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Un cambiamento dei cuori

8 Marzo 2021 - Città del Vaticano - Erbil, Mosul, Ninive. Nomi che non facciamo fatica a ricordare per la tragedia hanno vissuto solo pochi anni fa, per le ferite che i terroristi dell’Isis hanno inferto a chiese e moschee, per le uccisioni e le violenze sulla popolazione. A Erbil il grande campo profughi ha accolto i rifugiati siriani e oltre 540 mila sfollati iracheni in fuga da Qaraqosh e Mosul occupate. Quest’ultima nei secoli è stata una straordinaria mescolanza di etnie e religioni, fino a quando non è diventata, per tre anni, la capitale del sedicente Stato islamico; da qui sono fuggite almeno 500 mila persone, di cui 120 mila cristiani. Papa Francesco è nella piazza delle Quattro chiese – siro-cattolica, siriaco-ortodossa, armena-ortodossa, e caldea – per la preghiera per le vittime della guerra: «Ti affidiamo coloro, la cui vita terrena è stata accorciata dalla mano violenta dei loro fratelli, e ti imploriamo anche per quanti hanno fatto del male ai loro fratelli e alle loro sorelle: si ravvedano, toccati dalla potenza della tua misericordia». Bacia una croce costruita con pezzi della chiesa di Karamles bruciata dall’Isis, e libera una colomba in segno di pace, nel luogo dove l’Isis aveva minacciato di invadere Roma e mettere la sua bandiera sulla cupola di San Pietro. «Se Dio è il Dio della vita - e lo è - a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace - e lo è - a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore - e lo è - a noi non è lecito odiare i fratelli». Il potere dei segni, come l’abbraccio, virtuale, del Papa a Abdullah Kurdi, il padre del piccolo Alan, l’immagine del piccolo corpo sulla spiaggia turca ha fatto il giro del mondo, morto con la madre e il fratello mentre tentava di raggiungere l’Europa. Ancora una volta Francesco chiede un cambio di mentalità, prega perché tornino i cristiani nelle loro città: «vi incoraggio a non dimenticare chi siete e da dove venite» dice a Qaraqosh, dove l’aiuto della Chiesa e della comunità internazionale nella ricostruzione ha permesso il rientro di poco più del 40 per cento di quanti vi abitavano nell’agosto del 2014. Chiede di «custodire i legami che vi tengono insieme, custodire le vostre radici». È davanti la chiesa dell’Immacolata concezione, profanata dagli uomini dell’Isis che hanno bruciato mobili, registri e libri sacri, e hanno utilizzato il coro come poligono di tiro: «il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola. L’ultima parola appartiene a Dio e a suo figlio, vincitore del peccato e della morte». In questa terza domenica di Quaresima il libro dell’Esodo, la prima lettura, ci ricorda che Dio, al popolo ebraico che attraversa il mar Rosso, dona dieci parole, tre riguardano la relazione con Dio e sette il rapporto con i nostri fratelli. Come dire, si deve vivere bene con Dio, ma per questo è necessario vivere bene con il nostro prossimo. Perdono e conversione sono le due parole proprie del tempo liturgico che stiamo vivendo. I santi sono il punto di riferimento, afferma il Papa che ricorda: «per diventare beati non bisogna essere eroi ogni tanto, ma testimoni ogni giorno». È il Vangelo delle Beatitudini che cambia davvero il mondo, non il potere o la forza. Per questo dice: «non smettere di sognare, non arrendetevi, non perdete la speranza». Il perdono è la parola chiave, necessario, dice, «da parte di coloro che sono sopravvissuti agli attacchi terroristici»; necessario «per rimanere nell’amore, per essere cristiani». Conversione, dunque, perché «serve la capacità di perdonare e nello stesso tempo il coraggio di lottare» per portare «pace in questa terra». Quando Gesù caccia i mercanti dal tempio, è il Vangelo di questa domenica, pone in primo piano la necessità di un cambiamento radicale anche nei nostri cuori, vero tempio di Dio. In questo tempo che ci accompagna alla Pasqua, Gesù entra nei nostri cuori e manda all’aria le bancarelle delle nostre piccolezze e meschinità. Per questo, concludendo la sua giornata nella piana di Ninive, luogo di sofferenze, di ferite di privazioni, Francesco prega «per la conversione dei cuori, per il trionfo di una cultura della vita, della riconciliazione e dell’amore fraterno, nel rispetto delle differenze, delle diverse tradizioni religiose, nello sforzo di costruire un futuro di unità e collaborazione tra tutte le persone di buona volontà». (Fabio Zavattaro - Sir)    

Papa Francesco: ad Erbil l’incontro con il padre del piccolo Alan

8 Marzo 2021 - Città del Vaticano – Papa Francesco fa ritorno in Vaticano dopo il viaggio apostolico in Iraq di questo fine settimana. Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato, si è congedato dal personale, dai benefattori e dagli amici della Nunziatura Apostolica e si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Baghdad per la cerimonia di congedo dall’Iraq. Al Suo arrivo il Papa è stato accolto dal Presidente della Repubblica iracheno, Barham Ahmed Salih Qassim, all’ingresso della Presidential VIP Lounge, dove ha avuto luogo un breve incontro privato. Quindi, dopo il saluto delle Delegazioni, il Santo Padre è salito a bordo di un A330 dell’Alitalia per far ritorno in Italia. L’arrivo all’Aeroporto di Roma-Ciampino è previsto per le ore 12.45. Intanto, ieri, Papa Francesco, al termine della celebrazione eucaristica nello Stadio di Erbil, ha incontrato Abdullah Kurdi, papà del piccolo Alan, naufragato con il fratello e la madre sulle coste turche nel settembre 2015 mentre con la famiglia tentava di raggiungere l’Europa. Il Papa – ha detto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, «si è intrattenuto a lungo con lui e con l’aiuto dell’interprete ha potuto ascoltare il dolore del padre per la perdita della famiglia ed esprimere la profonda partecipazione sua e del Signore alla sofferenza dell’uomo. Il Sig. Abdullah ha manifestato – ha aggiunto Bruni - gratitudine al Papa per le parole di vicinanza alla sua tragedia e a quella di tutti quei migranti che cercano comprensione, pace e sicurezza lasciando il proprio paese a rischio della vita». (Raffaele Iaria)  

Papa Francesco in Iraq: Raschid, “restituirà dignità all’Iraq e al suo popolo martoriato”

5 Marzo 2021 - Firenze - Papa Francesco «restituirà dignità all’Iraq e al suo popolo martoriato». A parlare è Rashid Osama, 68 anni, Segretario Generale della Scuola Fiorentina per l’Educazione al Dialogo Interreligioso e Interculturale alla quale aderisce anche la diocesi fiorentina. La visita del Pontefice, che ha voluto questo viaggio «nonostante tutte le difficoltà» rappresenta «un segno di speranza» per una popolazione «stremata dalla situazione politica ma molto colta e molto dialogante. In questo Paese, infatti, convivevano fedeli di tante religioni, soprattutto abramitiche, senza alcun problema. Oggi, invece, tanti sono perseguitati a causa della loro fede. E questo ci fa molto soffrire soprattutto per chi, pur vivendo all’estero, conosce la cultura degli iracheni». Il Pontefice – aggiunge Osama a www.migrantesonline.it - è un “uomo di pace e porterà un messaggio di pace e di fratellanza. E questa è una grande boccata d’ossigeno per tutti noi iracheni». Osama dice di essere «un iracheno patito: amo l’Iraq ma anche l’Italia che mi ha accolto e che ringrazio». Un ringraziamento va a Papa Francesco, «uomo di fede che vuole realmente la pace in tutto il mondo. E questo ci aiuta a lavorare per la pace e per il dialogo». Vivendo a Firenze, Osama ha “conosciuto” Giorgio La Pira, il “sindaco santo”, un «grande leader, un rivoluzionario per le relazioni di pace tra i popoli e la promozione del dialogo interculturale e interreligioso”. E a Firenze la Scuola Fiorentina per l’Educazione al Dialogo Interreligioso e Interculturale vuole essere «luogo di alta formazione culturale e professionale per la creazione di una nuova classe dirigente esperta e sensibile ai problemi di dialogo interreligioso e interculturale della società odierna e futura nei suoi vari aspetti». (Raffaele Iaria)

Papa in Iraq: “gioia grande” per gli iracheni che vivono in Italia per questo viaggio

5 Marzo 2021 - Roma – Una «grande gioia” la visita di Papa Francesco in Irak per gli iracheni che vivono in Italia e che in queste ore stanno seguendo con attenzione, tramite la Tv il viaggio e stanno pregando per questi giorni. Lo dice a www.migrantesonline.it Faiz Shoni, 45 anni, in Italia da 14, sposato con due figli. «Una gioia grande  per noi iracheni e per questo popolo che ha molto sofferto e soffre ancora a causa della guerra e che ha bisogno oggi di pace vera e duratura». Faiz ha conosciuto questa guerra ed ecco perché si dice «convinto di lavorare per la pace nel suo Paese». E lo fa impegnandosi in una serie di attività umanitarie. In famiglia «da giorni – dice – stiamo pregando per questa visita e speriamo che pori frutti concreti per l’Iraq e per l’intera area». «Continueremo a pregare, insieme a tutti gli iracheni: questo viaggio – conclude – è molto importante». (R.Iaria)

Papa Francesco: viaggio in Iraq “un dovere verso una terra martoriata da tanti anni”

5 Marzo 2021 -

Roma -  Papa Francesco è arrivato in Iraq. E' infatti atterrato all’aeroporto Internazionale di Baghdad, prima tappa del suo viaggio in questo Paese. Al suo arrivo, è stato accolto dal Primo Ministro della Repubblica d’Iraq, Mustafa Abdellatif Mshatat, conosciuto come AlKadhimi, per un breve incontro privato nella Sala Vip dell’aeroporto, dopo il quale si è trasferito al Palazzo presidenziale per la cerimonia ufficiale di benvenuto.  In volo ha ringraziato i giornali - 74 di 15 Paesi - che viaggiano con il Volo papale. E, incontrandoli, ha detto - dopo il saluto del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni - di essere «contento di riprendere i viaggi, e questo è un viaggio emblematico. È anche un dovere verso una terra martoriata da tanti anni. Grazie di accompagnarmi. Io cercherò di seguire le indicazioni e non dare la mano ad ognuno, ma non voglio rimanere lontano: passerò per salutarvi più da vicino. Grazie tante». (R. Iaria)

Papa Francesco in Iraq: Certini, un viaggio che “aiuti a costruire l’architettura di una società di pace”

5 Marzo 2021 - Firenze - «Una presa di coscienza internazionale per una pace duratura in Irak e nell’intero Medio Oriente». Questo l’auspicio di Maurizio Certini, direttore del Centro Internazionale Studenti “Giorgio La Pira” di Firenze che accoglie centinaia di studenti provenienti da tante parti del mondo e anche dal medio Oriente. Ecco allora l’urgenza di «riprendere il processo di pace senza perdere la memoria  di quanto avvenuto a livello internazionale negli ultimi anni». Per Certini «dalla guerra non si esce mai migliori. Ecco allora l’urgenza di pace». Questo viaggio apostolico del papa “artigiano internazionale  della pace” vuole essere - dice a www.migrantesonline.it un viaggio che «aiuti a costruire l’architettura di una società basata sulla pace, la giustizia e il rispetto dei diritti umani». (R.Iaria)  

Rifugiati iracheni a papa Francesco: “la nostra terra sta sanguinando e ha bisogno di pace”

5 Marzo 2021 - Città del Vaticano -  “Noi stiamo pregando tanto per questo viaggio perché la nostra terra sta sanguinando ed ha bisogno di pace”. E’ quanto hanno detto i ragazzi iracheni a Papa Francesco questa mattina incontrandolo a Casa Santa Marta prima del viaggio in Iraq che il papa compirà fino a lunedì 8 marzo. Il Pontefice si è intrattenuto per alcuni momenti con circa 12 persone accolte dalla Comunità di Sant’ Egidio e dalla Cooperativa Auxilium, rifugiatesi in anni recenti in Italia dall’Iraq. A raccontarlo al Sir come è andato l’incontro è Angelo Chiorazzo, presidente della Cooperativa Auxilium che li ha accompagnati insieme a Daniela Pompei della Comunità di sant’Egidio e all’Elemosiniere, il card. Konrad Krajewski. “Il papa – racconta Chiorazzo – aveva il volto contento. Era evidente che stava partendo con una grande serenità nel cuore. È sceso dalle scale con la borsa in mano, si è soffermato a parlare tanto con loro. Un ragazzo si è voluto fare un selfie dicendo che avrebbe inviato la foto ai suoi genitori a Baghdad. È commovente vedere attraverso questi ragazzi con quanta attesa l’Iraq sta aspettando il Papa perché vedono in lui il segno di una speranza, l’attesa che presto anche nella loro terra, le armi cessino di fare morti e la pace possa finalmente germogliare”. Ognuno dei ragazzi presenti, tutti di fede musulmana, ha una storia di sofferenza forte alle spalle e con ciascuno il Papa si è soffermato a parlare. Con Ali Ahmad Taha, 27 anni, curdo iracheno della città di Sulaymaniyya, ospite di Mondo Migliore dal dicembre 2019, il Papa ha avuto parole di conforto. Alì infatti è fuggito dall’Iraq dopo essersi rifiutato di arruolarsi e aver visto il fratello assassinato dall’ISIS. Ha attraversato Turchia e Grecia sul fondo di un camion, ma proprio alla fine del suo travagliato viaggio verso l’Italia, sul Raccordo Anulare di Roma, è scivolato ed è stato travolto. Gli è stata amputata la gamba destra al Policlinico Gemelli, che lo sta ancora seguendo per alcune terapie. Ahmed, Ghaleb e Rami Taha sono invece tre fratelli di 30-32-37 anni. Arrivati con i genitori in Italia nel 2010, oggi sono dipendenti della Cooperativa Auxilium. Youssif Ibrahim Al Tameemi, 24 anni, iracheno nato a Bagdad, di professione barbiere, è ospite di Mondo Migliore dove è arrivato nel dicembre del 2020. Quando ha saputo che avrebbe incontrato il Papa si è commosso e ha detto: “Il mio Paese sanguina da troppi anni, e spero con tutto il cuore che questo viaggio porti la pace. Ringrazio Papa Francesco perché con coraggio non è rassegnato alla guerra e va nel mio Paese chiedendo di essere tutti  fratelli”. E poi ci sono Mohamed Hakel Abdulrahman, 30 anni, nato a Duhok nel  Kurdistan iracheno e Shwan Lukman Kader, 28 anni di Bagdad, curdo iracheno. È a Mondo Migliore dal 2018. Ha detto: “Era tanto tempo che desideravo incontrare il Papa e non ci volevo credere quando mi hanno detto che ci voleva salutare prima di partire. Ero emozionatissimo e sono riuscito solo a dire che il cuore di tutti noi è con lui”.

Papa Francesco agli iracheni: “in questi tempi duri di pandemia, aiutiamoci a rafforzare la fraternità”

4 Marzo 2021 - Città del Vaticano - «Cari fratelli e sorelle, ho tanto pensato a voi in questi anni, a voi che molto avete sofferto, ma non vi siete abbattuti». Così Papa Francesco nel videomessaggio inviato agli iracheni alla vigilia del suo viaggio apostolico nel Paese, che si svolgerà da domani a lunedì, 8 marzo. «A voi, cristiani, musulmani; a voi, popoli, come il popolo yazida, gli yazidi, che hanno sofferto tanto, tanto; tutti fratelli, tutti» ha detto: «ora vengo nella vostra terra benedetta e ferita come pellegrino di speranza. Da voi, a Ninive, risuonò la profezia di Giona, che impedì la distruzione e portò una speranza nuova, la speranza di Dio. Lasciamoci contagiare da questa speranza, che incoraggia a ricostruire e a ricominciare». «E in questi tempi duri di pandemia aiutiamoci a rafforzare la fraternità, per edificare insieme un futuro di pace», ha sottolineato: «Insieme, fratelli e sorelle di ogni tradizione religiosa. Da voi, millenni fa, Abramo incominciò il suo cammino. Oggi sta a noi continuarlo, con lo stesso spirito, percorrendo insieme le vie della pace! Per questo su tutti voi invoco la pace e la benedizione dell’Altissimo. E a tutti voi chiedo di fare lo stesso di Abramo: camminare nella speranza e mai lasciare di guardare le stelle. E a tutti chiedo per favore di accompagnarmi con la preghiera. Shukran!».  

ACS lancia una grande iniziativa da 1,5 milioni di euro per la gioventù cristiana dell’Iraq

4 Marzo 2021 - Roma - Per accompagnare Papa Francesco nel suo imminente viaggio apostolico in Iraq la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) annuncia un nuovo e ambizioso programma del valore di 1,5 milioni di euro. Scopo dell'iniziativa è sostenere la gioventù cristiana della nazione mediorientale attraverso l’offerta di borse di studio per 150 studenti dell’Università Cattolica di Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan iracheno, per i prossimi quattro anni. Il progetto intende così promuovere la coesione sociale fra le diverse comunità religiose e assicurare agli studenti cristiani migliori prospettive di impiego. «Senza dubbio l’Università Cattolica di Erbil (UCE) rappresenta un raggio di luce e un simbolo di speranza specialmente per le generazioni più giovani. Aiutare finanziariamente la UCE attraverso borse di studio assicurerà un grandissimo sostegno, e questo aiuto non andrà a beneficio solamente di un numero limitato di giovani che sperano in un futuro migliore, perché allo stesso tempo rappresenterà un forte gesto di solidarietà nei confronti dei cristiani, delle altre minoranze e degli emarginati della regione», spiega mons. Bashar Warda, arcivescovo caldeo di Erbil e fondatore dell’ateneo. «Ho sempre profondamente apprezzato il lavoro svolto per molti anni da ACS a nostro favore, specialmente dopo l’ISIS. Avere ACS quale principale e fondamentale donatore per il programma delle borse di studio è particolarmente appropriato ed accolto con estremo favore. Sentiamo il bisogno di dare buone notizie al popolo durante la visita pontificia, e poter annunciare la prospettiva di avere 1.000 studenti entro il 2025, conferendoci una voce significativa ed assicurando un chiaro futuro ai nostri giovani e ai loro genitori, dona grande speranza», aggiunge l’arcivescovo di Erbil.  La maggior parte di questi studenti universitari sono rifugiati o sfollati interni provenienti da diverse parti dell’Iraq, tra le quali Baghdad, Basra, Diala, Duhok, Kirkuk, Ninive/Mosul, Sinjar e Sulaimaniya. «Crediamo che questo progetto possa sostenere il messaggio del Papa per la coesione sociale e la riconciliazione. L’Università si sviluppa intorno alla diversità, con il 72% di cristiani, il 10% di musulmani e il 18% di yazidi», spiega Thomas Heine-Geldern, presidente esecutivo di ACS Internazionale. «La UCE è un progetto di importanza cruciale per quei cristiani che intendono restare nell’Iraq settentrionale e in Kurdistan. I cristiani non penserebbero di abbandonare la propria nazione se non si sentissero costretti da forze fuori il loro controllo. Se ai giovani cristiani viene data un’opportunità di acquisire una buona formazione resteranno. ACS ha già fatto quanto possibile per aiutarli a restare in patria, investendo nella ricostruzione delle loro case, chiese e infrastrutture. Ora è tempo di iniziare questo progetto, molto ambizioso per noi, e investire nella gioventù del Paese», prosegue Heine-Geldern. Secondo Alfredo Mantovano, presidente di ACS Italia, «nel Kurdistan iracheno la minoranza cristiana vive in un contesto di sicurezza relativa. Vi è infatti una persistente sensazione di instabilità causata anzitutto dalla precaria situazione economica. Ciò pone in particolare i giovani di fronte al dilemma: restare o emigrare. Non a caso negli ultimi dieci anni la presenza cristiana è drammaticamente diminuita. L’UCE, fondata cinque anni fa, ha lo scopo di fornire ai giovani l’opportunità di restare in patria grazie a migliori prospettive per l’immediato futuro», prosegue Mantovano.  Ad oggi la UCE è la sola università cattolica della nazione, e si compone per il 54% di studentesse. Attualmente gli iscritti sono 170 ma l’arcivescovo punta a un forte incremento nell’arco dei prossimi quattro anni, e per conseguire questo ambizioso obiettivo il sostegno finanziario dei benefattori di ACS è indispensabile.