Tag: Italiani nel mondo

GMMR: un convegno su “Emigrazione di ieri, immigrazione di oggi”

18 Settembre 2020 -  

GMMR: “Migranti. Quando a partire eravamo noi” apre il calendario delle Giornata a Torino

4 Settembre 2020 - Torino - Gli eventi per la prossima Giornata  Mondiale del Migrante e del Rifugiato sono cominciati! Lunedì 31 agosto lo spettacolo-concerto “Migranti. Quando a partire eravamo noi” ha dato avvio al calendario di iniziative per celebrare la 106° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebrerà il prossimo 27 settembre. Cinque artisti del Teatro Regio di Torino – Cristiana Cordero, Daniela Valdenassi, Giancarlo Fabbri, Davide Motta Fré e Giulio Laguzzi -, "ci hanno guidati in un viaggio nel tempo e nello spazio, nella storia della musica e del popolo italiano. Per la verità, un viaggio che è soprattutto nell’animo umano: attraverso gli occhi e le orecchie dei circa 30 milioni di italiani emigrati all’estero, infatti, rivivendone le speranze, le delusioni, le sofferenze, le angosce, le ingiustizie subite, le fatiche e il desiderio di una vita migliore, ci hanno fatto riscoprire i sentimenti di tutti i migranti, di ogni tempo, nazione e condizione sociale", spiega l'Ufficio Migrantes di Torino. Si è trattato di uno spettacolo intelligente – come lo ha definito uno spettatore – perché capace di fare vera cultura e di alta qualità, accessibile e fruibile a tutti con semplicità e leggerezza. Ha saputo infatti parlare del tema delle migrazioni in modo molto efficace e coinvolgente, con serietà e ironia, intercettando una cultura popolare diffusa, risvegliando ricordi diretti o di racconti ascoltati, perché l’emigrazione è storia di ogni famiglia. Gli italiani non hanno mai smesso di partire. Anche oggi, secondo i dati più recenti; tanto che il numero degli italiani all’estero e quello degli stranieri residenti in Italia si assestano entrambi intorno ai 5,3 milioni. Un’esperienza collettiva di tale portata, che ha segnato così profondamente l’identità del popolo italiano, non poteva che produrre una ricchissima eredità in ambito di espressioni artistiche, e specialmente musicali: i canti dell’emigrazione italiana, di origine popolare o scritte da autori più o meno famosi, sono in grado ancora oggi di riproporcene il vissuto, comunicando sentimenti, nostalgie e aspirazioni. Ogni brano musicale è stato introdotto da una breve presentazione che lo ha contestualizzato, a volte suscitando un po’ di sorpresa nel pubblico, invitato a ricomprenderlo sotto un’altra luce. "È stato uno spettacolo estremamente emozionante: portandoci indietro di 150 anni agli anni della cosiddetta Grande Emigrazione degli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia, transitando per gli spostamenti connessi alle guerre e le colonizzazioni, passando per la ripresa dell’emigrazione nel secondo dopoguerra e le migrazioni interne degli anni 50-70, fino ai giorni nostri, le voci degli artisti ci hanno condotto sulle banchine delle stazioni e dei porti, sui bastimenti transatlantici, nelle città della Svizzera, tra le vie di New York e Buenos Aires, nelle miniere di carbone di Marcinelle, tra gli alloggi torinesi che non si affittavano ai meridionali, tra le onde del mediterraneo e le sponde agognate dell’Europa".  La parabola percorsa nello spettacolo la si ritrova nell’evoluzione storica della stessa iniziativa della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che, istituita da Pio X nel 1914 come Giornata Nazionale dell’Emigrante, raggiunge quest’anno la sua 106ª edizione. A riflettere il mutare dei flussi migratori che lo spettacolo ha ripercorso è anche la stessa Fondazione Migrantes che ebbe come primo nucleo il Pontificio Collegio per l’Emigrazione Italiana, sorto proprio in concomitanza con la Giornata.  L’opportunità di ricordare “quando a partire eravamo noi” ci chiede di "prendere posizione rispetto al presente e propone cammini per orientare la propria comprensione e le proprie relazioni con coloro che partono oggi e da altri paesi giungono nelle nostre città".

IC Toronto: in mostra giovani protagonisti design italiano

3 Settembre 2020 -
Toronto - Il rapporto tra il manufatto e il naturale è l'oggetto di una mostra, voluta dall'Istituto Italiano di Cultura Toronto, che vuole presentare il lavoro di due giovani protagonisti del design italiano più innovativo in rapporto con la cultura e l'identità canadese. La mostra Majesty. L'illusione tra Italia e Canada affronta dal punto di vista italiano un tema prettamente canadese come il rapporto con la natura selvaggia e con gli spazi poco antropizzati, presentando il lavoro di Chiara Andreatti e Francesco Faccin, due designer che nel proprio lavoro hanno rivolto una particolare attenzione all'uso di materiali e soluzioni sostenibili.
L'esposizione che doveva essere inaugurata negli spazi dell'Istituto Italiano di Cultura a Toronto, a causa dell'arrivo della pandemia è stata trasformata in una mostra digitale che fino alla fine di gennaio si potrà ammirare cliccando qui.

Mci Olanda: domenica la ripresa delle Le Sante Messe in lingua italiana riprendono Domenica 6 settembre.

1 Settembre 2020 - Amsterdam - Dopo il periodo delle vacanze estive riprendono, in Olanda, le celebrazioni eucaristiche  comunitarie in lingua italiana. Domenica, alle 13,00, a presiedere la celebrazione sarà il  vescovo di Rotterdam mons. Van den Hende, nella Chiesa di Leiden. Le domeniche successive (13, 20 e 27 settembre e 4 ottobre) la S. Messa a Leiden sarà spostata alle ore 17.00. Anche per le altre comunità della Missione Cattolica Italiana adAmsterdam (nella cappella della Onze Lieve Vrouweker) e Den Haag, "stiamo lavorando per riprendere presto le S. Messe in italiano e tutte le altre attività", spiegano i responsabili.

Italiani nel Mondo: suono delle campane per ricordare le vittime di Mattmark

30 Agosto 2020 - Roma – Oggi pomeriggio, alle 17.15, in diversi comuni italiani suoneranno le campane a ricordo dei propri cittadini morti 55 anni fa. Sono le vittime della tragedia di Mattmark , in Svizzera mentre costruivano una delle infrastrutture più importanti d’Europa, la diga di Mattmark. Era lunedì il 30 agosto del 1965. Alle 17,15 50 metri di ghiaccio, ghiaia e sassi travolsero, in meno di 3 secondi, 88 tra operai, tecnici ed ingegneri degli oltre 700 impegnati in quel momento nella costruzione della diga. Degli 88 morti la maggioranza erano italiani: ben 56. Come a Monongah nel 1907, a Dawson nel 1913 e nel 1923 o a Marcinelle nel 1956 – dove “la rincorsa a produrre energia aveva causato altrettante catastrofi del fordismo” – il prezzo più. Alto fu pagato dall’Italia”, come ricorda lo storico Toni Ricciardi nel suo saggio pubblicato in occasione del 50mo della tragedia nel “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes. Insieme agli italiani perirono, infatti, 4 spagnoli, 2 tedeschi, 2 austriaci, un apolide e 23 svizzeri. La provincia di Belluno fu quella più colpita con 17 vittime, insieme al Comune di San Giovanni in Fiore (Cosenza), che perse 7 uomini. Complessivamente, delle 56 vittime italiane 17 erano veneti, 8 calabresi, 4 abruzzesi, 5 trentini, 3 campani, 3 emiliani, 3 friulani, 3 pugliesi, 3 sardi, 3 siciliani, 2 piemontesi, 1 molisano e 1 toscano. In tutti i comuni d'Italia che ebbero dei caduti a Mattmark, suoneranno per un minuto le campane. A promuovere l’iniziativa è stata l’Associazione “Bellunesi nel Mondo”. Sono trascorsi cinquantacinque anni da quel dramma, in periodo delle costruzioni di grandi opere pubbliche. La diga di Mattmark sarebbe stata la più grande costruzione di un bacino per produrre energia elettrica e fornire corrente a numerosi comuni svizzeri. Quindi avrebbe contribuito a generare ricchezza, sviluppo, progresso e civilizzazione, ricorda oggi il segretario del Consiglio Generale degli Italiani all’estero, Michele Schiavone evidenziando che quelle opere “sono il lascito di una generazione di uomini e donne che sapevano di contribuire al futuro e allo sviluppo sociale ed economico di interi territori, società e famiglie. La gratitudine non verrà meno, neanche a distanza di anni, verso coloro che con grandi sacrifici hanno creato le condizioni per modernizzare e rendere meno duri i tempi della vita”. L’8 agosto scorso si è celebrata la Giornata del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo, in occasione della tragedia del 1956 a Marcinelle dove persero la via, in una miniera, 136 italiani.

Raffaele Iaria

Italiani nel mondo: domenica 55° anniversario della tragedia di Mattmark

28 Agosto 2020 - Belluno - Domenica 30 agosto 2020 saranno trascorsi cinquantacinque anni esatti dal disastro di Mattmark. Una tragedia sul lavoro che colpì pesantemente la provincia di Belluno, all’epoca segnata da un’emigrazione di massa che ogni anno portava centinaia di bellunesi all’estero in cerca di un futuro migliore. Ed è proprio nell’ambito dell’emigrazione, di un fenomeno già scosso da numerose catastrofi che negli anni precedenti avevano spento l’esistenza di decine e decine di uomini e donne partiti dall’Italia, che si consuma questa sciagura. Siamo in Svizzera, nel Canton Vallese, a circa 2.200 metri di quota in una località chiamata Mattmark. È il 1965. Centinaia di operai, soprattutto stranieri, sono impegnati a costruire la diga in terra battuta più grande d’Europa. Un’opera monumentale, modellata da faticosi turni di lavoro che vedono tra i protagonisti anche molti bellunesi giunti da tutta la provincia. Nulla farebbe presagire il disastro, se non un dettaglio: una parte delle officine e degli alloggi dei lavoratori è posizionata sotto la lingua di un immenso ghiacciaio, l’Allalin. E proprio il 30 agosto, alle 17.15 l’Allalin si mette in moto. Un blocco di circa due milioni di metri cubi di materiale si stacca e comincia una letale discesa che travolge tutto ciò che incontra sulla propria strada, compresi uomini e donne. Le vittime sono ottantotto, di cui cinquantasei italiane.. In occasione dell’anniversario della tragedia, la Famiglia Ex emigranti “Monte Pizzocco”, con il patrocinio dell’Associazione Bellunesi nel Mondo e dei Comuni di Sedico, Santa Giustina, Cesiomaggiore, Sospirolo e San Gregorio nelle Alpi, organizza un momento di ricordo per commemorare le vittime e i loro familiari. L’evento si terrà domenica 30 agosto 2020 alle ore 10.00 presso il parco “Vittime di Mattmark”, in via Dino Buzzati a Mas di Sedico. Il programma prevede: alle 10.00 il ritrovo presso il parco, alla presenza dei gonfaloni dei Comuni di Sedico e Sospirolo e dei gagliardetti delle Famiglie Ex emigranti dell’Abm e degli Alpini; l’ intervento delle autorità; il ricordo delle vittime con la benedizione e la deposizione della corona d’alloro al monumento dedicato ai caduti sul lavoro e in emigrazione. Oltre all’evento di Mas di Sedico, su iniziativa dell’Abm domenica 30 agosto alle 17.15 (ora della tragedia) in tutti i comuni d’Italia che ebbero dei caduti a Mattmark suoneranno per un minuto le campane.  

Vittorio Veneto: i funerali di don Lucio Dalla Fontana

28 Agosto 2020 - Vittorio Veneto - Sabato 22 agosto 2020, all’ospedale di Frascati, è mancato don Lucio Dalla Fontana, presbitero della diocesi di Vittorio Veneto. Aveva sessant’anni e da un anno prestava servizio a Grottaferrata presso l’Opera di Maria del Movimento dei Focolari, dopo essere stato per dieci anni parroco di San Polo e Rai nel Trevigiano. Da qualche tempo soffriva di una grave forma di diabete. Don Lucio aveva vissuto per otto anni in Germania, a Francoforte e a Bad Homburg, assistendo pastoralmente gli italiani emigrati in quel paese, ai quali era rimasto profondamente legato anche dopo il suo rientro in Italia.  Quell’esperienza aveva lasciato in lui il desiderio di continuare ad operare per favorire l’unione e la fraternità all’interno della comunità cristiana. Era stato anche insegnante di Ecclesiologia nella Scuola di formazione teologica di Vittorio Veneto. I suoi funerali si sono svolti nella chiesa di San Polo mercoledì 26 agosto e sono stati presieduti dal vescovo di Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo, che nell’omelia ha ricordato come l’esperienza spirituale di don Lucio sia stata contrassegnata da una particolare sottolineatura dell’amore di Dio come centro del Vangelo di Gesù. Questo amore infinito deve essere per ognuno di noi un modello nel relazionarci con il nostro prossimo, e questo, secondo mons. Pizziolo, era particolarmente visibile nell’impegno di don Lucio nella “ricerca della comunione, dell’unità e della concordia”, anche correndo il rischio di sottovalutare le situazioni di tensione e di conflitto nello sforzo di raggiungere l’unica possibile armonia.

M.D.T.

Papa Luciani e le migrazioni

26 Agosto 2020 - Roma – “Dio vi perdoni per quello che avete fatto” dice ai cardinali usciti dal Conclave, uno dei più brevi della storia. E’ il 26 agosto 1978 e il nuovo pontefice, Giovanni Paolo I, si è appena affacciato alla Loggia centrale di San Pietro per salutare i fedeli riuniti in piazza alla notizia della nomina del successore di Pietro. Avrebbe voluto dire qualcosa a quella gente, papa Albino Luciani (questo il suo vero nome) ma il rigido cerimoniale non lo prevede: “non rientra nella consuetudini”. Lo fa però il giorno successivo, domenica, al suo primo Angelus. Parla in modo semplice e schietto, ma diretto. “Ieri mattina io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere”, confida sorridendo, quasi si sente vittima di una improvvisazione. E’ stato eletto al quarto scrutinio di un Conclave-lampo, durato solo un giorno. Sceglie di portare il nome dei due papi che lo hanno preceduto: Giovanni XXIII e Paolo VI. Si chiamerà infatti Giovanni Paolo I. “Ho fatto questo ragionamento”, confida ai fedeli in quel suo primo discorso. “Papa Giovanni ha voluto consacrarmi lui con le sue mani qui nella Basilica di San Pietro; poi, benché indegnamente, a Venezia gli sono succeduto sulla cattedra di San Marco, in quella Venezia che è ancora piena di papa Giovanni”. E oggi nel paese natale, Canale d’Agordo, provincia di Belluno, a quasi mille metri sul livello del mare, una celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Gian Carlo Perego invitato dal vescovo di Belluno-Feltre, mons. Guido Marangoni. Nella sua omelia il presule ferrarese ha evidenziato come il tema delle migrazioni era molto “caro a papa Luciani, che aveva visto il padre, la madre e altri familiari emigranti, partire alla ricerca di un lavoro in Svizzera. La chiamata alla santità chiede a ciascuno di noi – ha detto - pastori e fedeli, di vincere l’ipocrisia e avere il coraggio della verità e della testimonianza cristiana”. Papa Francesco nell’enciclica Laudato sì ricorda che “la situazione attuale del mondo provoca un senso di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo. Quando le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità. Più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare. In tale contesto non sembra possibile che qualcuno accetti che la realtà gli ponga un limite. In questo orizzonte non esiste nemmeno un vero bene comune” . La santità “non cresce sull’egoismo e l’individualismo, ma solo nella condivisione e nell’attenzione agli altri e al mondo. Come è stato capace Papa Luciani, il cristiano, il pastore di questa terra, che di Giovanni XXIII ha raccolto il coraggio di una riforma della Chiesa sfociata nel Concilio Vaticano II e di Paolo VI ha fatto suo il coraggio di un dialogo con il mondo, coniugando evangelizzazione e promozione umana”. Il futuro Papa varie volte ha parlato di emigrazione ricordando: “mia madre, da ragazza, ha lavorato in una fabbrica svizzera. Il papà, quand'ero fanciullo, lavorava in Svizzera da muratore. Ricordo quando il papà, di primavera, ripartiva da casa con la sua valigia e la tristezza di quei momenti. Ricordo come venivano lette e commentate le sue lettere. In una parola, ho visto e vissuto il dramma della emigrazione. Per questo è con tenerezza e viva comprensione che mando il mio cordiale saluto e che formulo i miei auguri per le famiglie che rivivono oggi quanto la mia famiglia ha provato ieri”. Varie anche le visite del futuro papa agli emigrati in varie occasioni come al santuario di Mariastein, dove incontra molte famiglie di emigrati veneti e amministra la cresima. Ma anche, come ricorda lo storico Marco Roncalli, in Brasile con l’incontro con emigrati della sua regione di più di una generazione, “parlando con loro non tanto il portoghese quanto il dialetto delle radici, tenendo persino prediche e discorsi in veneto, riuscendo a commuovere questi suoi lontani corregionali fra i quali anche suoi parenti”. E poi in Germania a Magonza dove partecipa alla “Giornata del lavoratore italiano all’estero” infondendo – scrive Roncalli – “coraggio ai connazionali e citando i suoi genitori che avevano fatto la loro stessa esperienza”. E nel 1965 scriveva: “qualche vescovo si è spaventato: ma allora domani vengono i buddisti e fanno la loro propaganda a Roma, vengono a convertire l’Italia. Oppure ci sono quattromila musulmani a Roma: hanno diritto di costruirsi una moschea. Non c’è niente da dire: bisogna lasciarli fare. Se volete che i vostri figli non si facciano buddisti o non diventino musulmani, dovete fare meglio il catechismo, fare in modo che siano veramente convinti della loro religione cattolica”. Parole che molti ancora oggi fanno fatica ad accettare.

Raffaele Iaria

E’ morto don Giampiero Maria Arabia: era missionario in Germania

26 Agosto 2020 - Cosenza - Era nato a Rogliano il 5 dicembre del 1965. Diceva di essere nato proprio alla fine del Concilio e il suo sacerdozio ed il suo impegno doveva essere quello di saldare fede e arte come via per comunicare a fede. Così, dopo l'esperienza nella parrocchia di San Pietro in Rogliano e gli studi al Liceo artistico di Cosenza, ha fatto il suo ingresso in Seminario San Pio X di Catanzaro. Da qui è iniziato il suo lavoro di ricerca per trovare anche nella via dell'arte, della musica, della scultura e della pittura lo spazio per l'evangelizzazione attraverso la bellezza. Dopo aver proseguito le sue esperienze ed insegnato religione cattolica nei licei romani è stato ordinato sacerdote ed ha proseguito i suoi lavori artistici arricchendo di pitture, icone e mosaici diversi presbiteri e chiese in varie diocesi italiane. Ma la sua capacità di lavorare la pietra, di creare con i tasselli figure ed immagini del tutto uniche, lo ha portato a lavorare dalla Sicilia (diocesi di Noto) alla stessa Roma dove i suoi mosaici sono presenti in tante chiese parrocchiali (spicca fra tutte la chiesa di San Luca al Prenestino), ma anche a Cuba e in Germania dove attualmente operava pastoralmente. Sacerdote da quasi vent'anni, li avrebbe compiuti il prossimo 9 settembre. Nel 2006 è stato incardinato nella diocesi di Roma dove ha collaborato in alcune parrocchie e proseguito gli studi per la Licenza in teologia dogmatica alla Pontificia Facoltà Gregoriana. Parroco della Parrocchia di Nostra Signora del Suffragio e Sant’Agostino di Canterbury dal 2009 al 2018, è stato membro della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra ed i Beni Culturali dal 2011 al 2018. Attualmente era missionario nella Diocesi di Aachen (Germania). In questi giorni era rientrato in Italia per un breve periodo di riposo. Avrebbe raggiunto la famiglia a Rogliano per fine mese. Don Giampiero ha accusato un malore ed è stato ricoverato al Policlinico Umberto I di Roma. dove si è spento il giorno dopo (domenica 23 agosto) per sopraggiunti problemi cardiaci. La notizia della scomparsa ha provocato incredulità e immenso dolore nella Capitale, in Calabria, nei luoghi dove è conosciuto ed ha lavorato. Don Giampiero era un sacerdote molto apprezzato per il livello di preparazione teologica e culturale, per il talento e le competenze nel campo dell’architettura e per le sue capacità artistiche. Sarà celebrata una santa messa domani, giovedì 27 agosto alle 9, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie al Trionfale in Roma. Da lì la salma partirà alla volta di Rogliano dove nel pomeriggio sarà allestita la camera ardente e in serata si terrà una veglia di preghiera. Il giorno successivo, secondo le normative sanitarie per il Covid, sarà celebrata una messa con i familiari e i confratelli sacerdoti presieduta dall’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, mons. Francescantonio Nolè. Poi don Giampiero sarà tumulato nella tomba di famiglia del cimitero roglianese.

Enzo Gabrieli

E’ morto don Lucio Dalla Fontana: era stato missionario con gli italiani in Germania

25 Agosto 2020 - Vittorio Veneto – E’ scomparso sabato scorso, all’età di 60 anni, don Lucio Dalla Fontana, dal 2001 al 2009 in servizio pastorale con i nostri emigranti in Germania. Il sacerdote, morto presso l’ospedale civile di Frascati, è improvvisamente mancato il sacerdote don Lucio Dalla Fontana era attualmente in servizio presso l'Opera di Maria, del Movimento dei Focolari, e fino all'anno scorso, per un decennio, era stato parroco a San Polo di Piave e Rai. Don Dalla Fontana era arrivato nel 2001 nella Missione Cattolica Italiana di Francoforte Centro e dal 2007 al 2009, parroco della Mci di Badomburgh e Francoforte Hoechst/Nied. Don Lucio era nato nel 1959 a Thiene (VI) ed era stato ordinato prete a Tarzo nel 1986. La messa esequiale sarà celebrata a San Polo nella chiesa parrocchiale domani, mercoledì 26 agosto, alle 15, presieduta dal vescovo Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo, mentre la sera precedente, alle 20, sempre a San Polo nella chiesa parrocchiale, ci sarà un momento di preghiera con la recita del Rosario. Alla famiglia e alla diocesi la vicinanza della Fondazione Migrantes.