31 Marzo 2020 - Venezia - Tra le imprese in difficoltà a causa del coronavirus, non bisogna dimenticare che una componente significativa (una su dieci) è rappresentata dagli imprenditori immigrati A fine 2019 gli imprenditori nati all’estero erano 722.712, pari al 9,6% degli imprenditori totali. Negli ultimi dieci anni, mentre i nati in Italia sono diminuiti (-6,9%), i nati all’estero sono aumentati (+32,7%). La stessa tendenza si conferma, anche se in modo molto meno marcato, nell’ultimo anno: -0,6% per gli italiani, +1,9% per gli stranieri.
Questi i dati dello studio presentato dalla Fondazione Moressa in cui si fotografa la situazione al 31 dicembre 2019.
Secondo i dati nel 2019 la Cina si conferma il primo paese (75.542), seguita da Romania e Marocco, entrambe con circa 70 mila imprenditori. Sommando queste tre nazionalità otteniamo il 30% di tutti gli imprenditori nati all’estero.
Gli imprenditori cinesi sono cresciuti del +52,4% negli ultimi 10 anni. Nell’ultimo anno, gli imprenditori cinesi continuano ad aumentare (+2,4%), così come i rumeni (+3,4%), mentre calano i marocchini (-3,5%).
Negli ultimi anni sono in forte crescita le comunità dell’Asia meridionale: su tutte il Bangladesh (+133,6% dal 2010, ma in flessione nell’ultimo anno), ma anche Pakistan (+145,4%) e India (+146,9%).
Esaminando il settore di attività, un terzo degli imprenditori di origine immigrata opera nel Commercio (33,4%). Seguono i Servizi (23,1%) e le Costruzioni (21,0%).
Prendendo in considerazione invece l’incidenza degli immigrati per ciascun settore, il comparto in cui la componente straniera ha il peso maggiore è l’edilizia, con il 15,4%. Seguono commercio (13,2%) e Ristorazione (12,0%).
La prima regione per numero di imprenditori stranieri è la Lombardia, con oltre 150 mila unità (oltre un quinto del totale nazionale). In questo caso, la componente immigrata rappresenta l’11,3% dell’imprenditoria complessiva. La seconda regione è il Lazio, con oltre 86 mila imprenditori: qui si registra l’incidenza più alta in assoluto (12,8%). Seguono poi tre regioni con oltre 60 mila imprenditori stranieri: Toscana, Emilia-Romagna e Veneto.
A livello provinciale, in termini assoluti le concentrazioni più importanti di imprenditori immigrati sono nelle grandi città: Milano, Roma, Torino e Napoli. Se invece consideriamo l’incidenza sul totale imprenditori, il picco massimo si raggiunge a Prato, dove il 23,7% degli imprenditori è straniero. Altre 5 province segnano un valore al di sopra del 14%: Trieste, Imperia, Milano, Roma e Firenze.
Nel 2019 le imprese condotte (prevalentemente) da imprenditori immigrati sono 548 mila, il 10,7% del totale. Tra queste, la stragrande maggioranza (95,4%) è gestita al 100% da imprenditori nati all’estero, segno di una ancora debole interazione tra imprenditori italiani e stranieri.
Il Valore Aggiunto prodotto, secondo i ricercatori della Fondazione Moressa, ammonta a quasi 126 miliardi di euro, pari all’8% del totale. A livello territoriale, quasi un quarto del V.A. delle imprese straniere si concentra in Lombardia (30 miliardi). Se invece osserviamo l’incidenza del V.A. delle imprese straniere in ciascuna regione, i valori massimi si registrano in Toscana (11,0%) e Liguria (10,6%). Valori sopra la media nazionale anche in molte altre regioni del Centro Nord tra cui Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto e Lazio.