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Don Giacomelli (MCI Romania): “mostrare” gli effetti della presenza di Dio

16 Ottobre 2020 - Bucarest - All’inizio di questa mia breve riflessione mi sento di poter dire che il missionario, meglio il sacerdote, suora o laico/a, che si prende a cuore la cura spirituale dei propri connazionali residenti come lui/lei in una nazione altra dalla propria, è colui che dovrebbe “mostrare” gli effetti della presenza di Dio nella sua vita, colui che è cosciente del fatto che il frequentare Dio, nutrirsi di Lui, Parola ed Eucarestia, accogliere Lui nel fratello e nella sorella che incontriamo ogni giorno, mettendosi al loro “servizio”, sia la cosa più normale, bella e saggia che una persona possa fare. Primariamente informare. Occorre cioè far giungere ai nostri connazionali, tramite il passaparola, tramite i normali mezzi di comunicazione e, perché no, valorizzando e chiedendo “ospitalità” ai vari gruppi social di associazioni italiane già presenti sul territorio, la notizia che, in questa o quella città, c’è una Messa in Italiano, ci sono in lingua italiana delle iniziative di tipo aggregativo, catechetico/pastorali. Se si trovano le possibilità, dar vita a delle riviste o gruppi social come abbiamo fatto anche noi qui in Romania con il settimanale Adeste o con il FacebooK “parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi”. L’esperienza più che ventennale al fianco degli italiani che, per vari motivi, si ritrovano a vivere di passaggio o più o meno stabilmente in Romania ha accresciuto in me la convinzione che, per poter rafforzare e/o sostenere la vita di fede, speranza e carità dei nostri connazionali, occorre innanzitutto mettersi umilmente al loro fianco tramite un atteggiamento di ascolto empatico e, con tanta delicatezza, ma anche risolutezza, cercare di aprire loro la mente e il cuore affinché colgano la presenza di Dio che è un buon Padre che ricopre ogni persona del suo affetto e che viene sempre incontro a tutti per accoglierli o riaccoglierli. “Accoglierli o riaccoglierli” è un’azione questa da parte di Dio che il “missionario” è chiamato a mediare. Ci sono molti connazionali con i quali occorre primariamente avere un approccio umano e questo perché si tratta di persone che hanno trascurato, già dall’Italia, il loro rapporto di fede. Per usare delle immagini bibliche occorre, con tanta pazienza “dissodare il terreno” ma anche “seminare a larghe mani”, quasi incuranti di dove possa cadere la Parola e questo in quanto ciascuno di noi dovrebbe essere convinto che sia la Parola stessa a dissodare. Una sfida importante è quella legata ai giovani connazionali che vengono in Romania per frequentare le università romene in modo stabile o tramite il programma Erasmus. Anche nei loro riguardi credo sia importante andare la dove si trovano e cioè nelle università da loro frequentate e fare loro delle proposte concrete che siano anche di tipo caritativo oltre che spirituale. Credo che il pastore missionario, oggi come sempre, debba incarnare il motto che San Luigi Orione ripeteva ai suoi figli e figlie delle congregazioni da lui fondate: “Fuori di sacrestia!”. O, per dirla al Papa Francesco che parla spesso di chiesa in uscita: “andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali” e “Siate pastori con l’odore delle pecore addosso”. Don Valeriano Giacomelli MCI Romania      

La missione oggi: la voce dei missionari con gli italiani nel mondo

15 Ottobre 2020 - Roma - A pochi giorni dalla Giornata Mondiale Missionaria, che si celebrerà domenica prossima, una domanda si pone: “ha senso ancora oggi nel 2020 parlare di missione? Ha senso ancora oggi parlare di missionari?”. Il missionario, meglio il sacerdote, suora o laico/a, che si prende a cuore la cura spirituale dei propri connazionali residenti come lui/lei in una nazione altra dalla propria, è colui – spiega don Valeriano Giacomelli, delegato per le Missioni Cattoliche di Lingua Italiana in Romania - che dovrebbe “mostrare” gli effetti della “presenza di Dio nella sua vita, colui che è cosciente del fatto che il frequentare Dio, nutrirsi di Lui, Parola ed Eucarestia, accogliere Lui nel fratello e nella sorella che incontriamo ogni giorno, mettendosi al loro ‘servizio’, sia la cosa più normale, bella e saggia che una persona possa fare”. Per don Giacomelli occorre “primariamente informare”, cioè far giungere ai nostri connazionali, tramite il passaparola, tramite i normali mezzi di comunicazione e, “perché no, valorizzando e chiedendo ‘ospitalità’ ai vari gruppi social di associazioni italiane già presenti sul territorio, la notizia che, in questa o quella città, c’è una Messa in italiano, ci sono in lingua italiana delle iniziative di tipo aggregativo, catechetico/pastorali. Se si trovano le possibilità, dar vita a delle riviste o gruppi social come abbiamo fatto anche noi qui in Romania con il settimanale Adeste o con il Facebook”. Nella sua riflessione il sacerdote italiano, da oltre venti anni al fianco degli italiani che, per vari motivi, si ritrovano a vivere di passaggio o più o meno stabilmente in Romania, sottolinea che questa esperienza ha “accresciuto” la convinzione che, per “poter rafforzare e/o sostenere la vita di fede, speranza e carità dei nostri connazionali, occorre innanzitutto mettersi umilmente al loro fianco tramite un atteggiamento di ascolto empatico e, con tanta delicatezza, ma anche risolutezza, cercare di aprire loro la mente e il cuore affinché colgano la presenza di Dio che è un buon Padre che ricopre ogni persona del suo affetto e che viene sempre incontro a tutti per accoglierli o riaccoglierli”. “Accoglierli o riaccoglierli” è un’azione questa da parte di Dio che il “missionario” è “chiamato a mediare. Ci sono molti connazionali con i quali occorre primariamente avere un approccio umano e questo perché si tratta di persone che hanno trascurato, già dall’Italia, il loro rapporto di fede”. Per il delegato una sfida importante è quella legata ai giovani italiani che arrivano in Romania per frequentare le università romene in modo stabile o tramite il programma Erasmus: “anche nei loro riguardi credo sia importante andare là dove si trovano e cioè nelle università da loro frequentate e fare loro delle proposte concrete che siano anche di tipo caritativo oltre che spirituale”. Si dice convinto che oggi c’è necessità di essere “per strada” don Luigi Usubelli, missionario con gli italiani a Barcellona: “io, per ironia, mi definisco un ‘prete per strada’ e non un ‘prete di strada’ perché penso che c’è il modo di accogliere il dono dell’imprevedibile che lo Spirito ci suggerisce e ci propone. Bisogna camminare, stare – spiega – concretamente per strada, creare incontri, creare opportunità di incontro e raccogliere quelle opportunità che la vita ci offre”. Don Usubelli parla di “doppio movimento di missione con gli italiani all’estero oggi: radunare e raggiungere”. “Radunare i diversi livelli pastorali quindi fare comunità” e raggiungere cioè “recuperare questa dimensione di uscire e raggiugere le persone italiane che vivono qui con la nostra presenza discreta presente”. Per “chiamare – spiega il sacerdote italiano - bisogna mettersi ‘per’ e raggiungere le persone ed essere raggiungibili”. La scelta di andare a lavorare in Missione per don Pierluigi Vignola, missionario con gli italiani ad Amburgo – “è una scelta di chi dopo anni di servizio, e con una certa ‘base’ alle spalle, voglia fare l’esperienza nuova. Non mi sarei mai immaginato – dice - di venire in una terra la cui lingua per me è sempre stata ostica, e che mi si disse durante il dottorato di studiarla perché serviva per la Teologia. Mai fatto, ma era destino dover studiare il tedesco. Da qui nasce l’esperienza di chi ha avuto ed ha come preoccupazione principale ed attenzioni prioritarie le famiglie in una Missione con circa 30.000 persone: famiglie da istituire o sostenere e quelle da coinvolgere ed animare. Le famiglie italiane – aggiunge don Pierluigi - con la loro religiosità semplice e tanta devozione, non fa sentire il peso del servizio, anzi sempre più la gioia di trasmettere come gli apostoli la Parola di Dio”. Ecco allora che l’essere prete in missione diventa “ogni giorno sempre arricchente. Anche se non sono mancati e non mancano problemi e limiti, posso dire che in questi sei anni ho cercato di far entrare ancor più profondamente la missione nel cuore della nostra gente”.  Effettivamente – aggiunge don Domenico Basile, missionario con gli italiani a Lucerna in Svizzera -   può sembrare superfluo forse usare due termini come missione e missionario, soprattutto “per noi che viviamo in Svizzera. Potevano essere usati una volta per indicare l’opera evangelizzatrice di coloro che partivano per i continenti per annunciare il Vangelo di Gesù a quei popoli che mai avevano sentito parlare di Lui; ma oggi nel mondo della globalizzazione, molti dicono che non ha più senso parlare di missione e di missionari. Eppure, personalmente, penso che soprattutto oggi sia necessario appropriarsi del significato ‘genuino’ di questi due termini che non vanno mai persi (per brevità di spazio non posso dilungarmi sulla mia riflessione) ma penso che sia ‘urgente’ soprattutto oggi parlare di Missione e di missionari e non solo come presbiteri o consacrati, bensì come battezzati”. Don Basile è in Svizzera da 25 anni a servizio delle Comunità di lingua italiana e “il mio essere qui in questo contesto elvetico è come dice il papa Francesco ‘il riflesso della gratitudine di quanto si è ricevuto’: mai finirò di dire grazie al Signore per il dono del Battesimo e ancor più per il dono del Sacerdozio ministeriale”. È vero che la “nostra azione missionaria in Svizzera è cambiata, ma la nostra opera e proposta evangelica rimane sempre valida e attuale per i nostri tempi”.

Raffaele Iaria

I missionari italiani e la loro esperienza nel mondo

14 Ottobre 2020 -

Roma - Domenica prossima si celebra la Giornata Mondiale Missionaria. Il tema scelto dalle Pontificie Opere Missionarie in Italia è “Eccomi, manda me. Tessitori di fraternità”. Testimoni di questa “tela” di fraternità e speranza sono le diverse iniziative portate avanti dalle diocesi italiane in varie parti del mondo e anche tanti missionari del nostro Paese “fidei donum”. Testimonianze che aiutano a riflettere sul senso della vita cristiana e dell’impegno missionario oggi. In questo servizio vogliamo citarne alcuni attraverso le storie pubblicate dai giornali diocesani.

“Chi ha un lavoro giornaliero è stato maggiormente colpito dall’emergenza sanitaria in questo ultimo periodo. Si parla di persone che stanno in strada con la pala, il trapano o il pennello in mano, oppure i proprietari di negozi nei bazar o chi si occupa delle pulizie per le strade o nelle case. Quando la nostra comunità ci ha inviato un contributo di cinquemila Euro dall’Italia, siamo andati a comprare viveri come farina e riso e li abbiamo impacchettati per distribuirli a circa cinquanta famiglie”, racconta al settimanale di Cosenza-Bisignano, “Parola di Vita” Andrea Giordano, genovese di nascita, ma calabrese di origine, in Pakistan come missionario laico fidei donum del Movimento dei Focolari e in missione con una particolare convenzione sostenuta dall’otto per mille destinato alla Chiesa Cattolica, scrive il giornale diretto da don Enzo Gabrieli. Prima della pandemia il giovane si occupava principalmente di attività di evangelizzazione per i giovani e per le comunità e con le famiglie era stato avviato un progetto di aiuto a gruppi di indù che si erano convertiti al Cristianesimo e che vivevano in campagna. In Pakistan – racconta Andrea - il lockdown è stato più blando che in Italia, perché le persone non avevano l’obbligo di rimanere in casa. Però sia i negozi di vestiario che le fabbriche essenziali sono stati chiuse e i trasporti pubblici sono stati interrotti. Il 14 marzo “la mia comunità ha celebrato l’ultima messa, stando attenti a mantenere il distanziamento fisico. Io sono stato fortunato: abitando di fronte alla parrocchia, il mio sacerdote ha detto la messa ogni giorno per me e per le altre tre persone con cui vivevo. Tra i membri della nostra comunità non c’erano casi di indigenza, perché tanti di noi sono insegnanti o infermieri. Tuttavia, la sanità non è pubblica: chi ha bisogno di andare in ospedale deve pagare il servizio”. Il giovane è tornato ad agosto in Italia a Mendicino e vorrebbe tornare in Pakistan.

In Perù vive un altro giovane che proprio alla vigilia del Giornata verrà ordinato sacerdote nella sua diocesi di origine. Si tratta di Damiano Boffo, di Fossalta Maggiore, nella diocesi di Vittorio Veneto. La celebrazione, come riferisce il settimanale “L’azione” è diretto da don Alessio Magonza – sarà presieduta da Mons. Giorgio Barbetta, originario di Sondrio e ausiliare della diocesi di Huari (Perù). È nel seminario di quella diocesi che Damiano ha approfondito la sua vocazione e lì, un anno fa, è stato ordinato diacono, scrive il giornale. Ora il passo del sacerdozio nella sua terra natale “per dare modo ai miei familiari e ai miei tanti amici di essermi vicini” dice. Poi ripartirà per Huari, dove lo attende l’incarico di parroco. Fin da bambino, in famiglia Damiano ha respirato i valori dell’Operazione Mato Grosso: “a 14 anni ho iniziato a partecipare a un gruppo giovani dell’Operazione a San Michele di Piave. Facevamo incontri serali e servizi il sabato e la domenica: imbiancature, raccolte ferro... Il tutto per raccogliere fondi per le missioni dell’Operazione. Ho anche preso parte a campi di lavoro in giro per l’Italia”. L’impatto appena arrivato in Perù – racconta al giornale -  è stato “duro: sono partito pensando di andare a salvare il mondo e invece non è affatto così”. Nella zona di Huari la Chiesa cattolica è ancora ben radicata, “tra la gente c’è una religiosità semplice, tanta devozione, è molto bello”, racconta ancora. Don Damiano tornerà a metà novembre, Covid permettendo.

Il settimanale di Reggio Emilia-Guastalla, “La Libertà”, diretto da Eduardo Tincani racconta questa settimana l’esperienza del “Villaggio del sorriso”, casa di accoglienza delle Suore Missionarie della Consolata a Meru, in Kenya. Il Villaggio del sorriso è una casa di accoglienza designata a ricevere bambini/e senza famiglia e ridare loro dignità, serenità, gioia e futuro, scrive, spiega il giornale: la loro è una storia di sofferenza e umiliazione, ma dopo i primi timori, vivendo nel Villaggio, “tornano a sorridere, guardando al futuro con speranza e s’impegnano a rendere più bella la loro vita”. Complessivamente il Centro ospita 120 persone, attualmente 65 bambine e 55 bambini: 74 frequentano le elementari e scuola materna, 22 nelle secondarie, 16 in attesa di scegliere e frequentare corsi vocazionali e 8 nei corsi vocazionali. Grazie all’aiuto di Dio e alla Sua Provvidenza che arriva anche tramite il gruppo missionario di Sant’Agostino di Reggio Emilia, “abbiamo avuto innumerevoli buoni risultati: Charles ha terminato il corso per infermiere ed è già al lavoro in un ospedale di Meru. È lui che custodisce il fratello più piccolo. Doris ha terminato il corso da hostess, lei ha al Villaggio un fratello e sorella che attendono il suo aiuto. Orundo insegna all’Università, Eugene e Josephine frequentano l’Università e anche per loro il futuro sarà migliore, Dominic è stato al Villaggio 17 anni e ora, felice e indipendente, lavora come elettricista specializzato...”, racconta il servizio scritto da suor Gianna Irene Peano.

Raffaele Iaria

 

Losanna: a breve un museo della migrazione

14 Ottobre 2020 - Losanna – Sorgerà a Losanna un nuovo museo della migrazione. Lo segnala la newsletter della Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera. Il museo, integrato nei locali del Centro culturale des Amériques Casona Latina, sarà dedicato sia agli immigrati in Svizzera che agli svizzeri emigrati in altre parti del mondo. La prima mostra, che verrà inaugurata il 29 ottobre, sarà dedicata al cinquantesimo anniversario dell’iniziativa Schwarzenbach e ai diritti umani.  “Racconterà – spiegano i promotori – la storia dei migranti arrivati in Svizzera per costruire le grandi infrastrutture e il lancio dell’iniziativa contro l’“inforestieramento”. L’esposizione porrà l’accento sulla violazione dei diritti umani con le testimonianze dei bambini nascosti e delle famiglie separate”.  

Papa Francesco telefona ad un missionario italiano in Brasile: “ha bruciato la sua vita coni poveri”

12 Ottobre 2020 - Città del Vaticano - “Ieri sera, sono riuscito a fare una telefonata a un anziano prete italiano, missionario dalla gioventù in Brasile, ma sempre lavorando con gli esclusi, con i poveri. E vive quella vecchiaia in pace: ha bruciato la sua vita con i poveri. Questa è la nostra Madre Chiesa, questo è il messaggero di Dio che va agli incroci dei cammini”. Papa Francesco sabato sera ha chiamato un missionario italiano in Brasile. Lo ha detto lui stesso ieri mattina all’Angelus. Si tratta di p. Julio Renato Lancellotti che opera in Brasile da oltre 30 anni, attualmente vicario episcopale per la Pastorale del popolo di strada dell’arcidiocesi diSan Paolo. A riferire il nome VaticanNews che ricostruisce anche come è avvenuto questo contatto. Il missionario ha scritto al pontefice a fine settembre una lettera dalla quale emerge lo spaccato di miseria quotidiana che da lungo tempo padre Julio condivide con la gente che sopravvive per le strade di San Paolo. Uno scenario duramente complicato dal Covid che, nel mix devastante con la povertà endemica che affligge questi diseredati, genera un’inimmaginabile e anche inedita quantità di violazioni della dignità umana, racconta VaticanNews evidenziando che p. Julio ne ha viste tanti eppure racconta al Papa la sua sorpresa nel constatare come una grave crisi sanitaria sia diventata in Brasile il proscenio di un numero ancora maggiore di attacchi al valore della vita. Il missionario racconta nella lettera la sua esperienza e chiede una benedizione che il missionario avrebbe desiderato ricevere di persona ma anche con l’ammissione che questo sarà irrealizzabile perché le condizioni fisiche per affrontare il viaggio a Roma non ci sono. Papa Francesco ha chiamato il missionario ale14,15 di sabato. In un’intervista al settimanale della diocesi di San Paolo p. Julio ha riferito di aver ricevuto una chiamata da un numero non identificato e, quando ha risposto, il papa ha detto solo  “Sono papa Francesco”. E ha poi chiesto al sacerdote se preferiva parlare in spagnolo o in italiano. “Il Papa ha detto che ci accompagna con affetto, conosce le difficoltà che stiamo vivendo, di non scoraggiarci e, come Gesù, di stare con i poveri”, ha detto ancora il missionario italiano che al momento della chiamata "era incredulo".

Raffaele Iaria

 

Ultimo aggiornamento ore 12,30 del 12 ottobre 2020

   

“L’influenza italiana sullo sviluppo, sulla cultura e lo sport nello Stato del Minas Gerais”: un convegno da domani in diretta streaming

5 Ottobre 2020 - Roma - Il X Seminario sull’ Emigrazione Italiana nel Minas Gerais si svolgerà in diretta streaming dal 6 al 10 ottobre 2020. L’ evento è promosso da “Ponte entre Culturas” e dal “Consiglio Generale degli Italiani all’Estero – CGIE” in partenariato con le Università Federali di Minas Gerais (UFMG) e di Juiz de Fora (UFJF) e con il patrocinio del Consolato d’ Itália in Belo Horizonte. Tra il 1875 e il 1960 – spiega una nota - quasi due milioni di italiani emigrarono in Brasile e quelli che vi rimasero - cioè circa un milione - costituirono la base per l'inizio della crescita demografica della componente italiana del popolo brasiliano. Minas Gerais è stata la terza area a ricevere immigrati italiani, dopo gli stati di São Paulo e Rio Grande do Sul: i dati esistenti suggeriscono che la popolazione di discendenti italiani in tutto il Minas Gerais è di circa due milioni. C'è anche una più recente immigrazione italiana, legata all'arrivo della FIAT negli anni '70, a cui si aggiunge una nuova ondata migratoria, iniziata negli anni 2000 e intensificatasi con la crisi globale del 2008. Nonostante l’importanza di questo fenomeno, gli studi sull’emigrazione italiana nello stato del Minas Gerais sono sempre stati molto scarsi. Per colmare questa lacuna nel 2005 è nato il progetto del Seminario sull’Emigrazione italiana nel Minas Gerais che si prefigge di incentivare la ricerca e divulgare i diversi aspetti e contributi dati dagli emigrati italiani allo sviluppo di questo Stato, in ambito culturale, socioeconomico e politico. Il seminario ha anche l’obiettivo di promuovere il dialogo tra Minas Gerais e l'Italia in diversi ambiti e, per questo motivo, il programma ha sempre dato spazio a temi contemporanei con la partecipazione di esperti italiani e brasiliani. L'evento è multidisciplinare, pubblico e gratuito previa iscrizione. Quest’anno si svolgerà on line in streaming su youtube. Il programma prevede tre sessioni con la presentazione di lavori di ricerca, conclusi o in corso, riguardanti il tema dell'influenza italiana nello Stato del Minas Gerais  su tre assi tematici: lo sviluppo economico e sociale regionale; la formazione culturale e identitaria nelle sue manifestazioni materiali e immateriali e la nascita, l'organizzazione e la diffusione dello sport. Le sessioni di apertura e di chiusura saranno dedicate a temi contemporanei come lo sviluppo sostenibile e il made in Italy, e ai rapporti bilaterali in ambito socioeconomico e culturale, con la partecipazione di rappresentanti istituzionali, ricercatori ed esperti italiani e brasiliani. Per info www.ponteentreculturas.com.br/seminario2020  

Mci Olanda: nella festa di San Franceco la ripresa di tutte le attività

29 Settembre 2020 - Amsterdam - Il 4 ottobre è la festa di San Francesco, patrono d’Italia ed anche il patrono della Missione Cattolica Italiana in Olanda. Nel Consiglio pastorale si è deciso di mantenere questa festa, come inizio del nuovo anno della coomunità. A Leiden è prevista una celebrazione eucaristica per tutta la mCi . Purtroppo – in questo tempo di Covid 19 - "non avremo l’opportunità per un incontro fraterno dopo la messa, ma anche la celebrazione stessa è un modo fraterno di essere insieme. Alla fine della messa sarà data una benedizione speciale per i catechisti, che dall'11 ottobre cominceranno la catechesi per i nostri giovani in preparazione alla prima Comunione e alla Cresima", dice don Robert annunciando che dall'11 ottobre riprenderanno di nuovo le tre celebrazioni domenicali in tutte le comunità:  ad Amsterdam, Leiden e Den Haag. Ad  Amsterdam nella cappella della Onze Lieve Vrouwekerk alle ore 12.00, a Leiden nella chiesa ‘Regenboog’ alle ore 16.30 e  all’Aia nella chiesa San Paschalis, in Wassenaarseweg 53, alle ore 18.00.

MCI: don De Robertis, “un ruolo importante nel contribuire nel rinnovamento della Chiesa”

28 Settembre 2020 - Francoforte – “Occorre un deciso cambio di passo, sia per quello che riguarda i missionari che l’identità stessa delle Missioni cattoliche Italiane”. Lo ha detto questa mattina don Gianni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes, portando il suo saluto al convegno annuale delle Missioni Cattoliche Italiane in Germania e Scandinavia che si è aperto oggi sul tema "Maschio e femmina li creò. I rapporti interpersonali”. Un convegno che si svolgerà, fino a venerdì prossimo, in videoconferenza. Le MCI possono – ha detto “giocare un ruolo importante nel contribuire nel rinnovamento della Chiesa Cattolica in Germania, sia nell’aiutare la nostra Chiesa italiana a non ripiegarsi su se stessa ma ad avere un respiro veramente cattolico”. Don De Robertis ha poi annunciato le nuove date del convegno europeo delle Missioni Cattoliche Italiane che si svolgerà a Roma dal 9 al 12 novembre -12 novembre 2021 sul tema “Gli italiani in Europa e la missione cristiana”.    

MCI Germania e Scandinavia – Da oggi il convegno nazionale in videoconferenza

28 Settembre 2020 - Francoforte - "Maschio e femmina li creò. I rapporti interpersonali”. Questo il tema del convegno nazionale delle Missioni Cattoliche Italiane in Germania e Scandinavia che si svolgerà, in videoconferenza, da questa mattina al 2 ottobre. Il Convegno “sarà molto diverso dai convegni cui siamo abituati da sempre", spiega la delegazione delle MCI di Germania e Scandinavia. I lavori saranno incentrati sui temi del IV Foro del “Cammino sinodale” e verranno moderati dalla nuova direttrice dell’ufficio Udep della Delegazione, Paola Colombo. I lavori saranno aperti dall’intervento del Direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis. Tra gli interventi previsti quella del vescovo ausiliare di Colonia Mons. Dominicus Schwaderlapp, responsabile della Internationale Seelsorge della diocesi e delle Comunità d’altra madre lingua.

MCI Germania e Scandinavia: da lunedì il convegno nazionale in videoconferenza

25 Settembre 2020 -

“Maschio e femmina li creò. I rapporti interpersonali”. Questo il tema del convegno nazionale delle Missioni Cattoliche Italiane in Germania e Scandinavia che si svolgerò, in videoconferenza, dal 28 settembre al 2 ottobre. Il Convegno “sarà molto diverso dai convegni cui siamo abituati da sempre. Il coronavirus ci costringe a farlo in videoconferenza, un modo di incontrarsi che in questi ultimi mesi tanti di noi hanno già sperimentato con successo. È più comodo, si può partecipare da casa o dall’ufficio, senza mascherina, senza problemi di igiene e di distanze, senza lunghi costosi viaggi. Basta il cellulare, il tablet, o il computer, attrezzato di videocamera e di microfono”, spiega la delegazione. I lavori saranno incentrati sui temi del IV Foro del “Cammino sinodale” e verranno moderati dalla nuova direttrice dell’ufficio Udep della Delegazione, Paola Colombo.

I lavori saranno aperti dall’intervento del Direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis. Tra gli interventi quella del vescovo ausiliare di Colonia Dominicus Schwaderlapp, responsabile della Internationale Seelsorge della diocesi e delle Comunità d’altra madre lingua.