6 Agosto 2020 - Foggia - Durante un incontro del coordinamento tecnico delle Forze di polizia a Cerignola è stata esaminata la situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica in quel territorio, anche a seguito dell'episodio a Foggia, che ha avuto come protagonista un bracciante nigeriano in bicicletta, ferito da colpi ad aria compressa. Al termine dell’incontro è stata disposta una ulteriore intensificazione dei controlli di polizia in quel territorio e nelle località dove maggiore è la presenza di extracomunitari, si legge in una nota pubblicato sul sito del Ministero dell’Interno. Dopo il ferimento due giorni fa di Victor, giovane nigeriano di 22 anni, colpito alle gambe e alle braccia mentre all’alba andava al lavoro, altri immigrati hanno raccontato di aver subito aggressioni in questi giorni, riferisce oggi “Avvenire”. All’alba, mentre stavano andando al lavoro, o la sera tardi al ritorno dai campi o dalle fabbriche. Ieri uno dei ragazzi, Louis nigeriano di 32 anni, si è presentato in Questura per denunciare l’aggressione. Ad accompagnarlo Giusy Di Girolamo, direttrice degli uffici Migrantes e Caritas della diocesi di Foggia-Bovino. “Hanno paura, temono ritorsioni. E alcuni non hanno i documenti”, spiega la direttrice. Per questo avevano subito in silenzio, fino all’aggressione a colpi di pistola contro Victor. “Ho fatto girare sui social l’articolo di Avvenire – raccontra Khady, mediatrice culturale della Caritas – e molti sono intervenuti scrivendo ‘è successo anche a me’. Li abbiamo contattati e stiamo cercando di convincerli a denunciare”. Altre notizie arrivano dagli immigrati che vivono nel ghetto di Borgo Mezzanone e nell’ex fabbrica del latte di Foggia. Alcuni di loro, proprio dopo l’aggressione a Victor, hanno preso coraggio e sui social – scrive Avvenire - hanno raccontato di essere stati presi a sassate due e tre giorni fa all’alba, mentre stavano andando al lavoro nei campi in bicicletta.
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Mons. Pelvi: “si diventa forti coi più deboli e con le persone più fragili, più indifese”
5 Agosto 2020 - Foggia - “Mamma mi hanno sparato”. Sono state queste le parole di Victor Gbadamasi al telefono di Giusy Di Girolamo, direttrice della Migrantes della diocesi di Foggia-Bovino. “Sono subito corsa lì e l’ho portato in ospedale. Ho avvertito la Questura e sono venuti a interrogarlo”, racconta al quotidiano “Avvenire che oggi riporta la notizia dell’aggressione contro un giovane nigeriano ospite della Caritas diocesana. Victir, 22 anni, stava andando al lavoro in bicicletta. È stato affiancato da due persone a bordo di uno scooter che, senza dire una parola, gli hanno sparato con una pistola a pallini colpendolo a un braccio e alle gambe. Lavora come domestico e ieri mattina stava proprio andando dalla signora che lo ha assunto una settimana fa.
“Si diventa forti coi più deboli e con le persone più fragili, più indifese. È la sottocultura della prepotenza e della violenza. Che poi anche dopo fatti così gravi fa dire 'che ho fatto di male?'”, commenta l’arcivescovo di Foggia-Bovino, mons. Vincenzo Pelvi: “sono molto preoccupato, è un continuo. Prima le pietre e ora i pallini di piombo sparati alla cieca. Pensi se lo colpivano in un occhio! È un episodio che non lascia sereni, che scuote. Richiamo la responsabilità degli adulti, in particolare dei genitori, che va risvegliata, e che, invece, è quasi agonizzante”. Il presule evidenzia anche segnali di “scarsa accoglienza, un rigetto dell’integrazione che noi invece cerchiamo di promuovere come dono che non ha prezzo”.
Foggia: Giusi dall’Africa agli immigrati
15 Aprile 2020 - Foggia - Dalla Guinea Bissau a Foggia, che il Covid 19 ha trasformato in terra di missione, soprattutto per gli immigrati che hanno bisogno di accoglienza e sostegno. E’ questo il percorso di Giuseppina Di Girolamo, per tutti Giusi, “una donna che non fugge nei momenti difficili, né cerca situazioni confortevoli nei momenti duri e di grande difficoltà”.
Così dom Josè Camnate Na Bissign, vescovo di Bissau, porgeva il ringraziamento, il “bem haja” del suo popolo a Giusi per i suoi nove anni di missione in Guinea Bissau dal 2008 al 2017.
Nel piccolo Paese africano la fidei donum di Foggia ricorda un patrimonio di relazioni “con la gente del posto e di comunione con tutte le persone che ho conosciuto. Mi sono sentita rinascere quando abbiamo aperto l’orfanotrofio. E per anni ho dato tutta me stessa ai quei bambini che impazzivano quando vedevano il mio fuoristrada imboccare la stradina che portava all’orfanotrofio. Bambini che chiedevano solo attenzione e un po’ di amore”.
Missionaria a 360 gradi, Giusi, 65 anni, era partita da Foggia dopo un lungo lutto per la morte del marito, cercando di fare di quel grande dolore una spinta alla solidarietà, alla vita. E così, racconta “feci richiesta di andare come missionaria in Africa. Ed è stata proprio l’Africa a curare le mie ferite e a donarmi una seconda opportunità”.
Tornata in Italia, la missione le ha dato ancora una nuova chance, questa volta nella sua terra: “Ho avuto bisogno di un po’ di tempo per riambientarmi, certamente mi ha aiutato il vescovo della mia città assegnandomi la gestione di tre Uffici diocesani (Migrantes, Centro Missionario e Caritas). L’attività che svolgevo per questi uffici mi ha fatto capire che il mio servizio come fidei donum non era finito con la missione in Africa ma continuava con la stessa passione e intensità, rendendomi utile alla Chiesa”.
L’esperienza svolta in Guinea Bissau è stata preziosa quando ha iniziato a gestire una Casa di accoglienza presso Foggia per immigrati africani che erano confinati nei tanti ghetti del territorio pugliese. Racconta Giusi che “molti di questi ragazzi sono cattolici e sono seguiti da due parroci, uno nigeriano e l’altro guineano. Il responsabile della nostra casa di accoglienza è una persona stupenda. I ragazzi ospiti della casa lo chiamano papà, ha insegnato loro a pulire e tenere in ordine la casa. Sono molto ben educati. Oggi quattro di loro hanno un contratto di lavoro, hanno preso in affitto una casa e sono indipendenti. Non hanno più bisogno di noi, camminano da soli”. Molti altri però non trovano lavoro, come per tanti giovani della città di Foggia dove c’è un altissimo tasso di dispersione scolastica e ultimamente e una dilagante microcriminalità. Tanta la gente che viene a chiedere aiuto presso gli uffici della Caritas”. Soprattutto in questo tempo di paura e solitudine dovuto alla pandemia del Covid-19 che “sta portando molte famiglie a vivere la fame. Riceviamo tantissime richieste di aiuto e quello che fa più male è che molti di loro hanno bisogno di conforto e in questo periodo non possiamo che ascoltarli per telefono. In ufficio siamo in pochi e a volte non c’è il tempo per ascoltarli tutti per telefono, è questo che mi fa più male”.
Nonostante questa terribile emergenza Giusi sottolinea che “la mia città non fa mancare la sua solidarietà, i foggiani sono persone di grande cuore e molto generosi. Tanti sono i benefattori che ci aiutano ad aiutare. Dal profondo del mio cuore nasce un ringraziamento al Signore che non smette di toccare il cuore di tanti uomini e donne di buona volontà. La missione è nel cuore di chi ama, e chi ama non volge mai lo sguardo dall’altra parte”.
Giusi racconta con passione il suo impegno che le riempie la vita. E’ la missione a darle tutta questa forza, a fare in modo che non si scoraggi mai? La sua risposta non lascia dubbi: “La missione è la vita stessa, una vita che ci porta a interrogarci e a trasformare il nostro modo di vivere. E’ l’amore che riservi all’altro, all’attenzione posta all’ascolto e al grande desiderio che senti nascere dentro il tuo cuore: quello di essere di aiuto al prossimo, ecco è questa la missione”. (Miela Fagiolo D’Attila – Popoli e Missione)
Migrantes Foggia-Bovino: i nostri servizi sono aperti
17 Marzo 2020 - Foggia - A Foggia la situazione è molto difficile. Noi come Ufficio Migrantes non abbiamo chiuso e tutti i nostri servizi sono aperti. Riceviamo innumerevoli richieste di aiuto e cerchiamo di far fronte a tutti indistintamente. Ancora più drastica è la situazione dei ragazzi che vivono nei ghetti o sparsi nei casolari abbandonati, non hanno soldi nè possono dislocarsi per andare a fare la spesa.
La nostra idea è di portare noi riso e quant'altro possa servire loro con il furgone, per quelli che sono impossibilitati ad uscire. Per quelli che possono uscire pensiamo di dare loro delle carte prepagate del supermercato. Sono tante le richieste anche di medicinali, abbiamo fatto una convenzione con una farmacia e loro vanno con la nostra autorizzazione a prendersi le medicine. Insomma ci stiamo organizzando per poter raggiungere tutti.
Domenica, il primo giorno che sono rimasta a casa, non sapevo cosa fare e allora ho deciso di cucire le mascherina con un tessuto africano che avevo a casa e sono molto carine e pratiche perché si possono lavare. Le sto facendo cucire anche a un ragazzo nigeriano ospite nella nostra casa di accoglienza in modo da poterle dare a chi non ne ha. (Giuseppina Di Girolamo - direttore Ufficio Migrantes Foggia-Bovino)