3 Giugno 2021 - Roma - Al termine del seminario congiunto CCEE-SECAM, che si è svolto nei giorni 1 e 2 giugno sul tema: “La solidarietà nella promozione della dignità umana alla luce di Fratelli tutti”, i 20 rappresentanti delle Conferenze Episcopali continentali dell’Africa e dell’Europa hanno approvato un messaggio finale indirizzato a “tutti i nostri fratelli vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose e fedeli laici della Chiesa di Dio che è in Africa e in Europa”.
“Come vescovi e pastori, - scrivono i partecipanti, - riaffermiamo la nostra comunione e collegialità e ci impegniamo a lavorare per promuovere la dignità umana, la fraternità e la solidarietà, che sono al centro dell’esistenza umana e di una pacifica convivenza. Come figli dell’unico Padre, dobbiamo essere aperti gli uni agli altri e lavorare intensamente per costruire un’autentica fratellanza non solo tra le nostre comunità locali ma anche con persone di diversa estrazione culturale, identità razziale ed etnica, posizioni religiose e politiche, status sociale ed economico”.
Inoltre, “in un mondo pieno di atteggiamenti di odio, ostilità ed estremismo, violenza e spargimento di sangue (cfr. FT n. 285), invitiamo tutti ad accogliere l’accorato appello del Santo Padre per il dialogo interreligioso come via per stimolare l’amicizia, la pace e l’armonia e per garantire la libertà religiosa, che è un diritto umano fondamentale per tutti i credenti”. E aggiungono: “nel promuovere il dialogo culturale, interreligioso ed ecumenico, e consapevoli che la Chiesa è madre, chiediamo che ogni chiesa locale sia ‘una casa dalle porte aperte’, per sostenere la speranza, costruire ponti, abbattere muri e spargere semi di riconciliazione”.
Infine rivolgono un appello ai “leader politici, le autorità civili e gli organismi come l’Unione Africana, l’Unione Europea e le Nazioni Unite” perché si impegnino a “provvedere all’attuazione pratica di leggi e protocolli che esaltino la solidarietà e promuovano la dignità umana. In particolare, a promuovere la difesa della vita, della famiglia, della libertà educativa e religiosa, così come l'accoglienza e l'integrazione dei migranti, e l’accesso universale ai vaccini anti Covid-19”. E invocano “la pace per tutti quei paesi che, in Africa, Europa, Medio Oriente e in tutto il mondo, vivono situazioni di conflitto”.
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Il “miracolo” di mamma Maria: dal Perù a Cosenza per curare la figlia
28 Agosto 2020 -
Cosenza - "Non sapevo una parola d’italiano, ero spaesata e preoccupata, non potevo permettermi l’albergo... Quello che è successo è stato un miracolo di Dio". Si chiama Maria ed è una mamma peruviana con gli occhi segnati dall’angoscia per la figlia ventenne malata di leucemia. Sandy, la ragazza, era arrivata in Italia per l’Erasmus e presto agli studi aveva affiancato il volontariato allo Sprar di San Giorgio Albanese, paesino dell’entroterra cosentino.
Ma il 4 gennaio ha dovuto essere ricoverata nel reparto di Ematologia dell’Annunziata di Cosenza, presso cui è ancora in cura con terapie sia domiciliari sia in corsia. Appena saputa la notizia, mamma Maria è volata in Italia assieme al figlio più grande per assisterla. Ma come fare? Per fortuna a Casa nostra, centro diurno della Caritas cosentina, ci sono suore messicane con cui la donna può esprimersi in spagnolo, spiegarsi e trovare conforto. La catena della solidarietà qui è forte, ramificata; miracolosa, come sostiene Maria. Le trovano casa all’associazione 'Gianmarco De Maria', creata per accogliere i familiari di minori ricoverati all’Annunziata dai genitori di un bambino strappato alla vita da un tumore.
Così Maria viene raggiunta dall’altro figlio, Danny, e dal marito Odon. Nelle stanze della 'De Maria', ricavate in un vecchio convento, incontrano poi Rosa, giovane spagnola anche lei in Italia per un Erasmus e poi fermatasi per amore e per lavoro; è lei a fare da traduttrice, mentre l’associazione e la sua straordinaria macchina di volontariato e assistenza provvedono al resto, dalle medicine alle incombenze burocratiche, ai necessari spostamenti: «Qui è davvero una famiglia, un aiuto fondamentale. È come essere a casa», raccontano Maria e Odon. Infine, grazie al parroco ecuadoriano di Sant’Agostino don Victor, la famiglia può persino partecipare alla messa in spagnolo.
Tra l’altro, senza più permesso di soggiorno per ragioni umanitarie a causa dei decreti sicurezza, mamma Maria non potrebbe rimanere in Italia per assistere Sandy; ma l’emergenza Covid (che sta ferendo anche il Perù) al momento non permette comunque di tornare a casa: un 'effetto collaterale' del virus, finalmente positivo. (Domenico Marino - Avvenire)