Card. Vegliò: aiutare gli zingari a percorrere autentici itinerari di scambio positivo con altre società

Città del Vaticano – Riesaminare il nostro impegno pastorale in favore delle popolazioni zingare, tenendo conto della situazione attuale”. Lo ha detto questa mattina il presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, il card. Antonio Maria Vegliò, aprendo i lavori dell’Incontro Mondiale dei Promotori Episcopali e dei direttori nazionali della pastorale degli Zingari che si svolge in Vaticano fino a domani sul tema “La Chiesa e gli Zingari: annunciare il Vangelo nelle periferie”. Per il porporato “nella realtà sociale che cambia, anche la pastorale degli zingari è soggetta a evoluzione e richiede alla Chiesa rinnovate strategie pastorali, nuove vie e metodi adeguati alle circostanze”. La “strategia pastorale” già esistente “deve – ha spiegato – affrontare la sfida del mutamento e della revisione delle idee alla luce del Vangelo e del Magistero ecclesiale”. Il card. Veglio ricorda come Papa Francesco ha espresso in varie occasioni l’auspicio che l’annunzio della Buona Novella risuoni nei luoghi più isolati, emarginati e lontani per poter “destare gioia e fiducia nei cuori delle persone inclini alla tristezza per le gravi difficoltà che le affliggono”. Tra queste anche gli zingari, dato che molti di loro vivono ancora “in condizioni umilianti e di estrema povertà, privi di beni indispensabili per una vita libera e dignitosa. La Chiesa, con l’annuncio del Vangelo – ha detto il presidente del dicastero vaticano – porta loro luce e speranza, amore fraterno e solidarietà. Vivere il Vangelo, infatti, e condividerlo con chi ne è privo, è il principale contributo che possiamo dare come Chiesa, chiamata ad essere lievito nel mondo”. Nel suo intervento di saluto il card. Vegliò ha ricordato la storica visita di Papa Paolo VI a Pomezia, il 26 settembre 1965 in occasione del pellegrinaggio internazionale degli Zingari e l’incontro dell’11 giugno 2011 con Papa Benedetto XVI in Vaticano. “Ogni popolo – ha poi aggiunto – può trovare nel Vangelo il senso del proprio destino, la forza per superare le avversità e per maturare la consapevolezza dell’uguale dignità che deriva dall’essere tutti figli di Dio. Per questo gli zingari attendono da noi l’aiuto necessario per essere affrancati da paure e pregiudizi, per poter godere anch’essi dei benefici delle società in cui vivono, impegnandosi pure a rispettare le regole e a creare ambienti di legalità e di sicurezza. Il Vangelo nelle mani degli zingari – ha detto ancora il porporato – sarà un dono prezioso, ovviamente preceduto e accompagnato da opportuna istruzione, considerando che non di rado nei loro ambienti persistono situazioni di analfabetismo, spesso dovute a poca valorizzazione dell’istruzione degli adulti e al precoce abbandono scolastico tra i giovani zingari”. Eppure, per il presidente del pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti – l’istruzione, la formazione e la qualificazione professionale sono tra i “fattori principali nel processo d’integrazione e d’inclusione sociale degli zingari”. Per questo occorre creare “appropriati contesti e condizioni per favorire l’approccio positivo degli zingari verso tali valori”. E questo è l’obiettivo di numerose comunità ecclesiali ed enti sociali. In questo ambito la Chiesa “ha il dovere di investire nei progetti educativi, nei servizi dell’ospitalità e dell’accoglienza, senza cadere però nel semplice assistenzialismo. La pastorale degli zingari deve aiutare a promuovere uno sviluppo umano integrale, sostenere l’autostima e incoraggiare l’esercizio della responsabilità personale. Rafforzare, poi, una sana identità e cultura zingara aiuta a far crescere il rispetto reciproco e a creare comunione”. “Nei confronti del popolo zingaro – ha detto – nessuno può arrogarsi il diritto di apprezzare alcune realtà e svalutarne altre, soprattutto quando si tratta di persone, ciascuna dotata di proprio bagaglio spirituale e culturale. L’evangelizzazione – ha aggiunto – non può trascurare quegli aspetti culturali, linguistici, tradizionali, artistici, che plasmano l’essere umano e i popoli nella loro integrità. Anzi, occorre leggere dall’interno la cultura della popolazione zingara quale elemento da integrare nel disegno salvifico divino”. Come tutti i popoli, anche gli zingari – ha poi concluso il card. Vegliò – sono fieri della loro cultura. In essa il Vangelo si innesta non come una ‘cultura’ altra, ma come la civiltà dell’amore portata dal Figlio Unigenito di Dio. Con il nostro sostegno e con la nostra vicinanza possiamo aiutare gli zingari a percorrere autentici itinerari di scambio positivo con altre società e di miglioramento per tutti della qualità della vita”. (R.I.)