Lampedusa – “Spesso si sostituiscono alla solidarietà e alla fraternità la diffidenza, la chiusura, il rifiuto, la discriminazione, l’esclusione, lo sfruttamento, la schiavitù. A giustificazione di questi atteggiamenti disumani s’invoca la salvaguardia della propria cultura, della propria identità, della propria sicurezza, lasciando fuori dalle porte dei nostri Paesi persone e famiglie in fuga”. E’ quanto afferma monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, nel volume “Chi ha pianto? Il primo viaggio apostolico di Papa Francesco a Lampedusa (Tau editrice), curato da Alfonso Cacciatore e Carmelo Petrone. Per il presule Lampedusa e Linosa, sono “il confine dell’Europa, oltre che dell’Italia, lì si vive la contraddizione di persone e famiglie aperte alla solidarietà e all’accoglienza e uno Stato e un’Europa che serrano le porte”. Il volume esce alla vigilia del primo anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa ed è uno spaccato di quell’evento con diverse testimonianze e una ampia galleria fotografica. L’immagine che è rimasta più impressa a mons. Montenegro, di quella giornata, è stato lo spostamento che in motovedetta da Cala Pisana “ci avrebbe condotto al molo Favarolo: Papa Francesco in diversi momenti della breve navigazione, si estraniava immergendosi in una sorta di silenzio mistico. Credo – spiega il presule – che, con il suo spirito fosse andato oltre, altrove. Era nel santuario della sofferenza e, immagino che stesse abbracciando i volti degli annegati, asciugando le lacrime dei loro parenti, delle vittime e consolando i sopravvissuti”. Con l’atteggiamento appena descritto l’ho visto – aggiunge – lanciare quella corona di fiori in mare, un bouquet di tenerezza più che gerbere bianco gialle”. Per i curatori del volume papa Francesco, è andato a Lampedusa per “pregare per coloro che hanno perso la vita in mare, visitare i superstiti e i profughi presenti sull’isola ed incontrare la Comunità ecclesiale – spiegano i curatori – entrambi periferia geografica ed esistenziale di un’Europa e di un’Italia, che tante, troppe volte, hanno girato la faccia altrove per non vedere o non sentire e che continuano a trattare il fenomeno dei migranti in modo emergenziale, quando in realtà, gli sbarchi sono ormai un fenomeno fisiologico che merita ben altre attenzioni così come organiche e corresponsabili politiche nazionali ed europee”. Una visita, per il direttore generale di Migrantes, mons. Giancarlo Perego, che ha rappresentato un “segno dei tempi” perché, “non solo ha indicato a tutti il cammino dei popoli, ma, ha anche ricordato che la Chiesa cammina con i popoli”. A un anno di distanza da quel giorno migliaia di migranti ancora “hanno attraversato e attraversano il Mediterraneo, sbarcando a Lampedusa – aggiunge Perego – o sulle coste della Sicilia. Sono migranti che arrivano dal Corno d’Africa o dai Paesi dell’Africa subsahariana o dal Medio Oriente”: gli “ultimi” del mondo stanno attraversando i confini dell’Italia e dell’Europa, bussano alla nostra porta. Sarebbe una ‘vergogna’ non ascoltare la storia, la voce di tanti nostri fratelli”. (Raffaele Iaria)