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Canonizzazione Scalabrini: messa di ringraziamento con il card. Cantoni

11 Ottobre 2022 - Città del Vaticano - «Non solo ha commiserato i profughi, ma anche si è adoperato con ogni mezzo, anche presso i responsabili civili, perché non si sentissero abbandonati a un triste destino». È uno dei passaggi più significativi dell’omelia pronunciata ieri nell’Aula Paolo VI dal vescovo di Como, il cardinale Oscar Cantoni, per rievocare la figura del neocanonizzato vescovo di Piacenza e fondatore della Congregazione dei missionari e missionarie  di San Carlo, Giovanni Battista Scalabrini. La Messa di ringraziamento del porporato è stata l’occasione di rendere grazie al Signore per questa figura che nacque a Fino Mornasco e divenne presbitero per la diocesi di Como il 30 maggio 1863 e della cui Chiesa particolare fu rettore del Seminario minore.

Papa Francesco: è urgente anteporre la fraternità al rifiuto verso i migranti

10 Ottobre 2022 - Città del Vaticano – Nell’incontrare la famiglia scalabriniana e i pellegrini venuti a Roma per la canonizzazione del vescovo Giovanni Battista Scalabrini, papa Francesco ha ricordato la “grande rilevanza” che ha avuto il suo apostolato a “favore degli emigrati italiani”. Mons. Scalabrini “li guardava con lo sguardo di Cristo, di cui ci parla il Vangelo” e “si preoccupò con grande carità ed intelligenza pastorale di assicurare ad essi un’adeguata assistenza materiale e spirituale”. Per il Papa “le migrazioni costituiscono una sfida molto importante. Esse mettono in evidenza l'impellente necessità di anteporre la fraternità al rifiuto, la solidarietà all'indifferenza”. “Oggi ogni battezzato è chiamato a riflettere lo sguardo di Dio verso i fratelli e le sorelle migranti e rifugiati” e “a lasciare che il suo sguardo allarghi il nostro sguardo, grazie all'incontro con l'umanità in cammino, attraverso una prossimità concreta, secondo l'esempio del vescovo Scalabrini. Siamo chiamati oggi a vivere e diffondere la cultura dell'incontro, un incontro alla pari tra i migranti e le persone del Paese che li accoglie. Si tratta di un'esperienza arricchente, in quanto rivela la bellezza della diversità. Ed è anche feconda, perché la fede, la speranza e la tenacia dei migranti - ha sottolineato papa Francesco - possono essere di esempio e di sprone per quanti vogliono impegnarsi a costruire un mondo di pace e di benessere per tutti. E perché sia per tutti, voi lo sapete bene, bisogna partire dagli ultimi”. (Raffaele Iaria)

San Giovanni Battista Scalabrini e San Luigi Orione

10 Ottobre 2022 - Roma - Un pastore santo con il programma di vita: potessi santificarmi e santificare tutte le anime affidatemi, fu davvero un vescovo al cui cuore non bastò una diocesi, come il suo amico Geremia Bonomelli vescovo di Cremona. Quando due anime virtuose s’incontrano è come se si riconoscessero: quasi per istinto si avvicinano e si legano con vincoli che il tempo non vale a spegnere, anche se le circostanze della vita impediscono poi che gli incontri siano frequenti, o addirittura li riducono ad un numero ben limitato come fu tra il vescovo Scalabrini e don Orione. Il primo incontro risale al 1894. C’era grande differenza di anni e di condizioni fra i due: Scalabrini aveva 55 anni, era vescovo da diciotto e circondato da un alone di venerazione e di celebrità per le alte virtù che aveva mostrato verso i malati di colera a Como nel 1867, la pubblicazione nel 1874, di un prezioso opuscolo per la difesa di Pio IX (Le glorie del Papa nel Concilio Vaticano), lo spogliarsi dei beni per i poveri del Piacentino, specialmente nell’inverno del 1879, l’intelligente azione per l’insegnamento del catechismo, la fondazione, nel 1887, della Congregazione dei Missionari di San Carlo Borromeo per l’assistenza e la protezione dei migranti; Orione, chierico ventiduenne aveva ricevuto gli ordini minori l’anno precedente, era però già noto per l’apertura di un oratorio festivo e di un piccolo collegio per giovani poveri, come pure per quella sua oratoria trascinante e convincente, al punto che il vescovo Igino Bandi l’aveva già autorizzato a predicare in tutte le chiese della diocesi e segnalato alla Santa Sede in occasione della sua visita ad limina di quello stesso anno. Nel 1894, tra il 18 e il 20 di agosto, celebrando la festa del santuario Santa Maria delle Grazie di Fontanasanta   a Ripaldina di Arena Po, mons. Scalabrini e il chierico Orione furono tra i pellegrini. Dopo la celebrazione fu offerto un pranzo agli ecclesiastici e alle personalità convenute e venendo ai discorsi, Orione, invitato a gran voce,  pronunciò un focoso brindisi, tutto d’amore per la Chiesa e per il Papa. Mons. Scalabrini notò il giovane chierico e volle conoscerlo, gli pose la mano sulla spalla, parlandogli con una dolcezza e affabilità che non dimenticò mai più. Lo invitò a visitarlo, se avesse avuto occasione di passare da Piacenza e chiuse l’incontro dicendogli: «Mi raccomando… non perdere la voce…».  Il secondo avvenne l’anno seguente nel 1895. Don Orione il 13 aprile, sabato santo,  era stato ordinato sacerdote  e con i suoi giovani volle recarsi in pellegrinaggio a Bobbio per venerare san Colombano. Aveva fatto i suoi conti e gli pareva che nonostante avesse pochi soldi, se la sarebbe cavata, ma non aveva previsto che il viaggio, la camminata e l’aria sottile avrebbero stimolato l’appetito dei suoi giovani amici al punto che bastarono solo per la cena. Don Orione, senza perdersi d’animo, si ricordò che vicino c’era il vescovo Scalabrini e nella notte raggiunse Piacenza, lo incontrò e ottenne quanto necessario. Il terzo fu nel 1896 quando il vescovo scrisse al giovane prete offrendogli la chiesa di S. Bartolomeo a Piacenza nella quale desiderava si facesse qualcosa a vantaggio dei figli del popolo, lo volle a pranzo e lo trattò con grande cordialità, però non se ne fece nulla perché il giovane fondatore aveva già altre opere e scarso personale. (cf Bianchi Amerigo, Mons. Scalabrini e don Orione, in L’emigrato italiano ottobre 1955, pp. 117-119). Il vescovo Scalabrini morì nel 1905 e l’ammirazione e la devozione di don Orione verso di lui si prolungarono nel rapporto fraterno, cordiale e fattivo con alcuni missionari della sua Congregazione: il servo di Dio Massimo Rinaldi (Rieti 1869 – Roma 1941, vescovo di Rieti) considerato il secondo fondatore morale, spirituale e operativo dei missionari e delle missionarie scalabriniani/e, aveva compreso ed amato tanto in profondità il carisma e le finalità volute dal genio di Scalabrini da costituirne il più convinto continuatore; Faustino Consoni (Palazzolo sull’Oglio 1857 - S. Paulo 1933) inviato missionario in Brasile nel 1895, lasciò l’Italia senza farvi più ritorno, operò tra i migranti italiani che nelle fazendas del caffè avevano sostituito gli schiavi e soprattutto nell’orfanotrofio Cristoforo Colombo di S. Paulo. Aiutò don Orione a sviluppare le conoscenze e le attività tra gli immigrati italiani a San Paolo, fin dal suo primo viaggio nel 1921, restò affascinato dal suo impeto di carità e di fede e nacque fra loro reciproca e profonda amicizia e stima. “Un giorno un grande Vescovo italiano, Monsignor Scalabrini, Vescovo di Piacenza, del quale si è iniziata la Causa di beatificazione – un Vescovo che io ho conosciuto e ho visto più volte nella sua casa, ospite suo – andò in udienza da Pio X e mentre stava in udienza, o fosse mezzogiorno o altro, fatto sta che istintivamente il Papa trasse fuori l’orologio e Monsignor Scalabrini – io stesso lo seppi da Monsignor Scalabrini, che adesso è già Servo di Dio, mentre Pio X non lo è ancora – vide che il Papa aveva un orologio di nichel con uno spago per catena. Forse era quello che aveva quando era patriarca di Venezia, o Vescovo di Mantova. Sapete che Pio X è stato nove anni parroco, nove anni patriarca a Venezia, nove anni Vescovo a Mantova; tutto 9 per 9. Quando Monsignor Scalabrini vide che il Papa aveva l’orologio povero, offerse a Pio X il suo orologio d’oro – che gli avevano dato quando aveva celebrato non so che Giubileo – e a tutti i costi insisté che prendesse l’orologio, ma il Papa non volle, rifiutò dicendo: «Ringrazio, Monsignore». (Don Orione, buona notte del luglio 1939, Parola VIII, 110). Don Orione, di ritorno dall’America latina dopo tre anni (1934-37) profondamente cambiato, nella deposizione al processo diocesano di beatificazione, il 25 luglio 1939 a Piacenza, espresse con sincere e circostanziate attestazioni tutta la sua stima, venerazione e ammirazione e “fu una delle più importanti e commoventi: era un santo, che faceva gli elogi di un altro santo”. (Anonimo, Don Orione a Piacenza, in Il nuovo Giornale, Piacenza 17 marzo 1940).  “Domani devo andare, dunque, a Piacenza a deporre nel processo di beatificazione di Mons. Scalabrini. Un gran Vescovo quello! Se fosse vissuto nei primi tempi della Chiesa sarebbe stato un martire o un apologista o un Padre della Chiesa; adesso ce ne sono molti di Vescovi grandi che passano; egli era veramente molto grande!”. (Don Orione, buona notte del 24 luglio 1939, Parola XI, 34-35). “Quando sentii dire che s’introduceva la causa, se altri rimasero un po’ sorpresi, a me non fece alcuna meraviglia, e dichiaro volentieri che ne desidero la Beatificazione, perché continuerebbe a fare da morto quello che ha fatto da vivo, cioè ad edificare, a dimostrare la sua fiamma di apostolo, a ricordare che nel cuore del Sacerdote, anche nelle ore più grigie, è sempre ardente l’amore di patria, nonché ad esaltare l’episcopato cattolico”. (Congregatio pro Causis Sanctorum, Canoniziationis servi Dei Ioannis Baptistae Scalabrini, Relatio et vota super virtutibus, Congressus peculiaris habiti die 25 novembris an. 1986, depositio IX testis ex officio: Rev.mus D.nus Aloysius Orione, sacerdos, pp. 288-293, abbreviato Relatio p. 289 e Borzomati Pietro, G.B. Scalabrini, il vescovo degli emarginati, Ed. Rubbettino, Soveria Mannelli 1997, pp. 163-168). Attestò che la sua parola era affascinante e che “dimostrava la sua fiamma di apostolo”. La sua natura è un appello ad andare oltre, a trascendersi. Sta qui il fascino che emanava dalla sua persona, così bene avvertito da don Orione quando testimoniò che non era possibile “incontrare Scalabrini e ritornarsene quelli di prima”. (Fongaro Stelio C.S., Beato Giovanni Battista Scalabrini, Vescovo e Fondatore. Profilo, Piacenza 20053, p. 23 e 36). “Il fatto più bello, però, lo ha raccontato don Orione; un fatto che gli fu riferito in Brasile dal missionario scalabriniano padre Faustino Consoni. Lo zelo di Scalabrini era tanto grande che durante la sua visita in Brasile pensò anche di riannodare i contatti con i sacerdoti italiani ‘lapsi’ (spretati), che sapeva presenti in gran numero nella metropoli di San Paolo (parecchi dei quali già con famiglia). Il suo zelo giunse perfino al punto di organizzare una specie di corso di esercizi spirituali per loro.   In apertura del corso, da lui stesso predicato, lo Scalabrini fu tuttavia colto da un senso profondo come di angoscia, perché non se ne aspettava tanti, né così tristamente ridotti, e non sapeva trovare le parole giuste per rompere il ghiaccio. Mentre in un’attesa incresciosa egli andava girandosi nel dito l’anello episcopale, quasi a chiedergli la buona ispirazione, questa finalmente venne, mandatagli dal cielo: «Vedete - alfine proruppe -: se questa perla del mio anello mi si stacca e va a cadere nel fango, la perla si imbratta, ma… resta sempre una perla preziosa. E se io mi chino e prendo la perla e la metto nell’acqua, il fango se ne va, e la perla riprende il suo splendore… Noi, cari fratelli, siamo perle». (Relatio, p. 291). La conclusione fu che tutto l’uditorio fu suo fin dall’inizio, e che molte perle si detersero dal fango e ritornarono a splendere”. (Fongaro Stelio C.S. (a cura), Beato Giovanni Battista Scalabrini, Vescovo e Fondatore. Aneddoti e detti: mansuetudine, Piacenza 19972, p. 10). “So che il Servo di Dio doveva conoscere molto D. Luigi Guanella, e che il Guanella rivelava di avere un altissimo concetto di Mons. Scalabrini, quantunque i grandi dispiaceri sofferti da D. Guanella per parte di qualche autorità politica avessero scossa in lui quella fiducia nel campo politico-religioso, che animava il Servo di Dio”. (Relatio, p. 289). Sostenne soprattutto che non vedeva ragione alcuna per dar corpo alle accuse di liberalismo che furono insinuate contro di lui: “Ho saputo dei rapporti tesi tra il Servo di Dio  e D. Davide Albertario; ma non ho fatti particolari da deporre. In ordine poi all’accusa di liberale mossa al Servo di Dio in quanto la parola può indicare opposizioni alle direttive della S. Sede in questioni politiche, per quanto so, non aveva fondamento”. E spiegò: “Mons. Scalabrini era uno di quegli uomini che cercano di entrare nel campo avversario, concedendo, salvo la sostanza, il più possibile, per guadagnare gli animi a compiere il maggior bene possibile. […] Era persona che non lasciava occasione per fare di se stesso un ponte, al santo scopo di conciliare e unire, il più possibile, i Figli del Padre comune dei fedeli”. (Relatio, p. 289). (Borzomati Pietro, G.B. Scalabrini, il vescovo degli emarginati, Ed. Rubbettino, Soveria Mannelli 1997, pp. 163-168). “Tutto ieri sono stato a Piacenza per deporre per la Causa di beatificazione di un grande Vescovo che, quando viveva, gli davano dell’eretico e ora lo fanno Beato. Egli era di tanto zelo; e fu il primo a raccogliere il Congresso Catechistico e aperse il solco al movimento per il catechismo in Italia. Anzi egli fondò una Congregazione di missionari apposta per assistere spiritualmente gli emigrati all’estero.  Io, in America, trovai le orme di questo grande apostolo. Sono stato in Brasile, in Argentina 15 o 16 anni dopo il suo passaggio e la sua memoria era ancora viva. Bene, si legge, nella vita di questo Vescovo, della grande cura che egli aveva nel preparare i chierici al sacerdozio”. (Don Orione, buona notte del 26 luglio 1939, Parola XI, 43). Il santo vescovo Giovanni Battista Scalabrini, per ventinove  anni (1876-1905) svolse un intenso apostolato nella diocesi piacentina con alcuni primati e idee vincenti: compì cinque visite pastorali, indisse e celebrò tre sinodi diocesani, realizzò il primo Congresso catechistico al mondo, la prima rivista catechistica italiana, il primo catechismo unico per gli italiani, anche emigrati, istituì la prima cattedra di catechetica,incrementò e rinnovò la formazione e gli studi nei tre seminari della diocesi, esercitò con gran frutto il ministero della parola, curò in modo particolare la liturgia e il canto liturgico, promosse il culto eucaristico e la devozione.  Rientrarono tra le sue preoccupazioni anche l’apostolato della buona stampa con la fondazione di un giornale diocesano, l’assistenza ai poveri e agli anziani, senza trascurare categorie socialmente svantaggiate, come le sordomute e le mondariso. Dopo aver visto emigrare in Argentina tre fratelli - il fratello Angelo fu direttore generale delle scuole italiane all’estero -, e impressionato delle drammatiche condizioni delle prime migrazioni di massa verso le Americhe - l’11% della popolazione della sua diocesi -, fondò la prima Congregazione missionaria per gli emigrati italiani con la prima proposta di una pastorale specifica per loro, s’impegnò a renderne consapevoli le autorità ecclesiastiche e statali, a sensibilizzare l’opinione pubblica, svolgendo un’intensa attività con conferenze e pubblicazioni; fu il primo a fondare un’Opera laica per l’assistenza dei migranti, nel 1901 vide accolte alcune sue proposte nella nuova legge sull’emigrazione approvata dallo Stato italiano e, negli ultimi anni della sua vita, visitò personalmente gli emigrati e i suoi missionari negli Stati Uniti e in Brasile. (don Patrizio Dander)  

Papa: i due nuovi santi ci invitano a camminare insieme

9 Ottobre 2022 - Città del Vaticano - I due Santi oggi canonizzati, il vescovo Giovanni Battista Scalabrini e il laico Artemide Zatti,  "ci ricordano l’importanza di camminare insieme e di saper ringraziare". Lo ha detto papa Francesco oggi nell'omelia per la canonizzazione dei due santi in piazza San Pietro. Il Vescovo Scalabrini, che fondò una Congregazione per la cura degli emigrati, affermava - ha detto il Papa - che "nel comune camminare di coloro che emigrano non bisogna vedere solo problemi, ma anche un disegno della Provvidenza: 'Proprio a causa delle migrazioni forzate dalle persecuzioni – egli disse – la Chiesa superò i confini di Gerusalemme e di Israele e divenne cattolica; grazie alle migrazioni di oggi la Chiesa sarà strumento di pace e di comunione tra i popoli' (L’emigrazione degli operai italiani, Ferrara 1899). Scalabrini guardava oltre, guardava avanti, verso un mondo e una Chiesa senza barriere, senza stranieri". Da parte sua, il "fratello salesiano Artemide Zatti - ha spiegato - è stato un esempio vivente di gratitudine: guarito dalla tubercolosi, dedicò tutta la vita a gratificare gli altri, a curare gli infermi con amore e tenerezza. Si racconta di averlo visto caricarsi sulle spalle il corpo morto di uno dei suoi ammalati. Pieno di gratitudine per quanto aveva ricevuto, volle dire il suo 'grazie' facendosi carico delle ferite degli altri". Il pontefice ha poi ricordato l'emigrazione di oggi e soprattutto quella degli ucraini con l'invito a pregare per questo Paese. (Raffaele Iaria)

Santi mons. Scalabrini e il laico Zatti

9 Ottobre 2022 - Città del Vaticano - Papa Francesco ha proclamato santi i beati Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti, pronunciando la formula di rito all'inizio della messa a Piazza San Pietro. Giovanni Battista Scalabrini nacque l’8 luglio 1839 a Fino Mornasco, in provincia di Como (Italia). Nel 1863 fu ordinato sacerdote. Nominato parroco nella periferia della città, sviluppò una peculiare sensibilità per i problemi sociali e l’educazione dei giovani. Giunse nel 1876, all’età di 36 anni, la sua nomina a Vescovo di Piacenza. Gli inizi rivelarono subito i tratti caratteristici di tutto il suo ministero episcopale: attenzione al clero e ai seminaristi, vicinanza alla gente, preoccupazione per l’insegnamento del catechismo, carità verso i bisognosi. Con zelo e lungimiranza straordinari raccolse la sfida pastorale dell’emigrazione di famiglie e lavoratori locali verso gli Stati Uniti e il Sud America, così da ideare e realizzare il progetto di un’adeguata assistenza religiosa dei migranti. Con l’approvazione di Papa Leone XIII ebbe inizio nel 1887 a Piacenza la Congregazione dei Missionari di San Carlo, che egli fondò. Scalabrini istituì anche un’associazione laicale, la “San Raffaele”, per l’aiuto ai migranti nei porti di imbarco e sbarco. Diede poi vita, nel 1895, alla Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo. Fra il 1901 e il 1904 visitò i missionari nei luoghi del loro apostolato. Tornato dal Brasile, il disturbo di salute, di cui soffriva da tempo, si aggravò e il 1° giugno 1905 rese l’anima a Dio. Lo zelo pastorale del Vescovo di Piacenza, vero uomo di fede, fu espressione di una carità ardente, che lo spinse a riconoscere l’importanza e la complessità del fenomeno migratorio nelle società moderne. Il suo insegnamento anima ancora oggi i cattolici all’impegno verso i migranti e rifugiati, per la costruzione della fratellanza universale. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 9 novembre 1997. Artemide Zatti nacque a Boretto, in provincia di Reggio Emilia (Italia), il 12 ottobre 1880. Costretta dalla povertà, la famiglia emigrò in Argentina quando Artemide era adolescente, e si stabilì a Bahía Blanca. Il giovane frequentava la parrocchia retta dai Salesiani e si accese in lui il desiderio di farsi religioso. All’età di 20 anni partì quindi per Bernal come aspirante. Assistendo un sacerdote malato, contrasse la tubercolosi; di conseguenza venne trasferito a Viedma, dove si trovava un ospedale missionario. Artemide, su suggerimento del Padre Evasio Garrone, promise che, se fosse guarito, avrebbe dedicato la vita ai sofferenti. Per intercessione di Maria Ausiliatrice, guarì. Il 18 febbraio 1911 emise la professione perpetua come salesiano laico e subito si mise al lavoro con i malati, prima distribuendo i farmaci, poi nella gestione di tutto l’ospedale di Viedma. Soprattutto vi lavorò come infermiere, stimato da pazienti e medici. Per assistere gli ammalati a domicilio girava in bicicletta per la città e oltrepassava anche il Rio Negro per raggiungere Patagones. Vestito del grembiule e portando la borsa con medicine e strumenti, teneva con una mano il manubrio e con l’altra sgranava il Rosario. Amava servire quelli che non avevano niente, nei tuguri della periferia. Con la sua fedeltà e letizia, conquistava tutti. Incarnò quanto don Bosco aveva detto ai suoi primi missionari partiti per l’America: «Abbiate cura speciale degli infermi, dei bambini, degli anziani, dei poveri, e vi guadagnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini». Nel 1950 comparvero in lui i segni di una grave malattia, che visse con eroismo fino alla morte, avvenuta il 15 marzo 1951. Primo salesiano coadiutore non martire, Artemide Zatti è stato beatificato il 14 aprile 2002.

Lo sguardo di umanità del Vescovo Scalabrini nei confronti dei migranti

9 Ottobre 2022 - Il Vescovo Giovanni Battista Scalabrini è Santo. Una santità che nasce dal suo impegno sacerdotale e parrocchiale, nella catechesi e nella predicazione, nell’insegnamento e nella cura dei presbiteri, ma ha al centro il suo impegno pastorale e sociale a favore degli emigranti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Allora dal nostro Paese, a causa della povertà in campagna e in collina partivano fino a un milione di italiani l’anno: metà verso le Americhe e l’altra metà verso i Paesi dell’Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente. Un impegno condiviso con un altro Vescovo amico, Geremia Bonomelli, di due diocesi vicine - Piacenza e Cremona – che alla fine si divideranno il lavoro pastorale con i migranti: Scalabrini, con i suoi missionari, in America e Bonomelli, con i preti diocesani, in Europa. L’impegno pastorale sarà soprattutto nel condividere il viaggio e la vita con gli emigranti italiani, perché avessero la possibilità di continuare un cammino di fede, con le celebrazioni e la catechesi in lingua italiana e l’assistenza spirituale. Il clero autoctono, infatti, non solo non curava la vita religiosa degli emigranti, ma talora ostacolava l’attività dei missionari. Il Vescovo Scalabrini aveva compreso che abbandonare gli emigranti e le loro famiglie che partivano avrebbe generato l’abbandono anche della fede e della pratica religiosa, oltre che l’adesione a movimenti socialisti e anarchici. L’impegno sociale sarà diretto a promuovere la tutela dei migranti, contro gli agenti e mediatori di manodopera approfittatori, contro i datori di lavoro sfruttatori, per la promozione dei diritti dei lavoratori e delle loro famiglie e dei minori, sensibilizzando l’opinione pubblica e la politica in diverse occasioni – all’ Expo di Torino del 1898, al Convegno dell’Opera dei Congressi di Ferrara del 1899, ad esempio – e formulando anche proposte di legge. A questo proposito, in una relazione alla Congregazione di Propaganda fide del 4 settembre 1889 il Vescovo Scalabrini scriveva: “Nelle fazendas gli emigranti lavoravano in condizioni durissime, come braccianti salariati, in genere a cottimo, alle dipendenze di fazendeiros in gran parte dispotici e sfruttatori, con conseguenze negative sia sul piano morale che religioso”. Bella è poi l’amicizia per quasi quarant’anni tra i due Vescovi, Scalabrini e Bonomelli, testimoniata dal fitto Epistolario, dove si respira la passione per la cura degli emigranti che per Scalabrini sfocerà nella fondazione della Congregazione degli Scalabriniani e per Bonomelli nella creazione dell’Opera di assistenza per gli italiani emigrati in Europa. Esemplari sono le parole del Vescovo Bonomelli commemorando l’amico Scalabrini nella Chiesa di S. Bartolomeo a Como, nel 1913: “La Provvidenza mi pose in contatto con molti uomini collocati in alto nella Chiesa di Dio per ufficio, per scienza e pratica di affari, conoscitori della società; ma posso affermarlo con tutta coscienza: non ne trovai uno o ben pochi che conoscessero al pari di lui le condizioni nostre vere, sociali e religiose, e i bisogni relativi dei nostri tempi!... Il suo sguardo spaziava al di là della sua diocesi, dell’Italia e dell’Europa”. Questo sguardo di Scalabrini è carico di santità perché esperto di umanità, capace di dialogare con le istituzioni, di “uscire dal tempio”. Ed è questo sguardo pieno di umanità che la santità del Vescovo Scalabrini ci sollecita, perché “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini, soprattutto dei poveri e dei malati” (G.S. 1) non ci lascino indifferenti, abbattino i muri dell’indifferenza e della prepotenza, spingano all’impegno e alla condivisione. È uno sguardo, quello del Vescovo Scalabrini, che ha una preferenza per i poveri, che allora erano i salariati sfruttati, costretti a partire per le Americhe. È uno sguardo che coinvolge oggi noi, le nostre comunità per educarci alla prossimità nei confronti dei migranti, in questo tempo in cui – come scrive Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti – “riappare “la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità” (F.T. 27).

Mons. Gian Carlo Perego - Presidente Fondazione Migrantes

Scalabrini Santo: le iniziative

9 Ottobre 2022 -

Roma - Sono tante le iniziative messe in campo in occasione della beatificazione di mons. Giovanni  Battista Scalabrini. Il 29 settembre a Roma una Veglia di preghiera  mentre ieri il musical «Per terre lontane». Domani la messa di ringraziamento e il 12 ottobre a Piacenza - dove Scalabrini è morto il 1 giugno 1905 -  su iniziativa della diocesi, un beve percorso che parte dalla casa delle Missionarie Scalabriniane e si concluderà con un momento di preghiera nel duomo della città. Il 13 ottobre sarà la diocesi di Como a promuovere iniziative a Fino Mornasco, dove Scalabrini è nato l’8 luglio 1839.

Migrantes Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela: due notti in pullman per la canonizzazione di mons. Scalabrini

8 Ottobre 2022 - Messina - E' partita ieri sera alle 20 la rappresentanza dei migranti dell’Arcidiocesi di Messina Lipari S. Lucia del Mela, con destinazione Roma, per pregare e ringraziare il Signore per la canonizzazione del vescovo Giovanni Battista Scalabrini, apostolo del catechismo e "padre dei migranti". L’arrivo a Roma è previsto per le ore 7 di domani domenica mattina, dove in piazza S. Pietro, nel corso della solenne celebrazione eucaristica che avrà inizio alle ore 10.15, Papa Francesco proclamerà santo mons. Scalabrini assieme al laico salesiano Artemide Zatti. Saranno 90 i pellegrini, 40 della Cappellania srilankese e 50 di quella filippina, che  da Messina si uniranno ai tanti fedeli che raggiungeranno Roma. Due notti in pullman! "Un sacrificio affrontato nella gioia di volerci essere, perché da domani agli onori degli altari ci sarà un 'uomo di Dio' che dell’amore ai migranti ha fatto lo scopo del suo ministero, lasciando un esempio che rimarrà attuale e forte per quanti sono costretti a mettersi in viaggio e per i tanti operatori che nel mondo si mettono a servizio della mobilità umana", spiega una nota della Migrantes diocesana che ringrazia la Fondazione Migrantes che con il suo contributo ha permesso di rendere "ancora più accessibile, a livello economico, la partecipazione all’evento".  

Mons. Felicolo: accoglienza verso i migranti e impegno nella difesa della loro dignità

6 Ottobre 2022 - Roma - La canonizzazione di un vescovo è "sempre motivo di particolare gioia per la Chiesa. E la canonizzazione di Giovanni Battista Scalabrini lo è particolarmente per la Chiesa Italiana e per la Fondazione Migrantes che nella e per la Cei segue particolarmente il mondo della mobilità umana". Lo ha detto questa mattina mons. Pierpaolo Felicolo, direttore gfenerale della Fondazione Migrantes, intervenendo ad una conferenza stampa promossa dalla famiglia scalabriniana. Famiglia scalabriniana che collabora con la Migrantes nelle diocesi dove sono presenti e nelle Missioni Cattoliche Italiane soprattutto in Europa. "Un profeta, antisegnano e pioniere Scalabrini, nel considerare il fatto migratorio in tutti i suoi aspetti: non voleva - ha spiegato mons. Felicolo -  far mancare ai migranti che allora partivano soprattutto per le Americhe, quella vicinanza spirituale ma anche culturale importante per la tutela dei loro diritti e per la loro promozione sociale nei paesi di arrivo". "Abbandonare ieri come oggi i migranti – ne era convinto Scalabrini – vuol dire abbandonarli anche nella fede e nella pratica religiosa. Aveva intuito - ha aggiuto il direttore Migrantes - che chi partiva non poteva e non voleva dimenticare la terra d’origine: voleva mantenere un collegamento. E la fede è il mezzo vitale per questo, rafforzata con la celebrazione nella propria lingua. Aveva, infatti, pensato alla dimensione religiosa dei migranti". Da allora ad oggi è cambiato molto: ma quel "richiamo alla carità pastorale, sociale e politica è ancora vivo come dimostra l’accoglienza verso i migranti e l’impegno nella difesa della loro dignità . Un impegno che la Chiesa italiana porta avanti, attraverso la Migrantes, camminando insieme ai migranti e coniugando evangelizzazione e promozione umana", ha concluso. (Raffaele Iaria)

Scalabrini: oggi la presentazione delle iniziative

6 Ottobre 2022 - Roma - Si è svolta questa mattina a Roma la conferenza stampa organizzata dalla Congregazione dei Missionari di San Carlo Borromeo, la Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo Scalabriniane e l’Istituto delle Missionarie Secolari Scalabriniane, in vista dell’imminente canonizzazione del Giovanni Battista Scalabrini, il 9 ottobre a piazza San Pietro. “La proclamazione a Santo di Scalabrini è un invito alla Chiesa, alla società e alla comunità internazionale a ricordare la corresponsabilità che abbiamo nell’accoglienza e nella protezione delle persone migranti e rifugiate, oltre all’impegno di promuovere il diritto allo sviluppo e alla pace per evitare le migrazioni forzate”, ha detto padre Leonir Chiarello, Superiore Generale dei Missionari di San Carlo Borromeo Scalabriniani. “Con questa canonizzazione, Papa Francesco ci invita a seguire l’esempio del Vescovo Scalabrini e delle istituzioni che lui ha fondato e ispirato. Noi missionari abbiamo questa visione olistica dell’immigrazione che contempla la dimensione economica, sociale, politica, culturale e religiosa. Ha riconosciuto in questo fenomeno il modo in cui Dio si rivela nella storia umana e crea un’unica famiglia universale. Seguendo le sue orme, la Congregazione ha aperto parrocchie, ospedali, ambulatori, centri studi e di formazione, case e centri per migranti, centri Stella Maris per i lavoratori del mare e si è messa a servizio degli organismi della Chiesa locale che lavora con i migranti. Siamo presenti in 33 Paesi nel mondo. Con la canonizzazione di Scalabrini, voluta anche in assenza del secondo miracolo, Papa Francesco manda un messaggio chiaro e solenne alla Chiesa e all'intera umanità: i migranti, che l’avevano commosso e spinto all’azione, rimangono un tema centrale per la Chiesa e la società”. Per mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes, è "un motivo di gioia per la Chiesa e lo è particolarmente anche per la Fondazione Migrantes che segue la mobilità umana. Scalabrini è stato un profeta antesignano: non voleva far mancare ai migranti la vicinanza spirituale e materiale e non voleva abbandonarli nella fede. Credeva che dove vi è il popolo, lì deve esserci anche la Chiesa. Questo impegno verso le persone in mobilità continua con le sue missionarie e missionari, con tutta la Chiesa Cattolica e con la Fondazione Migrantes che cammina insieme ai migranti”. Suor Neusa de Fatima Mariano, superiora delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo Scalabriniane, ha spiegato: “Le risposte che Scalabrini ha dato al fenomeno dell’immigrazione hanno anticipato i tempi moderni”. Scalabrini ha riconosciuto il grande valore che donne consacrate avrebbero portato al suo progetto missionario e ha fondato la Congregazione femminile nel 1895. “Oggi noi siamo l’espressione del volto femminile del carisma scalabriniano rivolto ai migranti”, ha continuato suor Neusa. “Abbiamo oltre 100 missioni animate dalla spiritualità di Scalabrini, che è vivere la comunione nella diversità. La nostra scelta è quella di rivolgerci in modo particolare alle donne e ai bambini rifugiati, essere migranti con i migranti, compagne nel loro cammino. In questi ultimi anni abbiamo creato un progetto specifico della Congregazione: il “Servizio Itinerante”, presente nei luoghi di frontiera, dove c’è più sofferenza. Con questa specifica azione, la Congregazione offre il suo contributo, affinché ai migranti e ai rifugiati in situazioni di emergenza e in condizioni di vulnerabilità, sia garantito il rispetto della loro dignità, l’attenzione ai loro bisogni primari e l’accesso alle opportunità di promozione umana”. A 56 anni dalla morte del beato Giovanni Battista Scalabrini, il 25 luglio 1961 è iniziato il cammino dell’Istituto delle Missionarie Secolari Scalabriniane, terzo Istituto ispirato a Scalabrini. Senza segni esterni che le distinguano, le Missionarie Secolari lavorano e svolgono professioni nei più diversi ambienti e contesti della società per trasformare dal di dentro ogni realtà, in particolare quella migratoria, in un’esperienza d’accoglienza e di comunione tra le diversità.  “Lo spirito di Scalabrini non si è esaurito alla sua morte e ha segnato la vita di tante persone. Una di queste è stata Adelia Firetti, la nostra fondatrice”, ha detto Giulia Civitelli, missionaria secolare scalabriniana e direttore sanitario del Poliambulatorio della Caritas alla Stazione Termini di Roma. “Adelia era una giovane insegnante di Piacenza, arrivata in Svizzera negli anni ’60 su invito degli Scalabriniani per avviare una scuola per i figli degli emigrati italiani", ha continuato Civitelli. "Noi missionarie secolari scalabriniane cerchiamo di educare le persone al dialogo interculturale e all’incontro con i migranti. Viviamo in piccole comunità: le nostre case sono i Centri Internazionali Scalabriniani, dei veri e propri laboratori di relazione, dove i giovani scoprono la ricchezza dell’altro. Questo è il messaggio che vogliamo condividere con tutti: è possibile vivere la diversità nella comunione. Insieme possiamo scoprirci tutti appartenenti ad un’unica famiglia umana”. Nato a Fino Mornasco, in provincia di Como nel 1839, il Vescovo di Piacenza Giovanni Battista Scalabrini è ancora oggi un dono per la Chiesa e l’umanità: un uomo innamorato di Dio, capace di vedere negli ultimi lo sguardo di Gesù. Profondamente commosso dal dramma di tanti italiani costretti ad emigrare negli Stati Uniti e nell’America del Sud alla fine dell’‘800, non resta indifferente. Si documenta, sensibilizza la società e manda i suoi missionari e le sue missionarie nel mondo per aiutare e sostenere gli emigranti nei porti, sulle navi e all’arrivo nei nuovi Paesi. È considerato per questo un padre per tutti i migranti e i rifugiati.