5 Ottobre 2023 - Lampedusa - Il 3 ottobre 2013 alle ore 6.40 del mattino si verificò il più grande naufragio al largo delle coste di Lampedusa. Qualche mese prima, l’8 luglio 2013, papa Francesco aveva scelto proprio l’isola siciliana come prima città in cui recarsi da Pontefice. In occasione dei dieci anni dai due eventi divenuti simbolo del dramma migratorio, sabato 7 ottobre 2023 si terrà a Lampedusa, presso l’Hotel Sole, il convegno “Migranti, oltre i muri. Le nuove frontiere dell'accoglienza". Promosso da Famiglia Cristiana, testata di punta del Gruppo Editoriale San Paolo, insieme con il Comune di Lampedusa e Linosa e l’Associazione Don Zilli e finanziato dal Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI) 2014-2020 del Ministero degli Interni, l’evento ha lo scopo di alimentare il dibattito senza barriere ideologiche, ma ascoltando opinioni e testimonianze di chi fa esperienza concreta nel mondo dell’accoglienza e ne coglie quotidianamente le sfide e l’evoluzione. A introdurre i lavori dell’intera giornata il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento, seguito dall’intervento del direttore di Famiglia Cristiana, don Stefano Stimamiglio, che modererà il convegno dialogando con Wanda Ferro, Sottosegretario al Ministero dell’Interno, Filippo Mannino, sindaco di Lampedusa, e Daniela Pompei, vicepresidente della Comunità di Sant’Egidio, che tratterà in particolare il tema dei corridoi umanitari. Il pomeriggio vedrà come protagonisti i media, tema caro al Gruppo Editoriale San Paolo che ha il mandato di evangelizzare nella cultura della comunicazione. Alberto Chiara, caporedattore di Famiglia Cristiana, modererà la tavola rotonda dal titolo “Persone, numeri o barbari? I migranti nella narrazione della stampa italiana”. Tema al centro del dibattito lo stile e la modalità con cui i media italiani raccontano il fenomeno migratorio. Ne discuteranno voci autorevoli del giornalismo italiano: Luciano Regolo, condirettore di Famiglia Cristiana, Maria Latella, giornalista e conduttrice di Sky, il cardinale Jean-Marc Noel Aveline, arcivescovo metropolita di Marsiglia, Marco Romano, direttore del Giornale di Sicilia, François Vayne, direttore del Servizio comunicazione del Gran Magistero dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, Gianni Todini, direttore di Askanews, Agnese Pini, direttrice del QN e Paolo Lambruschi, inviato di Avvenire. L’evento terminerà con la Celebrazione eucaristica presso la locale parrocchia e, a seguire, uno spettacolo all’aperto di Giacomo Sferlazzo dal titolo “I pupi raccontano: La leggenda di Andrea Anfossi”.
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Don Luigi e l’avamposto di umanità per i migranti della rotta alpina
19 Aprile 2021 - Milano - In alta montagna, a metà aprile l’inverno non ha ancora allentato la sua morsa. Specialmente di notte, la temperatura resta vicina allo zero e spesso scende anche sotto. Quest’anno, poi, il freddo ha voluto dare un’ultima sferzata, prima di andarsene, con nevicate abbondanti e brusche gelate. È in queste condizioni che intere famiglie migranti cercano di attraversare il confine tra Italia e Francia. Si inerpicano sui valichi a duemila metri. Rischiano l’assideramento, di perdersi nei boschi o di venire intercettate dalla polizia e rispedite indietro. Però non desistono. Provano e riprovano. Tre, quattro, dieci volte. Oltre la frontiera (ammesso di arrivarci) li aspettano altre frontiere, altre settimane o mesi di cammini pericolosi, su strade inaccessibili. Altri mille espedienti per nascondersi. Tutto pur di raggiungere la loro terra promessa: la Germania o qualche altro Paese del Nord Europa.
A Oulx, provincia di Torino, in alta Val di Susa, a una quindicina di chilometri dal confine francese, si trova il rifugio “Fraternità Massi”, attualmente l’unico punto di accoglienza per chi vuole tentare la traversata. O per chi, magari, l’ha già tentata senza successo. Inaugurato nel 2018, dopo le tragedie di alcuni migranti trovati morti lungo i sentieri alpini, oggi è aperto 24 ore su 24. «A chi passa, offriamo un letto, un pasto caldo, dei vestiti» ci racconta il referente, don Luigi Chiampo, parroco di Bussoleno, che si occupa della struttura insieme con una trentina di volontari. «In questo momento, i nostri ospiti sono in prevalenza famiglie afghane, iraniane e pakistane provenienti dalla rotta balcanica» spiega il sacerdote. «Famiglie numerose, con almeno tre figli ciascuna. Tanti i bambini, alcuni piccolissimi. A loro si aggiungono giovani nord e centroafricani che, sbarcati a Lampedusa, hanno attraversato l’Italia e ora cercano di passare il confine».
Ogni notte, almeno una trentina di persone chiedono accoglienza al rifugio. E sono sempre di più, specialmente da quando, a marzo, la vicina casa cantoniera (che era stata occupata da anarchici italiani e francesi e che dava ospitalità ad alcuni migranti) è stata sgomberata, tra le polemiche. Il flusso è continuo. Giorno e notte, senza sosta. «Quando arrivano da noi», spiega don Chiampo, «spesso i migranti sono stremati e disorientati. Alcuni pensano di essere a Ventimiglia, un luogo di cui hanno sentito parlare perché per molto tempo è stato la sola porta d’accesso alla Francia. Pochi parlano inglese o altre lingue conosciute da noi, per questo non è sempre facile interagire. Fortunatamente possiamo contare su mediatori culturali, che ci aiutano, anche al telefono, nelle traduzioni».
In una stanza del rifugio è stato allestito un ambulatorio medico, risorsa quanto mai preziosa, gestito dai volontari dell’associazione “Raimbow For Africa”, mentre la Croce Rossa sorveglia strade e sentieri alla ricerca di chi è in difficoltà. La “fraternità Massi” si sostiene con il contributo di diverse realtà, tra cui la Fondazione Magnetto e la diocesi di Susa. Per passare il confine i migranti cercano ogni strada. Qualcuno ci prova in bus, ma il più delle volte viene facilmente bloccato e rimandato indietro. Altri tentano con le piste da sci. I più temerari (di solito gli afghani, che conoscono di più la montagna) si avventurano lungo i sentieri d’alta quota, tra pericoli e insidie di ogni tipo. «Molte volte arrivano qui con indumenti totalmente inadeguati» racconta il sacerdote. «Recentemente abbiamo accolto una ragazza incinta, che aveva i piedi semicongelati. Ecco perché, nei limiti del possibile, cerchiamo di offrire anche scarpe e vestiti adatti alla vita d’alta quota. Le famiglie sono le più determinate. Spesso hanno venduto tutto ciò che avevano, per questo viaggio. Tentano e ritentano, pur tra mille difficoltà. Il loro obiettivo non è la Francia. Quasi tutti sperano di arrivare in Germania, dove le comunità afgane e iraniane sono molto presenti».
Il flusso non si è fermato nemmeno nei mesi più duri della pandemia, ma solo di recente il viaggio degli invisibili è tornato sotto i riflettori, per un fatto di cronaca. Una bimba di otto anni, afghana, che stava cercando di passare il confine insieme alla sua famiglia, è stata bloccata dalla gendarmeria francese. Altolà, urla, armi spianate, in piena notte. La bimba (che già si portava addosso i traumi atroci di una guerra) è rimasta così terrorizzata che per lei è stato necessario un ricovero all’ospedale Regina Margherita di Torino. Un caso eclatante, ma di sicuro non l’unico.
Alle controversie internazionali, agli scaricabarili, alle infinite diatribe politiche, don Chiampo e i suoi volontari rispondono con la concretezza di un gesto d’accoglienza. Un piatto caldo, una coperta sulle spalle, magari una carezza sulla guancia. «Crediamo nella legalità, che è fonte di ordine», dice il sacerdote, «ma quando la legalità diventa legalismo, si genera esclusione. Non può esserci legalità senza umanità. E per affrontare il problema in modo strutturale, non sempre e solo come emergenza, una strada percorribile, forse la sola, sarebbe quella dei corridoi umanitari». (Lorenzo Montanaro - Famiglia Cristiana)
Card. Bassetti: il 2021 potrebbe essere l’anno della solidarietà
31 Dicembre 2020 - Milano- «So bene cosa significa essere ricoverato in terapia intensiva e poi affrontare la convalescenza. E proprio per questo il mio primo pensiero va alle tante persone che hanno sofferto direttamente o indirettamente per la pandemia: a quanti sono morti, a quanti si sono ammalati e a tutte le loro famiglie». Così il cardinale Gualtiero Basetti, presidente della Cei, in una lettera aperta di augurio per il 2021 scritta per il settimanale Famiglia Cristiana in edicola oggi.
«Quando, ogni sera, leggo le statistiche sui contagi penso che quelle cifre sono in realtà dei volti di uomini e donne, con dei nomi e con storie uniche e irripetibili. Sono rimasto molto colpito dai racconti dei sacerdoti che hanno riferito di non aver potuto dire una parola di conforto ai malati e, in alcuni casi, nemmeno dare loro l’estremo saluto. Ma penso anche a quei cappellani ospedalieri che invece sono riusciti nella loro missione: portare una parola di salvezza a tutti quei malati soli, che non potevano ricevere visite», scrive.
Per Bassetti il 2021 potrebbe essere l’anno della solidarietà. «Abbiamo dato prova ancora una volta della capacità di trovare unità nei grandi dolori e nelle grandi imprese. Per un cristiano questa unità si chiama solidarietà e oggi questa solidarietà significa fraternità: papa Francesco ce lo ha spiegato ampiamente nell’enciclica Fratelli tutti. Le fatiche di questa stagione si potranno superare solo insieme. In questo, la comunità cristiana può essere maestra di quell’amore che va al di là dei semplici rapporti di collaborazione».