Primo Piano

Card. Zuppi: “si cresce solo insieme”

19 Marzo 2024 - Roma - È la pace la priorità per la Chiesa universale e quindi anche per la Chiesa in Italia. Lo ribadisce con forza il cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi aprendo i lavori per la sessione primaverile del Consiglio permanente. Lo fa rimarcando che «in questo tempo di conflitti, di divisioni, di sentimenti nazionalisti, di odi, di contrapposizioni», il servizio della Chiesa per l'unità «brilla come una luce di speranza». E tale servizio, «che coinvolge i vescovi e tutte le comunità», si fa proprio «partendo dal ministero del Vescovo di Roma, il Papa». Non a caso "pace" è «sicuramente una delle parole chiave del suo pontificato». Per il cardinale Zuppi, ricevuto ieri in udienza da papa Francesco - in questo contesto «l'impegno personale e di tutte le nostre comunità resta quello di essere "artigiani di pace"». Di qui l'esortazione ad essere «operatori di pace», anzitutto nella «preghiera incessante e commossa», ma anche nella solidarietà. Così ad esempio, con l'Ucraina, «mediante la diffusa accoglienza per le vacanze estive ai bambini orfani o vittime». In questa stessa prospettiva Zuppi annuncia che a maggio, durante la prossima Assemblea Generale della Cei, ci sarà una giornata di preghiera, digiuno e solidarietà. Il presidente sottolinea che le parole del Papa sulla pace «sono tutt'altro che ingenuità». Oggi quindi «la storia esige di trovare un quadro nuovo, un paradigma differente, coinvolgendo la comunità internazionale per trovare insieme alle parti in causa una pace giusta e sicura». E proprio su questo versante gli Stati e i popoli europei, le stesse istituzioni dell'Unione europea, «devono riscoprire la loro vocazione originaria, improntando le relazioni internazionali alla cooperazione ». A questo proposito il cardinale Zuppi ricorda che l'Europa vivrà a giugno «una grande occasione di partecipazione popolare per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo». E rilancia l'appello dei vescovi europei che invitano a scegliere «responsabilmente i deputati che rappresenteranno i nostri valori e lavoreranno per il bene comune». Per il cardinale Zuppi «l'impegno degli artigiani di pace» significa non rassegnarsi «a un aumento incontrollato delle armi, né tanto meno alla guerra come via per la pace». E aggiunge, citando il dettato costituzionale: «L'Italia - l'Europa no? - "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali"». Nel quadro del Cammino sinodale in corso il cardinale Zuppi invita la Chiesa italiana a non avere paura del dibattito interno, senza però cadere «in polemiche digitali, sterili, polarizzate, di convenienza». Ma con una avvertenza: superare «la tentazione della nostalgia di una presunta età dell'oro, quella prima del Concilio per taluni, dopo il Vaticano II per altri». Al termine del suo intervento il presidente della Cei indica alcuni segnali che «preoccupano e interrogano» la Chiesa. Per Zuppi - con un riferimento implicito alla cosiddetta autonomia differenziata - «suscita preoccupazione la tenuta del sistema Paese, in particolare di quelle aree che ormai da tempo fanno i conti con la crisi economica e sociale, con lo spopolamento e con la carenza di servizi». Il pensiero del cardinale Zuppi va poi anche ai giovani e agli anziani. Riguardo questi ultimi il cardinale rileva, che specialmente alla luce di quanto accaduto durante la pandemia, «serve un nuovo welfare» e in particolare serve «concretizzare la riforma delineata con la Legge Delega del marzo 2023 e a non tradire le attese di persone, famiglie e operatori». Il presidente infine spiega che la Cei guarda «con apprensione alla tematica del fine vita». Per la Chiesa «le cure palliative, disciplinate da una buona legge ma ancora disattesa, devono essere incrementate e rese nella disponibilità di tutti senza alcuna discrezionalità di approccio su base regionale». Inoltre «la piena applicazione della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento» è «ulteriore garanzia di dignità e di alleanza per proteggere la persona nella sua sofferenza e fragilità». (G.C.)

Viminale: da inizio anno sbarcate 8.123 migranti sulle nostre coste

18 Marzo 2024 -
Roma - Sono finora 8.123 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno secondo il dato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Di questi 1.550 sono di nazionalità bengalese (19%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Siria (1.221, 15%), Tunisia (769, 10%), Egitto (648, 8%), Pakistan (340, 4%), Eritrea (251, 3%), Etiopia (199, 3%), Sudan (167, 2%), Guinea (117, 1%), Gambia (85, 1%) a cui si aggiungono 2.776 persone (34%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Fino ad oggi sono stati 688 i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare. Il dato è aggiornato ad oggi, 11 marzo.

La grande fuga dei venezuelani dal loro Paese: già perso il 25% della popolazione

18 Marzo 2024 - Roma - La fuga continua. I venezuelani continuano a lasciare il loro Paese. Lo hanno fatto e lo stanno facendo anche nelle prime settimane del 2024. Secondo i dati della piattaforma R4V, tra la fine del 2023 e il 2024 i migranti sono cresciuti dell’8,3%, circa 402.354 persone hanno lasciato il loro Paese.Un esodo che pare senza fine, e che ha già provocato la perdita del 25% della popolazione e di gran parte dei giovani.Gli ultimi dati ufficiali forniti dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), aggiornati a settembre 2023, sono eloquenti; 7,7 milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese in seguito alla crisi economica, sociale e politica esplosa nella seconda metà dello scorso decennio; di questi, 6,6 milioni hanno trovato accoglienza in Paesi di America Latina e Caraibi, più di un milione ha fatto richiesta dello status di rifugiato, e 230mila lo hanno ottenuto. Si può, dunque, supporre, che l’impressionante cifra di 8 milione di persone stia per essere superata, o lo sia già stata. E non si può che constatare che la fuga è proseguita anche di fronte a un rallentamento della crisi economica e ai tentativi, peraltro falliti, di giungere a un accordo politico che garantisca elezioni regolari. Al tempo stesso, le dinamiche migratorie stanno cambiando, e investono anche non pochi di quei venezuelani che stanno trovando un clima sempre più ostile nei Paesi che li avevano accolti, in particolare in Perù e in Cile; perciò, tornano a mettersi in cammino, stavolta verso nord, con destinazione Stati Uniti. “Oggi, il Venezuela si presenta come un Paese privo di giovani – spiega al Sir Ronal Rodríguez, portavoce e ricercatore dell’Osservatorio sul Venezuela dell’Università del Rosario, con sede a Bogotá, capitale della Colombia –.Si tratta della Nazione al mondo con il maggior impoverimento demografico del ventunesimo secolo. Anche se la crisi economica ha avuto una frenata, la gente sta percependo che il presidente Nicolás Maduro non ha alcuna intenzione di lasciare il potere, concedendo libere elezioni. Probabilmente, continuerà a governare, vengono meno le speranze di chi aspira a un cambiamento. Soprattutto, in Venezuela non esiste praticamente più un sistema educativo, la scuola è allo sbando, manca un grande numero di insegnanti. Se un giovane vuole studiare per costruirsi un futuro, non può che farlo all’estero”. Chi lascia il Venezuela trova uno scenario molto cambiato rispetto a un paio di anni fa. Diminuisce l’attrattività dei Paesi bolivariani e andini, che in questi anni hanno “assorbito” la maggior parte dei migranti venezuelani: quelli regolarizzati in Colombia sono oltre 2 milioni, in Perù si supera il milione, di poco più basse sono le cifre di Cile ed Ecuador. “Il Cile era molto appetibile, per il suo bisogno di manodopera qualificata. Purtroppo, nel Paese, così come in Perù, si è affermato un atteggiamento xenofobo verso i venezuelani. In Perù, in particolare, la loro presenza di nota molto, perché sono in gran parte concentrati nella zona metropolitana di Lima. La stessa presidente della Repubblica, Dina Boluarte, ha usato espressioni pesanti contro i migranti. Risalendo verso nord, l’Ecuador è oggi un Paese molto insicuro, con un alto tasso di violenza. Infine, i venezuelani percepiscono la stessa Colombia come meno ben disposta verso di loro dopo l’elezione a presidente del progressista Gustavo Petro, che verso il Governo di Caracas ha una posizione di dialogo, contrariamente a quanto avveniva con il suo predecessore Iván Duque. Di conseguenza, soprattutto chi ha lasciato il Paese per motivi politici, si sente meno tutelato”. Nasce da questa situazione lo spostamento dell’emigrazione venezuelana verso nord, cioè verso gli Stati Uniti. Un cammino lunghissimo, che passa, nella maggior parte dei casi, per il pericolosissimo Tapón del Darien. Dal 1° gennaio al 5 febbraio 2024, 40.739 migranti sono entrati in Panama in modo irregolare, attraverso la pericolosissima giungla che è un passaggio obbligato per entrare nel Paese per chi proviene dalla Colombia. I dati sono forniti dall’Ufficio panamense per le migrazioni e fotografano numeri in salita rispetto al 2023, che già è stato un anno record. Lo scorso anno, infatti, 520.000 migranti irregolari hanno attraversato la giungla del Darién, dopo averne registrati 248.284 nel 2022 e 133.726 nel 2021. Di fronte a questa situazione, come informa l’agenzia informativa del Consiglio episcopale latinoamericano, Adn-Celam, gli episcopati di Colombia, Costa Rica e Panama si riuniranno dal 19 al 22 marzo nella casa di ritiro Monte Alverna, a Panama.L’incontro multilaterale è stato convocato dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale del Vaticano e vedrà la partecipazione anche dei presidenti della Commissione per la pastorale sociale – Caritas e della Mobilità umana. Il “lunghissimo serpentone” di migranti venezuelani che parte dalla Colombia e giunge alla frontiera con gli Stati Uniti è, dunque, composto sia da venezuelani che lasciano il loro Paese, sia da connazionali che cercano una sistemazione migliore rispetto a quella trovata finora, e se ne vanno dalla Colombia o da altri Paesi del Sudamerica. “Ci sono leader dell’opposizione a Maduro, come Julio Borges, che in Colombia non si sentivano tranquilli. Borges, in particolare, ora vive in Spagna”, aggiunge Rodríguez. È dell’inizio di marzo l’inquietante ritrovamento del corpo senza vita, in una valigia sepolta un metro e mezzo sottoterra, del tenente dell’esercito venezuelano in congedo, Ronald Ojeda Moreno, che viveva in Cile come rifugiato politico. L’oppositore del regime venezuelano era stato rapito una decina di giorni prima, forse dall’organizzazione criminale Tren de Aragua, che dal Venezuela si è diffusa in tutto il Sudamerica. Secondo il docente,il disagio dei venezuelani nei Paesi sudamericani deriva comunque, in primo luogo, “da atteggiamenti di xenofobia che sono stati diffusi anche da politici e governanti”.Questo non toglie che la diaspora venezuelana abbia provocato una diffusione a macchia d’olio di organizzazioni e traffici criminali: “In Venezuela sono molto calati gli omicidi, gli stessi criminali sono espatriati. È poi vero che, specialmente in Colombia, gruppi venezuelani vengono accusati di fatti criminosi che sono invece ‘tipici’ di organizzazioni paramilitari colombiane. Il Tren de Aragua, ora è comunque presente in tutti i Paesi, ed è dedito a tutti i traffici illeciti, e in particolare alla tratta di persona. Servirebbe coordinamento tra i Paesi, che però manca, anche per situazioni di incomunicabilità e cattivi rapporti, come accade, per esempio, tra Colombia e Perù”. (Bruno Desidera - giornalista de “La vita del popolo”)

La vera gloria

18 Marzo 2024 - Città del Vaticano - “Vogliamo vedere Gesù”. Tre parole che Giovanni fa dire a alcuni greci che così si rivolgono a Filippo, “che era di Betsàida di Galilea” precisa l’evangelista, località a nord del lago di Tiberiade al confine con la Galilea. Così il quarto Vangelo ci rivela che a Gerusalemme, per la festa di Pasqua, erano presenti anche persone non di Israele. Questi greci si rivolgono a Filippo il quale, probabilmente, parlava la loro lingua, vista anche la collocazione di Betsàida, nella Galilea delle genti, vicina a Siria e Libano. La risposta di Gesù – “è venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato” – è messaggio rivolto a tutti gli uomini e a tutti i popoli. È la terza Pasqua che si appresta a vivere a Gerusalemme. Sono gli ultimi giorni della sua vita terrena e domenica prossima racconteremo la sua entrata nella città santa accolto e salutato da giovani e meno giovani che festeggiano il suo ingresso agitando foglie di palma. Pochi giorni ancora, poche ore, e sarà tradito, catturato, condannato a morte. E, cosa ancora più importante, dopo tre giorni il suo sepolcro sarà trovato vuoto, rotolata la pesante pietra. Ma siamo ancora nel tempo che precede e ci prepara al grande mistero della morte e resurrezione. La gente lo cerca, lo riconosce, potremmo dire con le nostre categorie che è un uomo di successo da copertina di riviste patinate. Un successo che inquietava il mondo religioso di allora che aveva cercato in tutti i modi di screditarlo: “il mondo è andato dietro di lui” dicono i farisei come leggiamo in Giovanni; bisognava prendere dei provvedimenti per impedire la crescita del movimento nato attorno alla sua persona. “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato”. Non era un momento facile per Gesù, anzi davvero drammatico. Come sappiamo chiederà al Padre, nella preghiera nell’orto degli ulivi, di allontanare da lui il calice, ma, aggiunge subito “non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Con quelle parole cosa vuole dirci Gesù, chiede Papa Francesco all’Angelus. “Vuole dirci che la gloria, per Dio, non corrisponde al successo umano, alla fama o alla popolarità; la gloria, per Dio, non ha nulla di autoreferenziale, non è una manifestazione grandiosa di potenza cui seguono gli applausi del pubblico”. Glorificarsi significa “amare fino a dare la vita”; ancora, “donarsi, rendersi accessibile, offrire il suo amore. E questo è avvenuto in modo culminante sulla Croce, proprio lì, dove Gesù ha dispiegato al massimo l’amore di Dio, rivelandone pienamente il volto di misericordia, donandoci la vita e perdonando i suoi crocifissori”. Il Vangelo parla un altro linguaggio che, forse, troviamo spesso incomprensibile perché lontano dal linguaggio del mondo. Tutta la vita di Gesù, narrata nei Vangeli, è stato un atto d’amore verso l’uomo, e la morte in croce rappresenta il momento in cui si manifesta la pienezza di questo amore. Dalla croce, che Francesco chiama “cattedra di Dio”, il Signore “ci insegna che la gloria vera, quella che non tramonta mai e rende felici, è fatta di dono e perdono. Dono e perdono sono l’essenza della gloria di Dio. E sono per noi la via della vita”. Torna anche qui la diversità del linguaggio, “criteri diversi” dice il Papa: “quando pensiamo alla gloria come a qualcosa da ricevere più che da dare; come qualcosa da possedere anziché da offrire. No, la gloria mondana passa e non lascia la gioia nel cuore; nemmeno porta al bene di tutti, ma alla divisione, alla discordia, all’invidia”. Quale strada scegliere, si chiede allora il vescovo di Roma: “quella di impressionare gli altri per la mia bravura, per le mie capacità o per le cose che possiedo? Oppure la via del dono e del perdono, quella di Gesù Crocifisso, la via di chi non si stanca di amare, fiducioso che ciò testimonia Dio nel mondo e fa risplendere la bellezza della vita?” Angelus nel quale Francesco chiede di pregare per le popolazioni dell’Ucraina, di Palestina, Israele, Sudan, Siria, “un Paese che soffre tanto per la guerra, da tempo”. E prega per Haiti perché si fermino le violenze, e siano liberate le persone ancora tenute sotto sequestro. (Fabio Zavattaro)

Mons. Felicolo sull’ennesimo naufragio: morti che “generano vergogna”

15 Marzo 2024 -
Roma - "È drammatico sapere che delle persone sono morte di fame e di sete perché rimaste in mare senza essere soccorse". Lo ha detto il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo dopo l'ennesimo naufragio che ha causato la morte di 60 persone migranti: "lo scenario delle migrazioni verso l’Italia e l’Europa - ha detto in una intervista a "Famiglia Cristiana" - crescerà sempre di più, perché molti Paesi sono alle prese con gli effetti della crisi climatica, con l’instabilità politica in Asia, in Medioriente e in Africa, soprattutto nell'area subsahariana. Questo non farà altro che creare ulteriori movimenti di persone disperate che partono sapendo che il dramma del viaggio, per mare, ma anche via terra come sulla cosiddetta rotta balcanica, sono rischiosissimi". L'episodio "indebolisce la tutela dei diritti umani di cui i Paesi devono essere garanti: dal diritto alla vita al diritto di migrare, al diritto di protezione internazionale. Mentre queste morti non possono che generare vergogna, e chiedono a gran voce - spiega mons. Felicolo - un reale impegno europeo per un’operazione Mare nostrum, che metta strettamente in collaborazione le istituzioni europee, i 27 Paesi, con la società civile e le organizzazioni non governative che vanno in mare o sono presenti sulle rotte migratorie per salvare le vite. Questo è il primo passo, il secondo è lavorare sull’accoglienza diffusa nel territori italiani ed europei". Per il direttore generale della Fondazione Migrantes la collaborazione delle istituzioni europee con i Paesi del Nord Africa non può "limitarsi a interessi energetici, sempre e comunque a nostro favore, o al sostegno alla guardia costiera locale per impedire i viaggi della speranza, ma deve portare a un canale umanitario permanente e controllato nel Mediterraneo verso l’Europa per garantire viaggi sicuri ed evitare tragedie. I migranti meritano un’accoglienza degna e non rimbalzati con palline da ping-pong. Le risorse ci sono sia in Europa, che in Italia – ha concluso il direttore di Fondazione Migrantes – e vanno investite nella tutela della vita, nell’accompagnamento delle persone non in muri o campi disumani. La vita e il futuro dell’Europa dipende da come si accolgono, tutelano e integrano le persone in cammino, anche attraverso il lavoro".

Rom a Giuliano: va avanti il progetto di scolarizzazione finanziato da Migrantes

15 Marzo 2024 - Napoli- Il progetto  di pre-scolarizzazione e di scolarizzazione dei bimbi e adolescenti Rom del campo di via Carrafiello di Giuliano in Campania, promosso dall’Associazione “ Arrevutammoce “ di Scampia, e sostenuto dalla Fondazione Migrantes, continua il suo cammino. Il piano che prevede la promozione dell’accesso non discriminatorio alla scuola dell’obbligo, contrastando l'abbandono scolastico dei minori Rom, favorendo  il confronto e la cooperazione tra Istituzioni scolastiche, territorio extra-scolastico, famiglie e comunità Rom, in data 15 marzo 2024 vede ben 63 ragazzini inseriti in 5 scuole di Giuliano, 4 primarie e 1 secondaria di primo grado . Un lungo cammino se si considera che delle circa  400 persone presenti nel campo di via Carrafiello il  50 %  sono minori  ( 0-17 anni ) e di questi  il 60 %  ( circa 120 ) in età scolare obbligatoria, ma con la forza  di Simone, membro dell’Associazione e il supporto di molti amici, si può arrivare all’obiettivo finale anche  aumentando l'effettiva partecipazione dei Rom a un'istruzione ordinaria “inclusiva di qualità” con interventi di mediazione culturale e linguistica, inserendo nella programmazione didattica contenuti riguardanti la storia e il contributo culturale e artistico dei Rom. (G.V.)  

Acli: “già 215 morti da inizio anno, invochiamo la pace anche per il Mediterraneo”

14 Marzo 2024 -
Roma - “Sono già 215 i migranti morti nel Mediterraneo nel 2024, il doppio rispetto ai decessi registrati nello stesso periodo del 2023, annus horribilis per i naufragi. Un vero bollettino di guerra destinato ad incrementare i suoi numeri nel silenzio delle istituzioni nazionali e dell’intera Comunità europea. La retorica non serve. La strumentalizzazione politica ancora meno. Sono morti, e non hanno colpe. Ma non è una notizia inaspettata, meno ancora sorprendente”. E' quanto scrivono le Acli nazionali commentando la notizia dell’ultimo naufragio, con almeno 60 vittime.  Tra loro anche diverse donne e almeno un bambino. A raccontarlo sono stati i naufraghi stremati dalle ustioni e dai morsi della fame e della sete – circa 25 uomini in condizioni di salute precarie – tratti in salvo dalla nave Ocean Viking della ong SoS Mediterranee. L’ennesimo viaggio della speranza con a bordo 12 minori, partito dalla Libia una settimana prima della sciagura, con destinazione Lampedusa. “Numeri - scrivono - della vergogna che occupano per qualche ora le cronache, suscitano reazioni emotive a sprazzi ma non producono interventi e provvedimenti immediati ancorché necessari a salvare le vite di quanti fuggono da guerre, persecuzioni e violenze, nella speranza di poter trovare protezione e riparo”.  “Un naufragio che fa male, ancora una strage che poteva essere evitata: oggi, come Acli, al ‘Cessate il fuoco’ uniamo anche il ‘Fermiamo le morti nel Mediterraneo'”. “A poco più di un anno dalla strage di Cutro nulla è cambiato”, sottolinea la nota ricordando come già allora “i provvedimenti assunti dal Governo fossero anacronistici e persino ingiusti: un approccio irrazionale e securitario al fenomeno migratorio, che di fatto costringe tanti esseri umani in fuga da situazioni disperate ad entrare dentro l’anonimato dell’irregolarità, senza alcuna prospettiva di integrazione e di riscatto”. Per arginare future possibili tragedie come questa, affermano le Acli, “continuiamo incessantemente a chiedere di attivare percorsi sicuri e legali; modi alternativi di arrivare, regolamentati, selezionati e gestiti in maniera controllata, con mezzi sicuri, in tempi normali e con costi umani ed economici accettabili e dignitosi anziché insostenibili, a cui unire politiche di integrazione sociale e culturale davvero praticate. Si faccia presto, la posta in gioco non è solo la vita degli esseri umani che arrivano ma la de-umanizzazione di chi li vede arrivare, senza fare nulla per evitare tali tragedie”.

Cei: da lunedì il Consiglio Permanente

14 Marzo 2024 - Roma - Da lunedì 18 a mercoledì 20 marzo si svolgerà a Roma, presso la sede della CEI (Circonvallazione Aurelia, 50), la sessione primaverile del Consiglio Episcopale Permanente. I lavori, che saranno introdotti lunedì pomeriggio (alle ore 16) dal presidente della Cei, il card.  Matteo Zuppi, si concentreranno sul programma e sullo svolgimento dell’Assemblea Generale che si terrà dal 20 al 23 maggio sul tema: Cammino sinodale: verso la fase “profetica”. All’ordine del giorno anche una riflessione sull’Iniziazione cristiana con particolare riferimento al ruolo dei padrini e delle madrine e un confronto a partire dalla relazione della Dottoressa Paola Bignardi sull’Indagine in merito a giovani e fede oggi, curata dall’Istituto Toniolo. I Vescovi discuteranno inoltre della proposta di ripartizione dei fondi 8xmille che sarà sottoposta poi all’Assemblea Generale. Infine, sono previste una comunicazione sulla Settimana Sociale dei Cattolici in Italia (Trieste, 3-7 luglio) e l’approvazione del calendario delle attività della CEI per l’anno pastorale 2024- 2025.

Migrantes: a Basilea la presentazione del RIM con Mons. Felicolo

14 Marzo 2024 - Basilea – Sarà presentato domani a Basilea il “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes su iniziativa del  Comites di Basilea, GIR-Giovani In Rete, Fondazione Migrantes, Parrocchia San Pio X e Circolo Acli “A. Grandi” di Basilea. Alla presentazione interverranno Benedetta Romagnoli, Console d’Italia a Basilea, Mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes, e Delfina Licata,  curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo. Il Rapporto, sotto Lia una nota del Comites, offre un’analisi approfondita e multidisciplinare del fenomeno migratorio italiano, con particolare attenzione alle nuove dinamiche e alle sfide poste dalla crescente mobilità post-pandemia.

Mci Germania: don Panarella aalla guida delle comunità italiane di Hanau e Fulda

13 Marzo 2024 - Hanau – Da un mese il nuovo responsabile della Missione Cattolica Italiana di Hanau e Fulda, in Germania, è don Marcello Panarella. Nei giorni scorsi la messa di ingresso nella chiesa Mariae Namen con la partecipazione anche del delegato nazionale per le Missioni e le Comunità cattoliche italiane in Germania e in Scandinavia, don Gregorio Milone, che ha concelebrato e dato lettura del decreto di nomina di don Marcello a parroco. Nella diocesi di Hanau sono quattro le comunità cattoliche italiane: Hanau e Fulda, affidate per decreto del vescovo mons. Michael Gerber a don Marcello Panarella e Kassel e Stadtallendorf guidate da padre Giuseppe Tomiri. Don Panarella, originario di Aversa, durante la pandemia è stato missionario con le comunità italiane in Olanda.