Tag: Lesbo
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Raffaele Iaria
Comunità di Sant’Egidio: “l’Europa accolga i richiedenti asilo che hanno perso tutto” a Lesbo
Roma - La Comunità di Sant’Egidio lancia un appello a tutti i paesi dell’Unione Europea perché accolgano con urgenza i profughi che con l’incendio del campo di Moria hanno perso tutto. Si tratta - si legge in una nota della comunità - di richiedenti asilo che da mesi, alcuni da anni, vivono in condizioni di estrema precarietà, dopo aver fatto lunghi e rischiosissimi viaggi per fuggire da guerre o situazioni insostenibili, in gran parte provenienti dall’Afghanistan. Sono per lo più famiglie, per una cifra complessiva di presenze che si aggira attorno alle 13 mila, con una percentuale di minori del 40 per cento. L’Europa, "se è ancora all’altezza della sua tradizione di civiltà e umanità, deve farsene carico con un atto di responsabilità collettiva".
La Comunità di Sant'Egidio quest'estate, com propri volontari, è stata presente al campo di Lesbo per una “vacanza alternativa” per sostenere i profughi, con punti di ristorazione, animazione per i bambini, corsi di inglese per gli adolescenti: "possiamo testimoniare la loro sete di dignità e di futuro. Come potremmo raccontare le storie di integrazione di chi abbiamo accompagnato in Europa con il corridoio umanitario che inaugurò nell’aprile 2016 Papa Francesco portando con sé alcuni profughi nel suo aereo, al ritorno dalla sua visita a Lesbo. Nel frattempo, per fronteggiare l’emergenza di queste ore, chiediamo il trasferimento urgente dei profughi in campi attrezzati, forniti di servizi, in terraferma, per evitare ulteriori drammi della disperazione, Occorre inoltre che le associazioni presenti nell'isola abbiano libero accesso per portare aiuti immediati ai profughi".
R.I.
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R. I.
Moria brucia, i migranti in fuga
Lesbo - Si sollevavano ancora colonne nere di fumo, ieri pomeriggio, dalle tende carbonizzate di Moria, in quello che era il più grande e controverso hotspot europeo per l’identificazione dei migranti. Borse, sacchi di plastica, un ventilatore, passeggini, oggetti afferrati al volo, i pochi averi caricati sulle spalle, e via di corsa: è stata una fuga nella notte per migliaia di persone, quella tra martedì e ieri all’alba, sotto un cielo rosso, spaventoso e rovente che rifletteva l’esteso rogo che ha incenerito centinaia di baracche, teloni e alloggi nella città-campo sull’isola greca di Lesbo.
"Moria non c’è più e migliaia di persone ora sono senza riparo" dice con la voce rotta dall’emozione Omar Alshakal della Ong Refugee For Refugees, camminando tra cumuli anneriti, mentre un elicottero dei vigili del fuoco gli passa sopra la testa. "C’erano malati isolati per il virus, che ora si trovano in mezzo agli altri. C’è un’enorme quantità di gente senza più nulla. Come potremo dare supporto a tutti, come faranno a mangiare? Non era questo il modo giusto di agire. Ma non si può incolpare nessuno, perché è comprensibile lo stress di un lockdown così lungo".
Il riferimento nelle parole di Omar è all’ipotesi più accreditata per spiegare l’accaduto, ieri sera menzionata anche dalle autorità greche: i diversi incendi, più di tre, scoppiati in punti diversi sarebbero partiti dopo momenti di tensione contro le misure adottate per isolare diversi casi di coronavirus e sarebbero stati appiccati da "alcuni richiedenti asilo". Qui il 2 settembre era stato registrato il primo malato ufficiale di Covid-19, notizia che tutti temevano in uno luogo affollatissimo (13mila persone, quattro volte rispetto alla capienza) e dalle condizioni igieniche oltre i limiti del possibile, ripetutamente denunciate in questi anni dalle organizzazioni non governative. A inizio settimana i contagi erano già 35 così per la tendopoli era scattata la quarantena, malgrado Moria avesse già vissuto un’interminabile serie di proroghe del lockdown di marzo.
"Sembrava l’inferno dantesco, il vento era fortissimo. Non siamo sorpresi dall’accaduto, è da settimane che registriamo un crescendo di frustrazione e disperazione per il prolungato confinamento. Abbiamo anche cercato di farlo presente alle istituzioni locali" ha commentato al telefono Giovanna Scaccabarozzi, medico di Msf a Moria. La clinica della Ong, risparmiata dalle fiamme, ha attivato un team di emergenza. "Container e uffici del campo sono bruciati completamente, anche metà del vasto accampamento dell’uliveto è in cenere. Ci sono persone che si muovono smarrite e nel panico fra le tende risparmiate. Chi è rimasto, non ha cibo. È funzionante solo un punto-acqua in tutta l’area".
Nei mesi scorsi, di incendi qui se ne sono visti tanti, accidentali (per le condizioni di vita estreme) ma anche appiccati di proposito contro i migranti,in una lotta dura con gruppi di estrema destra che hanno alimentato il malcontento dei residenti greci. Questa volta, però, pare sia accaduto qualcosa di diverso.
"La gente non ha più accettato la scusa del Covid per imporre limitazioni alla libertà. Ieri notte si parlava di liberare le persone in quarantena" riferisce, in forma anonima, un’operatrice attiva nel campo. "Alcuni migranti pensavano che le autorità greche stessero usando la pandemia per tenerli intrappolati. Per altri, tenere i positivi in una struttura dentro Moria metteva a repentaglio la vita di tutti. Abbiamo visto gente correre, sono iniziati scontri con la polizia e il lancio di lacrimogeni. Poi sono scoppiati gli incendi". "Non si registrano vittime" dice l’équipe di Kitrinos Healthcare, Ong che aveva un piccolo centro medico ora cancellato dal fuoco. "In uno stato di emergenza così disperato, siamo preoccupati che il Covid-19 si diffonda più velocemente". Dei 35 positivi al coronavirus, le autorità ieri sono riuscite a rintracciarne 8. Lungo la via provinciale, intanto, la polizia limita i movimenti di 5-6 mila migranti, tenuti per strada, lontani dai centri abitati. Il governo greco ha annunciato che sarà loro vietato lasciare l’isola. Su Twitter, la commissaria europea Ylva Johansson ha comunicato di avere "già accettato di finanziare il trasferimento immediato e l’alloggio sulla terraferma di 400 bambini e adolescenti non accompagnati", mentre il governo norvegese ha annunciato che accoglierà 50 migranti dal campo. Per gli sfollati, il governo greco ha inviato un traghetto, due navi della marina militare e altre tende. La terribile avventura europea dei 13mila di Moria sembra non avere ancora fine. (Francesca Ghirardelli - Avvenire)
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Covid: “a Lesbo si rischia la catastrofe umanitaria”
Milano - Dopo il primo caso confermato nel campo di Moria a Lesbo, con oltre 80 contagi già registrati in totale sull’isola greca, la pandemia da coronavirus rischia adesso di causare centinaia di vittime tra uomini, donne e bambini, già stremati da condizioni di vita disumane. È l’allarme lanciato da Oxfam e dal Greek Council for Refugees, che chiedono un’azione immediata del governo greco e dell’Ue per evitare che l’emergenza si trasformi in una vera e propria catastrofe sanitaria. Nell’hotspot sopravvivono attualmente 12mila persone in uno spazio concepito per appena 3mila, di cui il 40% sono bambini, costretti a dormire all’aperto o ammassati in tende con appena 5-6 ore al giorno di accesso all’acqua e servizi igienici inadeguati soprattutto per far fronte alla diffusione del contagio.