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Ue: a Melilla strage inaccettabile

5 Luglio 2022 - Bruxelles - «Inaccettabile»: così il commissario europeo per gli Affari interni, Ylva Johansson dell'Ue definisce quanto accaduto il 24 giugno nellexclave spagnola di Melilla, al confine tra Marocco e Spagna, dove decine di migranti sono morti schiacciati dalla calca, mentre tentavano di varcare la frontiera. «È inaccettabile che le persone siano costrette a varcare il confine dellUe usando mezzi violenti ed è inaccettabile che le persone muoiano in questo modo - sottolinea Johansson, rivolgendosi alla plenaria del Parlamento Ue . La priorità ora è stabilire con chiarezza i fatti».
Per questo, il commissario Ue sostiene la richiesta di indagini avanzata da Onu.

Migranti morti a Melilla: Comece, “vengano identificate le vittime e sia avviata un’indagine indipendente e affidabile”

28 Giugno 2022 -
Bruxelles - I vescovi cattolici dell’Unione europea chiedono “l’identificazione delle vittime, la restituzione delle loro spoglie alle famiglie e un’indagine indipendente e affidabile su quanto accaduto in questo tragico episodio”. È padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), a prendere la parola a seguito del tragico incidente avvenuto il 25 giugno scorso, quando circa duemila migranti provenienti dal Marocco hanno tentato di sfondare la barriera di confine di Melilla. Venerdì scorso, alle 6,40, duemila profughi subsahariani hanno tentato di superare il sistema di reticolati (portato a dieci metri di altezza su decisione del governo Sánchez nel 2020) che racchiude la città autonoma di Melilla. Le autorità marocchine parlano di 18 morti, ma secondo alcune Ong – tra le quali l’Associazione marocchina per i diritti umani e la spagnola Caminando Fronteras – le vittime sarebbero 37 e decine i feriti, alcuni dei quali gravi. Secondo le testimonianze, la maggior parte delle vittime sarebbe morta asfissiata nella calca dopo esser caduta in un avvallamento nel tentativo di superare una recinzione, sul lato marocchino della frontiera. “La Comece piange la morte di dozzine di migranti e richiedenti asilo vicino alla città marocchina di Nador, mentre cercavano di attraversare la recinzione nella città spagnola di Melilla, nonché la morte di due poliziotti”, si legge in una dichiarazione diffusa ieri sera. “Preghiamo per loro e per le loro famiglie”. Nel chiedere l’identificazione dei corpi e  un’indagine “indipendente e affidabile” su quanto accaduto, la Comece afferma: “La gestione della migrazione da parte dell’Ue e dei suoi Stati membri non può consistere nel dare un assegno in bianco ai Paesi vicini che non rispettano la dignità inalienabile di migranti e rifugiati. La Comece condanna inoltre l’uso della violenza da parte di persone che tentano di attraversare le frontiere e chiede un uso proporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine e l’assoluto rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali di migranti e rifugiati, nonché l’agevolazione di un adeguato screening delle persone che sono legittimi richiedenti asilo”.

Mons. Perego: il muro di morte di  Melilla

27 Giugno 2022 - Roma - Ormai quella di venerdì sera a Melilla – con Ceuta, una delle città del confine di terra tra la Spagna e il Marocco – si delinea come una vera e propria strage di migranti tra l’Europa e l’Africa, la Spagna e il Marocco. Trentasette i morti, centinaia di feriti, soprattutto tra i migranti, ma anche tra gli agenti. La strage, solo l’ultima - tra quelle che in più di vent’anni hanno generato oltre 4000 morti tra i migranti siriani, palestinesi e oggi soprattutto subsahariani – è avvenuta in Marocco, che insieme alla Spagna, a metà  degli anni ’90, ha innalzato i primi due - a Ceuta (nel 1993) e a Melilla (nel 1996) - dei sedici muri che oggi sono alle frontiere europee. Un muro alto sei metri di recinzione, finanziato dall’Europa, come altri proposti nel piano europeo 2021-2027; come finanziati dall’Europa sono i respingimenti nel Mediterraneo dei migranti che partono dalla Libia o dall’Egitto o dalla Turchia come finanziati dall’Europa sono i campi dei richiedenti asilo della Turchia, del Marocco e della Libia. Alcuni, forse 1000 migranti, sono riusciti, grazie al sacrificio dei loro compagni di viaggio, a raggiungere il territorio spagnolo. Tra loro anche minori non accompagnati, un volto che sempre più stiamo vedendo mettersi in cammino, figli più che fratelli, che meritano una casa, una famiglia e non un muro di violenza e di sofferenze, non un muro di morte. Anche con loro siamo chiamati a costruire il nostro futuro, ci ha ricordato Papa Francesco nel Messaggio della prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. In realtà, le immagini che arrivano da Melilla in queste ore, sembrano negare questo invito: negare che le migrazioni siano una benedizione, per cedere invece alla chiusura, alla paura, ai limiti del confine. Anche questa strage, queste morti allontanano il processo di un’Europa solidale che sembrava camminare, grazie anche alla tragedia della guerra Ucraina e dei milioni di rifugiati accolti in Europa. “I muri sono immorali” gridò con tutte le sue forze, ormai gravemente malato, David Sassoli. I muri non servono a fermare migranti e rifugiati, come dimostrano i numeri sempre in crescita di migranti e rifugiati, quest’ultimi arrivati ormai a 100 milioni. Più che i muri servono strade, corridoi che in sicurezza accompagnino il cammino di chi fugge dalla guerra, dai disastri ambientali, dalla tratta, dalla miseria. Più che creare campi serve aprire le tante case chiuse, in paesi che si spopolano, tra le famiglie senza figli di un’Europa sempre più stanca e sempre più vecchia. I migranti e i rifugiati sono il dono di Dio per la nostra storia, le nostre città, che sono chiamate a ripensare i propri spazi, i luoghi di vita, di lavoro, di cultura, di fede facendo propria ‘la cultura dell’incontro’ che Papa Francesco non si stanca di richiamare, rifiutando la retorica dello scontro, del respingimento, dell’abbandono, dell’esclusione che alimenta troppe politiche migratorie. Abbattere i muri, i 16 dell’Europa e i 70 del mondo, sarebbe un atto di civiltà, di quella civiltà dell’amore di cui hanno parlato San Paolo VI e San Giovanni Paolo II, di quella fraternità che respiriamo nelle pagine della Caritas in veritate di Papa Benedetto XVI e della Fratelli tutti di Papa Francesco: un atto di democrazia. (Mons. Gian Carlo Perego - Arcivescovo, Presidente della Cemi e della Migrantes)