Brescia – “Gli emigranti italiani e le Chiese in Europa, a 50 anni dal Concilio Vaticano II”. Questo il tema del Convegno delle Missioni Cattoliche Italiane in Europa che si è aperto oggi pomeriggio a Brescia presso il Centro Pastorale Paolo VI (fino al 16 ottobre). I lavori sono iniziati questo pomeriggio con l’introduzione affidata a Mons. Guerino Di Tora, Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes e i saluti istituzionali di Emilio Del Bono, Sindaco di Brescia; Mons. Franco Agnesi, Vescovo Ausiliare di Milano e Incaricato regionale per le migrazioni Lombardia; P. Gianni Borin, Provinciale degli Scalabriniani in Europa e P. Mario Toffari , Direttore diocesano Migrantes di Brescia. “In un mondo in cammino gli italiani non sono da meno. In dieci anni dal 2006 ad oggi registriamo un + 49,3% di trasferimenti di cittadini italiani dalla Patria a fuori i confini nazionali e, negli ultimi anni, complice la crisi sempre più intensa, i flussi hanno ripreso con numeri più vigorosi. Dai 78 mila del 2013, ai 94 del 2014 agli oltre 101 mila dell’ultimo anno. Partono sempre più giovani, sempre più istruiti e vanno dove riescono a realizzarsi per il lavoro e per la vita”, ha detto il vescovo mons. Guerino di Tora, Presidente della Fondazione Migrantes, portando il saluto ai circa 200 partecipanti al convegno. “Noi – ha detto mons. Di Tora – siamo chiamati ad accompagnare questi giovani, questi nuovi migranti che si incrociano a tutti gli altri migranti delle diverse nazionalità e che si spostano per i motivi più vari. A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, dobbiamo essere pronti non solo a rileggere la pastorale della mobilità, invito questo che era venuto dallo stesso Concilio, ma a mettere in pratica la rilettura perché il migrante è nostro ‘compagno quotidiano di viaggio e di vita’”. La pastorale della mobilità richiede oggi – come ricorda Papa Francesco anche nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata il 17 gennaio prossimo – “l’attenzione all’integralità della persona, per la sua piena e completa dignità”. Uno dei luoghi dove rendere “concreta la pastorale così concepita” – ha detto ancora mons. Di Tora è la Missione Cattolica di Lingua Italiana (MCI) all’estero”. Attualmente le MCI sono 366 presenti in 39 nazioni nei 5 continenti: “una rete sinergica che segue i cambiamenti e le evoluzioni del complesso tema sociale che è la mobilità umana. Basti pensare che gli oltre 670 operatori specificatamente dedicati al servizio degli italiani (laici/laiche consacrati e non, sacerdoti diocesani e religiosi, suore, sacerdoti in pensione) hanno iniziato ad operare in nuove realtà territoriali quali Hong Kong, la Finlandia, il Kazakistan e la Spagna, meta quest’ultima sempre più scelta dai giovani italiani che si spostano fuori dei confini nazionali”. Un “luogo nuovo” quello della Missione Cattolica di Lingua Italiana, perché nuovi sono i migranti italiani con i quali “ci confrontiamo. Un luogo comunitario di vita cristiana che, conservando il termine ‘missione’, rende l’idea – tanto cara a Papa Francesco – di una Chiesa in uscita, estroversa. Nell’azione pastorale con i migranti bisogna tener presente l’evoluzione storica e ed economica da un lato, ma anche il contesto da cui si parte e il luogo in cui si arriva”.
Padre Mario Toffari, direttore Migrantes di Brescia ha ricordato i missionari bresciani che sono stati missionari con gli italiani all’estero con un impegno come responsabile dell’ufficio: “non abbandonare il territorio europeo con l’invio di nuovi sacerdoti in Europa accanto agli italiani”.
Per il sindaco di Brescia “non c’è dubbio che il fenomeno migratorio interroga la comunità resciana e non solo”. C’è una immigrazione e una emigrazione, ha sottolineato il sindaco ricordando che il territorio bresciano avverte oggi il fenomeno di una nuova emigrazione soprattutto in Europa.
Mons. Franco Agnesi, vescovo ausiliare di Milano e membro della Commissioni Episcopale per le Migrazioni della Cei, ha ricordato l’esempio del pellegrinaggio delle diocesi lombarde ad Assisi per l’accensione della lampada sulla tomba del Patrono d’Italia. A questo pellegrinaggio hanno partecipato molto immigrati: un esempio bello che dimostra come gli immigrati che vivono nel nostro Paese vivono tra di noi e con noi.
Il responsabile degli scalabrinani in Europa, p. Gianni Borin, ha rimarcato il ruolo del missionario con i nostri migranti. P. Borini ha sottolineato che le Missioni etnico-linguistiche italiane “non vanno cancellate” come non va dimenticato il lavoro fatto dai missionari italiani accanto ai lavoratori italiani emigrati in Europa e non solo.
“Non c’è paese che può essere paragonato all’Italia per i numeri degli emigrati, per i tanti luoghi di partenza e per le numerosissime mete negli arrivi: non vi è comune italiano che non sia stato ‘toccato’ dall’emigrazione e non vi è continente che non è stato interessato dall’arrivo di italiani”, ha spiegato la caporedattrice del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, Delfina Licata.
Per Licata l’emigrazione stenta in Italia, però, ad avere “una considerazione positiva. Troppo spesso legata alla povertà, a un’Italia che si vuole dimenticare fatta di fame, volti emaciati e povertà estrema. Ancora oggi il cambio di mentalità è difficile ed è – ha spiegato – ancora estremamente faticoso ‘sensibilizzare’ alla mobilità come opportunità di conoscenza, di arricchimento, di ampliamento delle proprie prospettive e aspettative”. Per la studiosa l’emigrazione tutta, italiana in particolare, è oggi “altro: essa si è evoluta portando alla cultura del diverso in quanto altro da noi e quindi potenziale arricchimento per la nostra identità e la nostra personalità. Si vive nella pluralità delle differenze e nel desiderio di conoscere ciò che è diverso da noi. Si viaggia di più e con più facilità, ma quando l’alterità arriva in casa il disagio è forte e insuperabile a causa di una sorta di blackout culturale per cui l’arrivo dello straniero non è positivo, ma foriero di pericolo e problemi”. Licata ha fatto quindi un excursus storico dell’emigrazione italiana evidenziando che dall’Unità d’Italia ad oggi certamente le migrazioni con l’estero hanno rappresentato un fattore di “primaria importanza nell’evoluzione socio-economica del Paese. Solo a partire dagli anni Settanta si è cominciato a intuire il progressivo delinearsi di un’inversione di tendenza, rivelata dal passaggio, per i più inaspettato, da paese d’emigrazione a paese d’immigrazione”. Uno studio sull’emigrazione italiana nel mondo viene redatto annualmente dalla Fondazione Migrantes che realizza il “Rapporto Italiani nel Mondo”, uno strumento culturale della Chiesa italiana condiviso da diverse strutture che stimola ragionamenti e considerazioni certamente sull’Italia e sugli italiani, ma “suscettibili – ha spiegato Licata – di ampliare la propria portata nel più complesso panorama internazionale ed europeo alla luce degli accadimenti storici, politici, economi e culturali”. Quest’anno il Rapporto Italiani nel Mondo è giunto alla decima edizione. In dieci anni si è passati dai 3.106.251 iscritti all’Aire (dato del 2006) ai 4.636647 del 2015 con una crescita del +49,3% in dieci anni.
Il Concilio Vaticano II, che si apriva cinquant’anni fa, “segna un momento decisivo anche per la cura pastorale dei migranti e degli itineranti”, ha detto poi nella sua relazione il direttore generale della Fondazione Migrantes mons. Gian Carlo Perego: “già l’evento, per la prima volta veramente universale per la partecipazione di vescovi provenienti da ogni continente e da molte esperienze ecclesiali di antica e nuova evangelizzazione, ha costituito una novità, offrendo la possibilità di leggere il fenomeno migratorio e della mobilità con occhi diversi. La prospettiva ecclesiologica, poi, del Vaticano II, che sottolinea la dimensione di una Chiesa, che è formata da ‘coloro che camminano sulla terra’ e ‘che cammina insieme con l’umanità tutta’, pellegrinante, e in una relazione nuova con il mondo, facendo sue le attese delle persone, soprattutto dei poveri, ha permesso di riconsiderare con occhi nuovi anche la mobilità umana e le migrazioni”. Mons. Perego ha parlato delle migrazioni nei documenti del Concilio Vaticano II e nel post-concilio a partire dalla “Gaudium et spes”, il documento conciliare con il maggior numero di riferimento ai migranti. Dalla necessità di conoscere e avvicinare, le persone e le famiglie migranti, immigrati e rifugiati, vittime di tratta, nasce – ha detto Perego – anche una pastorale delle migrazioni che sappia coniugare evangelizzazione e promozione umana, cercando di superare le disuguaglianze sociali” soffermandosi poi sul Concilio Vaticano II e le migrazioni e sul dopo Concilio a partire dalla “Pastoralis migratorum cura”, il Motu Proprio di Papa Paolo VI seguito dall’Istruzione De Pastorali Migratorum Cura, che presentava una lucida analisi del fenomeno migratorio e delle sue implicanze religiose, sociali, politiche ed economiche, cioè i processi di integrazione. E poi l’Erga migrantes Caritas Christi” di Giovanni Paolo II del 2004. Mons. Perego ha evidenziato, a partire da questo documenti, i vari percorsi pastorali nel campo della mobilità umana fino ad arrivare al tema della tutela dei diritti è l’attenzione anche a nuove fragilità e povertà che colpiscono “pesantemente il mondo immigrato, soprattutto in tempo di crisi economica”, e che spesso arrivano anche attraverso la rete degli sportelli del volontariato oltre che delle case di accoglienza e dei centri di ascolto, dei molti servizi. Il pensiero va al Penso al tema della casa – l’85% degli immigrati è in affitto, contro l’80% degli italiani che è proprietario della casa; alla precarietà e alla mobilità del lavoro che caratterizza un milione di lavoratori immigrati e “impediscono anche i ricongiungimenti familiari. La precarietà e l’irregolarità lavorativa chiedono oggi serenamente di affrontare il tema dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, dentro un quadro di regolamentazione dei flussi. E’ una prospettiva nuova, che chiede anche un cambiamento legislativo, ma soprattutto chiede la consapevolezza che non possono esistere situazioni riconosciute di illegalità e di sfruttamento lavorativo, limbi dove non è riconosciuta la cittadinanza e la tutela, dove si alimentano mafie e corruzione, sfruttamento a danno del sistema Paese, oltre che degli stessi immigrati”. Al tempo stesso non può venire meno “un piano di protezione e tutela dei più deboli”, come i minori.
Il Convegno prevede una serie di relazioni, tavole rotonde e tre pellegrinaggi: domani a Sotto il Monte, luogo natale di papa Giovanni XXIII con la concelebrazione presieduta dal Vescovo di Bergamo, Mons. Francesco Beschi; mercoledì a Concesio, luogo natale di Paolo VI con la concelebrazione presieduta dal Vescovo di Brescia, Mons. Luciano Monari e giovedì a Nigoline, patria del vescovo Geremia Bonomelli, con la concelebrazione presieduta dal Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, Mons. Nunzio Galantino.
Chiuderà i lavori, venerdì 16 ottobre, l’intervento di Mons. Gian Carlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes. (Raffaele Iaria)