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Custodi della vita come Francesco di Assisi

4 Ottobre 2021 - “Chi sei tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?” (FF 1915). Sono le parole che Francesco d’Assisi ripete di notte sul monte della Verna durante la preghiera. Sono le domande che ognuno si pone, quando entra in relazione con il Cristo povero e crocifisso. Sono gli interrogativi esistenziali che attendono una risposta e che ogni credente, entrando in contatto con la profondità di sé, può trovare solo nella scoperta di senso, Gesù e il Vangelo. “Viveva ad Assisi, nella valle Spoletana, un uomo di nome Francesco. Dai genitori fu allevato fin dall’infanzia in modo dissoluto secondo le vanità del mondo e, imitando la loro misera vita, egli stesso divenne ancor più frivolo e vanitoso” (FF 317). Vivendo secondo la permissività dei genitori, assume nel tempo dei comportamenti di grandiosità. É ambizioso e narcisista, insegue se stesso, idealizzando ciò che lo conferma, si sente il centro dell’universo, si impegna ad essere in tutto il primo, disconosce, di conseguenza, le persone. Fino al momento della conversione l’identità di Francesco, anche se in continua evoluzione, non appare chiara e definita. Egocentrato, non favorisce l’unificazione interiore e cerca pezzi di sé nel piacere. Cura l’immagine di sé per apparire, per sorprendere, per meravigliare. Si lascia determinare dalla frammentarietà esistenziale. Nella sua vita non c’è posto per i lebbrosi, per gli scartati del suo tempo. Si rifiuta di riconoscere come vivente la parte fragile dell’umanità, perché la sua accoglienza avrebbe richiesto il contatto e l’accettazione reale dei suoi confini contenenti anche il limite e la debolezza. Non è l’esperienza dell’individuo di oggi che stenta a diventare adulto e che si rifiuta di crescere, di chiudere la fase dell’adolescenza, per definirsi, imparando a strutturare il tempo non intorno all’immagine di se stesso, ma nel dono di sé agli altri secondo un senso da dare alla propria vita? Francesco, dopo aver tastato strade diverse, incontra il Signore che lo attende e scopre che da sempre agisce nella sua vita. Smette allora di adorare se stesso e sceglie di imitare il Cristo povero e crocifisso in tutto. Durante la spedizione per la Puglia, infatti, interrompe il viaggio a Spoleto, perché Dio lo visita in sogno e gli pone delle domande. Disponibile alla volontà di Dio, decide di dare una svolta alla sua vita e cambia direzione. “Il Signore, infatti, lo condusse tra i lebbrosi e Francesco fece misericordia con essi” (cfr. FF 110). Da un’esistenza spesa per sé, alla ricerca individuale del successo, del riconoscimento sociale, passa all’accoglienza incondizionata dell’altro, anche dei lebbrosi verso i quali prova un’istintiva ripugnanza. Francesco incomincia a riconoscersi persona quando si rivolge in modo tangibile, reale, autentico verso se stesso, verso il Tu di Dio e il tu di ogni altro. Allora incomincia ad individuare il suo posto nel mondo: compie un salto nella fede, quale atto di autodecisione, che lo porta sulla soglia del Mistero che ha il volto del Padre di Gesù Cristo. Scoprendo l’amore infinito di Dio per sé e per ogni creatura e vivendo costantemente alla presenza dell’Altissimo, espande il suo cuore verso i fratelli che il Signore gli dona, rimanendo in connessione costante con tutto il creato e, contemporaneamente, con tutti viventi che incontra o che va a cercare, per far sentire loro concretamente la presenza amorevole del Signore. Interroga oggi il nostro vissuto quando riduciamo solo a livello di pensiero “che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri” (LS 70). Non basta, infatti, esprimere le buone intenzioni verso gli altri, trascurando nello stesso tempo la cura del creato, né si può vivere di ideologia difendendo con accanimento la natura e ignorando o calpestando, simultaneamente, le persone. Occorre essere segno visibile della prossimità del Signore risorto, per far cogliere ovunque l’opera di Dio in atto che cerca collaboratori per custodire la vita. Francesco sceglie di essere povero tra i poveri senza inseguire le ideologie, vivendo costantemente il Vangelo. Egli si spoglia di tutto, per essere sempre in relazione con Gesù povero e crocifisso e con ogni vivente. Dalla gratuità del dono di Gesù all’umanità apprende l’arte del dono di sé soprattutto verso coloro che sono ai margini della storia. Vede la bellezza di Dio ovunque e, nella Sua contemplazione e nel servizio costante verso tutti i poveri, ricompone in un’armonia sinfonica tutti i tasselli spesso scompaginati dall’incuria umana. Scrive Papa Francesco in Fratelli Tutti: “Francesco dichiara beato colui che ama l’altro “quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui“ (FF 175). Con queste poche e semplici parole ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, “che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita” (FT 1). L’iter di S. Francesco è significativo per gli individui di oggi che sono in continuo movimento e che spesso stabiliscono rapporti virtuali con l’universo, ma non percepiscono da persone la terra sotto i piedi. Lasciandosi trasportare dall’onda virtuale, non si fermano per aprirsi alla sorpresa dei percorsi inediti tracciati da Dio per la custodia del bene comune, né riconoscono il ritmo del tempo cadenzato dallo Spirito del Signore nella compagnia degli uomini e delle donne di oggi immersi nella bellezza del creato. Forse è giunto il momento di cercare come Francesco di Assisi un senso da dare alla propria vita, di alimentare la fede, di cogliere la gratuità dell’umanità ricevuta, di sentirsi custodi di ogni fratello e sorella, di percepirsi connessi e in relazione con tutto l’universo, avvolto dall’amore infinito e fedele di Dio? Mai come oggi c’è bisogno di testimoniare, come Francesco, l’amore alla vita! (Diana Papa)