Montevideo: la scuola Italiana inaugura un museo sulla storia dell’istituzione

Montevideo – Una giornata storica per la Scuola Italiana di Montevideo, prestigiosa istituzione scolastica fondata in Uruguay da un gruppo di emigrati italiani nel 1886. Prima dell’inaugurazione del museo – nel corso della celebrazione presso l’aula magna – è stato presentato il libro di Raffaella Atella. Si tratta di una grande testimonianza sulla storia dell’istituto educativo che ha ispirato la mostra stessa. L’evento, a cui hanno assistito le principali autorità e gli alunni, si inserisce nelle attività per la settimana della lingua italiana nel mondo. “Oggi è un avvenimento molto speciale per la nostra comunità, ma non solo. Tutti coloro che vogliono conoscere e studiare l’origine dell’emigrazione italiana e la sua influenza hanno adesso un nuovo museo da visitare” ha dichiarato con emozione il presidente Giovanni Costanzelli. L’idea di avere uno spazio dedicato alla memoria è il prodotto di vari anni di lavoro secondo la volontà di varie commissioni direttive che si sono succedute alla guida della Scuola. “Simbolizza il meritato contributo che volevamo dare alle tante generazioni che hanno integrato la nostra istituzione” ha affermato l’attuale presidente. Ma il progetto guarda anche al futuro, dato che “può essere utile soprattutto per le nuove generazioni di italo uruguaiani essendo uno centro di intercambio”. Costanzelli ha risaltato il valore di una “mostra dinamica”, dato che “ogni anno lo spazio si rinnoverà con nuovi materiali e preziosi documenti di testimonianza. Tutto ciò conferisce alla struttura un notevole valore”. In seguito ha speso parole di affettuosi ringraziamenti per “tutti coloro che hanno reso possibile questo progetto”. Sul palco è salito anche Gerardo Fernández, contabile e integrante del Consiglio Direttivo, che ha scritto il prologo del libro. “Quando la signora Atella ci ha proposto questo progetto ci siamo tutti subito interessati. Io, che ho più dimestichezza con i numeri che con le parole, devo riconoscere che ho letto il testo con grande piacere” ha ammesso Fernández facendo due particolari riflessioni. La prima, partendo dal titolo, “ci ricorda tutta la storia degli italiani in Uruguay per i quali l’educazione è stata solo una parte del processo di integrazione”. Fondare una scuola rispondeva “all’esigenza di offrire un’educazione ai propri figli mantenendo i legami con la madrepatria. La storia della SIM è basata sugli sforzi collettivi e sulla solidarietà”. L’educazione, però, non è stata l’unica preoccupazione per gli emigrati di quegli anni come ha ricordato il contabile: “Nello stesso periodo gli italiani pensavano alla salute fondando l’Ospedale Italiano e ai rapporti economici con la creazione della Camera di Commercio (la più antica al mondo)”. In seguito l’autore del prologo ha fatto un piccolo commento sul libro: “Oltre al grande lavoro di ricerca scientifica c’è un elemento di partecipazione personale. Questo è un fattore positivo perché lo umanizza fortemente”. Il libro “Incontri di due mondi” è servito come referenza permanente nella realizzazione del museo: “È stata una sorta di sceneggiatura” hanno riferito gli organizzatori. Arturo Toscano, direttore del Museo Nacional de Antropología”, ha invece curato la parte scientifica del progetto. Spinta “dall’interesse e dal senso di appartenenza”, Raffaella Atella è riuscita a pubblicare questo testo dopo tanti anni di ricerche. La sua è una delle tante storie di emigrazione che ha raccontano con affetto a La Gente d’Italia durante il percorso dentro il museo: “Arrivai in Uruguay il primo agosto del 1937. Il mio quinto compleanno lo feci nella nave”. La scelta di lasciare il paese della Basilicata -Satriano di Lucania – fu presa per seguire il padre che si era già stabilito in queste terre 15 anni prima. La Atella, con estrema lucidità, ha inoltre ricordato la situazione nell’anno in cui entrò nella Scuola Italiana: “Era il 1942 gli italiani allora non erano ben visti in questo paese a causa del fascismo e della seconda guerra mondiale. Eppure la SIM continuava a mantenere un grande equilibrio offrendo una buona formazione agli studenti”. In seguito la Atella ha confessato che le interviste più toccanti che ha realizzato le “sono rimaste dentro: i hanno dato la forza per continuare questo progetto”. Tanti sono i particolari dentro queste pagine: l’esperienza di un alunno arrivato nel 1904 o il ricordo della nipote di uno dei fondatori. La prima copia del libro è stata donata in omaggio a Ricardo Ehrlich, titolare del Ministero di Educazione e Cultura dell’Uruguay. Il ministro ha sottolineato il valore del museo come “una testimonianza molto importante per costruire la memoria da donare alle generazioni future” aggiungendo che, in un paese costruito da immigrati come l’Uruguay, è importante “non perdere la lingua materna” ed allo stesso tempo imparare lingue straniere. Successivamente ha ricordato il valore della cultura italiana che “oggi fa parte della nostra identità e rappresenta una grande ricchezza per tutta la collettività”. L’inaugurazione del museo è avvenuta dopo la cerimonia nell’aula magna. Il taglio del nastro è stato effettuato dal presidente Costanzelli in compagnia del ministro Ehrlich; i due hanno poi visitato il salone passeggiando tra le stanze. Costanzelli ha fatto gli onori di casa spiegando con cura le storie di tutti i materiali presenti all’illustre ospite. Prodotto di vari anni di lavoro, nella mostra sono presenti una vasta raccolta di materiali storici selezionati con cura. Sono esposte molteplici cose: documenti, registri fotografici, quadri delle distinte epoche (tra cui ne spiccano alcuni di Garibaldi e Mazzini), statue ed altri preziosi oggetti utilizzati nel corso di questi lunghi 128 anni di attività. Grazie a questa iniziativa oggi Montevideo ha un nuovo significativo spazio di memoria: un pezzo di storia non solo di una scuola, ma di molti italiani dell’Uruguay. (Matteo Forciniti -La Gente d’Italia)