21 Settembre 2021 - Mazara del Vallo - Il nome lo hanno scelto dalla lingua araba: “Habibi”, che significa “amore, tesoro”. Protagonisti sono una decina di giovani di diversi Paesi del bacino mediterraneo e sub sahariani. Alcuni di loro sono nati in Italia da genitori tunisini e altri provengono dai percorsi di accoglienza Sai nelle case gestite a Mazara del Vallo dalla Casa della comunità Speranza. Insieme hanno fondato una cooperativa agricola “Terre senza frontiere”, poi sempre a Mazara hanno aperto un ristorante che hanno chiamato così.
Rispondendo alla campagna “Liberi di partire, liberi di restare”, promossa da Cei e Fondazione Migrantes, è stato pensato un progetto alla luce di una considerazione: creare percorsi di formazione e inserimento lavorativo per giovani provenienti da diverse parti del Mediterraneo. Lo scopo è quello di limitare i flussi di migrazione forzata. Il progetto sostenuto dalla campagna si articola in Sicilia, a Mazara del Vallo, e in Tunisia. “Un piccolo segno per dare sia nelle terre d’origine sia in Italia la possibilità di rimanere grazie a una proposta di formazione e di lavoro – spiegano i promotori –. Si vuole evitare che i figli delle persone immigrate a Mazara vadano via, terminate le scuole, perché non trovano lavoro”.
Prima la fondazione della cooperativa che sviluppa un percorso nell’agricoltura, poi l’apertura un anno dopo del ristorante in modo da dare una possibilità di lavoro ad alcuni giovani originari di alcuni Paesi africani e italiani, far gustarne i sapori tipici. Grazie al contributo della Fondazione Migrantes, della Fondazione Haiku ai fondi dell’8×1000 alla Chiesa cattolica, il sogno è diventato realtà. Tra i ragazzi che vi lavorano Naures, 22 anni, nata da genitori tunisini: “Attraverso il cibo le persone sono curiose di conoscere la nostra storia, chiedono delle nostre origini, perché siamo qui in Italia. A volte cambiano la loro prospettiva su di noi”. “Il nostro obiettivo – spiega Saleem, 20 anni, aiuto cuoco – è quello di far conoscere ai clienti le nostre origini. E ci riusciamo”.