Tag: Italiani nel mondo

Giovani italiani e lussemburghesi insieme per l’Europa

7 Maggio 2021 - Roma - In occasione della Giornata dell’Europa 2021, l’Ambasciata d’Italia in Lussemburgo ha voluto celebrare l’importante ricorrenza del 9 maggio, inserita ufficialmente nel calendario delle festività nazionali lussemburghesi dal 2019, organizzando un’esibizione virtuale de “Il Coro che non c’è”, in collaborazione con la Scuola Europea di Lussemburgo che accoglie al suo interno la Sezione italiana frequentata da centinaia di alunni dei cicli dell’infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado. Fondato a Roma da Ludovico (Dodo) Versino, già Direttore di numerose formazioni corali, “Il Coro che non c’è” è un ensemble composto da “una rete fluida e mutevole di giovani provenienti dai vari licei capitolini, le cui recenti esibizioni audiovisive, svoltesi in digitale a causa delle restrizioni legate alla pandemia, hanno fatto registrare numerosissime visualizzazioni, a riprova della qualità del progetto sotto il profilo artistico ed educativo”. Con l’intento di interpretare in chiave originale e giovanile lo spirito della Festa dell’Europa, molto sentita in Lussemburgo Paese fondatore come l’Italia, l’idea alla base dell’evento è stata quella di creare “un ponte tra il gruppo musicale italiano e gli allievi della Scuola Europea di Lussemburgo per dar vita a un’esibizione canora comune”.  

Mci Romania: la visita del card.Percă a Greci

16 Aprile 2021 - Bucarest - Sabato scorso il card. Aurel Percă, arcivescovo di Bucarest ha visitato la Missione Cattolica Italiana di Greci. Durante la celebrazione eucaristica ha benedetto l'olio che brucia sull'icona di S. Lucia, in memoria degli italiani vissuti nel Comune greco. La comunità italiana del comune di Greci nacque quando re Carol I chiamò gli italiani (artigiani nella lavorazione della pietra) a lavorare il granito nelle montagne della Dobrogea. Durante l’incontro anche una breve storia dell’emigrazione italiana in questa città preparata dall'insegnante, Celia Onțeluș e un ric ordo dei “propri antenati italiani emigrati dall'Italia in queste terre di Dobrogea”. Durante l’omelia il porporato si è congratulato con la comunità italiana “per la loro testimonianza su questa terra di Dobrogea”.  

Ambasciata Italiana in Argentina: oggi la Giornata dedicata alla ricerca italiana nel mondo

15 Aprile 2021 - Roma - Oggi, 15 aprile, si celebra la "Giornata della ricerca italiana nel mondo" nell'anniversario della nascita di Leonardo Da Vinci, senza dubbi il padre della scienza italiana. L'Ambasciata d'Italia in Argentina partecipa alle celebrazioni con un webinar organizzato per oggi aperto al pubblico, trasmesso dal proprio canale YOUTUBE, il cui asse tematico sarà la Cooperazione nelle tecnologie spaziali tra Italia e Argentina. La cooperazione scientifica tra Italia e Argentina - si legge in una nota dell'Ambasciata - ha radici remote e si è sviluppata in tutti i settori, ma probabilmente è nel settore spaziale dove entrambi i paesi hanno investito maggiori sforzi bilaterali in termini di risorse umane e finanziarie. Per questo motivo l’evento è dedicato alla cooperazione nelle tecnologie spaziali. All'evento parteciperanno l'Ambasciatore d'Italia in Argentina, Giuseppe Manzo; il Ministro della Scienza, della Tecnologia e dell'Innovazione della Repubblica Argentina, Roberto Salvarezza; il presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana, Giorgio Saccoccia; il Direttore della CONAE, Raúl Kulichevsky, ed esperti del settore spaziale, argentini e italiani, che hanno reso possibile la collaborazione scientifica e tecnologica tra l’Italia e l’Argentina in un settore di alta tecnologia con applicazioni fondamentali per lo sviluppo sociale ed economico.  

FAIM: una lettera alle istituzioni in vista del PNRR

7 Aprile 2021 - Roma - Con una nota inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi e ai ministri del Governo il FAIM (Federazione Associazioni Italiane nel Mondo) ha trasmesso oggi al Governo le proprie proposte di inclusione della specifica dimensione rappresentata dalla grande comunità degli italiani nel mondo, all'interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che sarà definito entro la fine di questo mese per essere inviato alla Commissione Europea. Nello specifico, il FAIM, facendo anche riferimento al lavoro di preparazione della Conferenza Stato-Regioni-Prov. Autonome-CGIE svolto in seno al CGIE, indica alcuni punti prioritari che dovrebbero essere inclusi nelle azioni previste dalle diverse Missioni in cui è articolato il PNRR, sia per quanto attiene la dimensione dei diritti di cui sono portatori i cittadini italiani all'estero, sia per l'opportunità che essi rappresentano e possono far valere in diversi ambiti, nel rafforzamento della ripresa del paese. In particolare, il documento sottolinea “l'inserimento a pieno titolo dei servizi della Rete Consolare all'interno delle misure di ammodernamento e digitalizzazione della Pubblica Amministrazione”, “una vasta campagna informativa rivolta agli italiani all'estero sulle opportunità di riqualificazione energetica degli edifici e case di proprietà dei connazionali emigrati che può contribuire a convogliare risorse verso il Paese e a contenere le emissioni nocive”, “l'inclusione dei giovani delle ultime generazioni e della nuova emigrazione nei programmi di potenziamento delle competenze e del diritto allo studio (educazione, lingua e cultura e formazione professionale) e in quelli volti a al rafforzamento della Ricerca e Sviluppo”, il coinvolgimento degli italiani all'estero nelle “politiche di coesione sociale e territoriale, sia come fruitori di misure di accompagnamento e assistenza nei progetti emigratori alla partenza e all'arrivo, sia come attori di sviluppo locale in caso di rientro nelle regioni di esodo o nella costruzione di partenariati internazionali” e “l'attenzione istituzionale alle fasce di popolazione più fragile in alcuni paesi svantaggiati dell'America Latina e dell'Africa, quali soggetti ‘da prendere in carico’ dal punto di vista dei servizi sanitari, con misure ed azioni ad hoc, analogamente a quanto avverrà in Italia”. Ciò – scrive il FAIM - vale anche per i nuovi migranti che hanno difficoltà ad ottenere una copertura assicurativa sanitaria stabile sia per le norme in vigore in alcuni paesi, sia per la frequente precarietà di condizioni lavorative che sono costretti a subire anche in Europa”. Nel documento si sottolinea che il PNRR “non può ignorare o sottovalutare i diritti, i bisogni e le opportunità presenti in quella che, a seguito dei nuovi flussi emigratori dei primi due decenni di questo secolo, costituisce oramai la seconda regione del paese, la cui popolazione si aggira intorno ai 7 milioni di persone”.  

“Piangete piuttosto sui vostri figli!”

2 Aprile 2021 - Loreto - «Piangete piuttosto sui vostri figli !». È il grido del Cristo, nel cuore della sua passione. Ma oggi è quello di Agnese a Loreto, alla sua confessione pasquale. Lo è per il figlio Giacomo, chef marchigiano e quanti lo seguono, lontano, ormai a Los Angeles da vari anni. Dopo, però, una montagna di sacrifici, di umiliazioni e di difficoltà. Una via crucis per i nostri giovani. «Sapesse quanti ce ne sono di giovani italiani con mio figlio in America, hanno lauree o diplomi, - mi fa, preoccupata - e si raccontano ancora, ridendo di amarezza, il concorso per spazzini, che hanno fatto in Italia, in migliaia!». È la quarta volta che lei ritorna in California. Come la madre per il Cristo, i figli si accompagnano fin dove vanno. Anche sul Golgota del loro destino. Da dove sanno risorgere spesso a una vita nuova. Paradossalmente. Ne incontravo in questi ultimi anni all’estero. Ricordo le loro espressioni, il loro sguardo sospeso, piuttosto triste e rattristante, sulla nostra terra. Antonella, eccola all’estero per la seconda volta, dopo un master per ritentare fortuna. Nel suo Sud non ha attecchito. “Il Sud ? Un deserto!” vi risponde, secca. “Si è perfino stanchi di cercare lavoro, tanto non lo si trova. Non c’è nulla. Si lavora al nero, anzi – calcando il tono – un nero che più nero non c’è”. “Ciononostante", - vi precisa, con un’impennata di orgoglio meridionale, - “c’è della gente che vale, laggiù!” Olga e Giovanna da Rho, due ragazze bionde e vivaci, vi sanno dire a raffica gli aspetti dei giovani, che hanno ormai lasciato in Lombardia: “Rassegnati, delusi, demotivati, squattrinati e cionostante studiano… chissà, perchè !” Boris, bergamasco di Pontida, all’estero da qualche anno ha appena incontrato due trentenni arrivati di fresco dall’Italia, anzi “fuggiti,” si corregge subito. Li ha aiutati a trovare casa ed altro, anche se con difficoltà. Ormai ce ne sono troppi che arrivano, in particolare, dalla Grecia, dalla Spagna. Carla, giovane piacentina, invece, prende il tempo di riassumervi cosa ha apprezzato nel mondo inglese. La cosa più bella è la sincerità: quello che un inglese ti dice è quello che pensa. “Per quanto rude possa essere è la verità, e questa si gestisce, - sottolinea - l’ipocrisia, invece, vi affonda nei dubbi”. Poi ha trovato molto rispetto per chi vuole imparare: l’accoglienza verso chi studia è espressa anche ai livelli più alti. Nessuno, poi, si preoccupa di come si appare. Gli inglesi, per esempio, leggono ovunque. “Io, in Italia venivo guardata bizzarramente, quando leggevo camminando per strada o aspettando il bus. Qui, invece, sono normale!”. Sonia parla dei giovani italiani che incontra. Nella maggior parte si nota la nostalgia del sole, del buon cibo e dell’estro nostrano, ma in tutti si sente la necessità di vivere in una società più rispettosa, meno macchinosa e falsa. In Italia si è tutti amici, è vero, ma questo rapporto spesso richiede favori, ti lega… » E conclude: “Chi vive in Italia lo vedo frustrato di un Paese che si svende, che non investe nel futuro, che si piange addosso fingendo di stare bene, che vorrebbe anche ribellarsi, ma ne ha paura o non ne ha le forze.” Riccardo da Fano, ricercatore in fisica a Ginevra per anni, poi semplice precario a Urbino per un anno, quindi ordinario di fisica all’Università in Brasile, naturalmente sposandosi una dolce brasiliana. Una parabola, a cui non servono commenti. Seguendo il filo del discorso di questi giovani emerge un’idea inquietante. Sembra che i barconi che approdano alle nostre coste – di cui in patria si è come ossessionati per poche migliaia di poveri cristi in cerca di pace e carichi di tutte le speranze del mondo – questi barconi siano paradossalmente l’immagine stessa della nostra terra. Essa getta a mare i suoi giovani. E fa ricordare una massima amara di uno scrittore comasco: “Quando in una società il vecchio uccide il giovane c’è ben poco da sperare. Si autodistrugge, senza saperlo.” La nostra tragedia, infatti, non è l’immigrazione. Ma l’emigrazione. Sì, dei nostri giovani. Essa raggiunge ultimamente più di 50mila unità all’anno. Screma il futuro di una società. Spoglia le nostre comunità. Ci impoverisce paurosamente, senza accorgersene. Uccide, così, la nostra speranza. Viene, allora, da interrogarsi se i responsabili della nostra società siano come gli idoli nella Bibbia, che hanno orecchi ma non sentono, hanno occhi e non vedono. Sapendo che la dinamica dell’idolo è quella di concentrare in sé ogni potere, ogni ambizione e farsi adorare. Centrati in se stessi, autoreferenziali per eccellenza. “Siamo al neo-feudalesimo” – commenta Massimo, un giovane veneto – “da noi non c’è stata una rivoluzione francese, nè una rivoluzione industriale come in Gran Bretagna, nè una rivoluzione protestante…” Aurea mediocritas, direbbero i latini. All’estero, in fondo, il paragone viene naturale. I nostri emigranti italiani hanno costruito per lunghissimi decenni dei ponti con altre culture e con altri popoli, hanno lanciato delle passerelle, hanno imparato a vivere in simbiosi con altri e a farne sintesi nei loro aspetti migliori. “Facendo la loro patria il mondo” sottolineava Giovanni Battista Scalabrini. Nella nostra terra, invece, ci si rinchiude in campanilismi, in clan, in corporazioni, in gruppi di interesse o di pressione. Sì, un piccolo mondo antico. Perfino nella distribuzione dei vaccini contro il Covid 19, lo si è visto ultimamente. In fondo, per questi giovani, abbandonati da tutti e abbandonati a se stessi, resterà solo Dio a proteggerli. Così, il nostro sguardo si fa compassione e preghiera. (p. Renato Zilio - Migrantes Marche)

Passione di Cristo a Casablanca 

30 Marzo 2021 -

Loreto - Don Cipriano ci attendeva a braccia aperte, alla parrocchia italiana «Cristo Re», boulevard Abdelmoumen, a Casablanca. Avrebbe ospitato la dozzina dei nostri giovani, tutti figli di italiani all’estero. Era la prima tappa del loro pellegrinaggio verso il deserto del Sahara. Tutto il percorso, poco più di una decina di giorni, come ogni anno a Quaresima, si proponeva di far vivere ai nostri giovani il cammino di Cristo verso Gerusalemme.

Eravamo ospiti di varie, piccole comunità cristiane lungo il percorso, fino a sostare per tre giorni e tre notti in pieno deserto, sotto rustiche tende berbere. Un viaggio avventuroso, interiore, trasformante. Come ricorda Proust, viaggiare «non è scoprire nuove terre, ma avere nuovi occhi». Così, da una città quasi europea, caotica e straordinariamente vivace come Casablanca si arriva alla pace e all’essenzialità assoluta, che solo un deserto sa offrire. Scoprire  là, la forza segreta dell’anima.

La parrocchia italiana di Casablanca, poi, è costituita soprattutto da siciliani, pescatori di Mazara del Vallo, da Trapani…  acquartierati laggiù da cinquanta o sessant’anni: tutto vi era pronto per accoglierci. E come sempre, l’accoglienza nel Maghreb è semplice e regale. «Dopodomani, animerete la messa solenne delle Palme !». Con i primi saluti, erano queste le parole di don Cipriano, dal sapore di invito ma, allo stesso tempo, di un ordine. I giovani ne rimasero entusiasti.

Sarebbero venuti, per l’occasione, tantissimi della comunità italiana in Casablanca e senz’altro il Console, come d’abitudine ogni anno. Il sabato, i nostri giovani leggevano i testi, facevano i preparativi per i vestiti, le parole, i gesti dei personaggi nella Passione. Erano la rivoluzione per il guardaroba delle suore. Queste animano la vicina casa di riposo per anziani italiani.

Già, al mattino presto della domenica delle Palme, ai giovani il grande compito dell’accoglienza. Dietro un lungo tavolo, offrono all’arrivo - con un sorriso, come si erano proposto - un ramo di ulivo intrecciato di un nastro rosso-sangue, augurando ad ognuno «buona settimana santa !». La gente, senza fretta, arrivava a frotte. E rimaneva stupita di vedersi davanti, all’arrivo, una banda di giovani italiani disponibili, disinvolti, pieni di simpatia, mai visti prima. Poi, in seguito, quasi tutto il gruppo saliva all’altare, per leggere la Passione. Lasciando a Rodrigo, un bel volto ispirato di profeta, grande animatore dei ragazzi di catechesi, l’impegno di presentare un unico personaggio : il Cristo.

Così, all’inizio della lettura, sbucando dal fondo della chiesa affollata, vedevi apparire il Cristo, d’improvviso. Una lunga veste color porpora fino alle caviglie, un’enorme croce, a passo ritmato, sempre uguale, avanzava lungo tutta la grande navata. Concentratissimo. Lentamente procedeva, con una cadenza a singhiozzo… quasi fosse un pianto. Se l’era provato, riprovato quel passo - l’avevo ben osservato, infatti - chissà quante volte, il giorno prima... Un passo come sospeso, aritmico, alla soglia della morte. Impressionante. La gente, tutta intenta a leggere il testo, se lo vedeva, sorpresa, apparire di lato, quasi d’improvviso. Arrivato all’altare, Rodrigo vi posava, poggiandola in piedi, la grande croce. E al momento delle parole della crocifissione, assorto e fisso di fronte come una statua, davanti a tutta l’assemblea, lo vedi aprire le braccia il più largo possibile. Qualche istante così, un’eternità. E alla morte, cadere per terra d’un tonfo, rimanendo là, scomposto, senza muovere neppure un filo. Immobile, durante quasi tutta la celebrazione. Era come vedere a terra un qualsiasi morto ammazzato, in una stazione dei treni o sul marciapiede di una strada...

Ricordo che la gente si toccava il gomito, come per dirsi: «... ma è ancora vivo?!». E poi, durante il Padre nostro, eccolo rialzarsi di fronte all’assemblea ed estrarre, a sorpresa, dal petto, la famosa bandiera multicolore della PACE, stenderla e sollevarla il più alto possibile per tutto il tempo restante della preghiera. Al momento dello scambio di pace, legarsela attorno alle spalle, per passare a dare la mano ad ognuno dei presenti, di banco in banco… La gente era commossa – lo si vedeva – di abbracciare il Cristo, ricordando il suo passo di morte e la sua interminabile caduta per terra. Una scena stampata nella mente, che come in noi, lo sarà stato anche per gli altri.

I giovani, d’altronde, avevano vissuto questo loro impegno come un forte gesto di solidarietà con la nostra gente in terra straniera. Sì, una passione quotidiana, continua, che pare non finire mai, sui passi del Cristo. Lo straniero in mezzo agli uomini. Questi giovani saranno gli ultimi a dimenticarselo.

Come non dimenticheranno le poche parole di suor Monica : «Sapete, i nostri vicini di casa hanno una fede che trasporta le montagne !» E parlava di musulmani. Ma io non dimenticherò, ritornati, il loro grazie più originale. «Grazie padre, perchè ora comprendiamo meglio l’Europa !». Sì, il suo panorama ormai multiculturale e multireligioso, dove costruire più ponti e meno muri. Casablanca era rimasta nel cuore (p. Renato Zilio, Migrantes Marche)

Italiani nel mondo: è morto don Reginato, per anni con gli italiani in Venezuela

29 Marzo 2021 - Ferrara - E' morto don Giorgio Reginato, per 36 anni in Venezuela impegnato per la pastorale con gli italiani. L'annuncio è stato dato dall'arcivescovo di  Ferrara-Comacchio, mons. Giancarlo Perego,  unitamente al presbiterio e alla diocesi tutta con l'invito ai i fedeli e ai sacerdoti a ricordarlo nella preghiera. Don Giorgio era nato a Onè di Fonte (Tv) il 13 novembre 1941, ed era stato ordinato sacerdote il12 aprile 1969. Importante l'esperienza missionaria in Venezuela come cappellano degli emigrati italiani. Al ritorno in Diocesi è stato amministratore parrocchiale di Coccanile e di S. Apollinare in Dossetti dal 2008 al 2014. Attualmente abitava ad Onè di Fonte, suo paese natale, dove è deceduto. Alla famiglia e alla diocesi la vicinanza e il ricordo nella preghiera della Fondazione Migrantes.  

Wuppertal: la Passione Vivente è cuore pulsante

26 Marzo 2021 - Wuppertal - Nasce tra le rughe e le gli anfratti del cuore di una generazione che ha davvero lasciato tra le lacrime la propria patria, in un tempo in cui il mondo non era così piccolo come lo è divenuto oggi con la tecnologia, il desiderio di riproporre in terra straniera tradizioni della propria pietà popolare. Questa nostalgia, che diventava con il passare degli anni sete ardente di azioni compiute tra le strade del proprio paese, di azioni legate a doppio filo con la fede trasmessa dai padri e dalle madri lungo i secoli, ha dato vita 40 anni fa circa ad una realtà che nel tempo la città di Wuppertal ha fatto propria: la Passione Vivente. Si è iniziato in sordina dal sogno di un piccolo gruppo, guidato dai missionari e da laici appassionati di italiani che desideravano solo poter rigustare tradizioni, gesti, parole e canti che avevano il sapore buono di casa. Pian piano però il sogno di pochi ha coinvolto molti e il piccolo gruppo è cresciuto ed è diventato multiculturale e anche ecumenico (i pastori e le comunità evangeliche non mancano di partecipare e apprezzare). 40 anni di storia durante i quali si nota anche la crescita del livello di professionalità e cura dei particolari (dalle vesti dei personaggi all’attenzione dei registi, ai dialoghi e ai gesti). 40 anni in cui la Passione Vivente è cresciuta con i protagonisti stessi fino a diventare l’evento che ogni Venerdì Santo richiama migliaia di persone. Questi 40 anni avremmo dovuto celebrarli lo scorso anno, ci stavamo preparando a farlo, quando il COVID-19 ha stravolto i piani nostri e dell’umanità intera. Se il Venerdì Santo è il giorno in cui la chiesa si stringe attorno alla Croce, è il giorno in cui davanti alla Croce ci si inginocchia, è il giorno in cui l’urlo di Cristo squarcia il cielo e, non solo regna il silenzio, ma anche la luce si fa da parte e sul Calvario restano solo un cielo muto e la Croce… Se il Venerdì Santo è da sempre tutto questo, lo scorso anno lo è stato infinitamente di più e lo è stato in ogni angolo del mondo. Sul Golgota siamo saliti insieme, siamo saliti tutti e la sospensione della Passione Vivente ha reso per noi, qui in questa Missione e in questa città, la giornata del Venerdì Santo ancora più profondamente immersa in un silenzio che mai avevamo provato prima. È trascorso un anno, un anno in cui abbiamo vissuto, con l’intera umanità, una tempesta che non accenna a diminuire di forza e gravità; stiamo attraversando un deserto che ci ha messi e continua a metterci a dura prova. E anche quest’anno non sarà possibile ritornare a proclamare la nostra fede lungo le vie della nostra città. Ma abbiamo deciso di rivivere la “nostra” Passione Vivente in un modo un po’ speciale: ogni venerdì di quaresima, sul nostro sito ( https://mci-wuppertal.de/), sulla pagina Facebook e sul canale Youtube della Missione cattolica italiana di Wuppertal verrà pubblicato un breve video che ripercorrerà le varie stazioni della Passione, rivisitandole negli anni. Un piccolo pensiero di due, tre minuti per raccontare cosa abbiamo vissuto, costruito e tentato di incarnare in questi 40 anni. Lo scorrere delle immagini riporta a galla i ricordi, si rivedono volti di persone care che ora sono già nella Gloria di Dio; si nota lo scorrere del tempo ed è emozionante riconoscere bimbi che sono diventati ragazzi e poi uomini interpretando, via via, vari personaggi…dagli schiavi che reggono la bacinella di Pilato, a soldati romani, agli apostoli. In questi 40 anni è trascorsa la vita, scandita anche dalla Passione Vivente. Scandita e da essa riempita, perché quando si vivono esperienze forti come quella di ritrovarsi, in mezzo alla neve, quasi nudo, issato sulla Croce, o si asciuga, nel ruolo della Veronica, il sangue, che pare così vero, dal volto di colui che sta “interpretando” Gesù e che, nella vita, è tuo marito, beh, in quel momento la fede si incide davvero nella carne, s’incide nei protagonisti, s’incide in coloro che stanno vivendo insieme a loro quell’esperienza e s’incide anche nella carne del passante ignaro che si ritrova per caso nel giardino botanico, dove si svolge la parte finale della Passione Vivente, e che osserva e piange come un bambino, colmo di emozione e commozione. No, la Passione Vivente non è uno spettacolo, non è una recita. Essa è un cuore pulsante che narra la fede di una comunità e, se è vero che non siamo mai stati così fragili come nel corso di quest’ultimo lungo anno, è vero anche che la speranza, quella vera, quella certa, quella che viene da Dio, affonda le sue radici in questa fragilità. E allora sostiamo in questa fragilità, accogliamola, riconosciamola, ricordando che nella notte dove tutto si confonde, Gesù è calmo e pieno di fiducia vera nel Padre. Dal Getsemani in poi fede è credere che il fare la volontà di Dio possa sprigionare luce anche nella più fitta delle oscurità. In Dio e con Dio c’è luce anche se non la vediamo ancora. In Dio e con Dio c’è luce anche nella notte, anche in questa notte. (Flavia Vezzaro – Mci Wuppertal)      

MCI Germania e Scandinavia: è morto don Giuseppe Gilberti

25 Marzo 2021 - Brescia – Si svolgeranno domani, venerdì 26 marzo alle ore 10 presso la parrocchiale di Ronco di Gussago i funerali di don Giuseppe Gilberti, classe 1942, morto ieri. il 24 marzo. Durante il suo ministero, tra i tanti incarichi, quello di cappellano degli emigranti in Germania dal 1982 al 2018. Don Gilberti, dopo la cerimonia funebre presieduta dal vescovo di Brescia, mons. Pierantonio Tremolada, verrà sepolto a Ronco di Gussago. Don Giuseppe era nato a Gussago, in provincia di Brescia ed era stato ordinato sacerdote nel 1968 a Brescia. I suoi primi impegni pastorali sono stati come cappellano a Poncarale (1968-1970) e come responsabile dell’oratorio a Cazzago S.M. (1970-1982). Poi è venuto in Germania per continuare il suo ministero presbiterale nelle Comunità italiane in Germania. La prima tappa è stata a Wolfsburg, nella diocesi di Hildesheim, dove il 7 marzo del 1982 ha assunto la guida della locale Missione. Qui è rimasto fino a tutto il settembre del 1983. È quindi passato alla Comunità italiana di Neu-Ulm (diocesi di Augsburg), e dieci anni dopo, nel 1993, gli veniva affidata anche quella di Ulm (diocesi di Rottenburg-Stuttgart), ricorda il delegato delle Missioni Cattoliche Italiane in Germania e Scandinavia, p. Tobia Bassanelli.  Ha retto queste due Comunità fino al 30 ottobre 2018, facendo poi rientro nella diocesi di origine, a Brescia, dopo oltre 36 anni di “generoso e instancabile impegno pastorale tra gli emigrati italiani in Germania e di ottimi rapporti con la chiesa locale”. Prima di partire «ci teneva molto a festeggiare il 50° di sacerdozio con i parrocchiani e con i confratelli. La solenne celebrazione è stata il 3 ottobre 2018 nella chiesa St. Albert, presieduta dal vescovo emerito di Brescia mons. Luciano Monari, attorniato da 25 concelebranti, e con l’ampia chiesa stracolma di fedeli, segno visibile della stima che godeva e dell’apprezzamento per il suo lavoro pastorale. Basti ricordare la Via Crucis nelle strade e nelle piazze più importanti della città, il Venerdì Santo, seguita da migliaia di persone, per rendersi conto di un lavoro pastorale che andava ben oltre i confini delle sue due Comunità parrocchiali». Don Giuseppe – aggiunge p. Bassanelli - «non solo era sempre presente ai Convegni Nazionali ed agli Esercizi spirituali, ma per tanti anni, fino ai primi problemi di salute, ne era stato un attivo organizzatore e animatore. Curava in particolare le serate di amicizia, mettendo a disposizione tutto il necessario per far festa, in particolare la sua allegria e la sua bravura nel creare un clima di gioia e di amicizia. Il suo segreto pastorale? Lo ha rivelato nel suo discorso in occasione del 50° di sacerdozio: stare vicino alla gente, ai loro problemi e nei momenti belli, per portare gioia e serenità, la gioia del vangelo e dei valori cristiani». Alla diocesi e ai familiari la vicinanza della Fondazione Migrantes.

La rete: strumento per costruire ponti anche con i giovani delle MCI

22 Marzo 2021 - Milano - Dallo scorso marzo 2020 la nostra vita è stata stravolta dal Covid19 che ci ha costretto a chiuderci in casa, lavorare da remoto, non poter andare a scuola, fare sport, ecc…. Per le nostre comunità cristiane ciò ha significato perdere la bellezza delle relazioni che caratterizzano tutte le attività che proponiamo ai bambini, preadolescenti, adolescenti, giovani e famiglie nei nostri oratori. Abbiamo dovuto chiudere i cortili e rimetterci in gioco in una dimensione sino ad ora mai percorsa: il Web! Un mondo dove la fede è relegata ad un pubblico di nicchia e la maggior parte dei nostri giovani lo vive solamente per navigare sui social e per giocare ai videogiochi. Il troppo tempo passato nel Web ha portato tanti di loro a chiudersi in mondi virtuali isolanti privi di emozioni relazionali e ha scatenato apatia e fatica. Noi educatori ci siamo interrogati e dopo un primo smarrimento abbiamo trovato nella rete, attraverso incontri e materiali, lo strumento che ha permesso di tenere vivi i rapporti e continuare a trasmettere la bellezza del Vangelo. Anche negli oratori di Busto Arsizio dove lavoro, per la Cooperativa Aquila e Priscilla - Diocesi di Milano come coordinatore, ho pensato che la via da percorrere fosse il Web. Ho cercato di rielaborare con fantasia una nuova proposta educativa e di fede senza copiare nella dimensione social quello che si fa in presenza perché le dinamiche sono diverse e occorre stimolare e dare spunti nuovi per giocarsi ed essere coinvolti. Proprio questa fantasia mi ha permesso, in piena condivisione con il mio parroco don Gaudenzio, di ideare il percorso “La rete: strumento per costruire ponti”. Mi sono chiesto: come possiamo mettere in contatto adolescenti e giovani sparsi per il mondo? Attraverso la rete! Ed ecco che quest’ultima diventa lo strumento per costruire ponti, permette di potersi incontrare in ZOOM per conoscersi, chiacchierare e raccontare come si vive la fede nella comunità in cui si vive. Nel progetto sono state coinvolte la Comunità Cristiana italiana di Barcellona (con don Luigi Usubelli) - Spagna, la Missione Cattolica di lingua italiana nel cantone di Lucerna – Svizzera (con Don Mimmo Basile e le collaboratrici suor Selvije e Maria Carminitana), il Centre Eucharistique Mokolo II Dernier Poteau – Camerun (con Padre Joseph Desiré Mvongo) e gli Oratori SS Redentore e Maria Regina di Busto Arsizio - Italia. Quattro realtà tra loro diverse ma unite dall’amicizia con Gesù e dalla voglia di giocarsi. Quest’ultima ha permesso di dar vita a uno scambio di idee, di storie di vita e di fede tra i giovani collegati. La bellezza di raccontarsi ha aperto anche a storie personali, idee nel campo dello studio, la conoscenza delle abitudini delle città che ospitano le comunità coinvolte e ha dato ai giovani uno strumento per costruire legami che si spera permetterà loro di incontrarsi di persona una volta superata la pandemia. Significativo, attraverso il racconto di Padre Joseph, poter conoscere una realtà parrocchiale e giovanile in Camerun perché ci ha aperto all’universalità della Chiesa. Questa universalità può essere raccontata e vissuta attraverso la rete. Provate a pensare: chi mai avrebbe detto che nel 2021 quattro realtà giovanili tra loro sconosciute si sarebbero incontrate? Ebbene sì è stato possibile utilizzando la rete e facendola diventare strumento per unire e spazio di crescita reciproca. Una cosa che ho imparato in questo tempo inedito è che nulla tornerà come prima e che il Vangelo ha mille strade per essere annunciato e la rete è una di queste. Come diceva Gesù: “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra.” (Atti 1,8) Noi ci siamo e siamo pronti per questa sfida perché #loratoriocè!  (Davide Romanò)