Tag: Italiani nel mondo

Migrantes: parte un ciclo di  incontri di approfondimento del Rapporto Italiani nel Mondo sulle Province nell’ambito del Festival della Migrazione

17 Dicembre 2020 - Roma - Prende il via un ciclo di videoconferenze dedicate allo “Speciale Province d’Italia 2020” contenuto nel Rapporto Italiani nel Mondo 2020 (RIM), promosso dalla Fondazione Migrantes nell’ambito del Festival della Migrazione.  Il 18 dicembre, dalle 16 alle 18, primo appuntamento, alcuni degli autori della quindicesima edizione del RIM si troveranno a dialogare sul tema della mobilità italiana e delle aree interne, in collaborazione con l’Università di Ginevra. L’attuale mobilità non è una questione solo del Nord Italia. Che tra il Settentrione e il Meridione di Italia vi siano divari profondi è storia conosciuta, quanto questi divari abbiano a che fare con la mobilità spesso lo si ignora, così come si è poco consapevoli che la narrazione di una nuova mobilità, soprattutto dal Nord Italia, spesso urta con la realtà. Il vero divario non è tra Nord e Sud, ma tra città e aree interne. Sono luoghi che si trovano al Sud ma anche al Nord, ma che al Sud diventano doppia perdita: verso il Settentrione e verso l’estero. A svuotarsi ancora sono i territori già provati da spopolamento, senilizzazione, da eventi calamitosi o da sfortunate congiunture economiche. Nel primo appuntamento si punteranno i riflettori sulle province di Avellino, Bergamo, Cosenza, Potenza, Terni, Oristano, Vicenza.  A introdurre e coordinare i lavori sarà Delfina Licata, curatrice e caporedattrice del RIM. Interverranno: per Bergamo, Paolo Barcella; per Cosenza, Giuseppe Sommario; per Potenza, Donato Di Sanzo; per Terni, Gianluca Gerli; per Oristano, Marisa Fois; per Vicenza, Giuseppe Casarotto. Le conclusioni saranno affidate a Toni Ricciardi, membro della Commissione Scientifica del RIM. È possibile seguire l’evento sulla home page di www.festivalmigrazione.it oppure sulla pagina https://www.facebook.com/festivalmigrazione o, ancora, sul canale https://www.youtube.com/channel/UCIkQTdGqDl_CurK0NGzezdg  

Svizzera: cambia il volto della Chiesa, su 3 milioni di cattolici il 40% è “migrante”

14 Dicembre 2020 -   Zurigo - Il “volto” della Chiesa cattolica in Svizzera è sempre più multiculturale. I dati parlano chiaro: nel Paese elvetico, vivono 3 milioni di cattolici e di questi, circa il 40% proviene da un contesto migratorio. Per questo la Conferenza dei vescovi svizzeri ha deciso di potenziare “l’orientamento, l’organizzazione e il finanziamento della pastorale migratoria nella Chiesa Cattolica”. In una nota diffusa questa mattina e ripresa dall’agenzia Sir, i vescovi svizzeri spiegano: “Se originariamente la Chiesa in Svizzera era sollecitata per l’assistenza spirituale dei migranti lavoratori provenienti da Paesi europei, che si presumeva sarebbero ritornati nei loro Paesi dopo qualche anno (‘assistenza pastorale dei lavoratori stranieri’), oggi si profila un quadro ben diverso. Gli immigrati provengono da tutto il mondo e non giungono solo per ragioni professionali, ma anche come rifugiati, come famiglie o per seguire una formazione. Mentre alcuni vivono in Svizzera da generazioni, ma continuano a essere inseriti nella cultura religiosa del loro Paese di origine, altri sono arrivati pochi anni fa o ancora altri non hanno una situazione di soggiorno regolamentata. I migranti cattolici non sono solo plurilingue, ma anche variegati sotto ogni punto di vista. Ciò richiede un ulteriore sviluppo dell’assistenza spirituale orientata a una pastorale interculturale”. Sono 110 le missioni “alloglotte” della Chiesa cattolica in Svizzera. Si chiamano così le comunità linguistiche che offrono assistenza spirituale locale alle persone di origine straniera. Nel corso degli anni, queste comunità hanno svolto un “considerevole contributo all’integrazione ecclesiale e sociale dei migranti e dei viaggiatori” per questo la Conferenza episcopale ha deciso di “ampliare in futuro” la pastorale migratoria e soprattutto “la concezione della Chiesa come comunità nella diversità”. Secondo i vescovi, “la migrazione si evolve in modo dinamico e porrà la Chiesa e anche la società di fronte a nuove sfide”. “La mobilità, la migrazione e le differenze culturali ampliano la concezione della Chiesa come comunità nella diversità”. Si tratta allora di avviare “sinergie interculturali” per favorire “una maggiore coabitazione e un consapevole avvicinamento rispettoso durante le messe come pure nella vita ecclesiale”. “Noi affermiamo che la Chiesa non ha confini”, osserva mons. Jean-Marie Lovey, vescovo di Sion, responsabile della Pastorale dei migranti nella Conferenza episcopale elvetica. “Il fenomeno della migrazione esprime questo pensiero con una forza ancora maggiore. Ma è il nostro rapporto concreto con i migranti che rivela l’autenticità di ciò che annunciamo”. E Karl-Anton Wohlwend, direttore nazionale di Migratio, conclude: “Attendo con gioia l’attuazione di questo concetto e gli impulsi che ne deriveranno. La maggiore coabitazione della Chiesa locale e delle comunità alloglotte ispireranno e arricchiranno la Chiesa, rendendola più varia e colorata”.  

Mci Romania: oggi l’arcivescovo di Bucarest incontra la comunità italiana

13 Dicembre 2020 - Bucarest - Oggi la comunità italiana in Romania in festa. Questa mattina la S. Messa in lingua italiana nella Chiesa italiana del Santissimo Redentore a Bucarest (ore 11,15) sarà presieduta dall'arcivescovo metropolita di Bucarest, Aurel Perca. Il presule vuol conoscere la Comunità Italiana e porgere anche i suoi auguri per il prossimo Natale. “Una bella occasione – dice il coordinatore delle Missioni Cattoliche Italiane in Romania, don Valeriano Giacomelli - per mostrare al nostro arcivescovo il nostro affetto e la nostra riconoscenza per la possibilità di avere la Messa e gli altri sacramenti nella nostra lingua”. Ad accogliere il presule e presentare la comunità italiana sarà il rettore della Chiesa, don Marius Beresoaie e il cappellano della comunità italiana della Capitale Rumena, don Damian Ciobanu. In Romania vivono oggi circa 8000 cittadini italiani, secondo il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes.

Raffaele Iaria

Mons. Marangoni ai bellunesi nel mondo: farsi strumenti di Vangelo

10 Dicembre 2020 - “Gran parte di tutto quello che eravamo abituati a fare è saltato o pesantemente stravolto; gli stessi rapporti di vicinanza umana - forse più in questi mesi che durante il primo lockdown - stanno vivendo un senso di diffidenza e di paura che, credo, avranno pesanti conseguenze per il futuro; ancora, la crisi economica che si è generata fa guardare all’immediato domani e oltre con sguardo preoccupato. Eppure, dentro tutto questo, possiamo scorgere qualche luce di speranza o, meglio, di novità che può dare rinnovato slancio alle nostre vite a quelle delle nostre comunità cristiane”. È quanto scrive il vescovo di Belluno-Feltre, mons. Renato Marangoni, in una lettera agli emigrati della sua diocesi attraverso la rivista dell’Associazione Bellunesi nel Mondo. “Con le sue indubbie difficoltà, inimmaginabili solo un anno fa, e con il dolore e l’apprensione che ha generato e continua a portare questa situazione di pandemia, una forte tentazione direbbe semplicemente che il 2020 è un anno da dimenticare! E forse – scrive - in effetti, può essere anche vero: l’impossibilità di fare tanto ci ha, diremo, costretti a fare bene quel poco… che tuttavia è essenziale! La difficoltà a non poter più interagire liberamente fra di noi ci ha aiutati a capire che è la cura delle relazioni ciò che vale e che va accompagnata, nella semplicità di ogni aiuto vicendevole. La dolorosa impossibilità di celebrare per tanto tempo nelle nostre chiese parrocchiali ha aiutato a scoprire la famiglia come ‘chiesa domestica’ e luogo di preghiera”. Il 2020 sta passando “come passerà anche il Covid-19” – ma quante “sfide ci sono poste davanti! Non solo sanitarie, non solo economiche, non solo sociali ma innanzitutto umane! E, forse per la prima volta nella storia, questa situazione pandemica ha coinvolto simultaneamente i governi di tutto il mondo. Allora, seppur distanti e “sparsi” nel mondo, vogliamo – conclude il vescovo rivolgendosi agli emigrati bellunesi - sentirci stretti non solo dalla comune provenienza geografica, dalla condivisione di cultura e di valori, dall’importanza del lavoro, ma anche come portatori di speranza per il 2021 che ci sta davanti”. L’ augurio è quello di portare sempre una “buona notizia”, di farsi “strumenti di vangelo!”  

Turismo delle Radici: oggi pomeriggio un webinar su “Scoprirsi italiani: i viaggi delle radici in Italia”

4 Dicembre 2020 - Roma - Venerdì 4 dicembre alle ore 17 inizia il ciclo di appuntamenti sul “turismo delle radici”, organizzato dall’Osservatorio delle Radici Italiane (ORI), dell’Associazione AsSud. Il webinar, dal titolo “Scoprirsi italiani: i viaggi delle radici in Italia”, potrà essere seguito sulla pagina Facebook dell’Osservatorio: https://www.facebook.com/ORI-Osservatorio-Permanente-delle-Radici-Italiane-102943638303531. Nel primo evento sarà protagonista l’America del Sud. Si parlerà di questa particolare forma di turismo con diversi ospiti: Giovanni de Vita del MAECI (Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), Filippo La Rosa (Console Generale d’Italia a San Paolo), Mariano Gazzola (Comitato di Presidenza CGIE), Veronica Morello (ENIT Argentina), Donato De Santis (Cavaliere della Repubblica italiana e Chef), Alfredo D’Ambrosio (Pres. Cavenit, Cam. Comm. Italovenezuelana), Mariano Palazzi (Pres. Dante Alighieri Venezuela), Carlos Villino (Presidente Associazioni Italo venezuelane), Daniel Antenucci (vice-Rettore Università di Mar del Plata). A coordinare e stimolare il dibattito saranno i componenti dell’Osservatorio: Marina Gabrieli, Riccardo Giumelli, Delfina Licata e Giuseppe Sommario. Il webinar si inserisce in una ricerca su scala globale del turismo delle radici, intrapresa dall’Osservatorio stesso con la collaborazione del MAECI e della DGIT (Direzione generale per gli italiani all’estero). Capire quali sono le aspettative su questo tema, quali iniziative potranno essere intraprese, come costruire la domanda di turismo delle radici sono solo alcuni dei temi di discussione con i relatori.  

Un fumetto per raccontare emigrazione italiana

2 Dicembre 2020 - Bruxelles - Un fumetto per raccontare ai ragazzi una pagina dell'immigrazione italiana. "Una Storia Importante. 70 anni di immigrazione italiana in Belgio e oltre" è il titolo dell'opera, finanziata dal Ministero degli Esteri e realizzata dal disegnatore italo-belga Antonio Cossu, che ripercorre gli anni dell'immigrazione italiana dal 1946 ai giorni nostri, passando per la tragedia della miniera Bois Du Cazier di Marcinelle dell'8 agosto 1956, dove persero la vita 262 minatori, di cui 136 italiani. L'idea del fumetto è stata promossa dal Comitato degli italiani all'estero, Comites Belgio e sostenuta dalla Regione Vallonia "per il suo alto valore divulgativo ed educativo". I disegni di Antonio Cossu raccontano come negli anni '50, in Belgio non sono mancate le discriminazioni e i pregiudizi verso gli italiani. Ai minatori venivano promessi alloggi e buone paghe, ma vivevano in baracche di lamiera. "La storia dell'emigrazione italiana è stata, soprattutto nel primo decennio del dopoguerra, caratterizzata dalla sofferenza degli immigrati stigmatizzati e costretti a durissime condizioni di vita e di lavoro.

Ambasciata italiana in Brasile: i problemi della comunità

1 Dicembre 2020 -

Brasilia - Si è svolta ieri  l’annuale riunione presieduta dall’Ambasciatore d’Italia, Francesco Azzarello, per discutere i problemi della Comunità italiana in Brasile. Vi hanno preso parte il Direttore Generale per gli italiani all’estero, Luigi Vignali, la Consigliera del CGIE (Consiglio Generale degli italiani all’estero), Rita Blasioli Costa, i Presidenti dei Com.It.Es. (Comitati degli italiani all’estero) ed i Consoli Generali e Consoli in Brasile.

Al centro del dibattito le conseguenze sulla Collettività della pandemia da coronavirus nel Paese, la graduale riattivazione di servizi consolari quali cittadinanza e passaporti, e le iniziative per l’assistenza ai connazionali in condizioni di difficoltà o indigenza. Sottolineata la necessità di elaborare ulteriori progettualità nell’ambito della collaborazione esistente e di una indispensabile programmazione.

Sono stati altresì trattati temi e proposte per il 2021, tra cui le iniziative in tutto il Paese per le celebrazioni della “Giornata nazionale del migrante italiano in Brasile” del 21 febbraio, istituita nel 2008 dal Congresso Federale, ed i prossimi appuntamenti elettorali per il rinnovo dei membri di Com.It.Es. e CGIE.

MCI Mosca: testimonianze dalla comunità cattolica italiana in tempo di Covid 19

30 Novembre 2020 - Mosca - La comunità cattolica italiana presente a Mosca ha certamente risentito della situazione di fragilità, vulnerabilità, incertezza e precarietà provocata dalla pandemia da COVID-19. Quest’anno 2020 sarà certamente un anno storico da ricordare per la straordinarietà degli eventi che sono accaduti e che hanno portato tutti quanti a sperimentare cosa significhi l’autoisolamento e la rinuncia alle proprie libertà personali per salvaguardare un bene comune quale è la salute. Come le sanzioni economiche intervenute dal 2014 tra la Russia e l’Europa - innescate dalla crisi politica tra l’Ucraina e la Russia con i conflitti bellici localizzati nella Regione del Donbass lungo il confine orientale tra Ucraina e Russia -, l’emergenza sanitaria e la pandemia da Coronavirus di questo anno in corso ha ulteriormente influito negativamente sulle relazioni umane, gli scambi commerciali e turistico-culturali tra l’Italia e la Russia. La crisi economica già presente in entrambi i Paesi, si è maggiormente diffusa con ricadute sulle dinamiche di crescita o di diminuzione del numero di presenze di connazionali (singoli e per gruppi di famiglie) che sono emigrate in Russia per cercare nuove opportunità di lavoro o per espandere le proprie attività di impresa (anche con delocalizzazione delle produzioni ed il trasferimento del know-how) e la vendita di prodotti italiani nel vasto mercato russo. Il fenomeno è ancora tutto da studiare ma la tendenza, almeno nel breve periodo, è quella del ridimensionamento del loro numero assoluto sia per quanto riguarda il volume di affari e i fatturati, sia le presenze di imprese con significative unità lavorative, sul territorio della Federazione Russa. Il blocco delle frontiere, imposto da molti Paesi e adottato anche dalle Autorità russe per contrastare il diffondersi del virus sul proprio territorio ha impedito, di fatto, le libere migrazioni di gran parte della popolazione che si sposta in altri luoghi per varie ragioni e non soltanto perché è in cerca di lavoro all’estero. Queste restrizioni, prolungate nel tempo, hanno limitato gli ingressi sul territorio della Federazione Russa. Progressivamente, il numero di presenze di stranieri provenienti da paesi europei ed extraeuropei coinvolti maggiormente dall’infezione è rapidamente diminuito. Tale impedimento alla libera mobilità delle persone e le limitazioni nell’uso del mezzo di trasporto veloce (considerata la distanza geografica che separa l’Italia dalla Russia) ha colto tutti di sorpresa. L’arresto generalizzato del trasporto aereo ha messo in crisi non solo le maggiori compagnie aeree internazionali ed anche le stesse compagnie aeree di bandiera dei rispettivi Paesi, ma interi comparti economici e settori produttivi che vivono di turismo, di esportazione e importazione di merci, relazioni economiche interconnesse con vari settori economici e produttivi che si sviluppano, più rapidamente, grazie alla maggiore diffusione ed efficienza dei mezzi di trasporto, garantendo la possibilità degli scambi e la libera mobilità delle persone. Tale sistema complesso di relazioni ed interconnessioni economiche, con la pandemia, è entrato altrettanto rapidamente in crisi. La cancellazione dei voli aerei dall’Italia verso la Russia e viceversa ha avuto delle pesanti conseguenze sulla mobilità degli italiani emigrati in Russia. Si è passati così, in brevissimo tempo, da una mobilità diffusa con ampia scelta di voli diretti giornalieri e con prezzi dei biglietti molto contenuti, ad una situazione opposta, caratterizzata da assoluta incertezza sulla possibilità di trovare un collegamento aereo diretto tra l’Italia e la Russia. I prezzi dei biglietti sono divenuti elevati con il rischio (verificatosi) di cancellazione improvvisa dei voli da parte delle Compagnie aeree. Poi si è aggiunto l’annullamento del rilascio di nuovi permessi di soggiorno, fino a tempo indeterminato, per tutti coloro i quali, tornati temporaneamente in Italia intendano farvi rientro. Durante il lockdown e successivamente, i voli di rimpatrio verso l’Italia di connazionali presenti in Russia ed organizzati dall’Ambasciata italiana a Mosca, sono stati limitati nel numero ed insufficienti nelle disponibilità di posti per far fronte alle numerose richieste di imbarco sui voli aerei. Molti connazionali si sono dovuti organizzare autonomamente, cercando soluzioni di viaggio con le Compagnie aeree disponibili a volare su rotte aeree alternative e con alti costi, per poter raggiungere l’Italia e ricongiungersi con le proprie famiglie. A seguito della chiusura temporanea nella capitale di teatri, musei, parchi pubblici e di varie attività commerciali ubicate in grandi centri commerciali o la chiusura dei piccoli negozi od esercizi non sufficientemente ampi, non adeguati e attrezzati a far rispettare il distanziamento sociale, si è avvertita nella comunità italiana, come in Italia, la precarietà e il disorientamento. La chiusura forzata di bar e di ristoranti italiani, in cui molti connazionali lavorano o svolgono attività imprenditoriali, ha messo a dura prova la capacità di sopravvivenza degli stessi imprenditori in quel settore economico, mantenendo i lavoratori impiegati. Alcuni lavoratori sono stati licenziati e sono andati in cerca di altre opportunità di lavoro. Per molti connazionali la pandemia ha rappresentato un evento imprevisto di ripensamento della propria attività, con la necessità di ridimensionamento delle unità lavorative impiegate o addirittura ha indotto a cercare nuovi fornitori locali di materie prime, non più garantite dall’Italia, per non interrompere la produzione (prodotti tipici della gastronomia italiana). La drastica riduzione dei consumi e del numero di presenze di turisti nella città di Mosca non ha consentito ad altri di far fronte alle spese di gestione. Per non chiudere le attività di produzione e di vendita alcuni imprenditori si sono riorganizzati investendo su tecnologie di comunicazione e di commercio elettronico con creazione di piattaforme per offrire l’ordinazione e l’acquisto online dei prodotti garantendo la consegna presso il domicilio dei clienti. Molti connazionali hanno però deciso di fare rientro in Italia poco prima dell’arrivo dell’estate quando sono entrate in vigore alcune norme di allentamento graduale delle restrizioni sulla mobilità e sono stati ripristinati alcuni collegamenti aerei diretti tra la Russia e l’Italia, seppur con destinazioni finali limitate a poche città italiane. Per i connazionali presenti in Russia con la famiglia e con figli minori, la chiusura delle scuole per il periodo estivo ha spinto nuclei familiari al rientro in Italia. Stesso comportamento si è registrato per gruppi di studenti universitari iscritti nelle università di Mosca, i quali hanno preferito proseguire i corsi universitari e l’apprendimento con lo studio da remoto da casa dall’Italia piuttosto che continuare a pagare gli affitti senza poter frequentare di persona le lezioni negli atenei. Molti giovani studenti italiani, a malincuore, hanno fatto rientro in Italia. Allo stato attuale, non disponendo di dati quantitativi ed analisi statistiche di lungo periodo è impossibile conoscere l’impatto che questa situazione avrà sulla comunità italiana che prima dell’emergenza sanitaria poteva contare sulla presenza di molti connazionali pendolari. La sensazione che percepiamo - dal confronto tra coloro che hanno deciso di rimanere in Russia (avendo condizioni favorevoli per lo stato civile, iscrizione all’AIRE, i permessi di soggiorno e/o che rientrano tra quelle categorie di lavoratori altamente specializzati ammesse dalla legislazione russa ad entrare nel Paese) e coloro i quali che mantengono la condizione di pendolari (svolgendo contemporaneamente attività lavorativa sia in Italia e sia in Russia), è che ci siano stati numerosi rientri di connazionali. Se questi rientri siano definitivi o costituiscono solo una soluzione momentanea, al momento non si può capire. Mosca non è solo la capitale della Russia ma è il principale centro dello sviluppo del business del paese, dove sono presenti numerose aziende straniere, comprese quelle italiane. Molte attività espositive di livello internazionale in vari settori dell’industria e del commercio sono state annullate o differite ad altre date da individuare nell’anno prossimo 2021. Le grandi esposizioni ammesse con presenza di pubblico dopo il periodo di isolamento e blocco delle attività imposto - nella fase di allentamento delle misure restrittive per fare ripartire l’economia del Paese -, si sono svolte solo con la presenza di espositori russi o provenienti dai Paesi che fanno parte dell’accordo economico siglato tra la Russia e alcune nazioni del continente asiatico, senza la partecipazione di imprenditori o di aziende private appartenenti ai 27 Paesi della Comunità Europea o dei Paesi occidentali come gli Stati Uniti d’America, il Canada, la Gran Bretagna, l’Australia. Il lavoro e gli affari in Russia, in tempo di pandemia, si sono dunque dovuti adattare a nuove modalità e forme di svolgimento. Per i connazionali impiegati nell’amministrazione di Enti pubblici Governativi e nelle varie Istituzioni italiane presenti nella capitale e in grandi città come a San Pietroburgo, il personale diplomatico e amministrativo impiegato (Ambasciata, Consolati, Istituto per il Commercio Estero, Istituzioni culturali, ecc.) il lavoro è stato indirizzato ed organizzato per essere svolto da casa in modalità da remoto cioè in smart working. Il personale impiegato nell’Istituzione scolastica, come gli insegnanti italiani della Scuola italiana “Italo Calvino” di Mosca, hanno svolto spesso, per alcuni periodi, attività da remoto. Risultano varie testimonianze di connazionali che hanno dovuto interrompere forzatamente le loro attività imprenditoriali in quanto impediti nel fare rientro in Russia o perché impediti a potersi recare liberamente, dopo il primo accesso sul territorio della Russia, in altri Paesi limitrofi e confinanti per espandere il proprio mercato o soltanto per mantenere vivi i contatti con i parteners locali, avviati prima dell’emergenza sanitaria da COVID-19. Tanti sono pure i piccoli imprenditori rimasti bloccati in Italia per l’entrata in vigore di norme molto più restrittive rispetto al recente passato, che sospendono il rilascio dei visti d’ingresso d’affari nella Federazione Russa, emanate dalle Autorità governative russe. A causa del perdurare della pandemia l’ingresso in Russia agli stranieri è garantito solo a una ristretta fascia di soggetti in possesso di particolari requisiti.   La seconda ondata della pandemia Dalla fine del mese di ottobre, anche in Russia si è registrata la seconda ondata della pandemia - che vede attualmente una crescita dei contagi, delle ospedalizzazioni e dei decessi per Covid-19 con valori numerici importanti e continui. Per ora non sono previste drastiche chiusure o limitazioni particolari alla mobilità della popolazione. Metropolitana e trasporti pubblici e privati in generale sono in funzione; nelle scuole superiori e nelle aziende è certamente consigliato lo smart learning o lo smart working, ma non è osservato dappertutto. Nella popolazione moscovita si percepisce una maggiore tranquillità. Minore è il livello di stress con una manifestazione più attenuata della preoccupazione per la grave situazione economica innescata dalla pandemia, rispetto a quello che i giornali online ed i socialnetwork riportano scritto o con i media attraverso la rete internet su ciò che accade in Italia e nel resto dell’Europa. Certamente, è bene evidenziarlo, la società italiana e l’organizzazione del lavoro è molto diversa dalla società russa e dal mercato del lavoro esistente in Russia. Non è possibile fare uno stretto paragone. Ma non è molto lontano dalla realtà supporre che il diverso atteggiamento emotivo derivi dal fatto che negli ultimi trent’anni, dopo la caduta dell’ex Unione Sovietica, i russi hanno dovuto affrontare una tale molteplicità di cambiamenti, con il conseguente impatto in termini di crisi economiche e sociali, che probabilmente essi sono già in qualche modo predisposti ed abituati ad affrontare lunghi periodi di difficoltà e disagio, come accade in questo ultimo periodo. La situazione dell’emergenza sanitaria vissuta nelle istituzioni religiose cattoliche. Le chiese cattoliche presenti a Mosca, dopo la loro chiusura imposta dal regime di isolamento - entrato in vigore nella scorsa primavera -, sono state aperte al culto dal 21 giugno scorso. Ciò si è verificato in conseguenza dell’attuazione graduale di nuove misure di allentamento per far riprendere l’economia nella capitale moscovita. Esse sono tutt’ora accessibili, seppur nel rispetto delle regole sanitarie basilari dettate per contrastare il diffondersi delle infezioni, integrate da norme di comportamento suggerite dalla Conferenza  Episcopale Russa: indossare la mascherina ed i guanti quando si entra in chiesa, mantenere il distanziamento, ridurre l’affollamento nei luoghi al chiuso attraverso il non superamento di un certo parametro percentuale (riduttivo) stabilito sul numero di presenze contemporanee ammesse durante le celebrazioni liturgiche rispetto alla capacità massima di accoglienza pre-covid dello spazio disponibile all’interno del luogo di culto. I parrocchiani di età superiore ai 65 anni, così come quelli con gravi malattie croniche, sono stati invitati ad astenersi dal partecipare alla santa messa. Ai parroci è stato affidato il compito di accertare e garantire che questi parrocchiani più fragili abbiano l'opportunità di ricevere la comunione al di fuori della Santa Messa, così come ad altri sacramenti nel rispetto delle norme di sicurezza. Anche i sacerdoti anziani, di età superiore ai 65 anni o che siano affetti da gravi malattie croniche, si suggerisce che non vengano comunicati pubblicamente, se non in caso di assoluta necessità.   Durante il lockdown le celebrazioni liturgiche ed eucaristiche sono state svolte nelle cappelle o nelle chiese vuote, con la presenza solo del celebrante e di qualche ministrante, senza presenza di fedeli. La celebrazione della santa messa è stata ripresa in diretta con la telecamera e divulgata online con diversi canali multimediali disponibili sulla rete internet. È stata data ampia divulgazione di orari delle celebrazioni delle sante messe domenicali per singole città nelle quattro Diocesi cattoliche della Russia, trasmesse in diretta attraverso canali multimediali disponibili sulla rete internet. La vita liturgica e l’annuncio della Parola non è venuta meno in questa circostanza della pandemia che ha costretto molti sacerdoti ad esercitare il proprio ministero, ad annunciare la Parola di Dio a dare la propria testimonianza usando i moderni mezzi di comunicazione. Per molti ministri, questo modo di operare è diventato una prova convincente che la Chiesa è viva. Nella comunità dei presbiteri si sono verificati diversi casi di positività al coronavirus con sintomi lievi che li ha costretti a sospendere, momentaneamente, l’esercizio in pubblico delle celebrazioni liturgiche e gli incarichi affidati, osservando le misure sanitarie della quarantena e l’autoisolamento. Ringraziando Dio, non si sono verificati decessi o casi gravi di malattia. La comunità cattolica italiana, dopo il periodo di isolamento, ha ripreso timidamente, con le dovute attenzioni, a frequentare le celebrazioni domenicali nelle poche chiese cattoliche presenti a Mosca. Non sono mancate le iniziative di preghiera in piccoli gruppi, le adorazioni eucaristiche ed altre forme di partecipazione da remoto che hanno permesso alla comunità cattolica locale di vivere una comunione reale fondata sulla fede. Cosa può essere, infatti, la fede cristiana se non il semplice e quotidiano riconoscimento che Dio è presente nella nostra vita attraverso i sacramenti e la Chiesa? Tutto questo infonde coraggio nell’affrontare ed accettare le circostanze, anche quelle meno favorevoli, ed una speranza per il futuro che ora non sappiamo come sarà. Però, già da ora, possiamo vivere nella certezza che il Signore non ci abbandona mai. Dall’ascolto delle testimonianze, rese spontaneamente da alcuni fedeli, emerge l’importanza della preghiera personale e comunitaria quale strumento efficace per affrontare questo periodo di crisi e le incertezze che stiamo vivendo. Per qualcuno, oltre alla pratica dei sacramenti, aiuta molto sia la recita quotidiana del Santo Rosario sia mantenere viva l’amicizia con tante persone, sia russi, che italiani, cattolici ed anche ortodossi, con le quali poter condividere la propria fede cristiana nella vita di tutti i giorni. (Demetrio Francesco - Mci Mosca)      

Migrantes: il RIM Junior torna a raccontare l’emigrazione italiana e propone un “vademecum per vincere gli stereotipi”

27 Novembre 2020 - Roma - È fresco di stampa il RIM junior 2020, pubblicato dalla Fondazione Migrantes, che torna a raccontare l’emigrazione italiana, questa volta attraverso la storia dei pregiudizi e delle discriminazioni di cui sono stati vittime i nostri connazionali. Il volume è stato presentato questa mattina all’interno della quinta edizione del Festival della Migrazione. Il RIM junior nasce come una sorta di “fratello minore” del Rapporto Italiani nel Mondo (RIM) e si pone l’obiettivo di coinvolgere il lettore di ogni età nel racconto delle nostre migrazioni, grazie allo stile fresco e accattivante dei testi di Daniela Maniscalco, alle magnifiche illustrazioni di Carmela D’Errico sotto la direzione artistica di Mirko Notarangelo dell’Associazione MamApulia, con il coordinamento scientifico di Delfina Licata della Fondazione Migrantes. L’edizione di quest’anno si è arricchita dei moderni video in grafica animata di Silvano Delli Carri e della collaborazione di Amir Issaa, noto rapper e produttore discografico italiano, da cui è nato un contenuto speciale realizzato ad hoc per il RIM junior. I fan del musicista troveranno anche un testo inedito che potrà essere anche ascoltato tramite l’applicazione Qr code. Come nelle precedenti edizioni, infatti, i lettori potranno approfondire i temi trattati nel RIM junior utilizzando con uno smartphone il QR code, che dà accesso a vari contenuti aggiuntivi. Tra questi, un video che ripercorre i dati più salienti della presenza italiana all’estero. Dal 2006 al 2020 la mobilità degli italiani è aumentata del 76,6%. Gli italiani ufficialmente residenti all’estero oggi sono quasi 5,5 milioni. Nell’ultimo anno hanno lasciato l’Italia alla volta dell’estero e in modo regolare quasi 131 mila connazionali da 107 province e verso 186 destinazioni differenti del mondo. Carcamanosdagosmozzarella nigger e Spaghettifresser: sono solo alcuni dei nomignoli che furono affibbiati agli italiani emigrati all’estero. Si riteneva fossero disonesti e li si accusava di calcare volentieri la mano quando vendevano frutta e verdura. Si rimproverava loro la passionalità, che li avrebbe spinti ad adoperare spesso e volentieri il coltello. Esponenti di spicco di una certa pseudoscienza li consideravano appartenenti ad una razza subalterna, che aveva molti tratti in comune con gli afroamericani, anche loro ritenuti inferiori. E come se non bastasse, i nostri connazionali venivano criticati perché amavano cibarsi di una pietanza un tempo tanto esotica quanto ributtante come gli spaghetti. Con il passare del tempo, e grazie al duro lavoro e agli innumerevoli sacrifici degli italiani, la maggior parte di questi pregiudizi sono stati superati e spesso addirittura ribaltati in modo positivo. Gli spaghetti insieme alla pizza sono diventati uno dei cibi più amati a livello mondiale e la passionalità del temperamento degli italiani si è trasformata in quell’ingrediente magico, indispensabile per il tanto apprezzato Italian style. A livello generale però molto resta ancora da fare per imparare a guardare la realtà senza basarsi sui pregiudizi, che hanno la triste prerogativa di non risparmiare nessun popolo e nessuna categoria, sebbene tendano soprattutto a colpire chi si trova in situazione di particolare vulnerabilità. Il RIM junior 2020 offre ai giovani, ma non solo, gli strumenti per capire cosa sono gli stereotipi e i pregiudizi e imparare a vedere la realtà da prospettive diverse, tenendo sempre a mente che “la mappa non è il territorio”, come amava ripetere il fondatore della semantica generale, il polacco Alfred Korzybski. Dopo aver esaminato stereotipi e pregiudizi, il libro analizza le idee fallaci che hanno portato intere generazioni a credere che esistano le razze, superiori e inferiori, offrendo così una giustificazione teorica al razzismo e all’eugenetica. Un capitolo si sofferma sui modi di dire e sulle barzellette, che non farebbero ridere se non si basassero su stereotipi condivisi, alcuni dei quali sfociano nel razzismo. Un altro capitolo è dedicato ai cibi, spesso utilizzati per deridere chi è diverso da noi, e all’analisi in chiave storica dell’idea di mamma italiana e dello stereotipo del ‘mammone’. Infine, dopo un focus sull’emigrazione femminile, il libro si concentra sulle storie vissute dai nostri connazionali emigrati all’estero. Spesso si trattò di vicende tristi, talora addirittura drammatiche. A volte però gli stessi stereotipi lavorarono a favore dei nostri connazionali, considerati il popolo degli artisti per eccellenza, come avvenne in Giappone alla fine dell’Ottocento. Il libro si conclude con un glossario dei termini relativi all’emigrazione, una bibliografia per approfondire gli argomenti trattati e infine un “vademecum per vincere gli stereotipi” che presenta alcune valide strategie per imparare a spezzare le categorizzazioni preconcette della realtà.    

Prodi al Festival della Migrazione: “Un Master europeo per studiare questi temi”

26 Novembre 2020 -

Modena - E’ iniziato questo pomeriggio il Festival della Migrazione di Modena che quest’anno si terrà completamente online sul sitowww.festivalmigrazione.it e sulla pagina Facebook del Festival. Ad aprire i lavori il portavoce del Festival, Edoardo Patriarca. Tra i primi interventi quello del Vice Ministro agli Interni, Matteo Mauri che ha annunciati che "questa notte la Camera ha chiuso i lavori per la conversione in legge del decreto Immigrazione. Una battaglia culturale per chiudere una stagione in cui si è voluto dipingere il diverso come nemico e criminalizzare chi fa soccorso in mare. Dobbiamo superare la logica inaccettabile di mettere penultimi contro ultimi e dobbiamo costruire una società più equa”. Il vice Ministro ha concluso allargando lo sguardo: “Introdurremo di nuovo la protezione umanitaria e ne allargheremo i confini e poi c’è il nuovo sistema di accoglienza e integrazione (Sai), che prende spunto dagli Sprar con un sistema diffuso di tanti gruppi di piccole dimensioni per fare vera integrazione e limitare al massimo le conflittualità. E poi interverremo sulla formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro. E’ necessario però mettere mano alla legge su cittadinanza e al superamento della ‘Bossi Fini’, che crea un sistema che crea irregolari. Serve anche un racconto diverso e occorre farlo insieme, forze politiche e sociali”. L’intervento del professor Romano Prodi è entrato in pieno sul tema: “Siamo il Paese con la più bassa natalità del mondo: è un segno di stanchezza e disagio collettivo. Nascono appena 400mila bambini. In una società così il tema dei giovani è complicato, perché la voce degli anziani finisce con l’interessare di più e poi c’è un mercato del lavoro che non riesce ad assorbire i giovani. A questi si aggiungono circa 5 milioni di stranieri, l’8% della popolazione, un numero calato di 500mila rispetto al 2015: è chiaro, dunque, che chi parla di invasione lo fa con motivazioni politiche. Ma questo festival non è un’occasione per lamentarsi, ma dare risposte concrete: per fare questo abbiamo bisogno di un centro di analisi complessiva, coinvolgendo l’università. Va pensato e realizzato un master che si occupi di questi temi a tutto tondo, a Modena o altrove, e deve essere a livello internazionale, europeo. La consapevolezza che il fenomeno migratorio sta cambiando l’Europa adesso è comune a tutti i paesi, cambiare il trattato di Dublino è necessario, ben sapendo che si tratta di un problema molto complesso. Vedo però passi avanti in Europa, forse anche per l’uscita della Gran Bretagna. In Italia c’è un lavoro da fare anche a livello locale: non abbiamo mai saputo realmente valorizzare il contributo dei migranti e in questo modo abbiamo perso tutti qualcosa. Il migrante è uno di noi – ha sottolineato – e c’è invece l’idea di catalogarli tra i poveri, quando invece portano con loro grandi risorse”. Il finale è per il Mediterraneo: “Cento anni fa il Mediterraneo era fonte di affari, oggi è una barriera. Bisogna ricostruire una struttura di collaborazione, anche per un interesse nazionale. Il nostro Mezzogiorno non potrà mai svilupparsi se intorno a sé non ha niente e il Mediterraneo in questo è decisivo. L’Italia è decisiva per costruire alleanze, in Europa abbiamo questa missione, quella di legare il Mediterraneo ed è il vero modo di aiutare le nuove generazioni”.

L’arcivescovo di Modena, mons. Erio Castellucci, ha spiegato: “Cento anni fa, proprio oggi, nasceva Ermanno Gorrieri che, oltre a tanto altro, sapeva educare i giovani a un futuro di speranza, di integrazione, di inclusione, un futuro bello. Iniziative come questo festival va in questa direzione, guarda avanti. Spesso sulle nuove generazioni si ragiona e si fanno discorsi, ma vanno prima di tutto ascoltate. E chi viene da fuori e diventerà italiano a tutti gli effetti, come auspichiamo, porta con sè energie e proposte di cui una società come la nostra, che è invecchiata, ha bisogno”. La chiosa del Sindaco di Modena, Giancarlo Muzzarelli: “Occorre fare un salto di qualità sul tema, parliamo della nostra storia di ieri e di oggi. E dobbiamo guardare alle nuove generazioni. Pensiamo ai ragazzi stranieri delle nostre scuole: noi diamo la cittadinanza modenese a 10 anni, sentono l’appartenenza. E’ tempo di un dialogo culturale che faccia crescere tutti”.

L’appuntamento è promosso da Fondazione Migrantes, Porta Aperta, Crid di Unimore e Integriamo, con il patrocinio e il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Modena e oltre 50 aderenti ed enti locali, gode inoltre del sostegno del Csv Terre Estensi e di Fondazione di Modena e del contributo di Bper Banca, Coop Alleanza 3.0, Menù e Neon King.