Tag: Italiani nel mondo

La solidarietà del Sud America per il San Luca di Lucca

27 Aprile 2020 - Lucca – A raccontarci la bella storia di solidarietà che ha coinvolto anche la rete dei Lucchesi nel Mondo presente in Sud America, è Lucas Del Chierico. Non ne è stato lui il promotore, sono stati vari e di vari paesi a rispondere ad un appello che veniva dalla Sede centrale di Lucca. E a quell’appello non hanno certo risposto solo dal Sud America. Ma comunque Lucas è stato uno dei tanti che si è dato fare. Come tutti gli argentini, anche lui dal 19 marzo vive in isolamento in casa, a causa del Covid-19. È sposato con Melina e hanno due figli Lorenzo di 5 anni e Vera di 1 anno. Lui e sua moglie lavorano a settimane alterne, così c’è sempre qualcuno a casa con i figli. Vivono a Rosario (nella provincia di Santa Fe). Lui è produttore e speaker in una radio, lei lavora in una casa famiglia per minorenni maltrattate. “Nella mia città abbiamo 170 soci come associazione Lucchesi nel Mondo, portiamo avanti una scuola di italiano, ora solo online, abbiamo un gruppo storico di sbandieratori che è unico in tutto il continente americano. L’anno scorso abbiamo festeggiato il 50° dell’associazione ed è venuto anche Frediano Moretti dall’Italia”. Lucas, come del resto molti altri, ricorda come negli ultimi anni, venendo meno il sostegno della Regione Toscana alle associazioni dei “Toscani nel Mondo”, di fatto ci sia stato il blocco o la riorganizzazione di molte attività associative. Ma certamente la rete dei lucchesi, in particolare, ha comunque proseguito le attività. E infatti appena visto quello che stava succedendo in Italia ad inizio marzo a causa del Covid19 i presidenti dei “Lucchesi nel Mondo” di Argentina e Uruguay, come anche quelli che si erano impegnati nei “Toscani nel mondo”, hanno scritto alla Regione Toscana e all’Associazione “Lucchesi nel Mondo” dicendo che se ci fosse stato bisogno di qualcosa avrebbero fatto tutto il possibile. Lucas racconta: “Sapendo che questa pandemia sarebbe comunque arrivata anche in Argentina ci siamo messi in contatto per fare quello che si poteva in Toscana e a Lucca”. Dalla Regione Toscana è arrivata poi una richiesta di aiuto per l’ospedale Careggi di Firenze. Dai Lucchesi nel Mondo invece una richiesta di aiuto per l’ospedale San Luca di Lucca. E in entrambi i casi la solidarietà è andata a buon fine. Lucas non ha dubbi: “Nel contattare le persone, siamo andati al cuore dei soci chiedendo anche un aiuto minimo. La situazione economica in Sud America non è buona. In Argentina”, dice, “il 35% della popolazione vive in povertà, qui 1 Euro vale 70 Pesos e lo stipendio minimo di uno che lavora non supera i 20mila Pesos (meno di 300 Euro, ndr). Non potevamo raccogliere cifre grandi, ma abbiamo fatto quello che era nelle nostre possibilità. Sempre sapendo che poi la pandemia sarebbe arrivata anche da noi, e infatti abbiamo già in questi giorni dopo Pasqua superato i cento morti”. Anche grazie alla raccolta di cui Lucas è stato uno dei tanti protagonisti, l’Associazione Lucchesi nel Mondo è riuscita a donare al Reparto di Terapia intensiva del San Luca due monitor multiparametrici. E i contributi raccolti però sono stati così tanti e da ogni angolo del mondo che la presidente Ilaria Del Bianco sta valutando di donare il restante che è stato raccolto ad attività sociali sul territorio, legate sempre all’emergenza della pandemia. La testimonianza semplice di Lucas, ci offre l’opportunità di ringraziare davvero tutti i Lucchesi nel Mondo. (Toscana Oggi)  

Covid19 in Argentina: la testimonianza di Mariel Pitton Straface

21 Aprile 2020 -     Buenos Aires - Mi chiamo Mariel Ángeles Pitton Straface. Sono argentina e abito a Buenos Aires. Sono nipote di quattro migranti italiani di diverse regioni, da parte paterna (sua madre siciliana e suo padre friulano), e da parte materna ambedue calabresi di Corigliano Calabro. In Argentina ci sono, al momento in cui scriviamo, 2839 casi in totale, con 132 morti. Siamo in quarantena, chiusi a casa, dal 19 marzo. Possiamo uscire solo per andare in farmacia e al supermercato per fare un po' di spesa, vicino a casa nostra. Ci fanno entrare poche persone alla volta e distanti uno dall'altro. Tutti dobbiamo usare le mascherine. Per uscire con la macchina è necessario un giustificato permesso. Questa settimana hanno aperto alcune banche, però si può andare con appuntamento. Gli anziani, che hanno più di 70 anni, non possono uscire fuori. Devono chiedere un permesso, se vogliono fare le spese, andare al medico o fare qualche operazione in banca. Ogni settimana ci sono nuove disposizioni, più esigenti con le cure. E siamo attenti perché non sappiamo che cosa può succedere. Tra poco, inizierà l’inverno, e speriamo che questo non influisca. Comunque, stanno creando nuovi spazi per ospitare gli ammalati. Prima guardavamo la situazione da lontano, come avanzava il virus in Cina e Europa, ma dopo abbiamo iniziato a vivere le stesse cose qua. Eravamo informati di quello che succedeva specialmente in Italia, preoccupati per la nostra terra di origine. Conoscere quello che poteva succedere, ci ha fatto capire l’importanza di seguire le regole e rimanere a casa, prima di aver iniziato qua la quarantena. Abbiamo dovuto prenderci cura di noi stessi dal primo momento. Per fortuna, tutti i membri della mia famiglia possono rimanere a casa, e lavorare in smart-working: quindi nessuno deve uscire per lavoro. Siamo cinque persone, cerchiamo di uscire una volta alla settimana, ma anche proviamo di cercare le maniere di fare le spese online, ma i servizi non sempre funzionano. Siamo tutti molto preoccupati, perché non sappiamo che può succedere, stiamo cercando di vivere giorno per giorno senza progettare tanto. Ci stiamo abituando e adattando al a distanza, agli incontri virtuali tra amici e famiglie. Ci sono giorni dove c’è più panico, perché i mezzi di comunicazione mettono tanta paura. È importante informarsi, ma ci sono tantissimi fake news, che producono più incertezza, sofferenza e dolore. Ci sentiamo spesso con la nostra famiglia che abita a Corigliano Calabro tramite WhatsApp anche con videochiamate come abbiamo fatto a Pasqua. Sono stati loro chi ci hanno avvertito della situazione che stavano vivendo all’inizio di tutto. Ci hanno raccomandato di prestare attenzione e cura di noi, specialmente dei nostri genitori, mia nonna e zii. C’è stato un messaggio di mia cugina che mi ha colpito veramente. Lei ha iniziato la conversazione dicendo: “Mariel l'Italia è in ginocchio”. Lei sa quanto grande è la mia passione per il paese delle mie origini, e tutto quello che faccio ogni giorno per mantenerle vive e farle conoscere a Buenos Aires. In quel momento, non c’era preoccupazione qua in Argentina per il coronavirus, ma tutta la nostra famiglia era preoccupata per l’Italia. Noi eravamo informati con le notizie. Ma sentire le parole dei nostri familiari in Italia, ci ha fatto capire le dimensioni del problema. “Siamo chiusi in casa dal 2 marzo, non si può uscire e ci sono molti controlli della polizia. Possiamo uscire di casa solo per andare in farmacia e al supermercato per fare un po' di spesa e fanno entrare una persona alla volta e distanti uno dall'altro di 1 m. Quando esco sono con la mascherina e i guanti. Nel nostro paese ci sono persone positive al virus e per questo il sindaco ha fatto chiudere bar, negozi... Aperti solo farmacia e supermercati alimentari. Speriamo che tutto questo passi il più presto possibile e che tutti noi possiamo incominciare a vivere in libertà e sorridere”, questo ci raccontava nostra cugina.   Mariel Ángeles Pitton Straface

Giovani italiani all’estero: domenica videomessaggi ad un anno dall’incontri di Palermo

17 Aprile 2020 - Roma - Ad un anno esatto dal Seminario di Palermo, che ha riunito 115 ragazzi italiani provenienti da tutto il mondo per una tre giorni di confronto e progettualità, l’elenco delle opportunità nate da questa iniziativa voluta dal Cgie continua a crescere. Associazioni di giovani italiani sono nate ufficialmente in Belgio, Svizzera, in Australia e altre ne nasceranno nei prossimi mesi. La pagina Instagram @giovanitalianinelmondo continua a fare emergere le storie dei tanti giovani italiani che vivono e lavorano all’estero. Dall’ecoprogetto “Piantala!” alle più recenti raccolte di fondi e di competenze che dalla Francia a Bruxelles a New York hanno visto coinvolti i delegati nell’emergenza Covid, la prospettiva di una rete globale di giovani assume oggi un’importanza strategica ancora più essenziale per il nostro Paese. Prova ne è anche l’adesione di svariati delegati alla campagna #standuptogether, ideata da Your Italian Hub di Letizia Airos con Pasquale Diaferia, che li vede al fianco di personalità come John Turturro o Dacia Maraini, per lanciare un messaggio di speranza e di futuro.  Le collaborazioni intavolate con l’Espresso, Radio3, Rai Italia, testimoniano "un’attenzione che finalmente, oltre la retorica, si apre a possibilità concrete". Il collegamento ancora attuale con le Istituzioni siciliane è la prova che eventi come questi, se ben collegati al sistema istituzionale, portano frutti duraturi (come per esempio il protocollo d’intesa tra il CGIE e l’ERSU). E’ con questo spirito dinamico e concreto che “ci apprestiamo a celebrare questo primo anno”, evidenzia una nota. Sulla pagina www.facebook.com/seminario.palermo si susseguiranno videomessaggi dei ragazzi e delle persone che li hanno sostenuti (dal Segretario Generale Michele Schiavone al Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, da Luigi Maria Vignali ai consiglieri della Commissione VII del CGIE, presieduta da Maria Chiara Prodi).   Il gran finale è previsto su questa stessa pagina Facebook domenica alle ore 21, con la diffusione del documentario realizzato da Pierfrancesco Lidonni e Danny Biancardi durante quei tre giorni che hanno dato la parola sia alla nuova emigrazione, sia a esponenti delle seconde, terze e quarte generazioni.   Punto di forza del Seminario, infatti, è stato saldare le comunità dell’emigrazione tradizionale con la nuova emigrazione, rinnovando il ruolo delle rappresentanze istituzionali che, soprattutto in questi frangenti di emergenza, hanno potuto così intercettare le opportunità (di competenze, di capacità, economiche) realmente in campo.   A fronte del rinvio della Conferenza Stato Regioni Province Autonome CGIE e delle elezioni dei Comites e del CGIE, eventi nei quali la rete si era già impegnata attivamente, un questionario approfondito è stato lanciato per affrontare insieme nuovi obiettivi per gli anni a venire, a partire da una piattaforma che possa essere punto di riferimento per le informazioni ufficiali e per gli spunti utili per chi vuole restare legato al nostro paese mettendo a frutto anche le nuove radici nel paese di residenza.   La prospettiva dei delegati, ma chiaramente anche di chi li accompagna in questo percorso, è quella di “non lasciare cadere la preziosa eredità dell’emigrazione storica, ma di interpretare la missione di impegno e di servizio della nuova generazione: sappiamo che ce ne sarà bisogno per lo sviluppo culturale, economico e sociale del nostro Paese e del suo protagonismo nel mondo. E rispondiamo ‘presente’”.   Il cammino della rete dei giovani, che dall’aprile del 2019 si ritrova almeno una volta al mese per videoconferenza, proseguirà quindi con coraggio, facendo fronte a tutti gli imprevisti che la Storia ci sta mettendo di fronte, con l’energia, l’entusiasmo e la nuova idea di Italia che le nuove generazioni portano in dote.

Coronavirus in Francia: una testimonianza da Parigi

12 Aprile 2020 - Parigi - Mi chiamo Mario, ho 36 anni, tarantino di origine e parigino di adozione da 9 anni. Ho conosciuto per caso la Missione Cattolica Italiana di Parigi dieci giorni dopo il mio arrivo in Francia ed è stato in quel momento che questa città, inizialmente ostile, ha smesso di farmi paura. Bellissima coincidenza, quel giorno Parigi si era vestita di un bel sole! Da allora partecipo, più o meno assiduamente, alle attività della comunità italiana. Qualcuno ha battezzato la Missione Cattolica Italiana di Parigi “la mia casa lontano da casa” e io non posso che essere d’accordo: le messe domenicali, le attività infrasettimanali, i rapporti umani che mi è stato permesso costruire con le persone che ho conosciuto in Missione rendono più dolce e più sopportabile la distanza dalla mia famiglia rimasta in Italia; tutto questo, beninteso, insieme alla grande fortuna di vivere la mia fede nella mia lingua e con tante persone in una grande comunione di intenti. Questa mia esperienza, pur personale, è condivisa da molti altri parrocchiani, ma personalmente, l’arrivo del Coronavirus l’ho vissuto con qualche timore, riguardo alla continuità delle attività. Le misure previste per arginare i rischi legati al Covid-19 hanno avuto un impatto, seppur soltanto organizzativo e logistico, sulle iniziative promosse dalla MCI: fortunatamente, i padri e gli animatori sono ricorsi alla tecnologia, cosicché ogni domenica mattina e per ben due venerdì abbiamo potuto partecipare alle messe settimanali, a un incontro di preghiera comunitaria e alla Via Crucis, tutti trasmessi in streaming sulla pagina Facebook o sul sito ufficiale della MCI. Quest’ultima ha potuto comunque svolgersi secondo le modalità previste: ognuno di noi ha potuto proporre un pensiero, una preghiera, una riflessione per ciascuna stazione, che sono stati poi letti dai sacerdoti nella loro abitazione, dove si è svolta la funzione. Per ovviare alla staticità forzata, sono stati proiettati dei dipinti ad acquerello, ognuno dei quali ritraeva o evocava una tappa della Via Crucis. Per aiutare la meditazione durante queste celebrazioni, molti fedeli hanno condiviso sussidi e libri di preghiere. Nonostante il carattere insolito di questa nuova organizzazione, il grande vantaggio che presenta risiede nel fatto che ognuno di noi può assistere alle celebrazioni da casa, aggirando le difficoltà di spostamento tipiche di una metropoli. Data l’impossibilità di avere dei rami d’ulivo quest’anno, abbiamo potuto, grazie ad un tutorial, fabbricare dei rami fatti in casa, che sono stati benedetti poi durante la messa delle Palme. Inoltre, da qualche anno, la comunità italiana partecipa all’iniziativa “Hiver Solidaire”, con la quale la parrocchia di Saint Bernard La Chapelle, anch’essa animata dai missionari di San Carlo, offre posti-letto, pasti caldi oltre che una sistemazione duratura, ad un gruppo di 7/8 immigrati ogni anno. Nell’ambito di questa proposta, i volontari preparano ogni sera la cena e trascorrono del tempo con gli ospiti di questo rifugio. A causa della quarantena, tuttavia, non essendo più possibile andare a Saint Bernard, i volontari e chiunque lo desideri, possono dare il loro contributo comprando generi alimentari da consegnare poi agli organizzatori di Hiver Solidaire. Anche i catechisti si sono mobilitati per dare continuità agli incontri, ritrovando via streaming i bambini e i ragazzi una volta alla settimana. Tuttavia, nonostante le difficoltà e la relativa, effimera tristezza che comporta, questa situazione singolare, insieme alle soluzioni trovate con tempestività ed entusiasmo, riassume con grande efficacia un pensiero destinato ai fedeli della parrocchia italiana: “non c’è nessun fedele in chiesa, ma c’è Chiesa in ogni fedele” e “la Chiesa è una madre combattiva e il suo Sposo agisce nei suoi figli dall’interno”.

Mario Stasi

Mci Bienne: attività di vicinanza ai fedeli della comunità italiana

11 Aprile 2020 - Bienne - A seguito delle direttive delle autorità politiche e religiose locali, finalizzate a ridurre al minimo i rischi di contagio COVID-19, l'accesso agli uffici e alla Cappella della Missione Cattolica Italiana di Bienne e i contatti fisici diretti sono stati assolutamente bloccati o limitati all'essenziale. La nostra Missione Cattolica di Lingua Italiana, per venire incontro alle esigenze di fede della locale comunità italofona in questo particolare e difficile periodo, ha messo in atto le seguenti attività pastorali complementari: invio regolare di materiali e idee come stimolo per la catechesi e la formazione a distanza alle famiglie dei bambini/e-ragazzi/e e ai giovanissimi; creazione e attivazione di un Gruppo Facebook denominato "BIENNESOLIDALE" "un Gruppo di servizio della Missione Cattolica di Lingua Italiana di Biel/Bienne. Perché la solidarietà diventi reale servizio gratuito a chi ha bisogno di ascolto, consigli, acquisti di alimentari di prima necessità e medicine, necessità di accompagnamento e trasporto". Le richieste sono giornaliere e ad oggi siamo riusciti a dare risposta a tutte le richieste pervenute, grazie alla sensibilità e alla disponibilità di diversi volontari; la creazione e l'attivazione di un canale YouTube dedicato “https://www.youtube.com/watch?v=KDCGH7Cnju4 ", per permettere ai fedeli interessati di seguire dal vivo o in differita le celebrazioni dei periodi prepasquale, pasquale e postpasquale. I video vengono successivamente rigirati anche attraverso altri canali social. La fruizione del servizio è in crescita. Di tutte queste offerte è stata data comunicazione scritta via posta o nei rispettivi gruppi di discussione in rete ad ogni famiglia e/o membro della comunità. Altre iniziative sono allo studio, in funzione delle situazioni che si presenteranno. (Francesco Margarone - animatore pastorale della Missione Cattolica di Lingua Italiana di Bienne).

Covid-19, una riflessione dalla Germania

11 Aprile 2020 -

Colonia - Qualche giorno fa ci siamo, più o meno, tutti commossi davanti alla prima pagina del quotidiano tedesco Bildche a caratteri cubitali sciveva: "Siamo con voi", riferendosi all‘Italia e agli italiani. Una settimana dopo, die Welt, giornale che appartiene allo stesso gruppo editoriale della Bild (Axel-Springer-Verlag) scrive: „Signora Merkel, rimanga ferma sulle sue decisioni. In Italia, la mafia aspetta solo una nuova pioggia di soldi da Bruxelles “. Un titolo che evidenzia da una parte i consolidati pregiudizi nei confronti dell‘Italia, dall‘altra, senza filtri di sorta, i mali storici del nostro Paese.

Non tutti in Germania la pensano così: a venirci incontro è, al contrario, un‘articolo pubblicato sull‘autorevole settimanale der Spiegel, dal titolo: "Il rifiuto tedesco degli Eurobonds è non solidale, gretto e vigliacco". Insomma, la convinzione che saranno solo i contribuenti tedeschi a dover sborsare per mettere una toppa alla crisi finanziaria italiana, dovuta esclusivamente agli sperperi e all‘incapacità gestionale dei conti pubblici, non è univoca. Non voglio però qui lanciarmi in analisi politiche, o metapolitche, sulla posizione del Governo tedesco davanti alle richieste di aiuti, o meglio sarebbe dire di sostegni finanziari, che l‘Italia e altri Paesi invocano. Lascio questo compito a chi è più competente di me.

Vorrei solo avanzare una personale riflessione su come l‘emergenza sanitaria, e tutte le sue conseguenze, vengano vissute in Germania. L‘impatto quotidiano sulla vita e sui comportamenti delle persone è molto attenuato. Partendo dalle limitazioni di movimento e di spostamento che sono, per legge, blande. E infatti non sono in molti coloro che hanno preso davvero alla lettera il motto "io resto a casa“. Almeno a Düsseldorf, città dove vivo; sensazione che credo si possa però estendere al resto della Germania (tranne alcune eccezioni). Si continua ad uscire per strada, ad andare nei parchi, i fidanzati vanno a trovare le fidanzate, i bambini giocano insieme, ci si invita per fare una grigliata… Il numero straordinariamente e fortunatamente basso di decessi, un sistema sanitario meglio strutturato e una gestione dell‘informazione in modalità "antipanico“, hanno determinato, a mio giudizio, una percezione della tragicità della pandemia in forma più leggera. Quasi come se questa terribile situazione riguardasse solo più gli altri paesi che non la Germania. Fattore ancora più determinante, in grado di spiegare ciò che io valuto come un minore coinvolgimento emotivo, quello dell‘aspetto economico. Il Governo tedesco ha messo in piedi, rapidamente, una serie di pacchetti di aiuto alle imprese e ai singoli, con effetti immediati. Velocità nell‘accedere ad ammortizzatori sociali come la cassa integrazione, o contributi a fondo perduto per i liberi professionisti e per i lavoratori autonomi. A fine marzo, sul conto corrente di chi ne aveva fatto richiesta, i soldi erano già arrivati. Non solo: la possibilità di ricorrere, senza grandi ostacoli burocratici, al Wohngeld (soldi per la casa), rivolta a tutti coloro che hanno difficoltà a pagare l‘affitto a fine mese. Uno dei tanti sostegni economici previsti da anni in Germania, tramite il quale la città di residenza si prende in carico l‘affitto del cittadino, o una parte di esso, in caso di difficoltà economiche. Ed è partendo da queste premesse che mi sento di dire che il Covid-19 non è uguale per tutti. Perché quando i lettori della Bild, o della Welt, che si misurano con il proprio vissuto e si confrontano solo con le proprie esperienze ai tempi del virus, faticano a capire cosa  stia davvero succedendo in Italia. Lo strazio delle bare portate via da camionette militari, la solitudine davanti alla morte, la reclusione tra le mura domestiche e i soldi che a fine mese non ci sono e che nessuno ti dà, o quelli stanziati dal Governo che ancora devono arrivare. E allora anche le richieste di sostegni finanziari, probabilmente, si capiscono più difficilmente.

Luciana Mella - Giornalista

Mci Parigi: la lettera del missionario alla comunità italiana

10 Aprile 2020 -
Parigi - "Siamo nel pieno della Settimana Santa, nel mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo, luogo in cui nasce e cresce la nostra fede. Date le dolorose e tragiche circostanze create dal coronavirus, vivremo questa settimana senza la presenza fisica del popolo di Dio alle celebrazioni del Triduo pasquale. Un fatto che ricorderemo senz’altro per tanti anni". Lo ricorda in una lettera il responsabile della Missione Cattolica Italiana di Parigi, p. Barly Kweme. Il sacerdote, da prete novello, non nasconde la "tristezza nel pensare che la Cappella della Sainte Famille a rue de Montreuil e la Chiesa di Saint Pierre de Chaillot non apriranno le porte. Non avrò nessuno da confessare, nessuno del coro con cui decidere i canti. Ma com’è possibile? Mi consolo comunque nel sapere che, se anche non ci sarà nessun fedele in chiesa, c’è Chiesa in ogni fedele. Non ci saranno confessioni, ma ci saranno contrizioni che faranno cantare le anime al ritmo della misericordia, di cui il mondo intero ha tanto bisogno in questo momento. Non ci sarà catechismo, ma genitori che insegnano ai figli a essere cristiani. Mi consolo pure - aggiunge - nel vedere, oltre alla vostra partecipazione alle celebrazioni trasmesse in streaming, l’impegno nella condivisione di preghiere, riflessioni, sussidi e la creatività di cui date prova attraverso internet. Mi entusiasmo nel vedere e sentire così forte la vicinanza dei miei confratelli religiosi scalabriniani, che in questo momento si mettono tutti al servizio per le celebrazioni della Missione Cattolica Italiana di Parigi. Questo mi consola e mi ricorda che la Chiesa è una madre combattiva e il suo amatissimo Sposo, Lui, il pedagogo interiore, lavora dal di dentro nei suoi figli". Dopo una riflessione sul Triduo pasquale, iniziato ieri, il religioso sottolinea che la Pasqua "ci invita ad attingere alla saggezza degli anziani e della nostra esperienza personale per scoprire che dopo ogni venerdì santo della nostra vita c’è sempre una pasqua, perché Dio non ci mette mai alla prova al di là delle nostre forze. Lui sa di cosa e di quanto siamo capaci. Il venerdì della nostra vita ci dà la capacità della resilienza, perché dopo la pasqua possiamo valorizzare il calore della famiglia, l’affetto intimo che si respira o si dovrebbe respirare in ogni casa, l’importanza delle relazioni". Da qui l'augurio che la Santa Pasqua possa "portarci un nuovo calore interiore, anche perché si dice che questo virus tema il calore allo stesso modo in cui il male spirituale teme il fervore spirituale". Il missionario invita a unirsi alle celebrazioni di Papa Francesco:  la missione non trasmetterà i riti del Triduo Pasquale " ma ci ritroveremo per la domenica di Pasqua tramite la pagina Facebook e il sito della missione", conclude.

R.I.

Mci Losanna: iniziative per la Pasqua al tempo del coronavirus

10 Aprile 2020 - Losanna - Gli uffici della Missione Cattolica Italiana di Losanna sono stati chiusi al pubblico come tante altre Mci in Europa. Ma il missionario ed i collaboratori sono a fianco dei fedeli rispondendo al telefono e alle mail e con tutti coloro che hanno bisogno di interloquire con la Missione . In un supplemento del periodico “Messaggero”, si trovano tutte le informazioni per seguire le Messe, la preghiera da casa e alcuni riflessioni per questo tempo. La Missione ed i catechisti - informa il missionario don Gian Paolo Turati – sono in costante collegamento con ragazzi e i giovani. Il gruppo giovanile ha continuato le sue attività in videoconferenza. Alcuni volontari della Missione si sono proposti circa l’iniziativa diocesana di un telefono amico per rispondere ai bisogni delle persone in questo momento (solitudine, depressione, richiesta di preghiere, richiesta d’aiuto materiale ad es. circa la spesa).

Vignali: difendiamo gli emigrati dalla crisi

10 Aprile 2020 -   Roma - Assistenza agli italiani bloccati all’estero che hanno urgenza di rientrare e sostegno a chi da tempo vive fuori dai confini nazionali ma che si trova ora in difficoltà. La tutela dei nostri connazionali sparsi per il mondo è da sempre al centro dell’azione del ministero degli Affari esteri, ma ora - causa emergenza Coronavirus - l’attenzione è ancora più alta. “Tutta la rete consolare italiana è fortemente impegnata, in questo momento, nelle operazioni di assistenza agli italiani che hanno necessità e urgenza di tornare in Italia”, afferma a 9colonne Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli Italiani all’estero della Farnesina. Una rete consolare che “dà informazioni e coordina, in seno al ministero, gli imbarchi e la preparazione dei voli, si occupa di fornire ogni indicazione utile ai tanti connazionali”, prosegue Vignali ricordando che “ai 6 milioni di iscritti negli schedari consolari si aggiungono decine di migliaia di studenti, lavoratori temporanei, turisti, che hanno bisogno di assistenza”. Questo comporta un impegno importante di tutta la rete del ministero degli Esteri, “aperta costantemente alle richieste degli italiani nel mondo: le segue e, anche se non immediatamente, riesce a risolverle tutte”. Per poter rientrare in Italia “la condizione fondamentale è quella di uno stato di necessità e di urgenza legato in particolare a motivi di lavoro o di salute - spiega il direttore generale per gli Italiani all’estero -. Situazioni che hanno bisogno di un’autocertificazione da parte dell’interessato e che devono essere particolarmente stringenti. Ci devono essere condizioni legate, ad esempio, alla perdita del lavoro, quindi alla mancanza di mezzi di sussistenza all’estero, o motivi di salute non legate all’epidemia e che richiedono cure mediche in Italia”. Vignali ricorda poi che “chi torna deve stare in isolamento, avvertendo le autorità sanitarie, per almeno due settimane, anche se non ha nessun sintomo e se non ha avuto nessun ‘rapporto’ con il virus”. Ad aiutare la direzione generale in questa attività di sostegno e assistenza, c’è la rappresentanza italiana all’estero, una rete preziosa attiva sui territori. “Continuiamo a tenerci strettamente in contatto con l’associazionismo italiano nel mondo, in particolare con i Comites - sottolinea Vignali - che possono avere un ruolo di raccordo con gli italiani, possono aiutarci a veicolare le iniziative di sostegno alla Protezione civile italiana, agli ospedali e agli enti di ricerca come il Sacco di Milano o lo Spallanzani di Roma, e possono anche fornire assistenza ai nostri connazionali”. In questo senso la direzione generale per gli Italiani all’estero della Farnesina è pronta “a sostenere i Comites, anche finanziariamente, laddove ci fossero iniziative di assistenza che ci vogliono proporre”. L’attività del ministero degli Esteri, in questo particolare momento di crisi, si sviluppa su due linee principali: “L’assistenza agli italiani, in particolare a chi è temporaneamente all’estero e che chiede di tornare, e il reperimento, attraverso la sua rete diplomatico-consolare, di dispositivi sanitari, come ventilatori e mascherine”, continua Vignali. E mentre l’Unità di crisi “si occupa soprattutto dei rimpatri”, la direzione generale per gli Italiani all’estero “segue più da vicino la situazione dei connazionali che rimangono all’estero e che hanno bisogno di servizi da parte della rete consolare, che devono continuare a essere forniti, di assistenza e di emergenza, in particolare per gli indigenti e per chi ha perso il lavoro”. “Servizi di prossimità che la rete diplomatica continua a dare e per i quali la nostra direzione generale svolge una funzione importante di coordinamento”, continua Vignali. Dalle nostre comunità nel mondo continuano ad arrivare iniziative di solidarietà rivolte all’Italia, a testimonianza di quel filo che da sempre lega gli emigrati italiani al loro Paese d’origine. “I nostri connazionali all’estero non hanno mai fatto mancare, in nessun momento, il sostegno all’Italia, lo stanno facendo anche ora con iniziative di solidarietà - sottolinea Vignali”. Da un lato, quindi, “la solidarietà degli italiani all’estero verso il nostro Paese” e dall’altro “l'attività del ministero degli Esteri per gli italiani in difficoltà”. Ma non c’è solo la solidarietà a far sentire l’Italia orgogliosa delle sue comunità nel mondo: “Ci sono tanti italiani nel mondo che ricoprono ruoli a livello politico, amministrativo, economico e del mondo accademico: in questo momento sono al centro della ricerca per sconfiggere il virus e questo è un ulteriore motivo di orgoglio per il ntro Paese”, conclude Vignali. (Sab - 9colonne)  

Lucchesi nel mondo: anche a Mosca decretato il “lockdown”

10 Aprile 2020 - Mosca - Chi vive a Mosca spesso riceve messaggi di allerta sul suo telefono cellulare. Informano sulle condizioni metereologiche. Lunedì 30 marzo, all’una di notte, l’Ufficio Centrale di Meteorologia comunicava che dalle 6:00 “erano attese pioggia, nevischio, neve, raffiche di vento, tempesta di neve, diminuzione della temperatura...”. Dieci gradi in meno non sono pochi, ma poche ore prima c’era stato un annuncio assai più importante, storico: il sindaco di Mosca, Sergey Sobianin, decretava il “lockdown” della città. Durante la settimana precedente i cittadini della Federazione Russa, salvo quelli impegnati in servizi essenziali, erano stati messi in “vacanza retribuita”, come misura per contenere l’epidemia di Covid19. Poco dopo la metà di marzo il numero dei contagi, soprattutto a Mosca, aveva infatti preso una diversa piega: decine di nuovi casi al giorno, non più poche unità. Mentre scrivo sono stati superati i 4700 contagiati. L’annuncio del sindaco Sobianin, rafforzato dal repentino cambio metereologico, deve aver colto i moscoviti domenica sera, mentre preparavano il ritorno dalle dacie. Le case di campagna, versione russa, dove immagino molti abbiano passato la settimana di vacanza. Per quello che riguarda me, e la mia compagna, l’isolamento, volontario, era iniziato però un mese prima: pochi giorni dopo il ritorno dall’Italia. Partimmo da Mosca intorno al 20 febbraio, per un viaggio che, per ragioni di famiglia, non era posticipabile. All’arrivo a Fiumicino ci accolsero col controllo della temperatura, ma salvo questo dettaglio, lo scenario italiano, e l’atmosfera, erano ancora lontani dalla gravissima situazione attuale. In quei giorni in Italia, tra amici e parenti, ero la persona più in allerta, invitavo tutti alla massima precauzione. Avevo letto degli articoli che ricordavano le dinamiche della crescita esponenziale delle epidemie, che collegai a un aneddoto raccontatomi dai miei genitori quando ero bambino: un solo chicco di riso raddoppiato per ognuna della 64 caselle di una scacchiera, supera la quantità di riso raccolto in tutto il mondo per molti anni. Inoltre, a Mosca, insegno in due Università, Hse e Rudn nella seconda vi sono studenti da più di 150 paesi del mondo. Già il 30 gennaio Rudn aveva stabilito per tutti gli studenti in arrivo dalla Cina un isolamento di 14 giorni. Non stavo tenendo lezioni, non ero stato toccato concretamente, ma l’epidemia si era fatta sentire, entrando nella mia sfera lavorativa. Nei pochi giorni trascorsi tra Lucca e Roma, il virus aveva preso molto terreno nel Nord e cominciavano ad esserci vari casi anche in Toscana e nel Lazio. Il volo di ritorno a Mosca lo abbiamo fatto indossando mascherine chirurgiche. All’aeroporto ci aspettavamo controlli, invece niente. Roma, evidentemente, ancora non preoccupava. Altri passeggeri, in arrivo da Milano, sono stati accolti da tute bianche e mascherine protettive: controlli e raccolta di informazioni. Partiti da Mosca in una situazione in cui il problema erano gli arrivi dalla Cina, vi siamo ritornati quando l’Europa stava diventando il focolaio principale. I numeri degli infetti e dei decessi in Italia, in particolare, crescevano seguendo una inesorabile curva esponenziale. Abbiamo deciso di chiuderci in casa, salvo lavoro e spese essenziali. E questo non perché fosse richiesto o perché avessimo alcun sintomo. Per prudenza. Inoltre, il nostro stato d’animo si era ormai sintonizzato sulla situazione italiana: numeri, storie, conferenze stampa sul cellulare, scelte tardive, frustrazione, dibattiti e proposte su Twitter. E soprattutto contatti con le famiglie. Come con mia nonna, nata nel 1932, che in una video-chiamata da Verrucolette in Garfagnana, mi ha detto: “È peggio della guerra, perché dalla guerra ti puoi "rimpiattare", da questo no». Dove non arriva la consapevolezza matematica della crescita esponenziale, arriva il buon senso. Spero che saranno applicati entrambi nelle prossime decisioni qui a Mosca, in Italia, in Toscana, a Lucca. (Leonardo Romei - Toscana Oggi – In Cammino – Lucca)