6 Febbraio 2023 –
Roma – Deponete le armi dell’odio e della vendetta, superate antipatie e avversioni che contrappongono tribù e etnie; “impariamo a mettere sulle ferite il sale del perdono, che brucia ma guarisce”. È l’appello di papa Francesco al termine del pellegrinaggio ecumenico di pace in Sud Sudan, viaggio intrapreso “dopo aver ascoltato il grido di un intero popolo”. Questa giovane nazione ha bisogno “di padri e non di padroni, di passi stabili di sviluppo e non di continue cadute”, aveva detto nel suo primo discorso, rivolto alle autorità del paese; e lasciando Juba Francesco invita a essere sale e luce per portare speranza e pace, “una pace che integra le diversità e promuove l’unità nella pluralità”.
Il Vangelo di ieri ci proponeva, con Matteo, proprio l’invito di Gesù di essere sale e luce del mondo. Siamo ancora su quella collina che degrada verso il mare di Galilea e Gesù fa questo invito a persone semplici, umili pescatori che avevano appena ascoltato il discorso delle beatitudini. Significativo il fatto che proprio coloro la cui vita è umile, povera, mite, piccola, quasi insignificante rispetto alle grandi cose del mondo, sono i destinati a portare sapore e luce. Il sale da sapore condisce, si scioglie: è diffuso e presente ma non lo vediamo. In molte culture è simbolo di sapienza, di amicizia, di condivisione. La legge ebraica prescriveva di mettere del sale sopra ogni offerta come segno di alleanza con Dio. La luce, poi, ci permette di vedere tutto ciò che ci circonda.
Messa celebrata presso il mausoleo di John Garang, simbolo dell’indipendenza di questa giovane nazione. “Dinanzi a tante ferite, alle violenze che alimentano il veleno dell’odio, all’iniquità che provoca miseria e povertà – dice il Papa – potrebbe sembrarvi di essere piccoli e impotenti”. Ecco l’immagine del sale e dei suoi piccoli granelli che si sciolgono e danno sapore. “Così, noi cristiani, pur essendo fragili e piccoli, anche quando le nostre forze ci paiono poca cosa di fronte alla grandezza dei problemi e alla furia cieca della violenza, possiamo offrire un contributo decisivo per cambiare la storia”.
Ecco l’appello a deporre le armi dell’odio e della vendetta. Le beatitudini, dice il vescovo di Roma, “rivoluzionano i criteri del mondo e del modo comune di pensare”, e ci dicono che per essere beati, felici “non dobbiamo cercare di essere forti, ricchi e potenti, bensì umili, miti, misericordiosi; non fare del male a nessuno, ma essere operatori di pace per tutti […] se mettiamo in pratica le Beatitudini, se incarniamo la sapienza di Cristo, non diamo un buon sapore solo alla nostra vita, ma anche alla società, al Paese dove viviamo”. Sulle ferite mettiamo “il sale del perdono, che brucia ma guarisce. E, anche se il cuore sanguina per i torti ricevuti, rinunciamo una volta per tutte a rispondere al male con il male”.
Sale, ma anche luce. “Prima di preoccuparci delle tenebre che ci circondano, prima di sperare che qualcosa attorno si rischiari, siamo tenuti a brillare, a illuminare con la nostra vita e con le nostre opere le città, i villaggi e i luoghi che abitiamo, le persone che frequentiamo, le attività che portiamo avanti”. Così Francesco aggiunge: “non accada che la nostra luce si spenga, che dalla nostra vita scompaia l’ossigeno della carità, che le opere del male tolgano aria pura alla nostra testimonianza”.
Al termine della celebrazione a Juba il vescovo di Roma ricorda santa Giuseppina Bakhita, originaria del Sudan e canonizzata, nel duemila, da Giovanni Paolo II “una grande donna, che con la grazia di Dio ha trasformato in speranza la sofferenza patita”.
Speranza è la prima parola che il Papa lascia al Paese, “dono da condividere, seme che porti frutto”. Speranza nel segno della donna, di “tutte le donne del Paese”.
Poi pace; più volte ha ripetuto, nella Repubblica del Congo, in Sud Sudan questa parola. Assieme all’arcivescovo anglicano Justin Welby e al pastore della chiesa di Scozia Iain Greenshields “continueremo – afferma – a accompagnare i vostri passi, tutti e tre insieme, facendo tutto quello che possiamo perché siano passi di pace, passi verso la pace”. A Maria affida “la pace nel mondo, in particolare i numerosi Paesi che si trovano in guerra, come la martoriata Ucraina”. (Fabio Zavattaro)