La domenica del Papa: porgi l’altra guancia

21 Febbraio 2022 – Roma – Dopo aver ascoltato il discorso della pianura, discorso di benedizioni e minacce, le beatitudini così come Luca le propone, l’evangelista porta a conclusione le parole che Gesù ha pronunciato davanti la folla che lo ha seguito ai piedi del monte – per Matteo, infatti, è il discorso della montagna – nei pressi del lago di Tiberiade; parole che il Signore rivolge a coloro che hanno già scelto di seguirlo, abbandonando tutto. In questa domenica in primo piano è l’amore per i nemici, la rinuncia alla vendetta e alla violenza: “ma a voi che ascoltate io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano…” E c’è quella parola che sempre con maggiore difficoltà ascoltiamo nei momenti di difficoltà, di torti e ‘ferite’ subite: perdono. Quante volte sentiamo dalla viva voce di persone che hanno vissuto una ferita lacerante, un lutto: non posso perdonare, deve pagare per quello che ha fatto. Guai a non rispettare quel dolore vissuto, a mettere in secondo piano quella ferita lacerante. Ma la parola perdono non è un impedimento al cammino della giustizia, non cancella la colpa. Gesù arrestato, deriso, schiaffeggiato, ferito e morto sulla croce ci dice che il male, la violenza non si vincono con altro male; l’odio può essere vinto dall’amore.

Il Vangelo oggi ci ricorda: “non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati”. Ecco il comandamento ‘altro’ e ‘alto’ che Gesù propone al credente: “amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano”.

Parole quanto mai importanti in questi giorni in cui soffiano venti di guerra alle porte dell’Europa: “com’è triste, quando persone e popoli fieri di essere cristiani vedono gli altri come nemici e pensano a farsi guerra”, dice Papa Francesco all’Angelus.

Proprio nei momenti più difficili il cristiano è chiamato a “non cedere all’istinto e all’odio, ma a andare oltre”. Ecco che torna quel porgere l’altra guancia, spesso così difficile da mettere in pratica. Francesco si domanda: davvero il Signore ci chiede cose impossibili, anzi ingiuste? “Porgere l’altra guancia – dice il Papa – non significa subire in silenzio, cedere all’ingiustizia. Gesù con la sua domanda denuncia ciò che è ingiusto. Però lo fa senza ira né violenza, anzi con gentilezza. Non vuole innescare una discussione, ma disinnescare il rancore: spegnere insieme l’odio e l’ingiustizia, cercando di recuperare il fratello colpevole”. La risposta più forte è la mitezza, e porgere l’altra guancia “non è il ripiego del perdente, ma l’azione di chi ha una forza interiore più grande, che vince il male col bene, che apre una breccia nel cuore del nemico, smascherando l’assurdità del suo odio. Non è dettata dal calcolo, ma dall’amore”.

Certo non è facile amare i propri nemici, ma non mancano uomini che lo hanno fatto, come il cardinale François-Xavier Van Thuàn, che ha trascorso 13 anni nelle carceri vietnamite senza giudizio, e ai carcerieri che gli chiedevano perché li amasse, rispondeva: “Gesù me lo ha insegnato; e se io, come cristiano, non vi amo, non sono degno di portare il nome di cristiano”. O, ancora, il Mahatma Gandhi, Martin Luther King, e Nelson Mandela che hanno fatto della non violenza la loro bandiera.

“Se dipendesse solo da noi”, afferma ancora Papa Francesco all’Angelus, “sarebbe impossibile” amare i propri nemici. Ma “quando il Signore chiede qualcosa, vuole donarla. Quando mi dice di amare i nemici, vuole darmi la capacità di farlo”. È dunque grazie allo Spirito di Gesù che “possiamo rispondere al male con il bene, amare chi ci fa del male. Così fanno i cristiani”.

Quando ci fanno un torto, qualcosa di male, afferma ancora il vescovo di Roma, “andiamo subito a raccontare agli altri e ci sentiamo vittime”. Invece “preghiamo per quella persona, per chi ci ha fatto del male”. Pregando “viene meno questo sentimento di rancore; pregare per chi ci ha trattato male è la prima cosa per trasformare il male in bene”.

Una preghiera, infine, Francesco la chiede per i tanti medici, infermieri, volontari che stanno vicino, curano e aiutano gli ammalati, a volte subendo anche violenze. Dice: “comportamento eroico nel tempo del Covid, ma questa eroicità rimane tutti i giorni”. (Fabio Zavattaro – SIR)

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