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Afghanistan…un anno dopo

15 Agosto 2022 - Brescia - Abbiamo passato il Ferragosto del 2021 vedendo le immagini dell’immane operazione umanitaria e militare scatenata dalla ripresa di Kabul da parte dei Talebani; 4.890 afghani arrivarono in Italia in pochi giorni, mentre scatenavamo una gara di parole per dire che “l’accoglienza era un dovere”, nonostante fosse chiaro per tutti, soprattutto per gli “addetti ai lavori” nel campo dell’accoglienza, che era difficile esercitarla perché alcuni decreti rendevano impossibili l’applicazione di misure straordinarie per persone costrette a fuggire e poter esser accolte “per motivi umanitari”. Ma poco importa, era importante condannare il regime talebano e il fallimento di una lunga operazione militare in quella terra in corso da decenni da nazioni diverse e da schieramenti diversi. L’accoglienza venne gestita in larga parte dal nostro Esercito, lasciando “a bocca asciutta”, in prima battuta, tutti quelli che volevano prodigarsi. Riprese il lavoro e la scuola, una nuova ondata di covid fece spostare la nostra attenzione; a inizio 2022 il conflitto in Ucraina calamitò la nostra attenzione e ci scontrammo nuovamente con le difficoltà nella macchina di accoglienza che non prevedeva più la doverosa accoglienza per chi scappava da una guerra. L’impegno del mondo ecclesiale, del Terzo Settore, degli enti locali e della generosità di tanti ha reso possibile ciò che abbiamo fatto. Ma in questo Ferragosto di un anno dopo la tragedia dell’Afghanistan, mi chiedo cosa ci rimane di quella esperienza? Un anno fa scrivevo commentando quella esperienza e il moto di accoglienza vissuto in quei giorni: […] si tratta adesso di non vivere così solo per qualche giorno, ma di allargare questo stile a tutti i fratelli e le sorelle che per motivi diversi hanno bisogno di essere accolti”. Sono passati 365 giorni e non so se ci siamo mai chiesti che fine hanno fatto le 4.890 persone arrivate, dove sono, se hanno ancora bisogno di aiuto. Non so se sappiamo che all’11 Agosto 2022 tra il mare e la terribile rotta balcanica sono arrivati altri 3.504 afghani (dati del Ministero dell’Interno), ma questi non erano collaboratori dei nostri governi occidentali e hanno dovuto soffrire molto di più per riuscire a scappare, ma di questi non parleremo mai; non fanno notizia e non ci disturberanno in questo Ferragosto con immagini drammatiche, abbiamo ben altro a cui pensare con le prossime elezioni alle porte, sperando che almeno ci ricorderemo l’importanza dell’accoglienza quando sceglieremo chi ci governerà. Come un anno fa’ voglio riscrivere le stesse parole: “In questo caldo tempo estivo voglio augurarmi che la vicenda dell’Afghanistan ci aiuti ad accorgerci maggiormente che il fenomeno della mobilità umana è dettato da storie di vita reali caratterizzate dalla sofferenza, dall’ingiustizia e dalla mancanza di libertà. Non ci si muove per comodità ma per poter vivere realmente; cosi come oggi, quasi tutti, anche coloro che non avevano progetti di accoglienza, dicono “che è un dovere morale accogliere”, mi auguro che non dimentichiamo che questa scelta è vera: l’accoglienza fa vivere chi la esercita e fa vivere chi la riceve”. Speriamo che in Agosto 2023 avremo imparato a interessarci di chi accogliamo e far nascere scelte concrete dall’accoglienza e non a nutrire solo la nostra emotività; speriamo che questo tempo ci insegni che la storia della mobilità umana va’ conosciuta e non usata a propria comodità. (don Roberto Ferranti)    

Dove nasce la coerenza

10 Settembre 2021 - Roma - Se chiediamo che in Afghanistan siano rispettati i diritti umani non possiamo rifiutare l’accoglienza di quanti sono fuggiti e fuggiranno dal terrore e dalla violenza. Questo è stato nei giorni scorsi il monito che il Presidente della Repubblica ha rivolto all’Europa e, di conseguenza, all’Italia. I distinguo, come sempre avviene, sono subito scattati ma l’appello alla coerenza é una sana provocazione: l’accoglienza va oltre il pur necessario pronto soccorso, nasce e si sviluppa in un terreno culturale e sociale dove è forte e condiviso l’impegno per i diritti umani e per la dignità della persona. Le parole di Mattarella aprono una riflessione su diffuse situazioni di illegalità che vedono anche nel nostro Paese nuove schiavitù, nuove discriminazioni, nuovi sottili razzismi. Un esempio, riportato dai media nei giorni scorsi, sta nel trattamento dei braccianti agricoli in Piemonte: se il colore della pelle è nero il salario è inferiore pur lavorando come e quanto chi ha la pelle bianca. Sono molteplici le forme di sfruttamento e di illegalità presenti al Sud e al Nord del nostro Paese come attestano le 260 inchieste avviate negli ultimi tempi da 99 procure dopo la legge anticaporalato del 2016. Nel fornire i dati il “Rapporto 2019 del Centro di ricerca interuniversitario ‘L’Altro Diritto’” specifica che i comparti colpiti dalla illegalità sono, oltre a quello dell’agricoltura, l’edilizia, il tessile, il volantinaggio, la cantieristica, la logistica, il lavoro domestico. La cronaca riferisce di morti per sfinimento, per percosse e perfino per l’uso di droga assunta per resistere alle insostenibili condizioni di lavoro. Molti per non perdere il posto e per evitare ricatti non hanno altra possibilità che tacere o mentire sulla differenza tra le ore lavorate e quelle retribuite, sulla mancanza di sicurezza. La piaga del lavoro nero è emersa ancor più nel tempo della pandemia dai racconti di famiglie, soprattutto immigrate, che hanno chiesto aiuto alle Caritas delle diocesi. Si dirà che questa è una realtà che non si può paragonare a quella dell’Afghanistan. C’è però il filo della sopraffazione, dell’umiliazione e dell’intimidazione che le lega. Uscire dall’incoerenza è possibile se si accetta di conoscere storie di sfruttamento e di schiavitù che si incrociano con le scelte e gli stili di vita di un cittadino. Dal conoscerle al prendere pubblicamente parola e posizione il passo è breve e decisivo. Ed è altrettanto importante sapere che ci sono molte imprese, ad esempio quelle segnalate alla prossima Settimana sociale dei cattolici italiani, che fanno della qualità della vita dei loro lavoratori anche una scelta di accoglienza della legalità. (Paolo Bustaffa)

Tavolo Asilo: intervenire con urgenza per garantire diritto d’asilo alle persone in fuga dall’Afghanistan

9 Settembre 2021 - Roma - La situazione politica in Afghanistan, dopo la definitiva partenza dei contingenti militari americani e alleati, resta estremamente tesa e in continua evoluzione. Già nei primi sei mesi del 2021 è apparso chiaro l’impatto terribile dell’escalation di violenza sulla popolazione civile, con oltre 1600 civili uccisi e più di 3500 feriti, larghissima parte dei quali sono donne, ragazze e bambini (dati UNAMA). Il deterioramento della situazione nelle ultime settimane ha ulteriormente aggravato il quadro, con decine di migliaia di persone costrette ad abbandonare le loro case e ad aggiungersi ai più di 5 milioni di sfollati interni già presenti nel paese (OIM), fino ai tragici tentativi di evacuazione di civili dall’aeroporto di Kabul, che se hanno consentito di mettere in salvo migliaia di persone, ne hanno purtroppo lasciate indietro molte di più. La popolazione civile continuerà ad essere esposta al rischio di violenza, peraltro in quadro economico disastroso, dove quasi 11 milioni di cittadini afghani vivevano in uno stato di emergenza o grave crisi alimentare già prima degli accadimenti delle ultime settimane.   In questo contesto l’UE, i suoi Paesi membri e l’Italia, che hanno una significativa parte di responsabilità in quanto sta avvenendo, devono mettere in campo iniziative all’altezza della tragedia che si svolge davanti ai nostri occhi Il processo di evacuazione che ha interessato alcune migliaia di persone e che non potrà proseguire a causa della chiusura delle operazioni e del progressivo deterioramento della situazione, non può certamente rappresentare l’unica azione messa in atto dai Governi dell’Unione Europea. Fino ad oggi la quasi totalità dei profughi, rifugiati e sfollati prodotti dalla guerra in Afghanistan, ha trovato accoglienza nei Paesi limitrofi (soprattutto Pakistan e Iran che hanno accolto il 90% dei 5 milioni di afghani che sono stati costretti a lasciare il Paese); nell’UE negli ultimi dieci anni sono state presentate meno di 700.000 richieste di asilo. A fronte di questo, appaiono inaccettabili le conclusioni del Consiglio UE dei Ministri degli Interni, tenutosi il 31 agosto scorso, che di fatto escludono un impegno degli Stati Membri ad accogliere i cittadini afghani in fuga, scaricando gli oneri sui paesi limitrofi e ribadendo l’obiettivo prioritario della protezione dei confini esterni dagli ingressi non autorizzati.   Occorre invece intervenire tramite la realizzazione di un ampio programma di trasferimenti/ricollocamenti dei cittadini afgani da attuarsi anche dai paesi di transito, tramite un’iniziativa che garantisca l’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri, in attuazione dell’art. 78 paragrafo 3 del TFUE e del principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità sancito dall’art. 80 dello stesso TFUE. I Paesi in cui molti cittadini afghani che tentano di raggiungere l’Unione Europea si trovano bloccati, come la Turchia e i Paesi non UE dell’area balcanica, non possono essere considerati Paesi sicuri in merito all’accesso al diritto di asilo e ad assicurare un livello adeguato di protezione e deve essere escluso ogni accordo finalizzato ad effettuare i rimpatri di cittadini afghani in questi Paesi o nei Paesi limitrofi all’Afghanistan, oltre che ovviamente nel loro Paese di origine. Si tratta dunque di realizzare un intervento straordinario che consenta alla minoranza di persone che sceglieranno di non restare nei Paesi confinanti, di viaggiare in sicurezza e legalmente. Particolare attenzione merita poi la situazione della Grecia, paese UE dove si trovano attualmente bloccati migliaia di cittadini afghani in condizioni precarie.   Per consentire una soluzione europea condivisa bisogna utilizzare tutti gli strumenti esistenti, inclusi il rilascio di visti umanitari e l'attivazione della Direttiva n. 55/2001/CE, adottabile anche a maggioranza qualificata, che è in vigore e che, pur non essendo mai stata applicata, contiene elementi e indicazioni utili alla crisi in atto: possibilità di adozione di un ampio piano di evacuazione concordato a livello europeo con ripartizione dell’accoglienza concordata dagli Stati sulla base di criteri equi che comunque tengano conto dei possibili legami significativi delle persone con un dato paese della UE, accesso a risorse europee e rilascio di un titolo di soggiorno per protezione temporanea. Riteniamo inoltre che debba essere effettuato ogni sforzo per garantire a tutti i cittadini afghani, senza distinzione di genere, religione, provenienza etnica o orientamento politico una maggiore sicurezza in Afghanistan e per assicurare un’adeguata assistenza umanitaria alla popolazione.   In particolare chiediamo   All’Italia e all’Unione Europea:
  • che siano garantite con urgenza protezione e assistenza umanitaria ai 39 milioni di afghani
rimasti nel Paese attraverso il supporto e il finanziamento dei progetti a tutela dei diritti umani della popolazione, contribuendo in maniera efficace e coordinata alla risposta umanitaria globale;
  • che si definisca un chiaro impegno degli Stati Membri a partecipare al meccanismo di reinsediamento (resettlement), di cittadini afghani verso il territorio dell’Unione Europea;
  • che venga in via complementare attuata la Direttiva 2011/55/CE al fine di assicurare una tutela immediata e temporanea ai cittadini afghani costretti a lasciare il proprio Paese anche qualora gli stessi si trovino già nel territorio di Stati terzi, garantendo un’adeguata ripartizione tra gli Stati membri nonché l’unità dei nuclei familiari, come previsto dall’art 15 della medesima Direttiva, e assicurando in ogni caso l’accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale ,
  • che, adottando criteri unici tra i diversi paesi UE, con priorità nei confronti delle categorie vulnerabili e delle persone a rischio, venga in ogni caso consentito l’accesso in sicurezza nel territorio dell’UE a tutte quelle persone che rischiano la vita per ragioni diverse restando in Afghanistan, o che siano fuggite dal Paese attraverso il rilascio di visti umanitari in base all’art. 25 del Codice Visti (Regolamento CE 810/2009);
  • che venga sempre consentito l’accesso al territorio dell’Unione Europea e alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e vengano sospesi i respingimenti posti in essere sia dalle autorità nazionali sia dall’Agenzia europea per la guardia di frontiera e costiera, in particolare nel Mare Egeo e verso la Turchia così come verso i Paesi non UE dell’area balcanica;
  • che si sospenda qualsiasi forma di decisione negativa (dinieghi, rimpatri e respingimenti) nei confronti degli afghani presenti nei Paesi dell’Unione Europea o alle frontiere dell’UE, così come richiesto anche dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, considerando tutte le donne come rifugiate prima facie, e che si proceda ad un rapido riesame delle decisioni negative che hanno precluso a cittadini afghani il riconoscimento della protezione internazionale, così come delle richieste di protezione internazionale attualmente in corso di valutazione, garantendo l’adozione di decisioni rapide;
  • che si adotti un programma almeno biennale di ricollocazione in tutta la UE delle persone attualmente accolte nei centri di accoglienza presenti in Grecia e in particolare nelle isole greche, a partire dai minori non accompagnati, dai nuclei familiari e dai soggetti vulnerabili, in considerazione delle condizioni estremamente critiche dei centri e della concreta possibilità che i nuovi arrivi spontanei di migranti portino ad una eccessiva pressione sulla Grecia e a un ulteriore deterioramento delle condizioni di vita delle persone;
  • che il c.d. “Blueprint network”, istituito come previsto dal Patto europeo asilo e migrazione, nonché qualsiasi altra task force che verrà creata per affrontare gli sviluppi in corso a livello europeo includa competenze in materia di protezione dei minori.
  • che venga supportata la costituzione di un meccanismo indipendente per monitorare violazioni e abusi dei diritti umani che dovessero verificarsi nel Paese.
  chiediamo inoltre all’Italia:  
  • che vengano trasferite alle rappresentanze consolari italiane nei Paesi limitrofi (insieme agli altri servizi consolari) anche le competenze relative al rilascio di visti d’ingresso per i cittadini afghani, in particolare quelli per ricongiungimento familiare o comunque il rilascio di visti umanitari, garantendo procedure rapide e semplificate che tengano conto della  possibilità che il passaporto afgano possa essere scaduto o non sia più in possesso degli interessati in considerazione della situazione e del mancato soggiorno regolare del richiedente nel Paese in cui la rappresentanza consolare è situata;
  • che venga consentito l’accesso in Italia di quelle persone che hanno già ricevuto un nulla osta per il ricongiungimento familiare dalle autorità italiane e non sono riusciti ad ottenere il visto, anche in considerazione della chiusura da oltre un anno dell’ufficio visti a Kabul, e di tutti i parenti, anche in una accezione allargata, di coloro che hanno chiesto e possono chiedere il ricongiungimento, anche se non hanno concluso la procedura;
  • che venga facilitato il reingresso di cittadini afghani titolari di un permesso di soggiorno italiano che, per varie ragioni, risultano essere bloccati in Afghanistan o nei Paesi limitrofi attraverso il rapido rilascio di visti di reingresso;
  • che si favorisca l’arrivo e l’accoglienza degli studenti universitari attraverso il rilascio di visti d'ingresso per studio;
  • che, in attesa dell’eventuale attivazione della Direttiva 55/2001, venga assicurato ai cittadini afghani comunque presenti in Italia, l’immediato accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e ad un titolo di soggiorno che garantisca loro e, per quanto possibile, i propri familiari attualmente in Afghanistan o in Paesi terzi una adeguata tutela. Nei confronti di costoro è opportuno che, attraverso un esame prioritario ai sensi art. 28, co. 2, lett. a) d.lgs. 25/2008, le commissioni territoriali riconoscano una delle due forme di protezione internazionale previste dall’ordinamento giuridico e che ciò avvenga – ove possibile – omettendo il colloquio personale con il richiedente, ai sensi dell’art. 12, co. 2 e 2 bis, d.lgs. 25/2008;
  • che venga sospeso ogni trasferimento dall’Italia verso altri Stati membri di cittadini afghani destinatari di un provvedimento di trasferimento ai sensi del Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (cd. Regolamento Dublino III) garantendo l’assunzione della competenza da parte dell’Italia all’esame della domanda di protezione internazionale, ivi compresi quelli che hanno procedure giudiziarie in corso;
  • che venga ampliato il sistema d’accoglienza pubblico, attraverso un finanziamento straordinario del SAI che consenta ai nuovi richiedenti asilo di essere ospitati nel sistema dei Comuni anche attraverso assorbimenti consistenti dal sistema CAS al SAI, e valorizzando le disponibilità volontarie della popolazione italiana da collegare subito al sistema SAI, senza attivare sistemi paralleli, in modo da consentire una gestione competente e integrata ai servizi del territorio;
  • che venga in ogni caso assicurata un’adeguata presa in carico medica e psicologica, attraverso un pieno coinvolgimento dei servizi sanitari pubblici e in collaborazione con le associazioni e le realtà del privato sociale con specifiche competenze in materia.
    Si evidenzia infine come l’emergenza della crisi afgana vada affrontata in un quadro di politiche coerenti che riguardano sia gli interventi di aiuto umanitario che le politiche relative ai programmi di ingresso protetto e di accoglienza. Per tale ragione si sostiene la richiesta già avanzata dalle rappresentanze delle ONG e di enti ed associazioni italiane, di istituire un tavolo di coordinamento unitario sull’Afghanistan che veda il coinvolgimento dei Ministeri interessati, a partire dal MAECI e dal Ministero dell’Interno, delle rappresentanze ONG e di enti ed associazioni italiane afferenti al Tavolo Asilo e Immigrazione, oltre a rappresentanti degli Enti Locali e delle Regioni.

Card. Krajewski tra i bimbi afghani a Roma: tamponi per andare a scuola

9 Settembre 2021 - Città del Vaticano - Il card. Konrad Krajewski, Elemosiniere di Papa Francesco, accompagnato da uno staff di medici che collaborano con l’Elemosineria, si è recato ieri  nel quartiere romano di Tor Bella Monaca per effettuare i tamponi ai ragazzi afghani giunti in Italia due settimane fa.Si tratta di 14 ragazzi afghani, 11 femmine e tre maschi, arrivati due settimane fa a Roma. Erano insieme ad un gruppo di volontarie del quartiere di Tor Bella Monaca quando è arrivato il porporato, diferisce Vatican News. L'obiettivo è stato quello di effettuare i tamponi a tutti, suore comprese, unitamente ai rilevamenti diagnostici utili a permettere al gruppo di concludere la quarantena e iniziare le attività scolastiche e la vita in Italia. I ragazzi sono stati accomoaganti in Italia  da quattro suore di Madre Teresa che li assistevano a Kabul. Tutti di età compresa tra i 6 e 22 anni, sono stati abbandonati dalle loro famiglie perché diversamente abili.  

Afghanistan: “Comuni in prima linea su accoglienza ma necessario ampliamento del SAI”

7 Settembre 2021 - Roma - Le modalità di coinvolgimento dei Comuni nella gestione dell’accoglienza dei cittadini afgani giunti in Italia con l’evacuazione umanitaria. Questo è stato il focus al centro dei lavori della Commissione immigrazione dell’Anci che si è riunita questa mattina in seduta straordinaria in modalità videoconferenza. A prendere parte al dibattito il sindaco di Prato e delegato Anci all’immigrazione Matteo Biffoni, il presidente del Consiglio nazionale di Anci, Enzo Bianco, la presidente della Commissione parti opportunità Anci Simona Lembi, la presidente della Commissione welfare Anci Edi Cicchi, il sindaco di Reggio Emilia e delegato Anci al welfare, Luca Vecchi, il direttore di Anci Marche e coordinatore nazionale delle Anci regionali, Marcello Bedeschi e sindaci e amministratori locali di grandi e piccoli Comuni. “Immediatamente dopo il precipitare della situazione in Afghanistan abbiamo manifestato al Governo la piena disponibilità dei sindaci a collaborare per la protezione sui nostri territori dei cittadini e dei nuclei familiari afghani trasferiti in Italia”. Lo ha dichiarato il sindaco di Prato e delegato Anci alle politiche migratorie Matteo Biffoni che ha fatto il punto sull’impegno dei Comuni e dell’Anci anche sul tema dell’accoglienza delle donne e dei minori. “È stata una scelta politica ed umana condivisa e convinta – ha proseguito Biffoni -. Presupposto di tale collaborazione è sempre stato che l’accoglienza avvenga nell’ambito del Sistema SAI, per le ragioni ormai note e unanimemente condivise. E abbiamo infatti messo immediatamente a disposizione alcune centinaia di posti già disponibili della rete ma, come più volte ribadito, indicando come assolutamente necessario ed utile aumentare i posti del Sistema. L’attivazione di posti fuori dal Sai può essere una soluzione temporanea da ricondurre quanto prima a ordinarietà. Le accoglienze diverse dal Sai comportano costi che prima o poi ricadono sui Comuni e sulle comunità”. La Commissione immigrazione di oggi ha preso atto che, nonostante la disponibilità dimostrata da subito dal Ministero dell’interno, con cui le interlocuzioni sono state continue, “non abbiamo ancora ricevuto – ha chiarito Biffoni - alcuna puntuale indicazione, né certezza, circa l’avvio dei necessari percorsi per l’ampliamento della rete, che appare incomprensibilmente bloccato per mancanza di copertura finanziaria”. In Commissione i Comuni hanno espresso forte preoccupazione per il dilatarsi dei tempi. “In queste condizioni, gestire i tavoli territoriali con le Prefetture diventa esercizio non semplice, che Comuni e Anci regionali stanno gestendo con serietà e responsabilità. È necessario che lo strumento principale per operare, ovvero il decreto di ampliamento, sia approvato presto e munito delle procedure derogatorie, che Anci ha proposto, per consentire ai Comuni di attivare le strutture con tutta l’urgenza che l’attuale situazione rende necessario”. “Ci rivolgiamo dunque al Governo, e direttamente alla Presidenza del Consiglio, - ha concluso il delegato all’immigrazione - affinché questa impostazione che oramai tutti condividono, dallo stesso Ministero dell’Interno, alle Regioni, a tutti i Comuni che in questi giorni si sono generosamente esposti a favore dell’accoglienza, venga concretizzata. Diversamente, non solo non potremo garantire il nostro pieno contributo, ma, oltretutto e purtroppo, in mancanza dei necessari strumenti, neppure i doverosi percorsi di protezione e integrazione per i cittadini afghani”. Nei prossimi giorni Anci, Cittalia e il Servizio centrale del Sai attiveranno l’ “Osservatorio afghani”: un numero verde e un indirizzo email a cui tutti i Comuni, anche quelli che non fanno parte della rete SAI, potranno rivolgersi per avere chiarimenti e informazioni.  

Papa Francesco incontra un gruppo di rifugiati

7 Settembre 2021 - Città del Vaticano - Papa Francesco incontra un gruppo di rifugiati. L'incontro è avvenuto iera sera nell'Aula paolo VI. "Terminata la proiezione del film-documentario “Francesco”, organizzata dal regista e dalla Fondazione Laudato si', il Santo Padre ha raggiunto l’Atrio dell’Aula Paolo VI e si è intrattenuto con le circa 100 persone, senzatetto e rifugiati, invitate a vedere il film", ha detto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Tra di loro erano presenti una ventina di persone giunte dall’Afghanistan nelle ultime settimane, a cui il Papa "ha rivolto parole di affetto e di conforto". Al termine gli organizzatori dell'evento hanno "distribuito a tutti un pacco alimentare".

Afghanistan: al lavoro i Focolari per accogliere i profughi

6 Settembre 2021 - Roma - Il Movimento dei Focolari in Italia ha lanciato un appello per concretizzare l’accoglienza già dopo i primi ponti aerei che hanno portato i profughi afghani nel nostro Paese: dal 26 agosto è partito infatti un invito attraverso le comunità locali dei Focolari e le tante persone impegnate a vari livelli in reti locali o nazionali per l’accoglienza e l’accompagnamento degli immigrati. L’appello invita a valutare la possibilità di aprire i centri del movimento, istituti religiosi, canoniche, case parrocchiali, ma anche le proprie case; a intercettare chi sia disposto a collaborare per questa emergenza affiancando i profughi in arrivo; ad avviare collaborazioni con enti e organizzazioni locali. Un lavoro in itinere, che deve “coniugare” – si legge in una nota  - l’iniziativa privata con i sistemi di accoglienza predisposti dal Ministero dell’Interno, e che sta già muovendo i primi passi concreti, in consonanza con quanto auspicato da papa Francesco: che tutti gli afghani “sia in patria, sia in transito, sia nei Paesi di accoglienza”, possano “vivere con dignità, in pace e fraternità coi loro vicini”. Le risposte non hanno tardato ad arrivare: singole persone hanno messo a disposizione la loro esperienza professionale, le proprie abitazioni, o case libere. Tra i primi a rispondere all’appello, un’infermiera di Bergamo: “Tra un turno e l’altro, sono a disposizione per qualunque necessità”. Altri hanno offerto le proprie competenze legali, sanitarie, o relative alla formazione scolastica. Una famiglia della Lombardia, con cinque figli piccoli, si è detta disponibile ad ospitare un bambino. “Non solo famiglie – spiegano al Movimento -  ma vocazioni varie che rispondono al costante invito del Papa ad aprire le canoniche, le chiese; il mondo religioso si interroga su come mettersi a disposizione: è così per un gruppo di religiosi dei paesi vesuviani. Ci sono poi intere comunità focolarine - come a Pesaro, Milano, Cosenza - che si sono riunite per capire come unire le forze e trovare un luogo da mettere a disposizione per accogliere qualcuno”.   Proseguono anche i contatti con alcuni enti e cooperative dalle idealità condivise, che possano sostenere ed affiancare con gli strumenti idonei questa accoglienza fatta in famiglia, come la cooperativa Fo.Co. (Chiaramonte Gulfi, RG) e l’associazione Nuove Vie per un Mondo Unito (Roma). Ancora nel Lazio, a Marino, l’accoglienza è già in atto da parte della cooperativa e onlus Una città non basta, che si è attivata immediatamente. Al Centro Mariapoli di Castelgandolfo alcune famiglie afghane sono state ospitate fin dai primi giorni dell’emergenza.

Papa Francesco: accogliere quanti cercano una nuova vita

6 Settembre 2021 - Città del Vaticano - “Molti Paesi” aprano le porte a “quanti cercano una nuova vita”, offrendo loro “accoglienza e protezione”. Papa Francesco ieri, dopo la preghiera mariana dell’Angelus, ha parlato della situazione dell’Afghanistan e ha rivolto un appello all’accoglienza di quanti fuggono dal quel Paese. “In questi momenti concitati che vedono gli afghani cercare rifugio – ha detto il Papa - prego per i più vulnerabili tra loro. Prego che molti Paesi accolgano e proteggano quanti cercano una nuova vita. Prego anche per gli sfollati interni, affinché abbiano l’assistenza e la protezione necessarie”. Papa Francesco auspica che i giovani afghani possano “ricevere l’istruzione, bene essenziale per lo sviluppo umano” e tutti gli afghani, “sia in patria, sia in transito, sia nei Paesi di accoglienza, vivere con dignità, in pace e fraternità coi loro vicini”. L’appello del Papa arriva a pochi giorni dal suo viaggio che da domenica prossima lo porterà prima a Budapest (dove, in un'intervista, ha detto che "non sa" se incontrerà il premier Viktor Orban, tra i portabandiera delle chiusure dei confini agli immigrati) e poi in Slovacchia: quindi, come lui stesso afferma, "nel cuore dell'Europa". (R.Iaria)

Sassari: accoglienza dei profughi afghani

3 Settembre 2021 -

Sassari - Stremati ma felici di essere arrivati a destinazione. E' questo lo stato d'animo dei profughi afghani che sono arrivati a Sassari  dopo lunghe e faticose ore di viaggio. Visibilmente disorientati, sono stati accolti nella Casa delle Figlie della Carità di via Solari, opportunamente preparata per ospitare gruppi di famiglie e singole persone. Nel gruppo di 26 persone la maggior parte sono donne, due delle quali in stato di gravidanza avanzato. Una decina i minori di cui due molto piccoli e alcuni adolescenti. Il sorriso di suor Andreana e delle altre suore della comunità ha contribuito a trasmettere serenità in questa prima fase, che si baserà nell'assicurare ai rifugiati un'accoglienza in una dimensione domestica e familiare. All'arrivo la cena è stata preparata da una mamma siriana, arrivata a Sassari dal Libano un anno e mezzo fa insieme al marito e ai suoi tre figli, attraverso i corridoi umanitari. Sarà lei a occuparsi della cucina in questi primi giorni.

Per garantire un'effettiva accoglienza, la Diocesi di Sassari si avvarrà dell’ausilio di mediatori linguistici. Soltanto pochi conoscono l’inglese mentre uno di loro parla qualche parola di italiano. In questi primi giorni, osservando e conoscendo le singole situazioni, si imposterà l’organizzazione più adeguata per rendere il più sereno possibile il loro soggiorno e predisporre il percorso di inserimento secondo appositi accordi con gli enti preposti. I diversi servizi verranno assicurati dall’Accademia Casa di popoli, culture e religioni.

Le Chiese europee su Afghanistan: “Dare prova di umanità”

3 Settembre 2021 -  Bruxelles - «È tempo di dare prova di umanità di fronte alla crudeltà vissuta dagli afghani, di dimostrare che i valori dell’Ue non sono una vuota retorica ma sono principi guida pratici che portano ad azioni basate su norme etiche, al di là delle mere considerazioni politiche o economiche». È l’appello lanciato da Christian Krieger, presidente della Conferenza delle Chiese europee (Kek), e dal cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea (Comece). «Invitiamo tutte le parti – scrivono Krieger e Hollerich nella dichiarazione diffusa dal Sir – a lavorare incessantemente per la pace attraverso il dialogo e il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani fondamentali di tutti. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché protegga le persone bersaglio dell’oppressione e le cui vite sono a rischio, come attivisti della società civile, difensori dei diritti umani, giornalisti, artisti e membri di minoranze etniche e sessuali, nonché cristiani e altre comunità religiose». Comece e Kek – preoccupati per il considerevole afflusso di profughi afghani nei Paesi vicini – chiedono, in particolare, all’Unione Europea di contribuire alla creazione di corridoi umanitari, trasferimento e altri passaggi sicuri, per portare i rifugiati in luoghi sicuri. «Incoraggiamo inoltre – si legge nel messaggio – gli Stati membri dell’Ue a garantire sicurezza di residenza agli afghani già presenti nell’Ue e a fermare ogni espulsione verso l’Afghanistan»

Migrantes e Caritas Benevento: domani giornata di preghiera e digiuno per Haiti e Afghanistan

2 Settembre 2021 - Benevento - Una giornata di preghiera e di digiuno per l'Afghanistan e Haiti. La promuivino per domani gli uffici  Migrantes, Caritas e Pastorale Giovanile della diocesi di Benevento.  Un momento di preghiera comunitario si terrà domani sera a San Bartolomeo alle 20,00. I tre uffici evidenziano che la presidenza della CEI "condivide l’angoscia per la gravissima crisi umanitaria" dell'Afghanistan: "le notizie che giungono sono davvero allarmanti. E come sempre avviene in queste situazioni, a pagare il prezzo più alto sono i più deboli: gli anziani, le donne e i bambini. Da qui l’appello all’Italia e alle Istituzioni europee a fare il possibile per promuovere corridoi sanitari e umanitari", si legge in una nota nella quale si ricorda anche il dramma che sta vivendo Haiti dopo il terremoto del 14 agosto, di magnitudo 7.2, che ha devastato il Paese ed ha già provocato circa 2.200 vittime. Ma potrebbero essere ancora di più, visto che i dispersi sono centinaia. "Le condizioni degli abitanti, già precarie, sono peggiorate dopo l’arrivo della tempesta tropicale Grace, che - si sottolinea - ha rallentato i soccorsi, travolgendo le tende allestite in tutta fretta per chi è rimasto senza casa".Per domani ogni parrocchia può organizzare un’ora di Adorazione Eucaristica meditando le stazioni della Via Crucis ed il Santo Rosario. (R.I.)  

Genova: accolte nel Seminario arcivescovile 3 famiglie afghane

1 Settembre 2021 - Genova - Sono arrivate a Genova nel tardo pomeriggio di ieri, martedì 31 agosto, 3 famiglie afghane accolte presso il Seminario arcivescovile in accordo con la Prefettura. “Come già annunciato nelle scorse settimane – si legge in una nota della diocesi di Genova -, in tutto si tratta di 20 persone, genitori, bimbi piccoli, nonni, che hanno trovato accoglienza in stanze già attrezzate, grazie alla immediata disponibilità del rettorato del Seminario e tramite l’intervento coordinato da Caritas diocesana, che vede coinvolte la Fondazione Auxilium e la cooperativa sociale Il Melograno”. “Come sappiamo, sono famiglie che hanno dovuto abbandonare improvvisamente il proprio Paese – ricorda mons. Andrea Parodi, vicario per la Carità della diocesi e direttore Caritas diocesana – alle quali manca certamente ogni bene materiale ma a cui, ancora di più, manca ogni riferimento alla propria comunità di appartenenza, alla vita consueta, per quanto difficile la si possa immaginare in una situazione di guerra perenne”. Anche l’Ufficio Migrantes ha dato la propria disponibilità ad accogliere mettendo a disposizione, come dice il direttore dell’Ufficio diocesano, mons. Giacomo Martino, sette posti a Camogli,  nel centro della rete Sai, sigla che sta per Sistema accoglienza integrazione: “È bello che ci sia solidarietà verso questi migranti – ha detto il sacerdote - che dovrebbero trovare ospitalità non nei centri di accoglienza straordinaria ma in percorsi Sai, e ottenere rapidamente lo status di rifugiato. Questo dovrebbe farci aprire gli occhi anche sui migranti economici che arrivano dall’Africa: anche loro fuggono da situazioni difficilissime”. (R.I.)  

Afghanistan: Centro Astalli, l’Europa chiude le porte alla disperazione

1 Settembre 2021 - Roma - Il Consiglio Affari Interni dell’UE dedicato alla crisi in Afghanistan si conclude come “l’ennesima occasione mancata di dare priorità a dignità e diritti, di scegliere la via della solidarietà nei confronti di chi scappa da guerra e persecuzione”. E’ il commento del Centro Astalli che con p. Camillo Ripamonti, sottolinea che “in un tragico gioco degli specchi cui siamo costretti ad assistere da anni, l’Europa si continua a definire in pericolo, sotto attacco e in situazione di perenne emergenza, ritenendo di dover proteggere se stessa da uomini e donne disperati in fuga da guerre e crisi umanitarie“. Il Centro Astalli spinto dagli esiti “deludenti” del meeting europeo di ieri non cessa di chiedere “la fine di accordi di esternalizzazione, proposti anche per gestire la crisi afgana: il fallimento degli ultimi anni, il costo in termini di vite umane e la condizione di ricattabilità in cui ci si va a porre li rendono da ogni punto di vista inadeguati e deprecabili”, “l’apertura di vie di ingresso legali per i richiedenti protezione internazionale dall’Afghanistan e dalle aree di crisi del Mediterraneo”; “programmi di accoglienza e integrazione per quote significative di rifugiati da gestire con meccanismi di corresponsabilità e ripartizione tra tutti gli Stati UE”; “un cambio radicale in politica estera che consenta di mettere al centro la pace e la sicurezza da perseguire con tutti gli strumenti della diplomazia e del dialogo”.

Papa Francesco: in Afghanistan “situazione difficile”

1 Settembre 2021 - Città del Vaticano - “Una situazione difficile”. Così Papa Francesco in una intervista concessa a Radio Cope, l’emittente della Conferenza episcopale spagnola, definisce la crisi in Afghanistan. Riguardo all’impegno della Santa Sede, “sono sicuro che sta aiutando o almeno offrendo aiuto”, dice il Pontefice il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, “il miglior diplomatico che abbia mai incontrato”. Per il Papa, la questione più urgente in Afghanistan è “come rinunciare, come negoziare una via d’uscita”.  

Studenti Internazionali: si allunga la lista degli assenti afghani negli atenei

31 Agosto 2021 -

Roma - «Stiamo censendo dove sono i nostri studenti e in che situazione si trovano. Ne avevamo diversi provenienti dalle aree critiche, abbiamo constatato che alcuni si erano spostati o si trovavano già in Italia. Siamo e restiamo a disposizione per sostenere ogni iniziativa di rimpatrio». Quella della Sapienza non è l’unica situazione critica in queste ore: lo sa bene il presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), Ferruccio Resta, impegnato in un lavoro febbrile di ricostruzione – città per città, ateneo per ateneo – dei percorsi interrotti degli studenti afghani nel nostro Paese. Il periodo estivo e la didattica a distanza non aiutano: molti studenti internazionali non si trovano in Italia anche per via della pandemia, «ora stiamo cominciando a recuperare i contatti. Stiamo verificando dove sono». Da parte del sistema universitario, d’altronde, c’è la massima disponibilità a dare supporto alle istituzioni nazionali, ha precisato Resta, «crediamo però fondamentale che non si parta in maniera disgiunta». Come dire: le iniziative dei singoli, pur meritevoli, non bastano. Per i corridoi degli studenti, l’iniziativa di cui si parla nelle ultime ore, serve muoversi tutti insieme coordinandosi con il governo e in particolare il ministero degli Esteri.

Sono bloccati in Afghanistan per esempio, la conferma è arrivata nel pomeriggio di ieri, una ventina di studenti e dottorandi dell’Università di Firenze, già iscritti o in corso di iscrizione, coi relativi familiari, per un numero complessivo di circa 80 persone. Il rapporto tra l’ateneo e l’Afghanistan si è sviluppato negli ultimi anni soprattutto attraverso le attività del master in Urban Analysis and Management, e dei progetti per lo sviluppo urbanistico e territoriale sostenuti dal ministero degli Esteri e dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. L’università di fronte alla crisi del Paese si era da subito attivata per il loro trasferimento in Italia, pronta ad accogliere tutti con procedure di urgenza che permettessero loro di avere lo status di rifugiati e di frequentare corsi di laurea o corsi singoli. L’azione per l’evacuazione degli studenti e dei loro familiari, alla cui preparazione ha collaborato proprio la Crui, non si è però concretizzata per il rapido peggioramento della situazione e i ragazzi sono rimasti a Kabul. Avevano manifestato l’intenzione di iscriversi ai corsi dell’Università di Siena, invece, altri 8 studenti afghani rimasti bloccati nell’inferno dell’aeroporto. «Ci avevano scritto – ha spiegato il rettore dell’ateneo Francesco Frati –, tra l’altro ci hanno fornito i loro dati che abbiamo fatto arrivare ai ministeri competenti perché possa essere trovata una soluzione. Questo degli studenti afghani bloccati nel loro paese è un problema che riguarda molte altre università italiane oltre la Sapienza: si tratta di una situazione di cui devono si devono occupare le autorità nazionali, i tempi potrebbero essere lunghi». Il rettore senese ha aggiunto che all’ateneo sono iscritti quattro studenti provenienti dall’Afghanistan per i quali non ci sono preoccupazioni «perché attualmente sono già in Europa».

Un’altra studentessa di nazionalità afghana, 28 anni, risulta pre-ammessa alla facoltà di Modena e Reggio Emilia (Unimore), ma non si è ancora presentata nell’ateneo emiliano. La giovane era attesa nei giorni scorsi per formalizzare la domanda di ammissione. Per restare in Emilia Romagna, nessun caso simile è stato segnalato dall’università di Ferrara e da quella di Parma. In particolare, anzi, nell’ateneo della città ducale è già iscritto uno studente afghano che si trova a Parma, e un altro che inizierà quest’anno il suo percorso di studi e che era arrivato in Italia prima della crisi. Ancora in corso di monitoraggio la situazione per quanto riguarda l’Università di Bologna. ( V. D. - Avvenire)

Afghanistan: la dignità dei piccoli

31 Agosto 2021 - Roma - “Abbiamo bisogno di mantenere ‘la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l’orrore di ciò che accade’, che ‘risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di fronte a ogni volontà di dominio e di distruzione’”. Aggiunge papa Francesco nella Fratelli tutti: “non mi riferisco solo alla memoria degli orrori ma anche al ricordo di quanti, in mezzo a un contesto avvelenato e corrotto, sono stati capaci di recuperare la dignità e con piccoli e grandi gesti hanno scelto la solidarietà …”. Le parole risuonano nello scorrere della tragedia afghana che si affianca ad innumerevoli altre in terre lontane e ai confini dell’Europa. La memoria ha bisogno di una narrazione leale e reale per non dissolversi con il calare dell’ondata emotiva. Narrare il passato è generare il futuro, è un intreccio di racconti di vita che riescono a “mantenere la fiamma della coscienza collettiva”. Il primo passo è del mondo adulto, almeno di quello che, letti i titoli cubitali, viste le immagini dell’orrore e ascoltate le parole forti, scava nella vita e nella storia di uomini e popoli per conoscere, per capire, per discernere. Accanto ai grandi ci sono altri che nella narrazione hanno un ruolo di primo piano: i bambini. Sia quelli sbarcati dagli aerei partiti da Kabul sia quelli che li incontreranno nelle scuole, nelle case, in tutti quei luoghi che la cultura dell’accoglienza saprà offrire perché possano crescere insieme. Forse è un sogno dopo un incubo ma nella storia, che il più delle volte li ha ignorati, i piccoli hanno compiuto cose grandi. I bambini afghani seduti accanto ai bimbi italiani, e non solo, si racconteranno e si ascolteranno. Non sarà subito perché il dolore e lo strappo sono troppo profondi, ma questo giorno verrà e sarà una stupenda condivisione di dignità. Sapranno gli adulti, i genitori. gli altri educatori e coloro che governano le città, mettersi sulla strada di chi si è opposto e si oppone al male con il bene? La responsabilità dei grandi è immensa, dovranno testimoniare che la cultura dell’accoglienza non separa l’azione dal pensiero, la solidarietà dalla giustizia. I bambini sono attenti: sanno e sapranno riconoscere i racconti veri da quelli falsi. Il loro giudizio sarà severo, anche verso il nostro Paese. Il sentiero della speranza si apre dopo quello del terrore: la direzione del cammino è indicata da quanti hanno creduto e credono nella dignità di ogni uomo e di ogni donna. Di ogni bambino. (Paolo Bustaffa)

Diocesi Avezzano: disponibilità all’accoglienza dei rifugiati afghani

30 Agosto 2021 -
Avezzano - Anche la diocesi di Avezzano in campo per dare ospitalità e supporto ai rifugiati afghani ospitati presso l’hub di prima accoglienza, il più grande d’Italia (capienza per circa duemila persone), allestito nell’interporto della città abruzzese dalla Croce Rossa (Cri), Esercito e Protezione civile (Dpc). Attualmente nella tendopoli sono ospitate circa 1.300 persone, si tratta di intere famiglie e numerosi bambini. La procedura prevede che all’arrivo a Fiumicino gli afghani vengano “tamponati” e dopo aver ricevuto una prima assistenza trasferiti ad Avezzano dove cominciano il periodo di quarantena (sette giorni). Nell’hub abruzzese vengono visitati, assistiti, accuditi e messi in lista per il vaccino, con l’ausilio di medici e mediatori oltre che del Dpc, della Cri e del personale del commissario per la emergenza. Secondo il programma, l’hub chiuderà entro il 2 settembre prossimo: la permanenza nel centro è di 48 ore, cinque giorni negli alberghi a completamento dei sette giorni di quarantena. Poi lo smistamento nelle varie regioni italiane secondo il piano coordinato dal Governo nazionale. Per il direttore dell’agenzia regionale di Protezione civile regionale abruzzese, Mauro Casinghini, che sta coordinando assieme alla Croce Rossa italiana le operazioni, a lasciare per primi il campo base saranno una settantina di persone che verranno sistemate negli alberghi della provincia dell’Aquila, a partire dalla Marsica. In Abruzzo, secondo quanto si è appreso, dovrebbero rimanere circa 170 persone. “Abbiamo dato subito la nostra disponibilità ad accogliere alcuni di questi rifugiati – conferma al Sir mons. Pietro Santoro, amministratore apostolico della diocesi di Avezzano –. Per questo motivo stiamo cercando, in accordo con la Prefettura, di reperire degli appartamenti dove accoglierli e provvedere poi ad un cammino di integrazione. Ci siamo attivati con la Caritas diocesana e vedremo il da farsi in base ai bisogni e alle necessità. La diocesi è presente, come sempre”.

Caritas-Migrantes Piemonte: pronti ad accogliere i profughi afghani

27 Agosto 2021 -
Torino - È comune e diffusa in questi giorni la preoccupazione per la situazione venuta a crearsi in Afghanistan proprio quando pensavamo che gli ultimi venti anni avessero fatto maturare semi stabili di cambiamento. Prima che gli assetti geopolitici sono le condizioni di vita delle persone che destano apprensione e che stanno mettendo in moto una vera mobilitazione in tante parti del mondo, Italia compresa. L’arrivo dei voli militari che realizzano un’operazione definita tecnicamente di “evacuazione” e la conseguente necessità di trovare una prima ed immediata sistemazione per le circa 2500 persone interessate ha portato a cercare – e talora trovare – disponibilità anche da parte di comunità e gruppi ecclesiali. Grazie all’azione di coordinamento del Ministero e delle Prefetture i posti di accoglienza sono stati tutti trovati utilizzando le reti del Sistema Accoglienza Integrazione (SIA) e dei Centri Accoglienza Straordinaria (CAS) già attive sul territorio e di cui fanno parte anche alcune realtà del mondo ecclesiale, piemontese compreso. Non c’è, dunque, una urgenza per trovare subito nuove sedi. Abbiamo il tempo per costruire e coordinare il meglio possibile le disponibilità che le comunità cristiane possono mettere in gioco. Il tempo consente anche di poter coordinare le iniziative a livello di ogni diocesi, soprattutto interloquendo con Migrantes e Caritas delle singole Chiese. In effetti i termini del discorso potrebbero aggravarsi nei prossimi mesi quando arriveranno alle nostre frontiere nuovi gruppi di profughi o richiedenti asilo anche provenienti dall’Afghanistan. Il ponte aereo termina con la fine della presenza americana a Kabul. Da quel momento è pensabile che una parte della popolazione cercherà di uscire dal paese verso punti di raccolta in Iran, Pakistan, Turchia. Qualcuno prenderà la strada della rotta balcanica dove sono stati bloccati altri uomini nei mesi scorsi anche per lungo tempo. Se sarà possibile mettere in atto i cosiddetti corridoi umanitari questi partiranno da uno dei paesi di prima accoglienza e non dall’Afghanistan direttamente. Le persone interessate a questa fase saranno certamente più povere, meno tutelate, più esposte al traffico di esseri umani. E, arrivando in Italia, entreranno nella procedura usuale di richiesta di accoglienza, senza avere canali preferenziali. Per dare risposte di accoglienza di qualità allora sarà presumibilmente necessario aumentare il numero di posti disponibili e la capacità di farsi carico delle persone per dare loro pieno inserimento e prospettive di futuro. Serviranno case, ma anche e soprattutto relazioni, sostegno, accompagnamento, inserimento lavorativo, sostegno alla mobilità verso l’Europa. E questo non solo per chi proviene dal paese asiatico oggi sotto i riflettori. Stanno arrivando sulle coste del sud numeri importanti di persone in fuga da altre aree di crisi, e continuano anche i respingimenti alle frontiere a nord del nostro paese con la conseguente permanenza nelle nostre valli alpine di gruppi di persone sempre più numerosi. È bene che le comunità territoriali, cristiane soprattutto, inizino fin da subito a muoversi e progettare su questa prospettiva di medio termine, senza concentrarsi ed agire esclusivamente sui primi arrivi degli scorsi giorni. I contatti continui con le Prefetture consentiranno di monitorare i bisogni, ma dovremo essere capaci di farci trovare pronti, senza improvvisazioni e senza fughe individualistiche. Occorre rafforzare la rete sia per non prestare il fianco ad una deleteria supplenza, sia per dare efficacia ad una azione complessa e delicata perché inerente alla vita delle persone. Serve dare del tempo individuale e comunitario alla preghiera e all’approfondimento dei vari elementi del fenomeno, senza lasciarci tentare dalle facili semplificazioni o dall’immediata emozione. Caritas e Migrantes si stanno proponendo per chiedere in ogni sede opportuna l’attivazione di forme temporanee di protezione per gli afghani già presenti in Italia che rischiano di essere rimandati a casa: in Europa sono a rischio di rientro in 280 mila, di cui 60 mila donne. Viene anche chiesta l’interruzione dei respingimenti in frontiera sulla rotta balcanica per evitare un altro inverno come quello disumano vissuto nel 2020. Un ultimo consiglio, che è anche una richiesta: non intraprendiamo progetti né preventiviamo attività – ivi comprese le raccolte di generi primari – senza prima esserci coordinati con la rete Caritas e Migrantes. Insieme saremo più efficaci e meglio parole di Vangelo. (Pierluigi Dovis, Delegato regionale Caritas Piemonte - Sergio Durando, Responsabile regionale Migrantes Piemonte)

Afghanistan: a Catanzaro, la diocesi con Caritas e Migrantes aprirà le porte ad intere famiglie

27 Agosto 2021 - Catanzaro - Da giorni, ormai, scorrono dinanzi ai nostri occhi foto, video che ritraggono immagini di un mondo che avremmo voluto diverso e che continua a nutrirsi di odio e discriminazione. Immagini del fallimento dell’uomo nei confronti di altri esseri umani, la mancanza di responsabilità dei poteri forti verso gli ultimi, i più deboli. Solo qualche mese fa il Presidente americano, Biden,, annunciava il ritiro delle truppe americane dalla missione in Afghanistan entro l’11 settembre ed è bastato raggiungere al 90% questo obiettivo per vedere vanificato, ad opera dei talebani, quanto era stato ottenuto. Ma a causa di chi o di che cosa è accaduto tutto questo? Di chi sono le colpe? E’ questo ciò su cui ci si interroga da giorni…l’abbandono degli stati forti, anni di impegno buttati via…probabilmente, invece bisognerebbe interrogarsi se quell’aiuto portato avanti era realmente la risposta giusta al problema o se piuttosto fosse necessario partire dal dialogo, lanciato dall’appello recente di Papa Francesco “…pregare il Dio della Pace affinché cessi il frastuono delle armi e sia trovata una soluzione al tavolo del dialogo…solo così le martoriate popolazioni di quel Paese potranno tornare alle proprie case e vivere in pace e sicurezza nel pieno rispetto reciproco”. Dialogo dal latino dialogus, composto da dià “attraverso” e logos, “discorso” indica il confronto verbale che attraversa due o più persone come strumento per esprimere sentimenti diversi e discutere idee. Ci siamo mai messi realmente in ascolto dei bisogni di questa popolazione? Abbiamo realmente pensato a come accoglierli nel rispetto della loro diversità culturale? L’accoglienza, è questo il punto cruciale su cui la Diocesi di Catanzaro-Squillace e l'arcivescovo mons. Vincenzo Bertolone, stanno cercando di dare risposte efficaci. Di fatti, l’accoglienza di chi arriverà attraverso le evacuazioni o, in futuro, attraverso la rotta balcanica o via mare, non potrà essere lasciata alla buona volontà delle centinaia di persone che stanno chiedendo di ospitare afghani, ma sarà gestita dal Ministero dell’Interno, il quale ha già dato rassicurazioni sul fatto che i sistemi SAI e CAS possono sopperire all’esigenza di posti di accoglienza. La diocesi di Catanzaro-Squillace, sensibile al dramma che sta vivendo il popolo afghano, e in direzione di un’attenzione sempre costante agli ultimi che mons. Bertolone porta avanti dall’inizio del suo mandato e di cui si è fatto sempre portavoce, si sta preparando all'accoglienza concreta e fattiva di persone in arrivo nella nostra terra in cerca di protezione. La diocesi aprirà le porte ad intere famiglie, con particolare attenzione alle categorie più fragili, bambini e donne. Il Vicario Generale indirizzerà una lettera a tutti i parroci per chiedere loro di segnalare case canoniche vuote o appartamenti non utilizzati, anche in uso a privati, ed anche se ci sono famiglie disponibili ad accogliere piccoli nuclei familiari o anche solo mamma e bambini. Non sarà un’accoglienza gestita in maniera estemporanea ed improvvisata ma coordinata da una realtà ecclesiale che nella diocesi ha fatto dell’accoglienza le fondamenta del proprio servizio, ovvero la Fondazione Città Solidale onlus che gestisce attività e servizi per conto della diocesi ed in stretta collaborazione con la Caritas Diocesana e l’Ufficio Migrantes. Inoltre, Città Solidale metterà a disposizione anche le strutture SAI da essa gestite e già attive nella Provincia (nei Comuni di Gasperina, Catanzaro, Squillace, San Sostene, Girifalco, Satriano) ed anche quelle che saranno a breve avviate (nei Comuni di Tiriolo, Settingiano e Davoli), in linea con quanto indicato dal Ministero dell’Interno. La Migrantes Diocesana continuerà a dare il suo contributo anche in questo percorso e   segnalerà all'ufficio Migrantes Nazionale della CEI la disponibilità e l'impegno della diocesi a collaborare e mettere in atto le linee guida che saranno impartite dal Ministero dell’Interno, della Caritas Italiana e dalla stessa Migrantes Nazionale. Città Solidale, inoltre, impegnata anche nell’ambito della formazione ed informazione, svilupperà un'azione sinergica di sensibilizzazione sul territorio, coinvolgendo parrocchie, scuole, associazioni, affinché le azioni di intervento e risposta siano frutto di un lavoro di rete mirato ed efficace, sempre nel rispetto degli orientamenti che saranno dati dalle Istituzioni preposte (Prefettura, Questura …). Una rete tra diverse realtà per offrire risposte concrete e diventare realmente “operatori di pace”, attraverso la via alternativa che ci indica Papa Francesco: “Prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata sui rapporti di fratellanza”. È proprio questo concetto di cura che la Diocesi di Catanzaro-Squillace ha fatto suo ed intende portare avanti anche in questa circostanza. (don Piero Puglisi - Direttore Migrantes Catanzaro-Squillace)   Ufficio Comunicazione e Stampa Città Solidale  

Afghanistan: Scalabriniane, attuare politica delle “porte aperte”

26 Agosto 2021 - Roma - “Sempre più persone oggi si preoccupano di quanto sta avvenendo in Afghanistan, soprattutto per il grande pericolo a cui sono esposte le donne. Il mondo delle istituzioni, della cooperazione internazionale, deve essere sempre più convinto che la soluzione principale è quella delle porte aperte, per aiutare le tante persone che stanno richiedendo asilo. Lo stiamo vivendo in questi giorni nella piccola isola di Lesbo, in Grecia, dove nella missione svolta dalla nostra congregazione, possibile grazie alla partecipazione a un progetto della Comunità di Sant’Egidio, vediamo tanti afghani preoccupati e segnati per tanto dolore. Alle spalle hanno il terrore, davanti a loro c’è l’ansia di non poter avere un futuro”. E’ quanto dichiara in una nota suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Scalabriniane evidenziando che “la questione afghana apre a un problema complesso e difficile da risolvere nel mondo, legato alle violenze di genere. Alla crisi che si è aperta - ha aggiunto sr. Neusa - riteniamo opportuno come sia necessario rispondere con l’appello al dialogo fatto da Papa Francesco. Preghiamo per loro, per tutti gli afghani, con la speranza che anche le persone più fragili e in situazione di vulnerabilità possano vivere in pace e sicurezza. Rispondere a loro, come ai tanti rifugiati siriani e di altre parti del mondo, è un impegno fondamentale. Non possiamo lasciarli soli, ecco perché è importante mettere in atto sia gesti di meditazione e preghiera sia azioni in grado di coinvolgere le istituzioni a diversi livelli”. (R.I.)