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Papa Francesco: preghiamo affinché il grido dei fratelli migranti, caduti nelle mani dei trafficanti senza scrupoli e vittime della tratta, sia ascoltato e considerato”

7 Febbraio 2020 - Città del Vaticano - “Preghiamo affinché il grido dei fratelli migranti, caduti nelle mani dei trafficanti senza scrupoli e vittime della tratta, sia ascoltato e considerato”.  Nel mese di febbraio, Papa Francesco rivolge un appello ad ascoltare il grido disperato di tante persone che soffrono per il dramma della tratta. E lo ha nel video per l’intenzione di preghiera per  questo mese evidenziando che tra i vari motivi, ciò avviene “a causa della corruzione di coloro che sono disposti a tutto per arricchirsi”. “Il denaro dei loro affari, sono affari sporchi, subdoli”, aggiunge il Papa. Il “Video del Papa” è un’iniziativa globale della Rete mondiale di preghiera del Papa per diffondere le intenzioni mensili del Pontefice sulle sfide dell’umanità e della missione della Chiesa.

Card. Montenegro: “non si può accettare che in queste magnifiche acque siano morti 60.000 migranti”

7 Febbraio 2020 - Lampedusa - “Non si può accettare che in queste magnifiche acque desiderate dai turisti siano morti 60.000 migranti, facendolo diventare cimitero liquido”. È il monito dell’arcivescovo di Agrigento, Card. Francesco Montenegro, lanciato da Lampedusa dove si è celebrata la prima tappa del pellegrinaggio dell’immagine della Madonna di Loreto, promosso nell’ambito del Giubileo lauretano indetto per ricordare i 100 anni dalla proclamazione di Maria patrona dell’Aeronautica militare. “Essere cristiani – ha detto il cardinale durante l’omelia della Messa concelebrata con i cappellani militari di tutta la Sicilia – è acquisire lo stile del Maestro Gesù, avere cioè la sua stessa attenzione per i poveri, gli ammalati, gli esclusi e la sua capacità di stare accanto agli ultimi perché scoprano di essere i primi davanti a Dio. Questo compito riguarda tutti i battezzati, anche voi che portate una divisa che vi fa onore e che onorate col vostro servizio; tutti siamo chiamati dal Risorto a portare, là dove operiamo, la notizia della possibilità di una buona vita”. “Gesù – ha aggiunto l’arcivescovo di Agrigento – ci chiede di annunciare, testimoniare, farci vicini agli altri; essere cristiani non è avere addosso il bollino blu della fede, ma è mettersi in gioco, avere il coraggio di andare controcorrente, pur sapendo che lo stile di vita proposto dal Vangelo non sempre e non da tutti è accettato. Non si tratta di essere dei superman o dei ‘Mastro Lindo’ – ha precisato – ma di raccontare con i gesti più che con le parole, che l’amore si è fatto carne e può riempire di significato ogni vita umana. Vivere da cristiani per noi non è un dovere ma, come ci ha ricordato Papa Francesco, è una gioia. Se il Vangelo è gioia, vivere e portare il Vangelo è fonte di gioia”. Per far ciò, ha rimarcato il card. Montenegro, “non può essere sufficiente una fede da supermercato, da prendi tre e paghi due, light, a basse calorie, inodore, incolore, insapore, né liscia o gassata ma frizzante naturale. Quella che fa sentire le bollicine nel naso. Una fede senza bollicine può essere tutto ma non è fede. La fede è sale, fuoco, è credere che l’impossibile può essere possibile”. “Voi potete comprenderlo meglio di tanti altri – ha affermato rivolgendosi agli aviatori presenti – perché non vi accontentate di guardare il cielo, ma ci andate. Non siete campioni da video giochi, ma uomini che sanno osare e sfidare. Voi siete abituati a volare alto. Che nella vita quotidiana sappiate essere gli uomini dell’oltre, dell’alto, capaci di credere e far credere che al di sopra delle nuvole il sole continua a brillare. Siate campioni nella vita, così come dimostrate di esserlo quando guidate i vostri aerei”.

Giubileo lauretano: l’immagine della Madonna arrivata a Lampedusa

6 Febbraio 2020 - Lampedusa - “L’arrivo dell’immagine della Madonna di Loreto a Lampedusa vuole essere un messaggio di amore per la vita e per l’accoglienza rivolta all’Italia e all’Europa”. Lo ha detto al Sir l’arcivescovo ordinario militare, Mons. Santo Marcianò, durante il viaggio di trasferimento con un velivolo militare C-27 da Sigonella a Lampedusa, tappa del pellegrinaggio giubilare che porterà nel 2020 l’immagine Mariana nelle basi della aviazione militare italiana. Il volo è partito dall’aeroporto militare di Sigonella. “Lampedusa è terra di accoglienza. Un simbolo di accoglienza che vorrei interrogasse l’Italia che vanta radici culturali e religiose uniche. E vorrei che interrogasse l’Europa perché l’accoglienza non riguarda solo l’Italia, ma tutti i paesi europei. Tutti i cittadini europei dovrebbero sentire il bisogno di riconoscere nell’altro un fratello e di accogliere chiunque approdi nelle nostre terre”.  

Firmato accordo di cooperazione Italia-Costa d’Avorio

6 Febbraio 2020 - Roma - Un protocollo d'intesa, centrato sulla cooperazione per la gestione comune del fenomeno migratorio, è stato firmato a Roma dal Ministro dell'Interno italiano Luciana Lamorgese e dal titolare della Costa d'Avorio per la Sicurezza, il generale Vagondo Diomande'. Durante la cerimonia, al Viminale, è stato detto che l'accordo è senza precedenti in Europa. “Ci consentirà di gestire insieme il processo immigratorio che abbiamo in Italia - ha detto Lamorgese - tenendo conto che le persone provenienti dalla Costa d'Avorio sono una percentuale consistente, circa il 10 per cento degli arrivi”. Di “momento solenne” ha parlato Diomandè. “E' la prima volta - ha sottolineato il Ministro ivoriano - che un accordo così importante viene firmato da un paese europeo con un Paese africano”. L'intesa prevede sia una gestione condivisa dei rimpatri di migranti irregolari sia progetti di cooperazione che l'Italia s'impegna a sostenere in Costa d'Avorio. “Lavoreremo per l'integrazione dei cittadini di questo Paese dell'Africa presenti sul nostro territorio nazionale” ha detto Lamorgese. “E' poi importante l'attività di formazione professionale che servirà a creare posti di lavoro e a occupare i giovani favorendone l'inclusione sociale in Costa d'Avorio”. Durante la cerimonia al Viminale, di fronte ai giornalisti, è stato ricordato che il Paese africano è stato inserito tra i beneficiari di bandi predisposti dal Viminale per progetti di cooperazione. Secondo Lamorgese, “l'accordo aiuterà a gestire i rimpatri in modo più celere ed efficace, con uno scambio informativo continuo che tante volte negli anni è mancato con altri Paesi dai quali provengono flussi”. L'intesa prevede progetti comuni che coinvolgono le forze di polizia. “La vostra esperienza - ha detto Diomandè - ci potrà aiutare a migliorare nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata, senza dimenticare altri aspetti legati a protezione civile”. Il ministro ivoriano ha poi sottolineato che delle migrazioni vanno colti anche i contributi in grado di arricchire. “Il fenomeno va disciplinato - il suo appello - ma evidenziandone pure i lati positivi”. (Dire)  

I volti dell’accoglienza attorno a una rotonda

31 Gennaio 2020 - Milano - Tra le grandi città italiane, Milano è quella dove risiede il maggior numero di stranieri: 470mila, il 14,5 per cento della popolazione. Molto più della media italiana (8,7 per cento), ma molto meno di quello che accade a Baranzate, comune di 12mila abitanti alle porte del capoluogo lombardo, dove è straniero un abitante su tre e dove convivono 73 etnie. E se “zoomiamo” ancora di più, scopriamo che nel cuore di Baranzate c’è il quartiere Gorizia, dove gli stranieri sono il 70 per cento. Qualcuno parla di bomba a orologeria, ma uno sguardo ravvicinato e scevro da pregiudizi fa scoprire una realtà locale da cui si possono ricavare indicazioni generali per un futuro che è già presente. Qui parole come multietnicità, convivenza, integrazione smettono di essere categorie sociologiche per diventare volti, nomi, situazioni, in un caleidoscopio di vicende umane che nello spazio di un quartiere racchiude le sfide con cui l’Italia si misura da tempo. Ed è proprio partendo dai volti che Gerald Bruneau – fotografo francese che ha al suo attivo reportage fotografici di rilievo internazionale – documenta con il suo obiettivo gli accadimenti quotidiani del quartiere in una mostra dal taglio originale e provocatorio. Si intitola “Tutte le ore del mondo, ritratti di accoglienza e cura nella Baranzate multietnica”, ne sono protagonisti i bambini e le famiglie delle etnie che popolano il quartiere e descrive lo svolgimento di una giornata-tipo: il risveglio mattutino, l’ingresso a scuola, il gioco, il radunarsi attorno alla tavola, la preghiera, il momento magico della favola prima di addormentarsi. Ritratti di 12 famiglie di varie nazionalità (Italia, Ecuador, Perù, Salvador, Marocco, Senegal, Romania, Sri Lanka), corredati da testi in cui i protagonisti si raccontano. Entrando nelle case si viene resi partecipi delle loro usanze e tradizioni, si scoprono linguaggi e sapori, si percepisce quanto è ritenuto prezioso l’attaccamento alle radici, si intuisce cosa significa abitare in un paese che ne contiene molti altri. La mostra – che è parte del progetto “Kiriku-A scuola di inclusione” selezionato nell’ambito del Fondo nazionale per il contrasto alla povertà educativa minorile – è esposta da oggi al 30 giugno a Milano presso la sede del Centro Diagnostico Italiano (via Saint Bon 20) ed è stata ideata e curata da Fondazione Bracco insieme all’Associazione La Rotonda. L’obiettivo di Bruneau si sofferma anche su alcuni luoghi dove la multietnicità si esprime con particolare evidenza e dove emerge la forza di questa comunità: la scuola, dove la presenza di culture diverse diventa occasione di conoscenza delle dimensioni del mondo (e dove pure non mancano i problemi, con le insegnanti che – al di là delle loro competenze didattiche – devono dotarsi di intuito e fantasia per comunicare anche attraverso gesti ed espressioni con bambini e genitori arrivati da poco in Italia); l’ambulatorio pediatrico che offre visite gratuite e informazioni su nutrizione e vaccini e dove sono presenti mediatrici culturali per facilitare la relazione con pazienti che non parlano la lingua italiana; l’oratorio della parrocchia di Sant’Arialdo con il parco giochi, il campo di calcio, le sale del doposcuola, luogo privilegiato di incontro e di amicizia per bambini e mamme. «Lo scambio reciproco, il raccontarsi e il sentirsi ascoltati e guardati anzitutto come persone prima che come appartenenti a un’etnia, ha fatto nascere molte occasioni di cambiamento e di ripartenza, e conferma che l’investimento che paga di più è quello sulla relazione umana – dice il parroco don Paolo Steffano, artefice insieme a un gruppo di laici di una rigenerazione del quartiere che ne ha fatto un modello divenuto oggetto di studio del Politecnico di Milano –. Qui c’è una miniera di umanità con tante vene da scoprire, specificità che possono arricchire la convivenza anziché diventare un problema, come una certa narrazione vuole far credere. Certo, non ci sono automatismi, è una fatica da affrontare nel quotidiano mettendo mattone su mattone e partendo da una ipotesi positiva sull’esistenza. Verifichiamo nel concreto quello che Papa Francesco va dicendo da tempo a proposito delle periferie che possono diventare un centro». Per dare solidità a questo esperimento di rigenerazione sociale, nel 2010 è stata fondata l’associazione La Rotonda che ha generato tante iniziative caratterizzate dal coinvolgimento degli abitanti del quartiere: housing sociale, consultorio medico, aiuto allo studio, la sartoria “Fiori all’occhiello” dove lavorano donne di varie etnie. Il nome dell’associazione ne esprime la dinamica, come spiega la presidente Samantha Lentini: «Una Rotonda è di facile accesso, ben delimitata ma senza cancelli di esclusione. Ha un centro che serve come riferimento fondamentale, ma la vita si svolge tutta nella sua periferia. Non ha l’obiettivo di trattenere al suo interno, semmai di inviare altrove. In questa Rotonda ci sono precedenze da rispettare: i poveri. E la Rotonda gira perché le persone sono al centro». (Giorgio Paolucci – Avvenire)

Campagna Io accolgo: cancellare il Memorandum Italia-Libia

31 Gennaio 2020 - Roma - Un appello a cancellare il Memorandum tra Italia e Libia firmato nel 2017 d'allora Presidente del Consiglio Gentiloni e mai ratificato dal Parlamento, viene nuovamente lanciato dalla Campagna “Io accolgo” , che riunisce le principali organizzazioni cattoliche e laiche che si occupano di migranti. Il governo ha infatti annunciato che il Memorandum sarà rinnovato il 2 febbraio senza modifiche, nonostante gli impegni a modificarlo assunti tre mesi fa. Le ragioni di questa scelta risiederebbero nel fatto che è impossibile aprire una trattativa con un “governo che non risponde”. “Come se non si fosse consapevoli che in Libia si sta combattendo una guerra civile e che non ci sono interlocutori istituzionali credibili con cui aprire una trattativa - osservano i promotori della campagna -. In un quadro simile, qualsiasi governo serio deciderebbe di sospendere immediatamente l'accordo, mancando l'interlocutore con cui quell'accordo è stato contratto”. Gli effetti del rinnovo automatico faranno sì che si “continuerà a finanziare la guardia costiera libica - per lo più formata da quegli stessi trafficanti che si dice di voler fermare - perché riporti i migranti in fuga nei lager dove sono sottoposti a ogni tipo di tortura e dove si può morire a causa dei bombardamenti”. “Crediamo che l'unica scelta umana da compiere subito sarebbe quella di svuotare i lager e trasferire chi vi è trattenuto”, sottolineano le organizzazioni, chiedendo “l'evacuazione di tutti i migranti trattenuti nei centri libici, l'apertura di corridoi umanitari europei, il ripristino di un'operazione vera di soccorso in mare, un'Italia e un'Europa impegnate nell'accoglienza, il rispetto dei diritti umani fondamentali, a cominciare dal diritto alla vita”. Oggi sarà lanciata un'iniziativa di mail bombing, invitando a inviare una mail ai ministri Di Maio e Lamorgese con queste richieste. Fanno parte del Comitato promotore della Campagna, tra gli altri: A Buon Diritto, Acli, ActionAid, Arci, Asgi, Caritas Italiana, Casa della Carità, Centro Astalli, Cnca, Comunità di S. Egidio, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Focsiv, Fondazione Migrantes, Forum Terzo settore, Gruppo Abele, Medici senza frontiere, Oxfam, Save the Children Italia.

“Persone e non solo questioni migratorie”: una riflessione dopo la morte di un cittadino georgiano nel Cpr di Gradisca

28 Gennaio 2020 - Gorizia - Sarà la magistratura ad individuare le responsabilità nella vicenda di Vakhtang Enukidze, il cittadino georgiano morto al Cpr di Gradisca d’Isonzo. Il dato che balza agli occhi, però, ancora una volta è l’insostenibilità di un sistema che dovrebbe avere proprio in questi Centri di permanenza per il rimpatrio uno dei suoi punti di riferimento in tema di politiche di migrazione ed accoglienza e che invece è riuscito a trasformarli in uno di quei tragici “non-luoghi” così diffusi anche nei nostri territori. I CPR nascono come centri di detenzione amministrativa destinati ad ospitare persone non comunitarie che siano state rintracciate prive di documenti regolari di soggiorno oppure siano destinatarie di un provvedimento di espulsione dal nostro Paese (ed attendano quindi l’accertamento dell’identità e l’accettazione del ritorno nel Paese d’origine da parte di quelle autorità). La permanenza, al loro interno, può durare sino a 180 giorni: il Garante nazionale per i detenuti ha più volte sottolineato che c’è ben poca differenza fra un CPR ed i comuni istituti penitenziari. Uomini che non sono riusciti a rinnovare il proprio permesso di soggiorno (magari perché il datore di lavoro li ha licenziati) accanto a chi, da pregiudicato, giunge al CPR direttamente dal carcere dove era stato rinchiuso per scontare una pena: una miscela esplosiva le cui vittime sono quanti nel CPR vengono detenuti ma anche coloro che in tali strutture si trovano, a vario titolo, a dover lavorare. In un Paese come il nostro in campagna elettorale perpetua, il tema delle migrazioni attende da decenni di essere affrontato mettendo da parte preconcetti e paure partendo dalla presa d’atto che stiamo parlando prima di tutti di persone: “sono persone - ha ricordato papa Francesco nell’omelia della messa dello scorso 8 luglio nel sesto anniversario della sua visita a Lampedusa - non si tratta solo di questioni sociali o migratorie! ‘Non si tratta solo di migranti’ nel duplice senso che i migranti sono prima di tutto persone umane e che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”. Cercare di ripartire da qui, potrebbe permettere di evitare il ripetersi di quanto accaduto a Vakhtang ed a tanti altri che come lui in questi mesi, in questi anni hanno trovato la morte nei non-luoghi per migranti in tutto il nostro Paese. (Mauro Ungaro - direttore di “Voce Isontina”)  

Migranti: 5 operazioni, tutte notturne, di salvataggio nel corridoio di mare tra la Libia e Malta

28 Gennaio 2020 - Roma - 5 operazioni, tutte notturne, nelle ultime 72 ore, dove non c’è presidio se non quello delle ong. Sono 407 le persone salvate: 255 adulti (tra cui 39 donne, 12 delle quali incinte). 149 minori, 132 dei quali non accompagnati, salvati dal team di SOS Méditerranée e Medici Senza Frontiere nel corridoio di mare tra la Libia e la zona di ricerca e soccorso maltese. La mappatura geografica dei profughi salvati parla di Sudan, Somalia, Eritrea.  

Migranti: continuano soccorsi in mare

27 Gennaio 2020 - Roma - Oltre 300 i migranti presenti sulle navi di due diverse ong, in direzione Malta e Sicilia. E gli attivisti continuano ad essere impegnati senza sosta nei soccorsi. L’ultimo è stato  effettuato dalla Guardia Costiera maltese, che ha recuperato in mare 40 persone. In tutto i migranti a bordo dalla nave Ocean Viking, che ha operato una serie soccorsi in queste ultime ore, sono 223. Durante l’ultimo salvataggio - effettuato da ’Sos Mediterranee’ - sono state recuperate in mare 72 persone - riferisce Ansa - su una barca di legno molto instabile e sovraccarica nella zona maltese della Sar. Naufraghi che si sono aggiunti agli altri migranti messi in salvo nelle ore precedenti: tra loro 32 sono minorenni che viaggiano da soli: 10 hanno meno di 15 anni, il più piccolo un bimbo di 6 mesi. Altre 16 persone sono state invece recuperate dalla Alan Kurdi, la nave della ong Sea Eye che oggi ha a bordo  78 persone.  

Guatemala: carovana di migranti partita da Honduras

22 Gennaio 2020 - Roma -  “Siamo molto preoccupati. Già 4mila persone sono alla frontiera con il Messico; e sto parlando solo di coloro che sono giunti a Tecún Umán, l’ultima città prima del Rio Suchiate, nel dipartimento di San Carlos. Altri stanno cercando di entrare dal dipartimento del Petén nello Stato messicano del Tabasco. Ma ci dicono che altri 4mila stanno arrivando. Per noi gestire 8mila persone diventerebbe un grande problema umanitario. In questo momento stiamo facendo un grande sforzo, riusciamo a distribuire migliaia di pasti, grazie a un grande numero di generosi volontari. Il ponte sul fiume è come un imbuto, e praticamente nessuno passa”. Arriva dal Guatemala la voce di padre Juan Luis Carbajal, responsabile della Pastorale della mobilità umana della Conferenza Episcopale Guatemalteca. Parla della nuova carovana di migranti partita dall’Honduras la scorsa settimana.

Mons. Jaime Calderón: “vedere, sentire e trattare i migranti come fratelli”

20 Gennaio 2020 - Tapachula - “Tutti coloro che fanno parte di questa famiglia diocesana di Tapachula, ognuno secondo le sue possibilità e responsabilità, assicurino che a questi fratelli migranti non manchi un pezzo di pane, non vengano violentati o aggrediti nel passaggio attraverso la nostra diocesi, non ricevano manifestazioni di rifiuto né di disprezzo e sentano, nonostante le circostanze avverse, di camminare tra fratelli e come fratelli, non come estranei, né avventurieri, né criminali, né esiliati, né disprezzati. Dio ricompenserà lo sforzo di tutti di vederli, sentirli e trattarli come fratelli. Proprio come vorremmo che i nostri connazionali irregolari venissero trattati negli Stati Uniti”. E’ l’appello rivolto da Mons. Jaime Calderón Calderón, vescovo di Tapachula, ai sacerdoti, ai seminaristi, alle religiose e ai laici della sua diocesi, dopo le notizie riguardanti una nuova consistente carovana di emigrati dell’Honduras che si sta muovendo per raggiungere gli Stati Uniti d’America. “Le dichiarazioni del governo federale e il silenzio del governo statale ci fanno vedere che la posizione ufficiale è, come in altre occasioni, ambigua ed esitante” denuncia il Vescovo nel suo messaggio, riportato da Fides, intitolato “Responsabilità e amore per i nostri fratelli”, non avendo certezza che la carovana dei migranti possa attraversare il confine, raggiungere Tapachula o proseguire oltre lo stato del Chiapas. “Data questa incertezza, ma consapevoli del nostro dovere cristiano di battezzati figli di Dio - Padre di tutti senza differenze o distinzioni - sentiamo il dovere di mostrare il nostro pensiero con semplicità, chiarezza e determinazione in relazione ai fratelli che vengono con la carovana” prosegue Mons. Jaime Calderón. Il Vescovo ricorda che la famiglia diocesana di Tapachula “si è sempre distinta per essere una Chiesa locale fraterna e solidale che, dalla sua povertà, è sempre stata attenta a mostrare il volto misericordioso di Dio, essendo ospitale con i fratelli migranti”. Il suo volto è quello del buon samaritano, quindi “ci assicureremo sempre che, di passaggio o in una permanenza temporanea o stabile nel nostro territorio diocesano, i fratelli migranti non accumulino altre sofferenze oltre a quelle che comporta una strada lunga, tortuosa, accidentata, insicura e violenta”. Nel suo comunicato il Vescovo assegna alle diverse comunità, coordinate dalla Commissione di emergenza e dai Vicari foranei, il compito di assistere i migranti che attraversano il territorio diocesano, invocando Dio “di aiutarci, ancora una volta, a fare questo lavoro con un alto senso di responsabilità e di amore per i nostri fratelli”.      

Vicenza: il 21 gennaio si parla di caporalato in agricoltura ed imprenditoria migrante in Veneto

20 Gennaio 2020 - Vicenza - Non solo nel Sud d'Italia; anche nel Veneto si configura la realtà del caporalato, dello sfruttamento per lavoro in nero. Ma che cosa succede nel settore agricolo che conta 64 mila imprese, spesso legate nei ritmi di lavoro alla stagionalità della raccolta, nelle quali vengono assunti più lavoratori stranieri che lavoratori di nazionalità italiana? Quali gli strumenti operativi per arginare il fenomeno del caporalato e le modalità più snelle di incontro tra domanda e offerta di lavoro? È possibile una cabina di regia, una rete efficiente tra enti, servizi, categorie economiche, associazioni sindacali e del terso settore in grado di monitorare, prevenire e contrastare l'illegalità, e lo sfruttamento dei lavoratori? A queste domande cercherà di rispondere l'incontro pubblico promosso dalla Rete verso città migranti, di cui fa parte anche l'Ufficio Migrantes della diocesi di Vicenza, in programma per martedì 21 gennaio, alle 20.30, presso i locali dell'Istituto San Gaetano in via Stradella Mora 12, a Vicenza. Durante la serata verranno anche presentati i dati dell'imprenditoria migrante nel Veneto: gli apporti dei lavoratori immigrati all'economia, quanti sono, in quale percentuale contribuiscono al Pil, il loro impatto fiscale e contributivo. Interverranno alla serata: Grazia Chisin (Uil), Silvana Fanelli (Cgil), Sergio Spiller (Cisl) e Fabio Valerio (Centro Astalli Vicenza).  

Dopo 40 anni tornano sulla nave della Marina che li trasse in salvo in Vietnam

17 Gennaio 2020 - Roma - 907 profughi vietnamiti tratti in salvo di cui 125 bambini, tre navi della Marina Militare, oltre 2000 miglia percorse, circa 250000 km quadrati di mare pattugliati: questi i numeri celebrati dopo 40 anni, a bordo di nave Stromboli, che ha ospitato la delegazione vietnamita, testimone dello storico salvataggio compiuto dalla Marina Militare.  “Era il 1979” ha ricordato l'attuale comandante della rifornitrice Stromboli - “quando il Vittorio Veneto, l’Andrea Doria e lo Stromboli, che oggi rappresento, salparono in direzione delle coste vietnamite per la prima missione a carattere umanitario della nostra Forza Armata” durante la quale vennero tratti in salvo i profughi vietnamiti, in fuga dal regime comunista dell’epoca. La madrina dell’evento è stata la dottoressa Luong Tu Phung, che aveva solo due mesi quando venne tratta in salvo dalla rifornitrice italiana e, dopo quarant’anni ha dichiarato: “se oggi siamo quelli che siamo, italiani speciali, lo dobbiamo alla Marina Militare Italiana e in particolare a nave Stromboli, venuta dall’altra parte del mondo”. Presente anche una rappresentanza di marinai che facevano parte in quel periodo dell’equipaggio di nave Stromboli, che hanno ricordato con commozione i momenti trascorsi a bordo, e le concitate fasi della missione con la madrina che, ringraziando con voce rotta dall’emozione il Comandante e la Marina, ha sottolineato come durante la missione del 8° Gruppo Navale è stata accolta a bordo “non solo con le braccia ma anche con il cuore” e di come quell’evento abbia rappresentato, per i vietnamiti tratti in salvo “la rinascita, la salvezza e la libertà”. La foto-ricordo sul ponte di volo è stata la giusta celebrazione di quell'evento dal profondo valore umano che, quarant’anni fa come oggi, rappresenta il costante impegno, la solidarietà ed il rispetto che appartiene a tutti coloro che vanno per mare.  

Per noi è morto un bambino

17 Gennaio 2020 - Vittorio Veneto - Qualche giorno fa, nella notte fra il 7 e l’8 gennaio, abbiamo perso un bambino. Morti così premature sono rare fra noi, ma, purtroppo, non sono un fatto eccezionale. Eppure, sarebbe nostro dovere soffermarci su ognuna di esse, soprattutto in questi giorni ancora così vicini al Natale, una festa che ci ricorda l’importanza che ha, per tutta l’umanità, la nascita di un bambino e quindi anche la perdita che ognuno di noi subisce quando un bambino muore. Questo vale ancor di più per il bambino che abbiamo perso pochi giorni fa, a causa delle circostanze in cui ha trascorso i suoi ultimi istanti: come è stato scritto, è morto avvolto dal freddo, dalla solitudine e dal buio. Dimostrava circa dieci anni, veniva dalla Costa d’Avorio ed era salito di nascosto su un grande aereo per cercare di raggiungere, da solo, l’Europa; pur considerando l’incoscienza giovanile, doveva trovarsi in condizioni veramente brutte per prendere una decisione del genere. Pensava che qualsiasi nascondiglio andasse bene e si era rannicchiato nel carrello del velivolo, non sapendo che, alle quote raggiunte dall’aereo, la temperatura scende a 50 gradi sotto zero: un freddo così intenso ha effetti devastanti sul corpo umano, provocando prima convulsioni, poi lo svenimento e infine la morte. Il suo corpo è stato ritrovato quando l’aereo è atterrato a Parigi, e l’aeroporto ha annunciato la morte di un “passeggero clandestino” senza nome. Nei giorni successivi è stata scoperta la sua identità – si chiamava Laurent Ani – ma il suo nome non basta a dirci qualcosa di lui. Nessuno si è preoccupato di lui, né nel suo Paese di origine, né in quell’Europa che voleva raggiungere, senza conoscerla per nulla. Se questo bambino fosse sopravvissuto, avrebbe trovato ospitalità fra noi? Molti direbbero che quelli come lui devono essere “aiutati a casa loro”. Chi sostiene questa tesi è tenuto a spiegare in maniera esaustiva come ciò dovrebbe avvenire, ma di fatto questo non avviene! È inutile negare che i consistenti flussi migratori verso il nostro continente possono causarci anche problemi e difficoltà; ma quali difficoltà sono così grandi da far sì che il nostro cuore non sia toccato da casi come questo?  (Don Mirko Dalla Torre - Ufficio Migrantes Vittorio Veneto)

Migrantes Acireale: l’accoglienza rappresentata nel presepe

10 Gennaio 2020 - Acireale - La festa del Natale si esprime con celebrazioni e feste che glorificano gli eventi dell’Incarnazione del Figlio di Dio ed il presepe è l’espressione dell’uomo che custodisce e ricorda la nascita di Gesù. L‘Ufficio pastorale diocesano Migrantes di Acireale anche quest’anno ha allestito il Presepe del Rifugiato. E ‘una struttura itinerante in legno, che dopo il successo dell’anno scorso avuto a Giarre, è stata collocata per le festività natalizie dell’anno corrente davanti la chiesa di San Rocco in Acireale. “L’accoglienza e l’ospitalità dello straniero – afferma don Lucio Cannavò, responsabile dell’ufficio Migrantes – è il messaggio che si desidera mandare con vigore. L’immigrato – continua don L. Cannavò – è un uomo vero, uomo tra gli uomini e membro di una famiglia umana così come lo è Gesù, che rappresentato nel barcone, è componente della Sacra Famiglia di Nazareth”. Il presepe collocato nel pieno centro storico della città barocca acese, anche se leggermente danneggiato dal forte vento che ha caratterizzato l’inizio del nuovo anno: Il Natale dona un “volto” ai dimenticati, è “sguardo” rivolto agli ultimi ed è “dimora” della grande ed unica famiglia dell’umanità.

Viminale: da inizio anno 228 persone sbarcate sulle coste italiane

10 Gennaio 2020 - Roma - Sono finora 228 le persone migranti sbarcate sulle coste italiane da inizio anno, di cui 96 nella sola giornata del 3 gennaio e 63 nell’ultima settimana. Il dato è stato diffuso oggi dal Ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Degli oltre 200 migranti sbarcati in Italia nel 2020, 94 sono di nazionalità algerina (41%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Iraq (45, 20%), Iran (42, 18%), Tunisia (15, 7%), Ucraina (3, 1%), a cui si aggiungono 29 persone (13%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Fino ad oggi non ci sono ancora stati minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare.  

Soccorsi e respingimenti in mare

10 Gennaio 2020 - Milano - Sono oltre 250 le persone intercettate nel Mediterraneo, intente a fare la pericolosa traversata verso l’Europa, nella sola giornata di ieri. Fra queste, 150, informa l’OIM, che erano a bordo di due gommoni, sono stati riportate in Libia dalla cosiddetta guardia costiera libica. Per altre 60 il destino è stato più fortunato: i migranti sono stati soccorsi dalla Ong Sea Watch e ora si trovano al sicuro a bordo della nave. C’è invece preoccupazione per un gommone in avaria con a bordo 41 persone che ha lanciato l’Sos in acque maltesi, ieri pomeriggio. “Circa 150 migranti saranno riportati in Libia dalla guardia costiera. Mentre un team dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni è sul terreno pronto a fornire assistenza, sottolineando che la Libia non è un porto sicuro – scrive l’Organizzazione in un tweet – I migranti intercettati o salvati in mare non dovrebbero essere riportati in un’area di conflitto in corso”. Dopo giorni di maltempo e la guerra civile libica che si fa sempre più drammatica, ripartono quindi i viaggi della speranza nel Mediterraneo. Per chi riesce a fuggire dai centri di detenzione e cerca un futuro migliore in Europa. Sono soprattutto uomini giovani, ma anche donne e bambini. Come quelli salvati ieri al largo delle coste libiche dalla Ong Sea Watch che è anche riuscita a documentare il 'respingimento' dei due gommoni, riportati poi a Tripoli. Le imbarcazioni erano state segnalate dall’aereo di avvistamento dell’organizzazione, Moonbird. «Abbiamo documentato la cattura senza poter intervenire – scrive la Ong su twitter – Fino a quando lasceremo che persone in fuga vengano imprigionate in un Paese in mano ai signori della guerra?». Il soccorso della Sea Watch, unica nave Ong in mare (anche se ieri, dal porto di Siracusa è partita la nave dell’organizzazione non governativa spagnola, Open Arms) è avvenuto in acque internazionali, a più di 24 miglia nautiche da Sabrata. Fra i migranti soccorsi anche donne e bambini. Nuove partenze e arrivi anche in Puglia. Trenta migranti sono sbarcati nelle scorse ore nel porto di Santa Maria di Leuca (Lecce), dopo che l’imbarcazione sulla quale si trovavano, uno yacht di 14 metri, è stata intercettata al largo delle coste salentine da un pattugliatore della Guardia di finanza. L’intero gruppo, composto da iraniani, iracheni, afgani, turchi, siriani e da un ucraino, una volta a terra, è stato soccorso dai volontari della Croce rossa italiana. A bordo dell’imbarcazione, posta sotto sequestro, vi erano due nuclei familiari, una donna e un minorenne accompagnato. È il terzo approdo avvenuto sulle coste del Salento dall’inizio dell’anno. Intanto, il Viminale ha diffuso ieri i dati sulle nuove cittadinanze e le richieste d’asilo relative al 2019. Sono 68.351 (43.405 acquisite per residenza e 24.946 per matrimonio) i procedimenti di cittadinanza conclusi favorevolmente, con un aumento del 9,22% rispetto al 2018. I procedimenti conclusi negativamente sono invece cresciuti del 39,5% tra il 2017 e il 2018. Le comunità straniere per le quali si registra il maggior numero di procedimenti conclusi favorevolmente sono: Albania (15.252), Marocco (9.294), Romania (5.418), India (3.209), Moldavia (2.530), Ucraina (2.412). Gli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana nel 2018 sono in possesso, per la maggior parte, di licenza media superiore (36%) e di licenza media (35%); non mancano i laureati (9.757), pari al 14% del totale. (Daniela Fassini – Avvenire)    

Papa Francesco: il mar Mediterraneo rimane un “grande cimitero”

9 Gennaio 2020 - Città del Vaticano - “Occorre rilevare che nel mondo vi sono  diverse migliaia di persone, con legittime richieste di asilo e  bisogni umanitari e di protezione verificabili, che non  vengono adeguatamente identificati. Molti rischiano la vita  in viaggi pericolosi per terra e soprattutto per mare”. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco ricevendo in  Vaticano il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa  Sede. Il papa ha sottolineato con “dolore” che “si continua a  constatare come il Mare Mediterraneo rimanga un grande  cimitero. È sempre più urgente, dunque - ha detto Papa  Francesco - che tutti gli Stati si facciano carico della  responsabilità di trovare soluzioni durature”. IL Pontefice ha assicurato che da parte sua “la Santa Sede  guarda con grande speranza agli sforzi compiuti da  numerosi Paesi per condividere il peso del reinsediamento e  fornire agli sfollati, in particolare a causa di emergenze  umanitarie, un posto sicuro in cui vivere, un’educazione,  nonché la possibilità di lavorare e di ricongiungersi con le  proprie famiglie”. Tra le crisi umanitarie in atto, il Papa ha  citato quella dello Yemen, “che vive una delle più gravi crisi  umanitarie della storia recente, in un clima di generale  indifferenza della comunità internazionale”, e della Libia,  “che da molti anni attraversa una situazione conflittuale,  aggravata dalle incursioni di gruppi estremisti e da  un ulteriore acuirsi di violenza nel corso degli ultimi giorni”. “Tale contesto è fertile terreno per la piaga dello  sfruttamento e del traffico di essere umani, alimentato da  persone senza scrupoli che sfruttano la povertà e la  sofferenza di quanti fuggono da situazioni di conflitto o di  povertà estrema”, il grido d’allarme di Francesco: “Tra  questi, molti finiscono preda di vere e proprie mafie che li detengono in condizioni disumane e degradanti e ne fanno  oggetto di torture, violenze sessuali, estorsioni”. (R.I.)    

Buon Natale!

20 Dicembre 2019 -

Roma  - “Come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile? Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercé di trafficanti senza scrupoli? Come possiamo ‘passare oltre’, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano facendoci così responsabili della loro morte? La nostra ignavia è peccato!”.

Papa Francesco, ieri, ci ha invitato a non essere indifferenti verso tanti uomini, donne e bambini che vivono la loro condizione di migranti avendo occhi aperti verso gli ultimi senza farci troppe domande.

Un invito forte, a pochi giorni dal Natale, quando siamo invitati a contemplare la nascita di Gesù, nato in una mangiatoia “perché non c’era posto per loro nell’albergo”.

Tante famiglie, come quella di Gesù, ci ricordano come il mistero del Natale è nascosto anche dietro una fuga dalla violenza o dalla povertà.

Nel festeggiare il Natale guardiamo alle loro storie, alle loro vicissitudini, alle loro vite nel nostro Paese insieme ai nostri connazionali che in questi anni hanno lasciato l’Italia per altri Paesi del Mondo. Insieme guardiamo anche ai 150.000 rom e sinti che vivono in Italia, agli oltre 60mila operatori del mondo dello spettacolo viaggiante e a tutti coloro che sono in viaggio, in cammino, lontani dalle loro famiglie. “Invitiamoli” a prendere posto, a farne posto nelle celebrazioni natalizie.

Migrantes Torino: fino al 30 gennaio la mostra “Gli invisibili”

19 Dicembre 2019 - Torino – Resterà aperta fino a l 30 gennaio, presso l’Ufficio Migrantes della Diocesi di Torino, la mostra “Gli invisibili” del fotografo Mauro Raffini. Scatti che documentano la vita di chi non ha casa, di quegli invisibili che “si trovano sotto i ponti, davanti alle chiese, di fronte ai supermercati affollati, sdraiati sui marciapiedi”, spiega Raffini. La mostra  è visitabile lunedì, martedì, e giovedì dalle 8.30 alle 13 e dalle 14 alle 17 e il mercoledì e venerdì dalle 8.30 alle 13.