fidarsi di lui e della sua Parola sempre e comunque al di sopra di tutto e di tutti. Se credere in Gesù non corrisponde a fidarsi e affidarsi completamente e sempre a Lui, questo credere non è fede.
Per questo la Resurrezione è un dono continuo per tutti. E cambia la vita di tutti!
Buona Pasqua! (p. Gaetano Saracino)
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Vangelo Migrante: Venerdì Santo – Passione del Signore (Vangelo Gv 18, 1-19,42)
1 Aprile 2021 - Il Vangelo che viene proposto nell’unica liturgia ammessa in questo giorno, la celebrazione della Passione del Signore e l’Adorazione della Croce, è il racconto della Passione di Gesù secondo Giovanni.
L’ultima parola di Gesù, prima di consegnare lo spirito. è: “è compiuto!”
Non è un grido disperato ma è una cascata che raccoglie in sé la somma di tutti i beni e di ogni ricchezza di luce e di amore, che finalmente può riversarsi sull’umanità che desidera immergersi nella pace di Dio. Al tempo stesso, è il sigillo inviolabile di Gesù su tutte le cose che sono state, che sono e che saranno. Solo il Signore, non il servo, può dire tutto è compiuto, può dire ora è fatto, ora è tutto nuovo, è tutto in Dio.
L’abbandono di Gesù al Padre è totale. È il vertice della fede da cui tutto ha inizio. Drammatico, come si può immaginare, ma necessario.
Attraverso il cuore aperto del Signore crocifisso passa tutto il nostro dolore e da quel cuore ci viene donato ogni brandello della nostra luminosa umanità: “da quelle piaghe siamo stati guariti!” (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante – Giovedì santo – Cena del Signore (Vangelo Gv 13, 1-15)
31 Marzo 2021 - Non prima, non dopo, ma durante la cena Gesù si alza in piedi, si toglie le vesti, si cinge dell’asciugamano e compie il sacramento della lavanda dei piedi. La lavanda dei piedi è l’Eucaristia secondo il vangelo di Giovanni. I piedi di tutti, con l’acqua e l’asciugamano, nel gesto della lavanda, offrono qualcosa che nessun altro sacramento può garantire: mettono tutti sullo stesso piano. Quel catino mette l’uomo sullo stesso piano di Dio: l’uomo può iniziare a far parte felicemente, e senza freni e limiti, della dimensione di Dio e Dio può iniziare a far parte felicemente, senza freni e limiti, della dimensione umana.
Gesù si toglie le vesti della regale divinità per far parte con l’uomo di tutta la propria signoria, onnipotenza, sapienza, della propria eternità, in un catino d’acqua.
La lavanda dei piedi è il lavacro dell’amore e del perdono: non solo fa entrare ogni dimensione nell’altra, ma anche purifica e sana, salva e guarisce.
Senza imparare l’arte della lavanda dei piedi, secondo il Vangelo, non c’è futuro per la Chiesa così come la conosciamo, non c’è futuro per i matrimoni e per le famiglie, per le relazioni affettive, per le convivenze tra i popoli.
Senza lavanda, nessuno potrà mai entrare a far parte della dimensione dell’altro, non conosceremo mai la potenza dell’unità, la fragranza della vera condivisione, la purificazione del perdono, la felicità incontenibile di far parte di Dio e della sua dimensione.
E Gesù la dà come dovere: “se non ti laverò, non avrai parte con me!”. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: domani inizia il Triduo Pasquale
31 Marzo 2021 - Con la celebrazione del Giovedì Santo, ha inizio il triduo pasquale.
Dopo un anno di eccezionale digiuno, riassaporiamo il gusto di poter abitare il cenacolo, le nostre Chiese. Ma non possiamo dimenticare che ci sono cristiani che vivono la Pasqua non nei luoghi di culto ma in quelli dove si soffre: in un letto di ospedale o in corsia, ma anche in un campo profughi, nel deserto, su una nave, in terra straniera, in una galera …
Evidentemente non con dei riti ma attraverso la tribolazione che li unisce, nel modo più forte che possa esserci, al passaggio di Gesù da morte a vita: la passione e la speranza della Resurrezione. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: Domenica delle Palme e della Passione del Signore
25 Marzo 2021 - Con la domenica delle Palme o della Passione di nostro Signore, ha inizio la settimana Santa. L’invito rivolto a tutti è quello di viverla, per come è possibile e nel rispetto delle norme, nelle liturgie in presenza; una ritualità ridotta non la rende meno significativa. Anzi.
Ascolteremo 2 brani di Vangelo: quello dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme e quello del racconto della Passione, secondo l’evangelista Marco.
All’Osanna del primo Vangelo segue lo spettacolo penoso e pensoso della croce e della crocifissione.
L’acclamazione attribuita a Gesù è figlia di un’aspettativa umana: è politica.’ Tu sei la soluzione ad un nostro bisogno pratico: i romani e le loro oppressioni. Per questo, secondo noi, sei un re’.
Un politico di alto spessore come Aldo Moro pensava che la politica per sua natura finisce sempre male; ragion per cui, quel male va corretto, emendato, riscattato. Ma sapeva anche che nella politica non c’è l’assoluto, c’è il relativo e che la perfezione non appartiene a quel mondo. Per questo l’attesa del popolo era riposta in un vacuum che non tarderà a ribellarsi qualche giorno dopo.
La croce non è la perfezione ma il senso della Croce di Gesù Cristo è proprio quello del riscatto fin dalla radice di tutto il male che circonda l’uomo. Dice un poeta: “essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all’uomo che è in croce”. Perché l’amore conosce molti doveri, ma il primo è di essere con l’amato, stringersi a lui, per poi trascinarlo in alto e, se serve, fuori dalla morte.
Se Gesù fosse sceso dalla croce non avrebbero ucciso Lui. Rimanendo in croce ha insegnato a non uccidere nessuno!
Ad accorgersene per primo fu quel centurione che era lì sotto; guardandolo esclama: “davvero quest’uomo era figlio di Dio!”.
Non è la prova dell’esistenza di Dio ma è l’annuncio che Dio nella croce sa cosa fare. L’uomo può solo gridare. Dio può solo salvare. Ed è l’unico a saperlo fare.
Per questo, inventa la Resurrezione! (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: V domenica di Quaresima (Vangelo Gv 12,20-33)
18 Marzo 2021 - Vogliamo vedere Gesù.
È la domanda dei cercatori di ogni tempo. La stessa che alcuni greci rivolgono ad un apostolo, nel Vangelo di questa domenica. È anche la nostra.
Insieme vanno da Gesù e questi risponde: ‘se volete capire me, guardate il chicco di grano. Guardate la croce’. Immagini umili e vitali … ma anche pericolose, perché rischiano di coltivare un immaginario attorno a Lui di dolore e infelicità.
L’esca la fa il verbo ‘morire’ che annulla il fine verso cui converge tutto il mistero del chicco di grano, come quello della croce: ‘produrre’.
Un chicco quando cade in terra non viene ammazzato dalla terra ma si offre ad essa e da seme diventa germe (con radici in basso e foglie in alto). Si trasforma in una esplosione di vita più evoluta e potente.
Così la croce: cosa ci attrae di essa? Le piaghe, il sangue, i chiodi? No. Bensì l’amore di quel gesto estremo: quello di chi dà la vita per un altro. In quel segno c’è la salvezza per tutti: “quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”.
‘Ad un Dio così non ci si abitua mai’, dice papa Francesco. Si può solo contemplare per come ha voluto raccogliere il grande nel piccolo, l’universo nell’atomo, l’albero nel seme, l’uomo nell’embrione, l’eterno nell’attimo, l’amore in un cuore, sé stesso in quell’Uomo e, in Lui, in ogni uomo. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: IV domenica di Quaresima (Vangelo Gv 3,14-21)
11 Marzo 2021 - Nel cammino di quaresima c’è una domenica, ed è questa, detta ‘in laetare’ che letteralmente significa ‘rallegrarsi’. Una sorta di dolce pausa nell’impegnativo cammino che ci accompagna alla Pasqua.
Il motivo di questo rallegramento lo troviamo nel Vangelo.
Gesù è impegnato in un colloquio con Nicodemo, un maestro dei giudei, che era venuto di notte ad incontrarlo. E in questo colloquio Gesù dice: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio (…). Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui”.
A Dio non interessa istruire processi contro di noi per condannare o per pareggiare i conti, e neppure per assolverci. La vita degli amati da Dio non è a misura di tribunale, ma a misura di abbraccio.
Si tratta di una iniziativa che umanamente non ha logiche. E questo ci sorprende, abituati come siamo a vagliare con giudizio critico ogni cosa, a cominciare dalle persone. Perché, allora, Dio lo fa? Gesù ci ha detto che questo è Dio. E, dicendoci chi è Dio, ci dice anche chi vive e opera in Dio: non tanto uno che ama Dio quanto uno che crede di essere amato da Dio.
Peccato che sulle facce dei credenti questo si veda poco!
Si può fare di più. Si, a partire dalla quaresima.
Forse, meno questioni e più letizia! (p. Gaetano Saracino)
Vangelo migrante: III domenica di Quaresima (Vangelo Gv 2,13-25)
4 Marzo 2021 - Esiste uno spazio della relazione tra Dio e l’uomo che non può essere violato.
La prima lettura è la proclamazione dei comandamenti. Prima di essere dei divieti, le dieci parole sono l’edificazione dell’uomo a partire dalla purificazione di tutto ciò che lo corrompe. E a corromperlo sono, innanzitutto, i suoi desideri: non desiderare le cose del tuo prossimo, è la chiave per comprendere le altre parole. Le trasgressioni descritte negli altri comandi hanno tutte origine in questo.
È proprio per spazzare questa radice che Gesù compie quel gesto di purificazione nel tempio, scacciando i mercanti. La tragedia dell’uomo non consiste tanto nelle sue trasgressioni, ribellioni, idolatrie ma il quello che esce dal suo cuore e provoca quegli effetti. Quel tempio è il cuore dell’uomo. E l’uomo, per come lo conosce Gesù, è crocifisso dai suoi desideri: “egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo”.
E non può essere altrimenti. Molte volte la nostra vita ci appare brutta non perché lo è veramente ma perché la desideriamo diversa. Insoddisfazione, rabbia, frustrazione sono l’effetto di aspettative deluse. E queste distruggono l’uomo.
Gesù, proprio nel luogo della purificazione si trova una realtà strutturata e strumentalizzata per desiderare guadagni e vantaggi. E in quel luogo indica la sua missione: “distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (…) parlava del tempio del suo corpo”.
Gesù deve compiere un’opera: ricostruire questo tempio, che è l’uomo, a partire dal suo cuore. Come? Seminando i desideri dello Spirito e purificando quel ‘sacro’ assimilato con troppa disinvoltura alle cose del mondo, ai desideri egocentrici, agli interessi di parte e che produce disuguaglianza e sottomissione tra fratelli.
La Quaresima è per ricevere il dono di una purificazione. Lasciarsi ‘distruggere’ dalla parola di Dio, è permettere a Gesù di parlare al nostro cuore e ricostruircelo. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: II domenica di Quaresima (Vangelo (Mc 9,2-10)
25 Febbraio 2021 - Dopo il deserto, una montagna.
Abramo (prima lettura) su un monte scopre che il suo Dio non è come la divinità dei Cananei: un Dio che, in cambio del possesso delle proprie cose e della propria vita, chiede qualcosa, fosse anche la vita dei figli. Il suo è un Dio che dà: un figlio avuto in vecchiaia ed una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia del mare.
Ma il dono pieno completo, per sempre e per tutti, Dio lo fa in Gesù, Figlio donato per la vita del mondo. Nella Trasfigurazione, su un’altra montagna, tre discepoli lo vedono non solo come uomo, maestro, amico ma lo vedono per come lo vede Dio: non solo vero uomo ma anche vero Dio. Questa è la Trasfigurazione: Gesù visto fino in fondo, per come è compiutamente.
Non è diverso da prima (trasformato) ma compiuto, completo rispetto a prima (trasfigurato). Questo è il dono di Dio offerto agli apostoli sul Figlio e sul reale: l’invisibile. L’invisibile è lo sguardo di Dio.
L’incontro avviene su un monte perché è solo da lì che può esserci un’altra prospettiva. Noi le cose della vita le possiamo guardare o dalla pianura o dal monte. O con i nostri occhi: allora Dio è quello che ci serve per i nostri mille problemi. O con quelli di Dio: allora Cristo è luce e è di uno splendore tale che nessun lavandaio sulla terra potrebbe riprodurre.
Appaiono Elia e Mosè: la legge e i profeti. Conversano con Gesù. Significa che parlano di Gesù. Queste cose si sapevano, e si sanno, ma fino a quando non è lo sguardo di Dio ad illuminarle e penetrarle, esse non si comprendono.
‘È bello per noi essere qui!’ esclama Pietro. Non è una conseguenza logica ma è l’espressione di un appagamento, una pienezza di senso come a dire: ‘qui, sono dove devo stare e dove non potrei stare meglio!’
Migriamo anche noi su una qualche altura perché Dio possa accendere uno sguardo penetrante e farci comprendere in pienezza chi è Lui, cos’è la vita del mondo; ma anche chi sono io. E cosa voglio (non sarebbe male!) (p. Gaetano SARACINO)
Vangelo Migrante (I domenica di Quaresima Vangelo Mc 1,12-15)
18 Febbraio 2021 - Chinando il capo nel Rito delle Ceneri abbiamo preso coscienza ad un tempo della nostra fragilità e della necessità di riscoprire che non siamo solo bisognosi di cose ma che abbiamo sempre bisogno di imparare a desiderare Dio.
La carità silenziosa, il digiuno e la preghiera ci accompagneranno per quaranta giorni in un cammino che giunge alla promessa pasquale e passa da noi stessi e dai fratelli. Non un tempo di rinuncia o di tristezza, fine a se stesse ma un tempo di trepidazione e di feconda attesa: spegnere delle cose per accenderne altre, rinunciare a qualcosa per fare posto a qualcos’altro.
Il viaggio scandito da 5 domeniche, muove riprendendo le prime battute del Vangelo di Marco: nel giardino di pietre che è il deserto, Gesù vince il vecchio sguardo sulle cose (le tentazioni) e semina occhi nuovi sulla storia e sul reale: “convertitevi e credete al Vangelo!” Anche lui ha dovuto affrontare la partita decisiva: che tipo di Messia sarà? Quello venuto per essere servito o per servire? Per avere, salire, comandare o per scendere, avvicinarsi, offrire?
Il primo di tutti i comandamenti è un decreto di libertà: scegliere! E Gesù sceglie ciò che costruisce e fa crescere la Sua vita e quella degli uomini in umanità e dignità. Questo è il disegno che Dio ha compiuto nel Figlio: “il tempo è compiuto!”
Gesù Resiste, e in quei quaranta giorni la pietraia intorno a Lui si popola. Dai sassi emerge una fioritura di creature. Da quando Gesù lo ha abitato, non c’è più deserto che non sia benedetto da Dio. Dove passa Lui la vita germoglia e rimette al mondo persone disgregate e ferite. Un’energia trasformativa risanante cova tra le pietre di ogni nostra tristezza, come una buona notizia: “il Regno di Dio è vicino!” È in atto una nuova convivenza con Dio e fra gli uomini.
All’inizio di Quaresima queste parole non sono una ingiunzione ma una promessa. Perché ciò che converte il cuore dell’uomo non è mai un dovere ma è sempre una promessa. Quale? Quella che Gesù racchiude dentro la primavera di una parola nuova, la parola generatrice di tutto il suo messaggio: “il Regno di Dio è vicino!”. Una nuova convivenza. Appunto. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: VI domenica del Tempo ordinario (Vangelo Mc 1,40-45)
11 Febbraio 2021 - La sinagoga, la casa di Pietro, la strada: Gesù – Parola che salva, passa ovunque si fa la vita. E si lascia raggiungere dalla vita che è quella che è, ovunque.
Questa domenica ai suoi piedi, in ginocchio, un lebbroso con la bocca velata e il volto nascosto implora: “Se vuoi, puoi guarirmi”. È implicito l’interrogativo che gli viene rivolto a nome di tutti i figli dolenti della terra: che cosa vuole veramente Dio da questa carne piagata, che se ne fa di queste lacrime? Vuole sacrifici o figli guariti?
E Gesù, toccato da questa domanda grande e sommessa, è costretto a rivelarsi. Davanti al contagioso, all’impuro, ad un cadavere che cammina e che non si deve toccare, uno scarto buttato fuori, prova ‘compassione’. Il Vangelo usa un termine di una carica infinita, che indica un crampo nel ventre, un morso nelle viscere, una ribellione, un impeto che sembra dire: ‘adesso, basta!’
Gesù allunga la mano e tocca. Nel Vangelo ogni volta che Gesù si commuove, tocca. Dio non guarisce con decreti, ma con mano. La risposta di Gesù al ‘se vuoi’ del lebbroso, è diretta e semplice, una parola ultima e immensa che scaturisce dal cuore di Dio: “lo voglio: guarisci!”.
Come in ogni guarigione, anche in questa c’è l’atto ri-creativo di Dio che separa la malattia dal malato; ma c’è anche lo sdegno totale dinanzi alla paura collettiva che si è materializzata in leggi e decreti (prima lettura), inaccettabili giustificazioni ai processi di emarginazione.
Per questo il Vangelo annota che lo mandò via, con tono severo, ordinandogli di non dire niente. La volontà di Dio non è indugiare sui limiti del puro e dell’impuro ma recuperare gli esclusi. Quelle regole, tese a rassicurare le coscienze dei fortunati o dei presunti meritevoli, vanno debellate. L’ovvio non ha bisogno di essere spiegato.
Il Regno di Dio è presenza che sana, è Parola non sprecata che ricrea ed esige un vero e proprio ‘contagio’ con i lebbrosi di ogni tempo. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: V domenica del Tempo ordinario (Vangelo Mc 1,29-39)
4 Febbraio 2021 - Gesù esce dalla sinagoga e va nella casa di Simone: inizia la Chiesa. Inizia attorno ad una persona fragile, malata: “la suocera di Simone era a letto con la febbre”. Gesù la prende per mano, la solleva, la libera e lei, non più imbrigliata dentro i suoi problemi, può occuparsi della felicità degli altri: “ed ella li serviva”.
La vera guarigione genera l’atteggiamento di servizio, che fa passare la persona da uno stato di paralisi a una disponibilità sollecita e pronta. È sempre questa la prima e più rilevante vittoria sul male che affligge il mondo.
Un miracolo dimesso, poco vistoso, senza neppure una parola da parte di Gesù, eppure ci ispira a credere che lo spazio di Dio, il luogo dove atterra la sua potenza, è tutto l’uomo, anche i suoi limiti.
Dopo il tramonto del sole, finito il sabato con i suoi divieti (proibito anche visitare gli ammalati) tutto il dolore di Cafarnao si riversa alla porta della casa di Simone. È l’umanità che raggiunge Gesù in piedi, sulla soglia, tra la casa dove Lui è e la strada dove loro vivono: luogo fisico e luogo dell’anima, il luogo dove Dio incontra ogni uomo, in tensione tra certezze (le sue fatiche, i dolori) e speranze (di guarigione, di salvezza).
Da quell’abbraccio scaturiscono le guarigioni, preludio di una nuova creazione, operata da Dio in Gesù e raccontata al ritmo della Genesi: ‘e fu sera e fu mattino …’.
Un mattino che da lì a poco Gesù inizia con la preghiera: “al mattino presto si alzò quando era ancora buio e, uscito, si ritirò in luogo deserto e là pregava”. Pur assediato, sa inventare spazi. Di notte! Quegli spazi segreti che danno salute all’anima, a tu per tu con Dio.
Simone lo insegue, con ansia; lo raggiunge e interrompe la preghiera: “tutti ti cercano”. E Gesù non si sottrae alla richiesta ma, mostrando che Lui non è nato per fermarsi ma per camminare, risponde: “andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là: per questo infatti sono venuto!”.
Il ‘tutti’ di Pietro, come il nostro, non coincidono con il ‘tutti’ di Dio.
Non certo perché Dio nasconda qualcosa; ma perché noi non siamo portati a guardare ‘altrove’.
Per questo, ‘emigrare’ è anche un moto dello Spirito! (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: IV domenica del Tempo ordinario (Vangelo Mc 1,21-28)
28 Gennaio 2021 - Gesù entra nella sinagoga di Cafarnao in giorno di sabato. Il suo insegnamento appare subito nuovo, interessante, stimolante: “erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi”. Evidentemente, per la gente che vi partecipa, le abituali liturgie risultavano poco interessanti e vuote se non addirittura noiose e deludenti.
Lo stupore è tale che non vengono riferiti i contenuti di quello che Gesù dice ma solo la reazione dei suoi uditori e un dialogo drammatico con uno spirito impuro. Le Sue parole impressionano, suscitano grande interesse, attraggono. Perché?
Gesù insegna come uno che ha autorità e non come gli scribi perché si assume in prima persona la responsabilità di ciò che annuncia: non esercita un comando convenzionale a cui si obbedisce per non incorrere in una sanzione ma Lui e quello che dice sono un tutt’uno. Coincidono. È vera e reale la sua presenza; è vera e reale la sua Parola.
In questo Gesù è il Vangelo.
La sua sola presenza ‘stana’ e infiamma una impurità presente in quel luogo, sottoforma di spirito che imprigionava un uomo. Essa era là tranquilla, beata e ossequiosa da chissà quanto tempo. Alla vista di Gesù, prorompe in un grido: “che vuoi da noi Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”
E Gesù: “Taci! Esci da lui. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”. Quello che dice accade.
Il credito notevole e la riverente fiducia degli astanti non si fonda su un corpo di dottrine ragionevoli ma su una parola diretta che ha un impatto sulle coscienze e nei fatti: denuncia la povertà spirituale di quel luogo, l’insignificanza umana di certe posizioni culturali; condanna le tradizioni che non hanno più nulla da dire e restituisce l’uomo all’uomo.
In questo senso Gesù è venuto a “rovinare” forme di abuso camuffate da pratiche religiose e dottrine fuorvianti; e porta, invece, un’inquietudine benefica che produce un risveglio.
In Gesù e nella sua parola, si avverte la scoperta di una vita più umana di cui tutti sentiamo il desiderio, la nostalgia segreta. Dinanzi a Lui si ha coscienza che è giunto davvero il Regno di Dio: una convivenza finalmente umana, la vittoria sulla divisione e la violenza. Insomma tutta un’altra storia.
(p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: III domenica del Tempo ordinario (Vangelo Mc 1,14-20)
21 Gennaio 2021 - L’inizio del ministero di Gesù nel Vangelo di Marco è un viaggio che comincia esattamente e significativamente in Galilea, lo stesso luogo dell’appuntamento con i discepoli dopo la Pasqua.
La Galilea non è solo il luogo dove Gesù è stato allevato ma è una porzione di Israele meticcia, più volte ‘visitata’ da altri popoli, abitata da culture e persone di provenienze diverse. Un po' come quella Ninive (prima lettura) in cui Dio invia il profeta Giona per aprire gli occhi e il cuore su quanto “Dio vide”. Ed essi lo ascoltano e Dio si “ravvide”.
Gesù sembra muoversi in mezzo a questa umanità con serenità e fiducia, tanto che l’invito alla conversione si fa subito chiamata all’intimità del discepolato: “convertitevi e credete al Vangelo.
Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”.
La conversione avviene in un semplice cammino: l’annuncio del Regno di Dio richiede parole e gesti urgenti sì, ma da vivere con consapevolezza, cercando di stare ‘dietro a Lui’.
La disponibilità totale dei discepoli alla chiamata del Signore non nasce dalla svalutazione del mondo di prima, ma dalla scoperta di una realtà più grande capace di dare un senso più ricco alla vita, e non la lascia prigioniera della mediocrità diffusa ma la apre ai valori più alti di giustizia e di fraternità, che ci fanno protagonisti della nuova convivenza che il Vangelo chiama Regno di Dio. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: II domenica del Tempo ordinario (Vangelo Gv 1,35-42)
14 Gennaio 2021 - Il Vangelo presenta l’incontro fondamentale della vita di alcuni discepoli con il Signore, una memoria viva, tanto da non poterne dimenticare l’ora precisa: “erano circa le quattro del pomeriggio”, riferisce il vangelo odierno.
Quell’ora coincide con l’ora del sacrificio di Gesù sulla croce e rimanda all’ora della tradizionale immolazione degli agnelli pasquali. Ogni nostra esperienza del Signore fa parte del suo mistero pasquale e la sequela non è altro che accettare di passare con Gesù ‘dal mondo al Padre’.
A indicare l’Agnello di Dio che passa è Giovanni il Battista: “fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: ‘Ecco l’agnello di Dio!’ E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù”.
È fissando lo sguardo su di Lui che riesce ad annunciarlo in modo così liberante e potente fino a creare una nostalgia infinita in chi lo ascolta.
È fissando lo sguardo che ci si innamora. È fissando lo sguardo che si decide. È fissando lo sguardo che si ama, si attende, si conosce, si prega, si medita. È fissando lo sguardo che si decide perdono o vendetta, compassione o rancore, accoglienza o rifiuto. È fissando lo sguardo che si vede oltre o si decide di non guardare più da quella parte.
Ed è sempre fissando lo sguardo che Gesù ama Pietro, lo guarda dentro, lo sceglie, lo ridefinisce, lo fa rinascere da dentro come Cefa: “Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: ‘Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa’, che significa Pietro”.
Da parte nostra, fissare lo sguardo richiede forza e tempo. Non si improvvisa e comporta anche alcuni maldestri tentativi come quelli di Pietro alle prese con gli eccessi di zelo e con il pianto di chi lo ha tradito.
Ma è solo fissando lo sguardo che giorno dopo giorno ci si innamora di Lui fino ad immergersi e avvertire che noi siamo quelli sui quali Lui ha fissato lo sguardo, dall’eternità e per l’eternità.
E annunciare con la vita che è Lui che prende l’iniziativa e accompagna gradualmente il nostro cammino. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: Festa del Battesimo del Signore
8 Gennaio 2021 - Il Natale del Signore ha unito il cielo e la terra, fino a portare Dio ad abitare in mezzo alle impurità degli uomini e a mescolarsi con loro.
Gesù scende nell’acqua del Giordano, nel punto più basso della terra, (il Giordano scorre sotto il livello del mare) insieme ai peccatori per caricarsi del loro peccato, del peccato del mondo e comunicare la salvezza di Dio per tutti.
Il Battesimo di Gesù è la rappresentazione simbolica di tutta la sua missione salvifica: dalla morte a motivo della pressione del peccato del mondo, alla risurrezione mediante la forza dello Spirito per essere riconosciuto per sempre quale Figlio di Dio e Salvatore dell’umanità.
La solidarietà di Gesù con tutti gli uomini non è apparente, quasi fosse una finzione teatrale. È la solidarietà reale di chi non teme e non disprezza i peccatori, ma li ama e comprende quanto abbiano bisogno di Lui.
“E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di Lui, come una colomba”, ascolteremo nel Vangelo. Il cielo è il luogo della sede di Dio. L’oltre della nostra realtà. Avere un cielo aperto rappresenta la nostra relazione con Dio, a differenza di un cielo impenetrabile. In Gesù il cielo si apre e l’uomo può fare esperienza della vicinanza di Dio.
Questo è quello che annuncia questa festa: il nostro Battesimo è un cielo vicino e Dio Padre presente con il suo Spirito. Così come è necessario immergersi nelle acque del mondo è altrettanto inevitabile uscirne per respirare e vivere secondo lo Spirito che scende da quel Cielo.
La nostra vocazione non può che essere in continuità con quella del Figlio “amato”: emergere, dopo esserci mescolati con le acque del mondo, per essere “compiacimento di Dio”. (p. Gaetano Saracino)
Vangelo Migrante: Solennità dell’ Epifania del Signore
5 Gennaio 2021 - Il Vangelo racconta la ricerca di Dio come un viaggio, al ritmo di una carovana, al passo di una piccola comunità: si cammina insieme, non solo attenti alle stelle ma anche attenti l’uno all’altro. Fissando il cielo e insieme gli occhi di chi cammina a fianco, rallentando il passo sulla misura dell’altro, di chi fa più fatica.
Come quello dei Magi, il cammino di ogni comunità può essere pieno di errori: perdono la stella, trovano la grande città anziché il piccolo villaggio; chiedono del bambino a un assassino di bambini; cercano una reggia e troveranno una povera casa. Ma hanno l’infinita pazienza di ricominciare. Il dramma non è cadere ma arrendersi alle cadute.
Allo stesso modo, una stella che sorge non indica soluzioni immediate ai problemi della vita ma intende suscitare nuovi inizi e nuovi cammini, anche nella notte più nera, dopo un fallimento o un pericolo.
Ed ecco: videro il bambino in braccio alla madre, si prostrarono e offrirono doni. Il dono più prezioso che i Magi portano non è l'oro, l’incenso o la mirra ma è il loro stesso viaggio che permette di cercare e arrivare ad una luce che c’è.
“Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra”, ripeteremo nel Salmo responsoriale. I Magi, e i nuovi popoli con loro, non sono già formati, indottrinati, perfetti ma sono popoli, comunità, persone in cammino che cercano e portano al Figlio di Dio la vita nel suo ‘migrare’.
Il ‘tutto’ degli uomini è preceduto dal ‘tutto’ di Dio: la venuta di Dio è per tutti, la culla di Betlemme è per tutti, la mensa eucaristica è per tutti. Quel che conta non è arrivare prima ma arrivare tutti.
I Magi sono la nostra possibile risposta al Natale del Signore!
p. Gaetano Saracino
Vangelo Migrante: II domenica dopo Natale
2 Gennaio 2021 - Da umani siamo tentati a capire più i concetti che i fatti. Crediamo che una volta capite le cose tutto funzioni; è noto, tuttavia, che affinché le cose abbiamo effetto è necessario viverle.
In questa domenica ritroviamo lo stesso testo del vangelo proclamato il giorno di Natale: “in principio era il Verbo …; e il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
Con l’aiuto dell’evangelista Giovanni la storia ci viene presentata dall’alto per poterne cogliere il segreto da un punto di vista più profondo. Ma ci viene comunicata anche l’esperienza dell’incarnazione di Dio e delle conseguenze sulla vita: “a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”.
Ecco la destinazione del mistero del Natale: essere Figli e vivere da Figli di Dio; la salvezza portata da Gesù passa di là. Dinanzi a Gesù che muore in croce il centurione dirà: “davvero costui era Figlio di Dio”.
Non è facile comprendere questo eccesso di presenza, abituati come siamo a sentire Dio lontano, eppure questa divina compagnia è il nostro tesoro, la nostra speranza e tesse la nostra testimonianza: essa è la sola cosa che gli altri vedono.
Figli di Dio, noi ed ogni uomo che viene al mondo.
p. Gaetano Saracino
Vangelo Migrante: 1 gennaio Festa di Maria SS. Madre di Dio
31 Dicembre 2020 - Il desiderio di vedere il volto di Dio, abita nel più profondo del cuore dell’uomo e lo forma. In questo primo giorno dell’anno la liturgia non manca di rinsaldare questa speranza attraverso la benedizione sacerdotale di cui alla prima lettura: “Il Signore faccia splendere per te il Suo volto e ti conceda pace”.
Questo volto a lungo cercato, e non raramente smarrito, soprattutto in questo tempo, lo contempliamo come i pastori, in quel bambino ‘nato da donna’ e adagiato in una mangiatoia.
Oggi, quella nascita viene celebrata solennemente nella Maternità di Maria. Prima ancora di essere madre attraverso un parto, Maria è Madre attraverso l’accoglienza che genera quella vita donata da Dio al mondo.
È questo il senso profondo della Solennità odierna: come per Maria, anche per noi accogliere non vuol dire essere ‘terminali’ di un’azione, ma generatori di quella vita, donata da Dio e accolta in noi. In Gesù Maria genera la Salvezza.
È quello il dono più grande per riprendere il cammino di una umanità che cerca ‘pace’. In questo giorno si celebra anche la 54° Giornata Mondiale della Pace. Dopo l’enciclica Fratelli tutti, papa Francesco ci ha donato un messaggio specifico: ‘La cultura della cura come percorso di pace’. In esso incoraggia tutti a diventare profeti e testimoni della cultura della cura per colmare tante disuguaglianze. E, perentorio, afferma che ciò ‘sarà possibile soltanto con un forte e diffuso protagonismo delle donne, nella famiglia e in ogni ambito sociale, politico e istituzionale’.
Le donne: portatrici di vita, fin dal suo sorgere; in esse, per costituzione, accogliere è generare!
p. Gaetano Saracino
Vangelo Migrante: festa della Sacra Famiglia (Lc 2, 22-40)
26 Dicembre 2020 - La fatica di Abramo e Sara a divenire una famiglia felice ci apre lo sguardo su ciò che Simeone e Anna hanno potuto vedere in quei giovani Galilei, Maria e Giuseppe, che portavano al tempio il loro primogenito: una famiglia che era partita senza sapere dove andava a finire, eppure una famiglia fedele nel compiere ogni passo, secondo la legge di Mosè.
Quando si cerca di vivere santamente insieme, non viene chiesto l’impossibile ma solo di creare le condizioni necessarie perché il Signore compia l’impossibile.
La condizione perché ciò si possa realizzare è credere che un percorso nuovo sia sempre all’orizzonte; è sperare che ciò che tarda ad arrivare secondo i nostri criteri, un giorno potrà compiersi; è non scandalizzarsi per il mistero di contraddizione che sperimentiamo nella vita come nel mistero.
La festa della Santa Famiglia ci annuncia come ogni famiglia sia chiamata attraverso l’amore fiducioso in Dio, a generare ‘figli di Dio’, capaci un giorno di chiamare Dio, a loro volta: Abbà, Padre!
p. Gaetano Saracino