15 Settembre 2021 - Città del Vaticano - “Voi nella Chiesa non siete ai margini…Voi siete nel cuore della Chiesa”. Papa Francesco ha incontrato, ieri sera, a Kosice, la più grande comunità rom in Slovacchia e ha ricordato le parole del suo predecessore, Papa Paolo VI, pronunciate nel settembre 1965 a Pomezia, invitando ad andare “oltre le paure, oltre le ferite del passato, con fiducia, passo dopo passo: nel lavoro onesto, nella dignità di guadagnare il pane quotidiano, nell’alimentare la fiducia reciproca”. Il Papa ha ringraziato “chi porta avanti questo lavoro di integrazione che, oltre a comportare non poche fatiche, a volte riceve pure incomprensione e ingratitudine, magari persino nella Chiesa”. “Cari sacerdoti, religiosi e laici, cari amici che dedicate il vostro tempo per offrire uno sviluppo integrale ai vostri fratelli e sorelle, grazie!. Grazie per tutto il lavoro con chi è ai margini", ha detto il Papa che ha rivolto un pensiero anche ai rifugiati e ai detenuti: “a questi, in particolare, e a tutto il mondo carcerario esprimo la mia vicinanza". E l’invito a non avere paura di “uscire incontro a chi è emarginato. Vi accorgerete di uscire incontro a Gesù”. E l’incoraggiamento, la benedizione e “l’abbraccio di tutta la Chiesa". Troppe volte “siete stati oggetto di preconcetti e di giudizi impietosi, di stereotipi discriminatori, di parole e gesti diffamatori. Con ciò – ha detto il pontefice - tutti siamo divenuti più poveri, poveri di umanità. Quello che ci serve per recuperare dignità è passare dai pregiudizi al dialogo, dalle chiusure all’integrazione perché “ghettizzare le persone non risolve nulla. Quando si alimenta la chiusura prima o poi divampa la rabbia. La via per una convivenza pacifica è l’integrazione”. È “un processo organico, un processo lento e vitale, che inizia con la conoscenza reciproca, va avanti con pazienza e guarda al futuro”. Essi “vogliono crescere insieme agli altri, senza ostacoli, senza preclusioni. Meritano una vita integrata, una vita libera. Sono loro a motivare scelte lungimiranti, che non ricercano il consenso immediato, ma guardano all’avvenire di tutti. Per i figli vanno fatte scelte coraggiose: per la loro dignità, per la loro educazione, perché crescano ben radicati nelle loro origini ma al tempo stesso senza vedere preclusa ogni possibilità”. (Raffaele Iaria)
Tag: Papa – viaggio Budapest
Papa Francesco: oggi incontro con i rom in Slovacchia
14 Settembre 2021 - Città del Vaticano - Oggi il Papa vivrà la seconda giornata interamente slovacca del viaggio iniziato domenica scorsa in Ungheria per la conclusione del 52° Congresso eucaristico.
Tra gli appuntamenti, alle 15.45, a Kosice, per la precisione nel distretto Lunik IX dove si registra la più alta densità di popolazione rom dell’intero Paese. Lunik IX è uno dei 22 distretti della città diventato un "ghetto", il più grande d’Europa. Una zona abitata da oltre 4.300 persone che presenta notevoli problemi alle infrastrutture: le abitazioni sono prive di gas e acqua corrente, disponibile solo per poche ore al giorno, e manca un vero e proprio sistema di riscaldamento.
Vera libertà è fraternità
14 Settembre 2021 - Come un saggio importante, che intreccia attualità e memoria per provare a pensare il domani, il viaggio di papa Francesco a Budapest e in Slovacchia può essere letto a capitoli. Ognuno in se stesso un valore e una sfida: pace, fraternità, dialogo, cultura dell’incontro, contemplazione, vita attiva. A tenerli insieme, filo rosso prezioso e fragile, l’educazione alla libertà, un bene tanto difficile da conquistare e riconquistare, quant’è semplice perderlo o abbruttirlo in una sua distorsione. La storia è piena zeppa di spazi di confronto ridotti a fortino e anche i cortili più ampi, se li circondi di spine intrecciate tra loro e pezzi di vetro, diventano prigioni. Il rischio è grande soprattutto in quelle realtà dove il terrore e i totalitarismi hanno puntato in primis sull’asservimento delle coscienze, lasciandosi dietro un’eredità di paura su cui oggi cattivi maestri possono elaborare nuove-vecchie frontiere di divisione. E il pensiero va subito alle politiche di chiusure nei confronti di rifugiati e profughi, la cui ragione è da ricercare nella volontà di blindare una «cosiddetta identità», come l’ha chiamata il Papa a Budapest, considerata a rischio e per questo da picchettare in «una rigida difesa». Non che la fede cristiana non sia attaccata, ha più volte ribadito Francesco, ma qui si tratta di individuare con chiarezza gli avversari, senza lanciare accuse 'nel mucchio', a maggior ragione verso uomini e donne che già hanno pagato prezzi intollerabili all’odio, evitando al tempo stesso di mettersi al servizio di chi, mascherato dietro una presunta difesa di interessi nazionali o identitari, crea nuovi egoismi e piccona il senso sociale. In proposito, nel discorso ai vescovi ungheresi il Papa è stato chiaro: anche se inizialmente può fare un po’ paura, la diversità rappresenta una grande opportunità per aprirsi al cuore del messaggio evangelico, che è una chiamata all’amore. Detto in un altro modo, la croce di Cristo, mentre esorta a mantenere salde le radici, invita ad aprirsi agli assetati del nostro tempo. Cioè a bagnare e quindi restituire vita a tutte le aridità di oggi, a cominciare dall’animo che si spegne quando non sa più riconoscere nell’altro un fratello. Un pericolo presente ovunque, non solo nell’Oriente d’Europa, ma che qui, forse per un retaggio culturale, forse a causa di storiche, ingiuste penalizzazioni economico-sociali, appare più rimarcato. Dietro la porta, a bussare ogni giorno con maggiore forza c’è infatti il rischio di deturpare il volto della libertà, che per sua natura cresce nella partecipazione e nel sentire comunitario, trasformandolo in corse solitarie o in cooperazioni tra gruppi più o meno grandi, che dall’oggi al domani possono peraltro cambiare linea e scoprirsi nemici. La tentazione allora, pur se non detta, non formalizzata, e forse neppure riconosciuta davvero, è quella di ritrovarsi in balìa di un nemico per certi versi peggiore della persecuzione ateista, una schiavitù che viene da dentro, tutta interiore. Subdola, pericolosa in quanto fondata su muri che ci costruiamo da soli, giorno per giorno, mattone dopo mattone, violenza sopra violenza. Succede quando pretendiamo di semplificare troppo ciò che è complesso, quando si arma la disperazione, quando vengono disegnati fantasmi intorno alle fragilità per loro natura più tristi e cupe. È la condizione di chi, parafrasando la lezione del 'grande inquisitore' in Dostoevskij, scopriamo disposto a barattare l’autonomia di pensiero e l’azione che ne deriva, per un po’ di pane e di sicurezza. Perché non lo si dice ma la schiavitù, almeno quella a buon mercato, che blandisce e accarezza mentre toglie aria ai polmoni, è più comoda della libertà. Garantisce tranquillità, evita il mal di cuore, chiude gli occhi (e la bocca e le orecchie) di fronte all’orrore. Significa quieto vivere, calma, dondolìo sognante nell’inerzia del tempo che avanza. L’esatto contrario del cristianesimo che, nella logica di un Dio il cui nome è amore, non può che mettere al centro la persona, che chiede il coraggio di scelte e rinunce forti, che punta all’unità implorata da Gesù nel Vangelo di Giovanni. Non piccole comunità indifferenti l’una all’altra, ma la fraternità tra tutti i membri della stessa famiglia umana. La nostra libertà, ci insegna il Vangelo, passa dalla libertà del fratello e della sorella, specie i più fragili, e non potrà essere mai piena senza di lui. Senza di lei. (Riccardo Maccioni – Avvenire)
Papa Francesco: evitare chiusure anche se la “diversità fa sempre un po’ paura”
13 Settembre 2021 - Città del Vaticano – Papa Francesco ieri ha iniziato il suo 34mo viaggio apostolico a Budapest dove ha concluso il 52mo Congresso eucaristico internazionale. È stata l’occasione, parlando ai vescovi, per invitare, ancora una volta, ad evitare le chiusure nei confronti dei migranti anche se "la diversità fa sempre un po’ paura perché’ mette a rischio le sicurezze acquisite e provoca la stabilità raggiunta". Il pontefice ha esortato all’apertura, all’incontro con l’altro e invitato a promuovere "una educazione alla fraternità" per respingere "i rigurgiti di odio che vogliono distruggerla" e prevaricare. Il pontefice ha ricordato che proprio i migranti "hanno trasformato" l’Ungheria "in un ambiente multiculturale". Per il Papa "possiamo avere due atteggiamenti: chiuderci in una rigida difesa della nostra cosiddetta identità oppure aprirci all’incontro con l’altro e coltivare insieme il sogno di una società fraterna". Erano stati gli stessi vescovi ungheresi, nel 2017 – ha ricordato Papa Francesco - davanti ad altre Conferenze Episcopali Europee, a ribadire "che l’appartenenza alla propria identità non deve mai diventare motivo di ostilità e di disprezzo degli altri, bensì un aiuto per dialogare con culture diverse". Insomma, "la Chiesa ungherese sia costruttrice di ponti e promotrice di dialogo!".
Una tappa lampo, quella di Budapest – appena 7 ore – e poi l’arrivo a Bratislava dove oggi è prevista una visita al Presidente della Repubblica slovacca Zuzana Caputova e l’incontro con autorità, società civile e corpo diplomatico. Poi l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i catechisti. E nel pomeriggio una visita in forma privata al Centro Betlemme, dove le suore di Madre Teresa assistono i senzatetto. (Raffaele Iaria)