2 Aprile 2024 –
Città del Vaticano – La prima immagine è quella di una donna, Maria di Magdala, che il terzo giorno arriva al sepolcro di mattino “quando era ancora buio”, come leggiamo nel quarto Vangelo, e trova la pietra “tolta dal sepolcro”. Una donna, non gli uomini rimasti chiusi nel cenacolo. È lei a avvisare Simon Pietro che corre al sepolcro con l’altro discepolo “quello che Gesù amava”.
La seconda immagine della domenica di Pasqua i teli posati e il sudario “avvolto in un luogo a parte”. il discepolo arrivato per primo non aveva avuto il coraggio di oltrepassare l’ingresso del sepolcro; Simon Pietro entra per primo, poi Giovanni che “vide e credette”.
La novità cristiana è qui: il nuovo esodo è il passaggio di Cristo dalla morte alla resurrezione, il suo sacrificio ci ha liberato dal “vecchio fermento del peccato […] niente più malizia e perversità nel nostro cuore”, diceva Benedetto XVI nel messaggio di Pasqua del 2009. La risurrezione, affermava in quella occasione, “non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua Pasqua, il suo passaggio”, non è “un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile”.
Pasqua cristiana e Pasqua ebraica per secoli hanno camminato assieme e, pur nei cambiamenti che sono avvenuti, il ciclo dei sette giorni tipico della Pessah è rimasto anche nella liturgia cattolica. Sette giorni è il tempo della creazione del mondo. E sette giorni è il tempo che descrive gli ultimi giorni di Cristo a Gerusalemme, dall’ingresso festoso, ai giorni dell’ultima cena con i dodici, del tradimento, della morte in croce, della resurrezione. In una settimana passiamo dalla gioia al dolore, alla sofferenza; dal silenzio del tutto è compiuto alla pietra rotolata, al sepolcro vuoto.
In una piazza San Pietro affollata, fedeli e persone anche lungo via della Conciliazione, Papa Francesco, nel messaggio che precede la benedizione Urbi et Orbi, ovvero alla città e al mondo, rinnova il suo appello alla pace tra Israele e Palestina, pace in Ucraina. Chiede “uno scambio generale di tutti i prigionieri tra Russia e Ucraina”; chiede che sia “garantita la possibilità di accesso agli aiuti umanitari a Gaza, esortando nuovamente a un pronto rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso e a un immediato cessate-il-fuoco nella Striscia.
Non permettiamo che le ostilità in atto continuino ad avere gravi ripercussioni sulla popolazione civile, ormai stremata, e soprattutto sui bambini. Quanta sofferenza vediamo negli occhi dei bambini: hanno dimenticato di sorridere quei bambini in quelle terre di guerra”.
E pace chiede per la Siria, il Libano, tra Armenia e Azerbaigian, in Sudan; chiede la fine delle violenze a Haiti, e in Myanmar: “la guerra è sempre un’assurdità, la guerra è sempre una sconfitta! Non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo. Non si ceda alla logica delle armi e del riarmo. La pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo le mani e aprendo i cuori”.
Nella sua riflessione che ha preceduto questo appello, Francesco guarda alla pietra rotolata di lato al sepolcro e dice: anche oggi massi pesanti, “troppo pesanti chiudono le speranze dell’umanità: il masso della guerra, il masso delle crisi umanitarie, il masso delle violazioni dei diritti umani, il masso della tratta di persone umane, e altri ancora”.
Lo stupore delle donne “è il nostro stupore” la mattina di Pasqua, afferma il Papa, “la tomba di Gesù è aperta ed è vuota! Da qui comincia tutto. Attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova: la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia”. Solo Gesù, il risorto, “è capace di far rotolare le pietre che chiudono il cammino verso la vita”, è lui dice il Papa “la via della vita, della pace, della riconciliazione, della fraternità”. Pasqua per i cristiani è passaggio, e senza il perdono di Gesù “non si esce dalle chiusure, dai pregiudizi, dai sospetti reciproci, dalle presunzioni che sempre assolvono sé stessi e accusano gli altri”. (Fabio Zavattaro)