5 Maggio 2022 - Roma - La percezione acquisita attraverso la ricerca condotta da Transiti per il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes è che
la pandemia da Covid-19 abbia contribuito a
peggiorare la condizione psicologica del 61,6% degli expat italiani intervistati.
Dei 925 rispondenti,
il 40% è stato o è attualmente in psicoterapia. Si tratta di una percentuale molto alta rispetto alla media nazionale, che oscilla tra il 7 e il 15%.
È interessante prendere in considerazione come le persone coinvolte nell’indagine abbiano maturato la scelta di intraprendere un percorso psicoterapeutico. Il 69,5% ha realizzato di avere bisogno di un supporto psicologico compiendo una scelta personale e autonoma, mentre il 17,7% lo ha fatto in seguito al consiglio di amici e parenti.
Nel
74% dei casi chi ha affrontato un percorso psicologico ha
giudicato la cura come efficace e significativamente migliorativa per la propria esistenza. Il
17% ha, invece, espresso un
giudizio negativo.
Approfondendo le ragioni che hanno portato a questa conclusione, emerge come essa appaia legata a una mancanza di necessità (“
i miei genitori mi hanno obbligata”) o alla percezione di non aver incontrato il professionista adeguato (“
bisogna incontrare il professionista giusto”) o, ancora, alla percezione di fare qualcosa di inutile (“
solo chiacchere”).
Coloro che
non hanno mai iniziato un percorso di psicoterapia, corrispondente al
46% dei rispondenti, adducono motivazioni quali il sentirsi psicologicamente equilibrato, il non sentirne la necessità e la presenza di ostacoli di natura economica, ma anche sfiducia, paura e difficoltà nel trovare un terapeuta qualificato.
La replica negativa, motivata dalla
sfiducia nella capacità di cura ed efficacia della psicoterapia, rappresenta il
33,7% delle risposte raccolte. È un tema molto interessante e ampio che andrebbe approfondito anche alla luce delle
premesse dell’OMS. Parallelamente, dovrebbe interrogare la comunità professionale degli psicologi rispetto alla possibilità di rendere sempre più trasparenti i modelli di trattamento e le evidenze di efficacia della cura.
Il
21% delle persone ha dichiarato di non aver mai iniziato un percorso per
timore (“
Ho paura di cosa potrei scoprire”; “
Ho paura di diventare dipendente dal terapeuta”; “
Non riuscirei a parlare con uno sconosciuto”). È un elemento significativo, che dà una (grossolana) misura di quanto ancora possano circolare il pregiudizio e lo stigma nei confronti della scienza psicologica e di quanto sia scarsa e confusa l’informazione a riguardo.
A supporto di questa considerazione, abbiamo rilevato che il
12% degli intervistati ha dichiarato di pensare da tempo di entrare in terapia, ma di
non sapere come trovare un professionista affidabile.
Per il
20% del campione la
difficoltà ad intraprendere un percorso terapeutico è
di natura prevalentemente economica, limite che non viene riscontrato unicamente dagli italiani residenti in Nord America.
Questo aspetto spinge a riflettere sulla molteplicità delle esperienze di espatrio che abbiamo incontrato attraverso Transiti e sulla
necessità di pensare a dispositivi di accoglienza e cura sulla base del principio dell’universalismo proporzionale.
Un altro dato rilevante è che, durante la pandemia, il
25% delle persone
ha incrementato l’uso di sostanze – tabacco, alcol, stupefacenti – per mitigare la sofferenza psicologica, con una percentuale più alta tra i residenti in Europa (28%).
Questo è un dato in linea con la tendenza poc’anzi evidenziata: una parte di popolazione sperimenta difficoltà nel poter chiedere un aiuto qualificato e nel ricercare in autonomia soluzioni palliative di sollievo al malessere.
Abbiamo raccolto alcune voci degli expat che hanno voluto raccontare la loro esperienza di psicoterapia.
Dalle 320 risposte aperte - circa il 35% del campione - sono emerse
parole ricorrenti quali: Terapia, Ansia, Panico, Farmaci. Lavoro, Aiuto, Relazione, Famiglia, Depressione, Sedute, Problemi, Stress, Figli, Autostima, Terapeuta, Disturbi, Inutile, etc.
Di seguito, riportiamo alcuni stralci delle esperienze dei racconti legati all’esperienza di psicoterapia:
- “A causa della mole di lavoro immensa che ho dovuto sostenere nel lockdown, ero arrivata al limite dell’ esaurimento nervoso. La psicologa mi ha aiutato a mettere dei limiti a questo e impostare delle regole per evitare il burn-out.” (F, Lussemburgo);
- “Ai tempi del liceo per problemi di ” (F, Cuba);
- “Avevo 18 anni, non ne sentivo il bisogno, i miei genitori mi hanno obbligato ed è stata ” (F, Emirati Arabi Uniti);
- “Colloqui di sostegno soprattutto relativi alla mia decisione di separarmi.” (F, Stati Uniti);
- “Dolorosa ma ha risolto i miei ” (F, Israele);
- “Dopo un evento personale traumatico i miei cari mi hanno consigliato di chiedere supporto psico Sono stata 9 mesi in psicoterapia e mi è servito moltissimo per affrontare il dolore e ricostruire il mio equilibrio, ma anche crescere personalmente.” (F, Regno Unito);
- “Dopo una relazione abusiva, ho fatto un percorso di terapia per ritrovare ” (F, Belgio);
- “Durante gli anni universitari ho fatto un percorso di psicoterapia per imparare a gestire l'ansia e lo stress da competizione.” (M, Svizzera);
- “È in corso da un anno. Mi dà tranquillità, mi allevia il senso di vuoto e mancanza di significato nelle cose. Mi conforta.” (M, Canada);
- “È via zoom col fuso italiano, e questo alle volte diventa un problema per farlo conciliare con gli orari giapponesi.” (F, Giappone);
- “Mi dà la forza e la carica per migliorare e sentirmi appieno con me stessa. Ci vuole tanta pazienza e voglia di ‘amarsi’” (F, Stati Uniti);
- “Era un periodo della mia vita dove mi sentivo persa. Ho finalmente deciso di cercare aiuto, e mi ha portato a scoprire molte cose di me di cui non avevo idea, tipo blocchi psicologici dovuti al mio passato. È stato un percorso di scoperta ed un lavoro su me stessa abbastanza faticoso, che è ancora in divenire.” (F, Stati Uniti);
- “Era uno spazio in cui poter esprimermi liberamente su ciò che provavo e che mi ha permesso di comprendere meglio il mio funzionamento e le mie difficoltà.” (F, Svizzera);
- “Erano anni che pensavo di volerlo fare ma non ho mai avuto soldi a sufficienza per pagarlo, l'ho fatto non appena ho potuto.” (F, Spagna);
- “Ero appena diventata mamma e avevo appena traslocato in Germania, mi sentivo impaurita e impotente.” (F, Germania);
- “Ero ragazzina e dovevo accettare la perdita di mia madre. Il mio psicoterapeuta mi aiutò a prenderne coscienza.” (F, Stati Uniti);
- “Esperienze positive e negative, alti e bassi, ho trovato aiuto ma spesso anche sensazione di perdere tempo, non arrivare mai al punto.” (F, Belgio);
- “Facevo un lavoro molto stancante emotivamente (call center) e la compagnia per cui lavoravo offriva la possibilità di essere seguiti da uno psicologo per un breve periodo di tempo. Feci tre sedute (il massimo) e poi dovetti smettere. Non me lo potevo permettere. Mi è piaciuto molto però, mi sentivo molto meglio dopo le sedute.” (F, Regno Unito);
- “Funzionale a ripristinare una situazione stabile dopo una serie di crisi di panico.” (M, Singapore). - Anna Pisterzi, Presidente di Transiti Psicologia d'Espatrio.
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