20 Giugno 2019 - Roma - Il saldo migratorio con l’estero degli italiani è sempre negativo dal 2008 e ha prodotto una perdita netta di circa 420mila residenti in dieci anni. Circa la metà di questa perdita (208mila) è costituita da giovani dai 20 ai 34 anni e di questi, due su tre sono in possesso di un livello di istruzione medio-alto. Lo certifica oggi l’Istat nel “Rapporto annuale 2019”.
Nel 2018, si legge nel documento, il collettivo dei giovani laureati occupati e non più in istruzione presenta un mismatch pari al 42,1%, valore che, sebbene più contenuto rispetto a quello dei giovani diplomati (52,6%), risulta ben più elevato di quello relativo alla popolazione laureata adulta (31,7%). “Il fenomeno del mismatch per i giovani laureati – spiega l’Istat – sembra avere un elevato grado di persistenza nel corso della carriera lavorativa degli occupati, mantenendosi infatti al di sopra del 40 per cento anche per coloro che hanno iniziato il primo lavoro da più di sei anni”.
Sul fronte delle migrazioni interne, si è avuto un sistematico e ancor più significativo deflusso di giovani dai 20 ai 34 anni con livello di istruzione medio-alto dalle regioni del Mezzogiorno verso il Centro-nord (circa 250mila in dieci anni). Campania, Puglia, Sicilia e Calabria hanno perso complessivamente oltre 226mila giovani con un livello di istruzione medio-alto nell’ultimo decennio. Le regioni che nello stesso periodo hanno guadagnano in termini di capitale umano sono quelle del Centro-nord, in particolare, la Lombardia e l’Emilia-Romagna che hanno in attivo circa 154mila giovani.
Secondo l’Istat, le seconde generazioni, costituite dai figli di cittadini stranieri nati nel nostro Paese e dagli stranieri che sono immigrati prima dei 18 anni, rappresentano un importante patrimonio su cui investire. Al 1° gennaio 2018 i minori di seconda generazione sono 1 milione e 316mila, pari al 13% della popolazione minorenne; di questi, il 75% è nato in Italia (991mila).