17 Agosto 2020 - Lesbo - Una croce fatta col legno delle barche naufragate sulle coste di Lesbo ha accompagnato il pellegrinaggio silenzioso di una delegazione della Comunità di Sant'Egidio al luogo dove vengono gettati i giubbotti di salvataggio e i gommoni dei viaggi verso l'Europa. Raccontano tanta ingiustizia e sofferenza i poveri effetti personali - giacche a vento, biberon, radioline - in questo “che è un non-luogo, che non ha neppure un nome” ed e genericamente indicato come "Lifejacket Graveyard": un “simbolo evidente della chiusura dell'Europa” e di quella "cultura dello scarto" di cui parla papa Francesco. Insieme ai 30 volontari, provenienti da Italia, Polonia, Spagna e Ungheria, in questi giorni sull'isola greca, alcuni rifugiati afgani, siriani e di vari paesi africani, che conoscono bene quel breve e pericolosissimo tratto di mare che separa la Turchia dalla Grecia: in esso “hanno perso la vita loro sorelle, fratelli e amici”, spiega la Comunità di Sant’Egidio.
Dopo la preghiera della croce e l'invocazione per la protezione di Maria sulla vita di tutti i migranti, è stato deposto un mazzo di fiori in memoria delle vittime.
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Sud Sudan: aiuti umanitari per i profughi dalla Comunità di Sant’Egidio
5 Agosto 2020 - Roma - Un carico di aiuti umanitari raccolti dalla Comunità di Sant'Egidio, in collaborazione con il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, è giunto nei giorni scorsi a Juba, capitale del Sud Sudan, con un volo organizzato attraverso l'iniziativa "Ponte aereo umanitario" dell'Unione Europea. Gli aiuti - cibo, mascherine, gel igienizzante e sapone per la prevenzione del coronavirus - sono destinati ai profughi che hanno dovuto abbandonare i propri villaggi a causa dei recenti, violenti, scontri in diverse regioni del Paese. In questa situazione - speiga una nota della Comunità di Sant'Egidio - sono i civili, particolarmente le donne, gli anziani e i bambini, a pagare il prezzo più alto degli scontri fra gruppi armati. Molti di loro sono costretti a vivere sotto gli alberi nel mezzo della stagione delle piogge. Le loro condizioni sono rese ancora più difficili a causa della pandemia in un Paese privo di strutture sanitarie adeguate.
Il Ministero degli Affari Umanitari e il Consiglio Ecumenico delle Chiese del Sud Sudan, con cui la Comunità collabora da anni e con cui ha stretto un accordo di cooperazione, provvederanno alla distribuzione degli aiuti.
Gli aiuti sono "un gesto concreto di amicizia e sostegno al popolo sud sudanese che ha tanto sofferto a causa della guerra: una violenza che sembra non avere mai fine, nonostante gli importanti passi avanti compiuti di recente, anche grazie alla mediazione di Sant'Egidio", si legge nella nota evidenziando che l'iniziativa di dialogo politico, con sede a Roma, è stata interrotta dalla diffusione del Covid-19, ma rimane "l'unica via percorribile per per dare un futuro a questo Paese".
R.I.
Lesbo: “ristorante solidale” aperto dai volontari di Sant’Egidio
4 Agosto 2020 - Roma - Si è aperto con una grande festa per l'Aid el Adha - una cena tradizionale a base di agnello - il primo "ristorante solidale" di Sant'Egidio per i profughi che "sostano", a volte da anni, nell'isola greca. Circa 350 persone - per lo più famiglie con bambini molto piccoli provenienti dall'Afghanistan, dall'Iran, dalla Siria - hanno ricevuto il permesso di uscire dal campo profughi di Moria, dove vige un severo lockdown da alcuni mesi, per partecipare alla cena. Sant'Egidio ha ottenuto infatti che nel mese di agosto, ogni giorno una quota di almeno 300 profughi possa uscire dal campo per partecipare alle attività organizzate dai volontari della Comunità, un gruppo di persone provenienti da diversi paesi europei. È stato allestito un antico frantoio, una grande costruzione di pietra di fronte al mare, dove, oltre alle cene, si terranno anche il corso di inglese per gli adulti e le attività di Scuola della Pace per i bambini. Tutto si svolge nel rispetto rigoroso delle norme anti-Covid, ma in un clima davvero festoso: la gratitudine visibile sul volto dei profughi - molti dei quali chiedono di aiutare e collaborano al servizio, indossando con orgoglio la pettorina azzurra con il logo di Sant'Egidio - aiuta a superare le barriere linguistiche. A Lesbos ci sono attualmente circa 15.000 profughi, molti dei quali "intrappolati" nell'isola da anni, che vivono in condizioni drammatiche nei campi formale e informale di Moria. Molte ONG hanno interrotto le attività e lasciato l'isola negli ultimi mesi, mentre si sono moltiplicati gli episodi di intolleranza e le violenze nei loro confronti.
Lesbo: al via la “Vacanza alternativa” dei volontari della Comunità di Sant’Egidio
3 Agosto 2020 - Roma - Fino alla fine di agosto oltre 150 volontari della Comunità di Sant’Egidio, provenienti da diversi Paesi europei, passeranno a turno una “vacanza alternativa” con i profughi residenti a Lesbo, "per non dimenticare e aprire la via ad un futuro diverso". Nell’isola greca sono presenti in questo momento circa 15.900 migranti, tra cui un buon numero di minori non accompagnati, tutti richiedenti asilo oppure in attesa di ricollocamento. Sono quasi il doppio rispetto ad un anno fa, in condizioni di vita precarie, aggravate dal lockdown dettato dalla pandemia.
Rispondendo ad una domanda crescente di cibo, i volontari apriranno due “ristoranti solidali” da campo, ma terranno anche corsi di inglese per i profughi e faranno attività di animazione con i numerosi bambini e giovani giunti nell'isola. La loro presenza, durante il mese di agosto, avrà l’obiettivo di mantenere viva la speranza di gente che è fuggita da guerre o da condizioni di vita insostenibili nei loro paesi di origine e che ora si trova in una sorta di “limbo”, qui in Europa, "in attesa di un futuro diverso".
Migranti: domani corridoi umanitari da Lesbo per lockdown
15 Luglio 2020 - Roma - Dopo aver vissuto lunghi mesi di attesa, dovuti alla crisi da coronavirus, giunge in Italia l’ultimo gruppo di profughi che Papa Francesco ha voluto portare in salvezza attraverso l’Elemosineria Apostolica e la Comunità di Sant’Egidio. Si tratta di 10 rifugiati, che si aggiungono ai 57 già venuti in Italia, con diversi viaggi, il primo effettuato il 16 aprile 2016 nello stesso aereo con cui il Papa è tornato a Roma dalla sua storica visita a Lesbo. I profughi, che appartengono a quattro nuclei famigliari, non erano riusciti a partire nel dicembre scorso per motivi contingenti e, successivamente, erano rimasti bloccati dalla pandemia.
Il primo corridoio umanitario dopo il lockdown è stato reso possibile grazie ad una preziosa sinergia tra le autorità italiane e greche, in particolare tra il Viminale nella persona del Capo Dipartimento Michele di Bari e il ministero dell’Immigrazione e Asilo greco. Ad accogliere i nuovi 10 profughi saranno anche i rifugiati giunti con i precedenti corridoi umanitari da Lesbo che, dopo la conferenza stampa, pranzeranno con loro nei locali della mensa dei poveri della Comunità di Sant’Egidio insieme ai volontari che si occupano dell’ospitalità e dell’integrazione.
Con il sistema dei corridoi umanitari sono giunti finora in Europa oltre 3 mila profughi dal Medio Oriente e dall’Africa.
Migranti, accordo di collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio e le Scalabriniane
9 Luglio 2020 - Roma - Si rafforza la collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio e la Congregazione delle Suore missionarie di San Carlo Borromeo/Scalabriniane. A Roma, nella sede della Comunità, si è svolto un incontro tra le due organizzazioni nel corso del quale si è tracciato un percorso comune di cammino. “Le suore scalabriniane hanno dimostrato una ‘giovinezza’ della loro vocazione – spiega Daniela Pompei, coordinatrice delle attività per i migranti della Comunità di Sant’Egidio - Negli ultimi due anni è stata una grande novità per noi la presenza delle scalabriniane, ‘suore itineranti anche con pochi mezzi’, che è poi lo spirito della comunità di Sant’Egidio. Vogliamo essere insieme, lì dove c’è bisogno. Lo spirito è di accompagnare, di essere vicine al momento del bisogno, con l’idea di integrare. Curiamo il progetto dei Corridoi umanitari, che nasce per bloccare il flusso dei trafficanti di uomini e per dire che è possibile da una parte entrare legalmente e che le comunità cattoliche possano assumere l’accoglienza. E’ una risposta all’appello del Papa dal 2013 in poi con il suo primo viaggio di Lampedusa e lo abbiamo iniziato a proporre insistentemente, senza mai demordere. Abbiamo voluto aprire piccoli varchi e continueremo a farlo. Possiamo portare avanti tanti progetti: siamo molto impegnati sul tema della regolarizzazione per far emergere il diritto e, allo stesso tempo, per far emergere le persone. Avere i documenti per un migrante vuol dire nascere di nuovo”.
“Monsignor Giovanni Battista Scalabrini intuì che la mobilità sarebbe diventato il fenomeno fondamentale della vita umana – ha commentato Gianni La Bella, della Comunità di Sant’Egidio – Il suo è stato un carisma anticipatore nella Chiesa. Chiedeva di mettere preti nei porti, cosa che all’epoca c’era chi non capiva. A partire dall’incontro con i migranti abbiamo creato tante strade nuove e abbiamo scritto una pagina dell’impegno della Chiesa nel nostro mondo contemporaneo. Sentiamo il desiderio di ‘contagiare’ tante altre Congregazioni religiose. Dobbiamo rendere ancora di più forte questa nostra alleanza tra la Comunità e la Congregazione delle Scalabriniane. Insieme dobbiamo fare uno sforzo gioioso per una maggiore integrazione tra di noi facendo rete, connessione, coinvolgendo in questo grande abbraccio tanti altri. La vita religiosa deve assumere la sfida dei migranti come una chiamata evangelica per la vita di oggi. Scriviamo il secondo capitolo della nostra storia di amicizia, tanti ne dovremo continuare a scrivere”.
“Abbiamo accolto con immensa gioia l’invito della comunità di Sant’Egidio, a cui abbiamo risposto prontamente, poiché abbiamo grande considerazione e apprezzamento per il lavoro che la comunità svolge ‘uscendo’ verso le periferie umane ed esistenziali, servizio riconosciuto internazionalmente per la dedizione, per la serietà e l’impegno con i poveri, con i migranti, i più vulnerabili della società – spiega la Superiora generale delle Suore scalabriniane, suor Neusa de Fatima Mariano - Accogliamo ciò come una valida opportunità che certamente rafforzerà ancor di più la collaborazione tra le nostre Istituzioni, impegnate e coinvolte con i migranti e i rifugiati, riconosciute e credibili nella Chiesa e nella società civile per la missione che realizziamo nella promozione e nella difesa della vita”. “Nella nostra attività missionaria valorizziamo molto la prossimità, l'essere insieme, l'essere migrante con i migranti e con i rifugiati e in particolar modo con le donne e i bambini in cerca di protezione a causa di situazioni di rischio, di violazioni e di vulnerabilità, soprattutto nei luoghi di frontiera, dove le popolazioni sono maggiormente segnate da violazioni dei diritti, da minacce alla dignità delle persone”.
Suor Milva Caro, superiora della Provincia San Giuseppe (che sovraintende all’area europea), ha illustrato l’attività delle suore scalabriniane in Europa e ha ricordato come proprio “un anno fa iniziava una collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio con l’accoglienza a Fiumicino di una famiglia venuta in Italia grazie ai corridoi umanitari. Dopo un anno è nata una bambina e ora li aiuteremo a spiccare il volo, felici di vedere la loro speranza”. Suor Eleia Scariot, brasiliana, ha raccontato l’esperienza del progetto di semiautonomia “Chaire Gynai”, che vede un progetto per donne rifugiate e per i loro figli. A Roma ci sono due case coinvolte in questa iniziativa, voluta da Papa Francesco. “Finora abbiamo accompagnato circa 50 persone. Ci attiviamo seguendo i quattro verbi del Pontefice, accogliere, proteggere, promuovere e integrare – ha spiegato suor Eleia – La Comunità di Sant’Egidio è una grandissima risorsa per noi in questo progetto, per la segnalazione di potenziali partecipanti”. Suor Stella John Joseph, indiana, ha illustrato le attività di Assmi, un’associazione che a Roma gestisce un centro culturale per migranti, con corsi di lingua, informatica, che promuove progetti per l’integrazione. L’occasione è stata anche quella per presentare anche le attività delle suore scalabriniane a livello internazionale. E’ stata Suor Ana Silvia Zamin, brasiliana, a raccontare le attività della Casa Mambre di Città del Messico. “Il migrante è una benedizione per noi. Lì lavoriamo anche con persone vittime di violenza, è uno spazio dove possono recuperare sia a livello fisico e psicologico e riorganizzare il loro progetto di vita”, ha raccontato, descrivendo anche il lavoro di Tijuana, alla frontiera con gli Stati Uniti d’America. Suor Janete Ferreira, brasiliana, ha descritto la situazione delle case d’accoglienza dell’America Centrale e del Sud, e della gestione dei migranti venezuelani che stanno chiedendo aiuto al Brasile.
Rom: un incontro di Sant’Egidio su percorsi di integrazione a Milano
15 Novembre 2019 - Milano “I Rom di Via Rubattino 10 anni dopo. Immagini, video e racconti di un'integrazione possibile". Questo il tema di un incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio di Milano il prossimo 19 novembre, che vuole fare il punto sulle storie dei rom sgomberati dieci anni fa a Milano. Era il 19 novembre del 2009 quando 400 rom romeni venivano sgomberati dalla baraccopoli di via Rubattino a Milano. Venti sgomberi in un anno con bambini costretti a cambiare 8 scuole in tre anni. La Comunità di Sant'Egidio, insieme a tanti cittadini della zona ("Mamme e maestre di Rubattino"), reagì con azioni solidali, come le insegnanti che ospitarono gli alunni sgomberati, ricorda una nota. Oggi la quasi totalità di quelle persone (73 famiglie) vive in casa, è “finito il tempo delle baracche e dei topi; in ogni nucleo almeno un adulto lavora; il 100% dei minori frequenta le scuole dell'infanzia, primarie e medie, molti ragazzi studiano alle superiori e fanno volontariato”.
All’incontro porteranno la loro testimonianza alcuni rom e interverranno l'Assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano Gabriele Rabaiotti, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio e Milena Santerini dell'Università Cattolica e Comunità di Sant'Egidio coordinati da Stefano Pasta, Assunta Vincenti, Flaviana Robbiati e Elisa Giunipero. La vicenda dei rom di Rubattino rappresenta “uno dei maggiori casi di superamento della baraccopoli e di accesso alla casa, tra i più significativi percorsi di integrazione di famiglie rom in Italia”, spiega oggi la comunità: "Dieci anni di amicizia ci dicono che tanti muri sono stati abbattuti, tante cose che ritenevamo impossibili sono diventate la normalità: è normale che un ragazzo finisca le medie e si iscriva alle superiori, è normale che due amici rom e non rom escano insieme a Milano che è la città di entrambi, è normale che un anziano milanese sia accudito da una donna rom. E' diventato normale che persone tanto diverse si sentano parte della stessa famiglia. E' stata un'amicizia che ha chiesto di cambiare a tutti, ai rom e ai non rom".
Sant’Egidio: 1000 giovani europei ad Auschwitz
18 Luglio 2019 - Roma - A 80 anni dallo scoppio della seconda guerra mondiale, 1000 giovani provenienti da 16 Paesi europei saranno a Cracovia, dal 19 al 21 luglio, per partecipare all’incontro “A Global Friendship to live Together in Peace”.
In un tempo caratterizzato dalla reviviscenza di pregiudizi antisemiti e razzisti, dalla diffusione di slogan e atteggiamenti intolleranti e dalla crescita, specie tra i giovani, di movimenti nazionalisti, sovranisti e xenofobi in tutta Europa, il movimento dei Giovani per la Pace - legato alla Comunità di Sant’Egidio e impegnato, ogni giorno, nelle periferie con i bambini in difficoltà, i senza dimora, gli anziani soli - promuove un grande incontro internazionale per lanciare un messaggio di unità e pace.
I giovani, studenti universitari e delle scuole superiori, faranno memoria dell’orrore della seconda guerra mondiale, dell’abisso della Shoah e del Porrajmos (lo sterminio di Rom e Sinti), convinti che continui a essere un riferimento decisivo per il futuro dell’Europa, per costruire una civiltà del convivere e società inclusive. Ascolteranno la testimonianza di Lidia Maksymowicz, sopravvissuta da bambina al campo di sterminio di Auschwitz Birkenau e vittima di esperimenti medici nazisti.
Sabato 20 luglio, la visita al museo del campo di Auschwitz e una marcia silenziosa nel campo di sterminio di Birkenau, con la deposizione di corone di fiori al monumento memoriale delle vittime del lager, saranno l’espressione dell’impegno a contrastare ogni forma di violenza e razzismo.