8 Agosto 2019 - Marcinelle - “Cari Amici italiani, ovunque siate nel mondo, dovete essere consapevoli del contributo prezioso che, con il vostro lavoro operoso, fornite al lusinghiero capitale di immagine e reputazione della Patria. Rappresentate un essenziale architrave, un’infrastruttura di collegamento, che è nostro dovere potenziare e valorizzare. Siete un concreto ponte fra i vostri Stati di residenza e l’Italia”. E’ quanto scrive in un messaggio il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi nel 63° anniversario della tragedia della miniera di Bois du Cazier, a Marcinelle, in Belgio, dove perirono 262 minatori, l’8 agosto del 1956. Giornata che in Italia è dedicata al Sacrificio del Lavoro italiano nel mondo. Il pensiero del titolare della Farnesina è andato in particolare, “con commozione, a tutti coloro che sono caduti mentre lavoravano, durante l’adempimento di un nobile dovere e l’esercizio di un diritto basilare di ogni persona”.
Il disastro di 63 anni fa, che causò la morte a 136 minatori italiani, “resta impresso nella memoria collettiva di noi italiani. Un dramma terribile, con vittime di undici nazionalità diverse, di cui nove di paesi europei”. La ricorrenza di oggi “solenne e importante” rende omaggio ai tanti italiani, lavoratrici e lavoratori, che hanno onorato e onorano la nostra Patria, ovunque nel mondo, con il valore della loro opera e del loro ingegno, animati da dedizione e desiderio di affermarsi nei paesi in cui si trovano”. Poiché l’Unione Europea – scrive ancora Moavero Milanesi - si trova alla vigilia dell’apertura di un nuovo ciclo di legislatura, “penso sia davvero importante che le Istituzioni UE indichino, rapidamente, le iniziative che intendono portare avanti” sul tema della sicurezza sul lavoro. In particolare, bisogna: “procedere verso sistemi di assicurazione europei per gli infortuni e le morti sul lavoro e pervenire a una maggiore armonia nelle pronunce giurisdizionali nazionali in materia; garantire il reale livellamento delle ingiustificabili disuguaglianze di trattamento, salariale e previdenziale, fra chi lavora in paesi UE differenti, allineandosi alle migliori regole e prassi vigenti; offrire a tutti una protezione sociale adeguata e moderna; tutelare i più vulnerabili e affermare la parità sostanziale tra donne e uomini, anche nella retribuzione; strutturare un sistema europeo di incisivo supporto a chi non ha un lavoro o desidera una formazione in vista di una riconversione professionale, finanziato dal bilancio dell’Unione; continuare a promuovere un mercato del lavoro europeo equo, dinamico e inclusivo”. Temi rilevanti e su ognuno l’Italia “non può non dare il suo contributo propositivo alla riflessione e all’azione comune nelle sedi UE. Lo stiamo facendo da tempo, forti della nostra solida esperienza legislativa, operativa e culturale, corroborata dagli stimoli delle comunità italiane all’estero, una fonte preziosa di ispirazione e un esempio vincente di affermazione sociale ed economica. Trovo che questo sia un modo tangibile per guardare avanti e stringerci al simbolo di Marcinelle in maniera fattiva e forte. Lo dobbiamo a chi morì nella miniera 63 anni fa, al lacerante dolore dei famigliari, alle tante vittime sul lavoro. Lo dobbiamo alla Costituzione della Repubblica, che la battezza ‘fondata sul lavoro’”. Il minsotro degli Estri ricorda, quindi, gli italiani che, soprattutto fra il XIX° e il XX° secolo, lasciarono le terre natie per cercare lontano “un futuro degno, per offrire di meglio ai propri figli. Sovente sono partiti affrontando l’ignoto con vaghe promesse, avventurandosi in viaggi incerti e pericolosi, e trovando condizioni impervie una volta arrivati a destinazione. Come altri europei, siamo stati, fino ai primi anni sessanta del novecento – in fondo, appena ieri – una nazione di emigrazione strutturale nel mondo. Lo testimoniano innumerevoli racconti, libri, film e canzoni. Un flusso immane dall’Italia che, seppure con numeri ben più contenuti, prosegue tuttora, ma con tratti diversi. Da un lato, riguarda abbastanza spesso persone qualificate, al punto che si parla di ‘fuga dei cervelli’; per loro, non di rado, l’esperienza estera consente di integrare il bagaglio professionale e di studi: poi, alcuni rientrano, mentre altri si stabiliscono fuori con una scelta definitiva o quasi. Dall’altro lato, oggi, all’interno dell’Unione Europea, vige il diritto alla libera circolazione e la libertà di risiedere in qualsiasi Stato membro; la stessa cittadinanza UE, che si affianca a quella nazionale, ci fa sentire meno stranieri, laddove un tempo eravamo tali, e il diritto UE ci protegge da ogni tipo di discriminazione. Un’evoluzione indubbia, dei cui frutti non beneficiavano ancora i nostri compatrioti che lavoravano e morirono a Marcinelle”. (Raffaele Iaria)