Tag: Rom e Sinti

Migrantes: dal 5 luglio il Corso di formazione per i nuovi direttori

17 Giugno 2021 - Roma - Si svolgerà a Roma, dal 5 al 9 luglio il Corso di formazione per i nuovi direttori e collaboratori degli uffici Migrantes. Il corso è destinato principalmente ai nuovi Direttori Migrantes regionali e diocesani e i loro collaboratori, i cappellani etnici di recente nomina che svolgono il ministero nelle Diocesi italiane e i missionari per gli italiani all’estero di nuova nomina che devono perfezionare il proprio “Attestato provvisorio” rilasciato dalla CEMi (Commissione Episcopale per le Migrazioni), ma anche religiosi, religiose, laici impegnati nel volontariato e interessati alle migrazioni, seminaristi, juniores e tutti coloro che desiderano aggiornarsi sulle nostre materie di operatività quotidiana.  

Pastorale rom Milano: don Frediani ricorda don Riboldi

11 Giugno 2021 - Milano - “Don Mario è un pezzo della nostra storia”. Con queste parole esordisce don Marco Frediani, responsabile della pastorale dei rom e sinti della diocesi di Milano raccontando awww.migrantesonline.it. di quanto i Sinti e i Rom sono stati colpiti dalla morte di don Mario Riboldi. “Mi hanno telefonato da tutta Italia per sapere, c’è chi già lo considera santo. Lui ha vissuto 66 anni con i Rom e con i Sinti, girando l’Italia, non conoscendo solo una comunità. Una persona mi ha detto: ‘don Mario è il nostro Santo, appartiene ai rom abruzzesi di Lanciano’”. Parole accorate e piene di ringraziamento si percepiscono nell’ascoltare don Frediani, succeduto a don Riboldi nell’incarico come responsabile per la Pastorale dei Rom e Sinti. “Il posto di don Mario è impossibile prenderlo, quello che ha fatto lui è veramente enorme”. Don Mario – continua il sacerdote – “era riuscito, dopo diversi anni, ad ottenere dall’allora card. Colombo, l’autorizzazione a partire: quando l’ha avuta ha viaggiato con loro, allora esisteva ancora il nomadismo, poi quando questo è stato stroncato si è fermato nei campi con i Rom e i Sinti”. Per don Riboldi non esistevano confini o chilometri di strada che non si potessero affrontare, ha percorso l’Italia da nord a sud. “Per il mondo rom e sinto don Riboldi è stato “uno di loro, una guida, un faro”:  “dal sud viene la voce ‘è il nostro santo’, dal nord invece dicono don Mario è stato un pezzo della nostra storia e don Mario è uno di noi, è un Rom, non ce ne saranno più come lui”. Tutti hanno parole di affetto, chi ha partecipato alla veglia funebre, al funerale  o ha telefonato per esprimere la propria vicinanza sono “i figli o i nipoti della generazione coetanea di don Mario “che sono andati via prima di lui in Paradiso”. Don Mario ha cercato in tutti i modi di ‘inculturarsi’ in queste minoranze e ha capito che la lingua era l’elemento essenziale per stare insieme con loro, e proporre il Vangelo, appunto, nella lingua madre, la loro lingua. “Perché la sua vocazione, il suo punto principale era quello di portare il Vangelo ai Rom e ai Sinti, per cui, quindi, non era un impegno con i rom e con i sinti a livello sociale – sottolinea don Frediani - lui voleva andare più in profondità, giungere nel cuore di questa minoranza, portando Gesù”. “Mario ha vissuto veramente la Chiesa in uscita, perché non è che usciva per portare dentro, ma portava fuori quello che aveva dentro lui, cioè il suo amore per Gesù. L’uscire fuori non significava fare l’orario di ufficio, è uscito tutta una vita, si è tagliato tutti i ponti di rientro per stare con i rom e i sinti”. Don Frediani racconta di come don Mario avesse iniziato la sua avventura con questa gente. “Aveva cominciato con una parrocchia, nella bassa milanese, zona depressa, povera, dove c’erano le mondine, e da lì vide passare le prime carovane e si pose la domanda: ‘chi porta il Vangelo a questa gente?’. E da allora è incominciata la sua storia, ha cominciato a conoscerli, a imparare la lingua, a vivere insieme a loro e pian piano ad evangelizzare”. Don Mario Riboldi è stato definito un linguista di questi dialetti, di queste comunità. Dice don Frediani che per don Mario la lingua non era fine a se stesso, come studio linguistico di un idioma diverso dal suo, ma era finalizzato a comunicare il Vangelo nella lingua di queste etnie, affinché Gesù potesse entrare nel loro cuore. L’interesse per la lingua e la cultura Rom era finalizzato all’annuncio delle meraviglie di Dio. “Lui – afferma il sacerdote - è entrato all’interno delle comunità Rom in punta di piedi, in silenzio e stando con loro, come loro, e soprattutto stando in una posizione di ascolto per tanti anni”. Conclude questa intervista ricordando che don Mario gli diceva sempre che ci vogliono “soltanto vent’anni vivendo insieme a loro per capire dove si è finiti, poi dopo si può cominciare a dire qualcosa, perché se tu non conosci il modo di ragionare, di percepire la realtà dell’altro, il Vangelo che tu comunichi non scende nelle loro categorie antropologiche e culturali. Quindi un grande tempo di attesa e di ascolto che indica un rispetto grande per questa gente”. (NDB-R.I.)

Card. Turkson: don Riboldi ha saputo “abbracciare con naturalezza ed entusiasmo una scelta singolare”

11 Giugno 2021 - Città del Vaticano -  “Una vita spesa con e per loro, nella condivisione della loro quotidianità: primo sacerdote che viveva in una roulette, ha saputo abbracciare con naturalezza ed entusiasmo una scelta singolare”. Così il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ricorda don Mario Riboldi in un messaggio. Il sacerdote ambrosiano è stato “un nomade nelle tante comunità nomadi che hanno camminato con lui, ma con una capacità unica di creare ponti tra la Chiesa, i rom e sinti, come avvenuto nell’incontro di Pomezia del 1965. Il suo servizio, il suo farsi servo – scrive - gli ha consentito di farsi loro discepolo, imparando i loro costumi e la loro lingua. Questo gli ha permesso di accompagnarli sulla via che conduce a diventare pienamente discepoli di Cristo, traducendo il Vangelo in vari dialetti zingari per consentire loro di incontrare il cristianesimo”.

Don Riboldi: oggi il rito funebre presieduto da mons. Stucchi

11 Giugno 2021 - Milano - Sarà il vescovo ausiliare di Milano, monsignor Luigi Stucchi, a presiedere oggi alle 11,00 i funerali di don Mario Riboldi, nella parrocchia  di S. Martino di Biassono. Ieri, per l'intera giornata,  amici, rom e sinti hanno raggiunto  la piccola cappella di S. Francesco, a lato della parrocchia, per dare l'ultimo saluto al sacerdote che ha speso tutta la sua vita tra i rom e sinti. Nella cappella, adibita a camera ardente, foto di don Riboldi, e di alcuni sacerdoti espressioni delle diverse etnie che ricordano che sono oltre 80 i sacerdoti e i religiosi, 70 le religiose che hanno lasciato la loro roulotte per servire la Chiesa: fra loro due vescovi che operano in India.

Don Riboldi: per don Mastioli “ha dato la vita per i rom vivendo e condividendo la vita con loro”

10 Giugno 2021 - Roma - “E’ un maestro, un maestro di vita, di pensiero anche perché era una persona molto colta e preparata. Ha dato la sua vita per i rom, ma dal di dentro vivendo e condividendo la vita con loro”. Raggiunto telefonicamente don Massimo Mostioli così ricorda il “suo maestro” don Mario Riboldi, scomparso ieri all’età di 92 anni. Don Mostioli appartiene alla diocesi di Pavia, ma come lui stesso afferma “sono l’unico rimasto in camper che giro un po’ tutta l’Italia tra i rom e sinti” “Quando è partito nel 1971 – ricorda don Massimo parlando di don Riboldi – è partito con una tenda, poi con un furgone, con una roulotte, ha fatto tutti i passaggi, poi con una carovana che aveva comperato per stare assieme ai rom. Questa era la sua idea, entrare in una vita, in una storia, in una cultura per imparare”. Andare a portare il Vangelo, la parola di Dio tra i Rom e i Sinti per don Riboldi significava non imporre la propria presenza ma prima di tutto essere come loro, quindi cominciando imparando la loro lingua. “Ha voluto imparare da loro – continua don Mostioli - finché dopo un po’ di tempo una rom le disse: ‘ma tu cosa sei venuto a fare in mezzo a noi’ e don Riboldi rispose dicendo che era lì per portare la Parola di Dio, il Vangelo”. La ragazza rom replicò ‘e allora quando inizi?’”. Con questo episodio, sottolinea don Mostioli, si può sintetizzare l’inizio del percorso di don Mario Riboldi tra questa gente. “Era un gruppo di rom della Slovenia, Croazia, che si muovevano ancora, e don Riboldi aveva imparato un po’ la loro lingua. Poi ha trovato in quei posti dove andava degli altri che erano sinti e allora si è accorto che era un altro linguaggio, un altro modo di parlare, e si è messo a imparare anche la lingua di questi.  Credo che a livello mondiale – continua don Mostioli -  sia stato il massimo conoscitore della lingua e della cultura di questo popolo. Ma soprattutto come linguista perché lui ha tradotto il Vangelo di Marco in dialetto rom abruzzese, dialetto sinti lombardo, etc. Il Vangelo oggi è disponibile in quattro lingue, anzi c’è un quinto che non è stato ancora stampato, perché era in correzione”. Un ricordo accorato di chi gli è stato a fianco. “Girando l’Italia – continua don Mostioli  – lui (don Riboldi) ha conosciuto vari gruppi, perché in Italia ci sono gruppi che arrivano dall’Africa, dalla Slovenia, dalla Croazia, dalla Romania, dalla Francia. Frequentando tutti questi gruppi ha imparato veramente il loro linguaggio. Addirittura gli abitanti dei vari posti dove andavamo dicevano che arrivavamo dall’Italia e che conoscevamo la lingua ‘meglio di noi’. Allora ci si riuniva intorno al fuoco e le persone ascoltavano e applaudivano. Con qualsiasi gruppo si aveva a che fare, era la lingua che colpiva, perché il rom-interlocutore si sentiva capito, la lingua per don Riboldi è stata un mondo per entrare in sintonia e essere accolti da questi popoli”. (Nicoletta Di Benedetto)          

Don Riboldi: la veglia di rom e sinti e domani i funerali

10 Giugno 2021 - Roma - Da ieri sera la salma di don Mario Riboldi si trova nella sua città natia, Biassono. La camera ardente è stata allestita nella chiesa parrocchiale di San Martino, dove stasera alle 21 si reciterà il Rosario e domani alle 11 verrà celebrato il funerale. Fino a domattina la bara rimarrà aperta per permettere ai rom e ai sinti di vegliarlo, come ricorda uno dei suoi più stretti collaboratori, don Marco Frediani, responsabile della pastorale dei rom e sinti della diocesi di Milano. Don Frediani è succeduto in questo incarico proprio a don Riboldi che lo ha ricoperto dal 1971 al 2018. Una “figura centrale” nel cammino post conciliare della pastorale dei rom e dei sinti don Riboldi, come lo ricorda la Fondazione Migrantes. Collaboratore del card. Giovanni Battista Montini a Milano il sacerdote è stato – dice l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Presidente della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego – insieme al sacerdote romano don Bruno Nicolini, il “protagonista” dell’incontro di Papa Paolo VI, oggi santo, a Pomezia il 26 settembre 1965, con i rom e i sinti. Le parole di Papa Montini “Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore” sono stati per don Riboldi “il programma di una vita pastorale che – ha detto ancora mons. Perego - lo ha visto camminare lungo tutte le strade d’Italia e d’Europa per incontrare le famiglie e le comunità rom e sinti. Il suo impegno e la sua intelligenza pastorale rimangono nella Chiesa italiana un tesoro da custodire e a cui fare riferimento”. Un messaggio di cordoglio è arrivato anche dal direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis che ricorda “il tanto bene che ha fatto e l’eredità che ci lascia don Riboldi”. "Non ha mai voluto apparire, è sempre stato povero tra i poveri, vivendo anche lui in roulotte – ricorda don Frediani -. Ancor prima che arrivasse papa Francesco a parlare della 'Chiesa in uscita', don Mario aveva già intuito che non si fa evangelizzazione da ricchi, ma solo prendendo bisaccia e sandali. Era un uomo di preghiera, nel profondo. Ovunque fossimo, in un campo nomadi, in carcere, in viaggio, cascasse il mondo ci si fermava per pregare negli orari canonici". (R. Iaria)    

Don Riboldi: mons. Perego, una “figura centrale nel cammino post conciliare della pastorale dei rom e dei sinti”

           9 Giugno 2021 - Roma - Don Mario Riboldi è stato “una figura centrale nel cammino post conciliare della pastorale dei rom e dei sinti”. Lo dice oggi mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e neo presidente della Fondazione Migrantes in una dichiarazione a www.migrantesonline.it parlando del sacerdote scomparso questa mattina a Milano.  Collaboratore del card. Montini a Milano, successivamente è stato – aggiunge mons. Perego - con don Bruno Nicolini, il “protagonista dell’incontro di Papa Paolo VI, oggi santo, a Pomezia nel 1965 con i rom e i sinti”. Le parole di Papa Montini “i rom sono a casa nella chiesa” sono “stati per lui - conclude mons. Perego ricordando la collaborazione con la Fondazione Migrantes -  il programma di una vita pastorale che lo ha visto camminare lungo tutte le strade d’Italia e d’Europa per incontrare le famiglie e le comunità rom e sinti. Il suo impegno e la sua intelligenza pastorale rimangono nella Chiesa italiana un tesoro da custodire e a cui fare riferimento”. (R. Iaria)  

Pastorale Rom e Sinti: è morto don Mario Riboldi. La vicinanza della Migrantes

9 Giugno 2021 - Roma - È scomparso oggi don Mario Riboldi, all’età di 92 anni. Ordinato sacerdote nel 1953 cominciò ad incontrare i nomadi della periferia Milanese. Iniziò così il suo viaggio con i popoli rom e sinti, vivendoci assieme. Accolto e apprezzato dall'allora card. Giovanni Battista Montini e quindi futuro Papa Paolo VI fu tra i promotori del primo e storico incontro della Chiesa Cattolica con Rom e Sinti a Pomezia il 26 settembre 1965. Don Riboldi ha svolto diversi ruoli in ordine alla evangelizzazione dei rom, sinti e camminanti sia come responsabile diocesano che nazionale, portando agli onori degli altari il 4 maggio 1997, per la prima volta nella storia il gitano Ceferino Jimenez Malla. "Ha lottato, come lui diceva, con sé stesso per cercare di entrare nella cultura del popolo 'zingaro' imparandone i diversi idiomi e traducendo Bibbia, testi liturgici e canti nelle varie lingue per annunciare le meraviglie di Dio", dicono i suoi collaboratori."Lodiamo il Signore per il tanto bene che ha fatto e l'eredità che ci lascia", dice il direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis ricordando la figura del sacerdote. (R.Iaria)

Migrantes Ancona: pastorale con i rom e sinti

12 Maggio 2021 - Ancona - Oltre agli immigrati, da vari anni seguo la pastorale con i rom e sinti, in compagnia di una catechista, Elisabetta. Con loro abbiamo fatto prime comunioni, matrimoni, funerali e a una decina di loro ho fatto impartito anche la Cresima. Un cammino spalmato in un periodo prolungato, ma alla fine sempre concluso. Un’esperienza che mi ha dato molto, e direi, mi ha segnato… Una sera, in una chiesa di un quartiere di Ancona stavamo preparando la prima comunione di alcuni ragazzi, un loro papà mi chiese di confessarsi, la sua bambina avrebbe fatto l’indomani la prima comunione, aveva altri due figli. Quella confessione mi è rimasta sullo stomaco. Dal cuore di quel rom uscì una sofferenza opprimente che soffocava la sua vita… “sono uno zingaro, per la gente sono sempre uno zingaro, per la gente i miei bambini sono figli di uno zingaro, da anni sono qui e non riesco a trovare lavoro perché sono uno zingaro, la gente non mi parla perché sono uno zingaro e si vede, non riesco a dare una vita dignitosa alla mia famiglia perché sono uno zingaro, non ho futuro perché sono uno zingaro, la mia colpa è di essere nato zingaro, e questo marchio sulla mia testa mi pesa, mi soffoca, non mi lascia né camminare, né respirare… odio me stesso e la mia vita perché sono uno zingaro”… seduto sul banco della chiesa, con i gomiti sulle ginocchia, e la testa raccolta tra le mani, tra sospiri prolungati, singhiozzi e lacrime, assieme ad altri peccati, scorreva questa confessione… io mi son sentito un peccatore. Ogni sofferenza che aveva subito mi sentivo di averla procurata anche io. Non mi sentivo affatto libero da ogni pregiudizio nei loro confronti, e il dir comune sembra una norma. Si concluse quella confessione, con un abbraccio e il giorno dopo la sua bambina fece la prima comunione, la sua gioia fu grande ma sempre velato da tristezza… un mese dopo lui si è tolto la vita… Una diversità mai integrata, un’esclusione che lo ha brutalmente buttato fuori, perché anche oggi per la nostra società: “uno zingaro è sempre uno zingaro. Quando uno zingaro diventerà per me fratello?”  (Dino Cecconi, Direttore Migrantes Ancona-Osimo)    

Migrantes Pordenone: un corso di sartoria per le donne rom

3 Maggio 2021 - Pordenone - Un’opportunità per il lavoro e un segno di integrazione così è stato accolto il corso di sartoria avviato per le donne Rom a Pravisdomini, un comune della provincia di Pordenone. Il corso è finanziato dalla Fondazione Migrantes e realizzato in collaborazione con la Caritas, Ambito del Sile, la Parrocchia e il Comune. In questa cittadina del Friuli Venezia Giulia, dove la comunità rom è stabile e abbastanza numerosa, non è una novità in quanto, specie per i bambini che frequentano le scuole dell’obbligo, già diverse sono state le iniziative avviate per un cammino di integrazione e abbattere quei pregiudizi che da sempre accompagnano questa gente.  Il corso ha coinvolto 13 donne con l’età compresa tra 13 e 58 anni e va avanti da febbraio per tre volte la settimana. Le partecipanti sono ragazze, mamme, nonne, ognuna di loro si è accostata a questa iniziativa con una motivazione diversa, ma in comune sicuramente c’è la voglia di un riscatto sociale e la prospettiva di trovare lavoro. L’insegnante Anna Maria Girotto ha messo a disposizione tutta la sua esperienza e ha trovato in alcune di queste donne un vero talento per questo mestiere, ma tutte lo frequentano con passione. C’è Milva assieme alle figlie che ha già un po’ di conoscenze sartoriali apprese dalla mamma e da un sarto; Denise che è molto brava a disegnare i cartamodelli; Venere che con il suo pragmatismo racconta “non spero di diventare come Giorgio Armani, ma di lavorare sì”; Barbara che vuole dimostrare che anche le donne rom sanno lavorare. Tante storie e tanti sogni sostenuti dalla voglia di imparare per una opportunità in più; ma dietro questa loro partecipazione c’è un altro messaggio rivolto non solo agli abitanti di Pravisdomini ma a tutti coloro che hanno dei pregiudizi verso le minoranze: sono rom ma sono donne come tutte le altre. Una nuova esperienza anche per l’insegnante che non conosceva la cultura rom e che ha raccontato “mi sono trovata benissimo con queste donne, sono brave e motivate”. (Nicoletta Di Benedetto)    

Migrantes Catania: celebrata la Giornata Internazionale dei Rom, Sinti e Camminanti

12 Aprile 2021 -

Catania - L'Ufficio Migrantes della diocesi di Catania, in occasione della Giornata Internazionale dei Rom, Sinti e Camminanti, ha celebrato una solenne celebrazione eucaristica presso la parrocchia della Divina Maternità della B.M.V. in Cibali. La Santa Messa è stata presieduta dal parroco don Gianluca Giacona e concelebrata dal direttore dell'Ufficio per l’animazione missionaria, don Deodato Mammana, con l’assistenza dei diaconi don Giuseppe Cannizzo, direttore dell’Ufficio Migrantes, don Santo Rizzo e don Giuseppe Calantropo, entrambi collaboratori dello stesso Ufficio Pastorale.

Giuseppe Cannizzo ha ricordato la genesi dell'istituzione della Giornata Internazionale dedicata a Rom e ai numeri statistici che riguardano questa grande famiglia nel mondo ed in Europa ed ha sottolineato come “l’evangelizzazione è una missione di tutta la Chiesa, perché nessun cristiano dovrebbe rimanere indifferente di fronte a situazioni di emarginazione in relazione alla comunione ecclesiale. Anche i cristiani Rom sono chiamati a partecipare attivamente alla missione evangelizzatrice della Chiesa, promuovendo l’attività pastorale nelle loro comunità”.

Significativo poi il richiamo alla situazione di emergenza causata dalla pandemia da Covid-19, che si sta vivendo attualmente fra i popoli di tutti i Paesi del Continente, compreso quello Rom. “Sono tempi difficili anche per questi nostri fratelli", ha concluso don Cannizzo: "tra loro il rischio di contagio è ancora più alto a causa delle condizioni in cui spesso vivono: spazi piccoli, privi di servizi e talvolta in assenza di acqua, di elettricità e delle condizioni minime per condurre una vita dignitosa. Ragion per cui, questo è il tempo, come ha ricordato anche Papa Francesco, di lasciare da parte ogni forma di odio ed emarginazione”.

All'incontro erano presenti, un buon numero di fedeli italiani e rappresentanti di comunità multietniche, che hanno voluto partecipare come "testimonianza di integrazione e fratellanza tra popoli".

 

Giornata internazionale Rom: occasione per richiamare l’attenzione su questo popolo

8 Aprile 2021 - Roma - Ogni anno la Giornata internazionale del popolo rom e sinto, che si celebra oggi,  richiama l’attenzione su questo popolo composto da uomini, donne e bambini spesso ignorati e lontani dai nostri interessi.  Una data, quella dell’8 aprile, che nasce quando, nella Primavera del 1971, alcuni intellettuali e attivisti rom di tutta Europa si incontrarono a Chelsfield, vicino Londra, in un congresso internazionale per riflettere sulla condizione delle rispettive comunità. Una comunità, quella dei rom e sinti in Europa che conta circa 12 milioni di persone. In Italia circa 170 mila. Di questi circa 18 mila quelli in emergenza abitativa e di essi circa 11.500 in insediamenti progettati, costruiti e gestiti dalle istituzioni locali e meno di 7 mila in insediamenti informali. Secondo alcuni dati sul territorio italiano si contano 111 insediamenti formali per soli rom in una sessantina di Comuni italiani con una presenza interna di cittadini italiani che raggiunge il 49%. Persone spesso non riconosciuti nel nostro Paese. Un mancato riconoscimento che oltre a non aiutare la tutela di alcuni diritti fondamentali, accresce l’apolidia e sempre più, nelle nostre città, produce emarginazione e ghettizzazione. Ecco allora l’urgenza di un maggiore impegno per trovare nuove strade che aiutino ad abbattere pregiudizi e barriere ideologiche.  

Comunità di S. Egidio: “Superare pregiudizi e puntare su scuola e integrazione”

8 Aprile 2021 -

Roma - In occasione del “Romanò Dives”, la giornata internazionale dei Rom, che si celebra oggi, 8 aprile, in ricordo del primo Congresso mondiale dei Rom tenutosi nel 1971 vicino Londra, la Comunità di Sant’Egidio rivolge gli auguri a tutti i Rom (e alle popolazioni romanì che si identificano con questo nome) e sottolinea alcune idee, preoccupazioni e prospettive sulla presenza di questo popolo in Italia ed Europa. Occorre anzitutto "prendere le distanze da vecchi e nuovi pregiudizi, fonte di ostilità e discriminazioni, e intraprendere con coraggio iniziative che favoriscano la piena inclusione dei Rom nelle nostre società, valorizzando la cultura e la condivisione della memoria, considerando che quasi nessuno in Italia conosce il Porrajmos, lo sterminio di Rom e Sinti durante la seconda guerra mondiale". Bisogna poi puntare su un serio programma di scolarizzazione, una "autentica priorità - si legge in una nota - per un popolo, che in larga parte è costituito da bambini e giovani (circa il 50% delle 140.000 presenze in Italia ha meno di 18 anni). Solo "investendo seriamente su un’istruzione e una formazione di qualità si potrà avere una generazione pienamente integrata nella nostra società". Infine occorre "attuare politiche di inserimento abitativo, superando la logica emergenziale che spesso contraddistingue l’azione delle istituzioni rispetto a questa minoranza: la presenza di Rom e Sinti non è episodica o occasionale ed è evidente che approcci perennemente emergenziali non facilitano l’integrazione e sono spesso causa di spreco di fondi pubblici. L’integrazione dei Rom è possibile, come dimostrano tante situazioni, di cui Sant’Egidio ha fatto esperienza in anni di amicizia e impegno a loro fianco. Quando per i Rom valgono gli stessi criteri che per altre fasce di popolazione, l’integrazione funziona".

Commissione Ue: “ancora troppi pregiudizi e discriminazione” verso i Rom

8 Aprile 2021 -  Bruxelles - “In occasione della Giornata internazionale dei rom, celebriamo, insieme alla nostra più grande minoranza etnica europea”, che comprende 10-12 milioni di persone, “il loro contributo unico alla diversità e al patrimonio europeo”. Lo dichiarano, in vista della giornata di oggi, i commissari Ue Vĕra Jourová, Helena Dalli e Olivér Várhelyi. “Celebriamo anche il 50° anniversario del primo Congresso mondiale sui romanì”. Tuttavia, “molti rom affrontano ancora nella loro vita quotidiana pregiudizi, discriminazioni, antigipsismo ed esclusione socioeconomica. Inoltre, la pandemia globale ha colpito duramente le comunità rom. Dobbiamo fare tutto il possibile per affrontare non solo l’attuale crisi che li colpisce, ma anche per portare un reale cambiamento sul campo”. La Commissione ricorda di aver adottato un “quadro strategico” decennale 2020-2030 a favore dell’integrazione delle popolazioni rom in Europa. Si tratta di misure per combattere la discriminazione, promuovere l’inclusione sociale, promuovere la partecipazione dei rom nella società e garantire la parità di accesso a un’istruzione ordinaria, all’occupazione, alla salute e all’alloggio di qualità in tutta Europa. Ma, sottolinea l’esecutivo, “l’impegno degli Stati membri è fondamentale per ottenere risultati concreti nei prossimi dieci anni. L’Europa ha ancora molta strada da fare per raggiungere una reale uguaglianza per i rom, rispetto per la diversità e comprensione reciproca per l’esperienza storica. Lavorando insieme possiamo fare la differenza e sbloccare l’enorme potenziale dei rom a beneficio sia dei rom stessi che dell’Europa nel suo insieme”.  

Pastorale rom: nove incontri promossi dalla diocesi di Roma

15 Febbraio 2021 - Roma - Per la pastorale dedicata ai Rom, partirà giovedì 25 febbraio, alle ore 19, sulla piattaforma Zoom, una serie di nove incontri dal titolo “Smascherati per dare vita ad una nuova forma di fraternità!”. Il corso è promosso dal coordinamento rom e sinti della Diocesi di Roma. Nel presentare l’iniziativa, l’arcivescovo mons. Giampiero Palmieri, vicegerente della diocesi di Roma, e delegato diocesano per la Migrantes spiega che è un corso che dà voce ai rom stessi, un percorso nel segno della fraternità rivolto «non solo a tutti gli operatori che già da tempo sono attivi in questo settore pastorale, ma è aperto e raccomandato a tutti coloro che vogliono approfondire la conoscenza di un popolo e della sua cultura, e sono disponibili a mettere in discussione stereotipi e pregiudizi per cogliere onestamente la realtà per quella che è davvero, senza interpretazioni di parte». I nove incontri sono organizzati su tre sezioni di intervento: il primo “Un nuovo modello di fraternità”; il secondo “Una fotografia della realtà”; il terzo “Evangelizzati ed evangelizzatori”. Spiega mons. Palmieri: «la prima è necessaria per riflettere e acquisire categorie comuni che ci permettano di affrontare la questione pastorale dell’integrazione con uno sguardo comunitario e condiviso»; la seconda «ci permette di interpretare al meglio ciò che si è fatto e si sta facendo, in modo da poter leggere i segni del tempo e offrire visioni profetiche»; l’ultima sezione è incentrata su «cosa possiamo fare oggi nelle nostre comunità cristiane, e ci offre strumenti di intervento e buone prassi che possono essere rinnovate». «Poche realtà sociali – ha aggiunto il presule - hanno tanto bisogno di essere conosciute e riconosciute come la realtà rom». E rivolgendosi nello specifico alla situazione della Capitale «oggi lo possiamo (e lo dobbiamo) fare anche alla luce di una storia di più di quarant’anni di politiche fallimentari a livello di accoglienza e di integrazione, soprattutto nella nostra città, legate non in ultimo alla scelta infelice dei campi». Sono stati chiamati a relazionare, oltre a mons. Palmieri, don Salvatore Policino, salesiano; don Giovanni de Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes; mons. Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano, Carlo Stasolla dell’Associazione 21 Luglio e per la Comunità di Sant’Egidio Alessandro Luciani e Susanna Placidi. Per iscrizioni consultare il sito www.diocesidiroma.it . (NDB)

Migrantes Asti: non si sgomberano le persone, ma le cantine

9 Febbraio 2021 - Asti - Nella nostra città, Asti, ci sono diverse categorie di persone che vivono ai margini, persone invisibili in veri e propri ghetti, una fra tutte è rappresentata da coloro che abitano nelle case occupate, e poi ci sono categorie che diventano visibili solo quando emergono delle problematiche. Tra queste la comunità Rom. Ad Asti i campi rom sono ben nascosti dalla città, in periferia, in zone abbandonate a sé stesse dove abitano più di 260 persone, tra cui circa 130 minori. Da diversi anni in tutta Europa si parla della necessità di superare i campi nomadi, ma è importante riflettere in quale modo possa avvenire tale superamento perché è innegabile la complessità della situazione e dei progetti di accompagnamento e sostegno a questa comunità, ma è necessario che il Comune e tutta la cittadinanza riflettano su cosa significhi superare i campi e le conseguenze di tali politiche. Per parlare di superamento dei campi è necessario prima di tutto conoscere le comunità delle quali si parla, conoscere le condizioni del campo, cercare di ragionare senza basarsi su pregiudizi ma partendo dalla vita del campo e dai loro abitanti. Ad Asti si parla molto del campo di via Guerra, ma bisognerebbe prima andarci, parlare con le persone ed entrare in relazione con loro, persone che vivono in modo stanziale nella nostra città. La situazione oggi al campo è precaria, la pandemia ha aggravato la condizione di vulnerabilità in cui già vessavano le persone del campo. Nessuno vorrebbe vivere in condizioni igienico sanitarie così pesanti, particolarmente pessime per una parte del campo, ma nessuno ci starebbe se non avesse altra scelta. Scelta dovuta ad una storia fatta di emarginazione e precarietà (non dimentichiamo che l’etnia rom fu anche perseguitata e deportata durante il periodo nazifascista) e determinata da una condizione di povertà obbligata dalla quale è molto difficile per loro uscirne con le proprie forze. I forti pregiudizi intorno a questa etnia non gli permettono di essere considerati degni della fiducia di un possibile datore di lavoro e ciò determina l’alto tasso di disoccupazione, nonostante alcuni dei giovani abbiano conseguito il diploma di scuola superiore, l’arrabattarsi in lavoretti come quello della raccolta del ferro e il vivere in condizioni così difficili anche dal punto di vista igienico sanitario. Il nostro Comune da diverso tempo esprime la necessità di superare il campo rom ma dovrebbe essere prioritario prima attuare un percorso di inserimento sociale e una progettazione a lungo termine. Vediamo con grande scetticismo e disapprovazione la proposta di un trasferimento temporaneo in tendopoli o una “buona uscita” di qualche migliaio di euro perché possano scegliere di allontanarsi dal campo. Ammassare un tale numero di persone in tende non può rispettare condizioni dignitose di vita, per lo più con una sorveglianza h24 come fossero criminali all’interno di un carcere, nè si può pensare che possa essere una soluzione di breve durata perché per un nuovo spostamento sarebbe necessario un progetto sul futuro che gli permetta di vivere in legalità nel rispetto delle proprie scelte di vita. Non è sufficiente il contributo di qualche migliaio di euro per l’acquisto di una casa, poiché è un’azione non sostenibile dalle famiglie rom, che non avrebbero le forze economiche di acquistare una casa e di mantenersi da soli senza prima un inserimento lavorativo. Come accaduto in molte altre parti di Italia, la chiusura del campo senza una vera progettazione sociale significherebbe solo il trasferimento del problema in un altro territorio o nuclei famigliari per strada. Inoltre è importante considerare che all’interno del campo risiede un numero considerevole di minori in età scolare, sui quali il Comune ha investito attraverso diversi progetti fruttuosi che sarebbe opportuno incrementare, garantendo ai bambini la continuità scolastica. Gli abitanti del campo di via Guerra sono persone, volti, storie e non si sgomberano le persone, si sgomberano le cantine: sulle persone si investe in progetti di inserimento sociale che possano assicurare un futuro ai suoi abitanti, possibile solo avendo un progetto su ogni famiglia che gli dia la possibilità di sostenersi e camminare autonomamente, superando un approccio assistenzialista e mettendo al centro la dignità della persona ed i diritti sia che viva in alloggio sia nel campo. Per vincere questa sfida occorre recuperare quella dimensione di fraternità della quale ci parla papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli tutti” ed investire in modo serio nel trovare una collocazione prima lavorativa e poi, eventualmente, abitativa per queste persone, per questi fratelli. (Ufficio Migrantes Asti)    

Migrantes: in distribuzione il numero di febbraio del mensile “MigrantiPress”

4 Febbraio 2021 - Roma - Si apre con un editoriale sul linguaggio al tempo della pandemia il numero di febbraio del mensile "MigrantiPress" della Fondazione Migrantes. Il primo piano è dedicato al recente "Festival della Migrazione" sul tema del viaggio che si è svolto in modalità online e che nei tre giorni del Festival ha avuto oltre 25mila contatti. E ancora, nel numero in distribuzione, migranti africani si mettono in gioco, il tema dei rifugiati, un servizio sui corridoi umanitari per studenti universitari. "Vincere i pregiudizi " è il titolo di un approfondimento sul Rim Junior della Fondazione Migrantes, nato per raccontare le migrazioni italiane ai ragazzi. Un servizio è dedicato al missionario italiano in Brasile, p. Nazareno Lanciotti ucciso venti anni fa, punto di riferimento per tanti italiani. La sua causa di beatificazione è stata aperta nel 2008. Il mensile dedica tra gli altri, anche un articolo alla visita del neo cardinale, Paolo Lojudice, segretario della Commissione CEI per le Migrazioni, ai circensi fermi, a causa della pandemia, a Siena.  

Rom e Sinti: prima indagine nazionale sulla condizione giuridica dei rom originari dell’ex Jugoslavia

29 Gennaio 2021 - Roma - Con la dissoluzione dell’ex Jugoslavia, iniziata con la morte di Tito nel 1980 e la guerra civile che ne è scaturita, migliaia di cittadini sono scappati dal loro Paese di origine per trovare riparo nelle periferie delle metropoli italiane. Si stima che negli anni Ottanta e Novanta siano stati almeno 40mila i cittadini di origine rom in fuga dal conflitto balcanico e stanziatisi inizialmente all’interno di tende o di roulotte prima che venissero costruiti i cosiddetti campi rom dove concentrare persone considerate erroneamente di cultura “nomade”. Negli ultimi 30 anni la condizione giuridica di molti di loro “non è mai stata sanata. La cancellazione anagrafica disposta dal Paese di provenienza e l’impossibilità ad ottenere un permesso di soggiorno italiano li ha fatti piombare in una sorta di limbo giuridico che si è tradotto per molti in una condizione di apolidia de facto senza alcun tipo di riconoscimento. Persone senza diritti perché inesistenti per lo Stato italiano e le amministrazioni locali”, denuncia oggi l’Associazione 21 Luglio che ha voluto “indagare sull’entità del fenomeno” e pubblicato la ricerca “Fantasmi urbani”, diffusa oggi, sulla presenza, in Italia, dei cittadini di origine jugoslava a rischio apolidia. Uno studio – spiega l’associazione - i cui risultati “marcano una forte differenza rispetto ai dati di riferimento assunti anche dal Governo italiano. L’indagine è partita da un ampio campione rappresentato dal 36,5% del totale di cittadini dell’ex Jugoslavia presenti nei “’campi rom’ italiani”. Per raccogliere i dati sono state incontrate 2.666 persone e visitati 17 insediamenti in 8 Comuni italiani. Alla luce dei risultati emersi, le persone originarie dell’ex Jugoslavia a rischio apolidia, perché prive di passaporto e di permesso di soggiorno, residenti nei “campi rom” italiani sono circa 860, un numero “ben lontano dalla forbice sino ad ora stimata di 15.000/25.000 unità. Di essi poco meno di 500 dovrebbero essere rappresentati da minori”. Secondo Associazione 21 luglio un numero “così esiguo, assai lontano dalle cifre passate non fondate su basi scientifiche, ridimensiona il fenomeno e soprattutto consente finalmente l’attivazione di politiche mirate a singoli contesti e specifiche situazioni locali”. (R.I.)  

Migrantes Asti: mantenere viva la sensibilità e l’attenzione sulle criticità che colpiscono migranti, circensi, rom e lunaparkisti

29 Gennaio 2021 -

Asti - Durante l’emergenza Covid-19, l’impegno dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Asti si è concentrato sul mantenere viva la sensibilità e l’attenzione sulle criticità che colpiscono migranti, circensi, rom e lunaparkisti interfacciandosi con il Comune e le altre realtà associative impegnate a sostegno delle fasce più deboli. I contatti con l’Assessorato alle Politiche Sociali sono stati costanti e hanno portato alla realizzazione di due iniziative congiunte rivolte alle numerose comunità etniche presenti in città, fa sapere oggi l'Ufficio Migrantes. 

Nel mese di marzo, durante la prima fase della pandemia, è stato prodotto un video per diffondere le regole di prevenzione Coronavirus attraverso volti, voci e lingue da tutto il mondo (inglese, francese, arabo, albanese, rumeno, mandingo, spagnolo e portoghese). L’esperienza - sottolineano - è poi stata ripetuta nel mese di ottobre quando, «ormai consapevoli dell’arrivo di una seconda ondata pandemica, abbiamo valutato l’opportunità di un’ulteriore campagna di sensibilizzazione volta a ribadire l’importanza di un corretto uso dei dispositivi di protezione e del distanziamento sociale». Queste iniziative, oltre a «prefiggersi l’obiettivo di rendere comprensibili le regole di prevenzione anche a quanti non padroneggiano ancora la lingua italiana», sono state l’occasione per promuovere la partecipazione di tutti i cittadini, stranieri e non, alla tutela del bene comune. La lotta contro la pandemia «ci ha infatti insegnato che il comportamento di ognuno, nessuno escluso, fa la differenza e che, per riprendere la parole di Papa Francesco, 'nessuno si salva da solo'».

I video, realizzati da Pierfranco Verrua, hanno avuto una diffusione capillare attraverso la web-tv, i canali social istituzionali degli enti promotori, le testate giornalistiche online locali, il nostro sito e i più informali gruppi WhatsApp, rivelandosi «uno strumento utile per molti cittadini stranieri non solo di Asti, ma di tutta la Provincia e altre parti d’Italia».

 

Migrantes ricorda la giornata della memoria

27 Gennaio 2021 -

Roma - Oggi, 27 gennaio, si celebra la Giornata della Memoria. È un’occasione - sottolinea la Fondazione Migrantes - per ricordare una pagina buia, se non la più buia e triste della storia recente. Non può certo essere un giorno qualunque perché oggi facciamo memoria dell’eccidio di almeno sei milioni di ebrei. Insieme al popolo ebraico, non dimentichiamo nemmeno i 500 mila, tra rom e sinti, morti nei campi di concentramento nazisti. Un genocidio noto come Porrajmos, che in lingua romanì ha un duro significato: divoramento. Questa tragedia non può essere lasciata nei meandri del passato perché ha coinvolto uomini, donne e bambini che ancora oggi sono discriminati e vivono la loro quotidianità fatta di emarginazione, di rifiuto e di sofferenza dentro le nostre città, dentro la nostra vita indifferente verso chi cerca attenzione. Rom e sinti provocano ancora paura e vergogna nella nostra società concentrata sul benessere e sull’apparire. La domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?” fu rivolta agli uomini e donne al termine del genocidio nei campi di sterminio. Questa stessa domanda oggi viene rivolta a noi. “Dov’è tuo fratello zingaro che io ti ho posto accanto?”.