28 Settembre 2019 - Roma – Domani,
domenica 29 settembre, si celebrerà in Italia e in tutto il mondo la Giornata del migrante e del rifugiato. Il tema scelto quest’anno da papa Francesco per il suo messaggio –. Non si tratta solo di migranti – ci invita a riflessioni stringenti. Anzitutto ci ricorda, come più volte aveva già fatto il Santo Padre in questo
2019, che nessun essere umano può essere ridotto a un aggettivo: «Migranti è un aggettivo, le persone sono sostantivi». Essi sono uomini, donne, bambini, padri, madri e sposi, portatori di molteplici storie, interessi e ricchezze come ciascuno di noi. In secondo luogo, il Papa vuole dirci che nella posizione che assumiamo verso il forestiero non è in gioco solo il “loro” destino, ma anche il “nostro”: «L’atteggiamento nei loro confronti rappresenta un campanello d’allarme che avvisa del declino morale a cui si va incontro se si continua a concedere terreno alla “cultura dello scarto”. Infatti, su questa via, ogni soggetto che non rientra nei canoni del benessere fisico, psichico e sociale diventa a rischio di emarginazione e di esclusione».
Forse non è un caso che in questi ultimi anni in Italia abbiamo visto crescere l’ostilità verso le persone straniere, l’indifferenza di fronte al dramma di quanti cercano di raggiungere le nostre coste, e insieme la litigiosità, la solitudine e la violenza presenti nella nostra società. Veramente, come scrive ancora il Papa nel suo messaggio, «la presenza dei migranti e dei rifugiati – come, in generale, delle persone vulnerabili – rappresenta oggi un invito a recuperare alcune dimensioni essenziali della nostra esistenza cristiana e della nostra umanità, che rischiano di assopirsi in un tenore di vita ricco di comodità». Infine, non si tratta solo di migranti perché è della stessa presenza viva di Cristo nella nostra società che si tratta, che non è assicurata dalla presenza dei crocifissi o di altri simboli religiosi, ma dallo spazio che facciamo a coloro con cui ha voluto identificarsi: abbracciare o respingere il forestiero, la persona vulnerabile, significa abbracciare o respingere Cristo, così come leggiamo nel Vangelo e vediamo nella vita dei santi.
Domani,
29 settembre, piazza San Pietro si riempirà di gente di ogni parte del mondo, con i suoi colori, i suoi canti, le sue lingue, le sue danze. Sarà una occasione unica per incontrarci. Sarà una immagine di quella Italia bella che vogliamo costruire e che già esiste, dove le differenze non sono temute ma accolte come una ricchezza, e insieme composte a formare un’unica sinfonia, una costruzione comune. A questa celebrazione siete invitati anche tutti voi, nelle vostre città o in piazza San Pietro, perché... non si tratta solo di migranti.