1 Marzo 2023 - Palermo - I morti di Cutro, “fratelli e sorelle sfiniti dalla sofferenza della fuga da una patria martoriata e ingoiati dalle onde del nostro mare in un ultimo, disperato combattimento, hanno tentato fino all’ultima bracciata, fino all’ultimo respiro di sfiorare con le dita la speranza che fin qui avevano inseguito: toccare terra in un luogo capace di salvarli e di accoglierli. La speranza di una terra diversa da quella che tragicamente avevano dovuto abbandonare perché incapace di assicurare il diritto alla vita e alla sicurezza dell’umanità in quanto tale”. E’ quanto dice l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lojudice dopo la tragedia avvenuta sulle coste calabre. “Non hanno riconosciuto, i nostri fratelli pakistani, afghani, iraniani, siriani, nell’orizzonte freddo della costa, avara di aiuti e incapace di cura per l’unicità preziosa delle loro vite, non hanno riconosciuto questa diversità della nostra terra rispetto a quella che li ha scacciati, perseguitati, minacciati, costretti all’esilio. Ci avrebbero chiesto, se fossero riusciti ad approdare – ce lo chiedono gli occhi sgomenti, atterriti dei sopravvissuti – su cosa fondiamo oggi noi europei, noi occidentali, la promessa che abbiamo fatto quando abbiamo scritto la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo. Ci avrebbero chiesto – e ora tocca a noi, da cittadini, da cristiani, chiedercelo e chiederlo a nome di ognuno di loro ai Governi italiano ed europeo – se abbiamo compreso che quella promessa l’abbiamo fatta innanzitutto a coloro che ancor oggi scappano dai luoghi in cui questi diritti sono sconosciuti, violati, e se ci siamo resi conto che lasciandoli morire li abbiamo violati noi stessi, per primi”, evidenzia il presule che è anche delegato Migrantes della Conferenza Episcopale Siciliana. Per mons. Lorefice “non è solo dinanzi a quello che è accaduto in Calabria che ci sentiamo di dover fare questa affermazione, ma anche e soprattutto dinanzi alla negazione delle responsabilità, alla gravità della loro elusione, alla mancanza di consapevolezza politica ed umana da parte delle istituzioni nazionali ed internazionali impegnate solo a stringere accordi con paesi come la Libia per trattenere e sospingere i migranti in veri e propri campi di concentramento. Non c’è spazio oggi per i qualunquismi: è tempo per tutti noi di rifuggire con chiarezza da ogni narrazione tesa a colpevolizzare l’anello più debole della società. La responsabilità è nostra: quel che è avvenuto a Cutro non è stato un incidente, bensì la naturale conseguenza delle politiche italiane ed europee di questi anni, la naturale conseguenza del modo in cui noi cittadini, noi cristiani, malgrado il continuo appello di Papa Francesco, non abbiamo levato la nostra voce, non abbiamo fatto quel che era necessario fare girandoci dall’altra parte o rimanendo tiepidi e timorosi”. Il “culmine simbolico di tutto ciò – ha detto ancora l’arcivescovo di Palermo - è stata la dichiarazione resa dal ministro Piantedosi, un uomo delle istituzioni che ha prestato il proprio giuramento sulla Costituzione italiana – la stessa Costituzione che prima di ogni altra cosa riconosce e garantisce quei diritti inviolabili dell’uomo –, il quale ha ribaltato la colpa sulle vittime. Come mi sono già trovato a dire, durante la Preghiera per la pace del 4 novembre 2022, rischiamo tutti di ammalarci ‘di una forma particolare di Alzheimer, un Alzheimer che fa dimenticare i volti dei bambini, la bellezza delle donne, il vigore degli uomini, la tenerezza saggia degli anziani. Fa dimenticare la fragranza di una mensa condivisa’. Come cristiani, memori della parola del Vangelo del Messia che si è fatto povero e ha sposato la causa dei poveri, insieme alle donne e agli uomini di buona volontà e alle numerose associazioni umanitarie impegnate nel Mediterraneo e sulle rotte di terra, crediamo che sia necessario rispondere ai tanti interrogativi ancora aperti sul naufragio di Cutro e che venga dissipato ogni equivoco sulla gravissima responsabilità di chi non soccorre i naufraghi lasciandoli morire in mare. Si aprano una volta per tutte i tanto attesi corridoi umanitari, si agisca sul diritto di asilo, si lavori sull’integrazione. Facciamo insieme di questa nostra terra un giardino fecondo di vita, in cui celebrare e sperimentare la convivialità delle differenze”.
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Migrazioni e respingimenti nel Mediterraneo: mons. Lorefice si augura che il nuovo anno “ci porti a un vero cambiamento delle politiche europee”.
4 Gennaio 2021 -
Palermo - “C'interessa di portare un destino eterno nel tempo, di sentirci responsabili di tutto e di tutti, di avviarci, sia pure attraverso lunghi erramenti, verso l'Amore, che diffonde un sorriso di poesia su ogni creatura e che ci fa pensosi davanti a una culla e in attesa davanti a una bara”, scriveva don Primo Mazzolari. A questo monito, a questa necessità di “sentirsi responsabili di tutto e di tutti”, l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, fa riferimento con un nuovo durissimo appello dopo le notizie delle ultime tragedie del Mediterraneo, gravemente sottovalutate anche dalla stampa nazionale.
«Il mio appello è perché questo 2021 si apra nel segno di una nuova, reale riflessione che conduca presto a un cambiamento nella condivisione delle regole europee», dice il presule che ricorda che «appena un mese fa piangevamo insieme la morte del piccolo Joseph, rimasto nel cuore di tutti, in uno dei tanti drammatici naufragi a cui abbiamo assistito nell’anno appena trascorso. Oggi abbiamo la conferma che i 4 bambini i cui cadaveri sono stati ritrovati il 18 dicembre scorso sulle coste libiche, nel silenzio generale, sono morti annegati durante un respingimento, uno dei tanti ‘push-back’ operati dalla cosiddetta guardia costiera libica. Gli ultimi report sui fatti avvenuti nel Mediterraneo centrale tra le fine di dicembre e i primi giorni di gennaio fanno stringere il cuore a chiunque avverta ancora il senso della propria umanità: siamo chiamati a reagire da esseri umani e da cristiani».
Secondo gli ultimi report delle organizzazioni umanitarie, infatti, a fronte dei 34.476 migranti giunti sulle coste italiane attraverso il Mediterraneo centrale, in assenza di canali sicuri e legali di accesso in Europa, sarebbero 11.891 i migranti intercettati e riportati in Libia nel 2020 (9.225 nel 2019), mentre 323 corpi sono stati restituiti dal mare e 417 vite risultano tuttora scomparse nel nulla. E va ricordato che tra il 1 e il 3 gennaio 2021 la Open Arms ha già dovuto soccorrere 266 persone, mentre già i primi 79 migranti sono stati intercettati e rimpatriati in Libia.
«Non ci stancheremo mai di ripetere – ribadisce mons. Lorefice – che i respingimenti costituiscono una grave violazione del principio di ‘non refoulement’ sancito dalla Convenzione di Ginevra, violano i diritti umani internazionali, calpestano il Vangelo, tradiscono la fraternità universale. E oltre a causare il ritorno di tante persone nei lager libici, portano ad esiti come l'annegamento di questi 4 bambini. È assordante il silenzio e spaventosa l'indifferenza che sta avvolgendo queste notizie. Non possiamo non indignarci anche come cristiani: “La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte provenga. La sua via non è la neutralità, ma la profezia”, come diceva il card. Giacomo Lercaro.
La Carta costituzionale e il Vangelo «ci chiedono di alzare la voce e di coinvolgere i cittadini italiani perché il nostro Paese attraverso quanti lo governano prenda le distanze da questa barbarie che massacra corpi, vite, volti umani, attese, drammi, speranze, e si adoperi anche a livello europeo per una soluzione umanamente sostenibile. Mentre viviamo direttamente il dramma della pandemia che sta colpendo il mondo intero, vicini alle nostre famiglie private degli affetti più cari e travolti dalle conseguenze economiche e sociali che porta con sé questo tremendo virus, sempre fiduciosi nella responsabilità di tutti per la salvaguardia del bene prezioso della salute e della vita, ci viene richiesta la stessa responsabilità per il dramma che continua a consumarsi nel Mediterraneo e che non può lasciarci indifferenti. Bisogna fare di tutto – conclude mons. Lorefice – per recuperare quanti continuano a salire su barconi della morte: è una responsabilità prossima che riguarda l'intera Europa, chiamata a mettersi in gioco a livello internazionale e a trovare risposte e soluzioni efficaci al fenomeno migratorio».
La Fondazione Migrantes esprime gratitudine all'arcivescovo di Palermo per questa riflessione l'invito a reagire e ad essere umani e cristiani.