1 Novembre 2021 – Città del Vaticano – Mentre si chiude a Roma il G20 che ha registrato un timidissimo impegno sulla transizione ecologica, si apre a Glasgow la 26ma Conferenza sul cambiamento climatico, la COP26, con l’obiettivo, almeno a parole, di mantenere gli impegni presi nel 2015 a Parigi e di ridurre a zero le emissioni di gas serra entro il 2050. In piazza San Pietro, papa Francesco invita a visitare la mostra fotografica Laudato si’ opera di un giovane fotografo originario del Bangladesh. E scrive, nella prefazione al libro Laudato si’ Reader, pubblicata in anteprima dal Corriere della sera, che “il grido della terra e il grido dei poveri, che ho presentato nella Laudato si’ come conseguenza emblematica del nostro fallimento nel prenderci cura della nostra casa comune, è stato amplificato di recente dall’emergenza del Covid 19, che l’umanità sta ancora cercando di contrastare. Perciò una crisi ecologica, rappresentata dal grido della terra, e una crisi sociale, rappresentata dal grido dei poveri, sono state rese letali da una crisi sanitaria: la pandemia del Covid 19”. Così all’Angelus il Papa prega perché “il grido della terra e dei poveri sia ascoltato”, e auspica che l’incontro di Glasgow “possa dare risposte efficaci”.
Custodire il creato e amare il prossimo. C’è anche un po’ di sintonia con quanto leggiamo nel Vangelo di Marco, l’incontro di Gesù con uno scriba – uno solo e non un gruppo, come altre volte abbiamo avuto modo di leggere nei testi degli evangelisti – il quale chiede quale sia il primo dei comandamenti. Domanda che implica, in un certo senso, una gerarchia, un ordine, secondo il quale, osservando il primo della lista si è in sintonia con la parola e la volontà di Dio.
È il comandamento dell’amore in cui l’altro, il prossimo, deve essere amato come fosse la nostra stessa persona; e Dio deve essere amato con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza. Lo scriba, scrive Marco, ripete, con parole simili, la risposta ricevuta da Gesù. Ed è questo ripetere che papa Francesco mette in primo piano nel suo discorso prima della preghiera mariana, utilizzando un termine che trae dalla tradizione monastica: ruminare. Per il vescovo di Roma, dunque, la ripetizione è importante, perché “la parola del Signore non può essere ricevuta come una qualsiasi notizia di cronaca: va ripetuta, fatta propria, custodita. La tradizione monastica usa un termine audace ma molto concreto: la Parola di Dio va ‘ruminata’. Possiamo dire che è così nutriente che deve raggiungere ogni ambito della vita”.
Non basta essere abili commentatori, dice il Papa; la parola di Dio occorre farla entrare nella propria vita. Il Signore “cerca cuori docili che, accogliendo la sua parola, si lasciano cambiare dentro. Ecco perché è così importante familiarizzare con il Vangelo”. In questo modo “ognuno di noi può diventare una traduzione vivente, diversa, e originale dell’unica parola di amore che Dio ci dona”.
Il comandamento dell’amore non può rimanere lettera morta, aggiunge ancora Francesco. Come cristiani siamo chiamati a essere testimoni di un modo diverso di essere accanto all’altro, di guardare al creato per rispettarlo e esserne custodi. Per questo Francesco chiede, nella prefazione del libro, di “sviluppare una nuova forma di solidarietà universale che sia fondata sulla fratellanza, sull’amore, sulla comprensione reciproca: una solidarietà che valorizzi le persone più del profitto, che cerchi nuovi modi di intendere sviluppo e progresso”. Peggio di questa crisi, diceva il Papa nel maggio dello scorso anno, c’è solo il rischio di sprecarla.
Oggi ci troviamo a fare i conti con resistenze e interessi che escludono le persone in nome del profitto. Ecco allora che il grido della terra e dei poveri diventa davvero assordante. Già Paolo VI metteva in guardia il mondo, dicendo che i popoli della fame interpellano drammaticamente i popoli dell’opulenza, e questo accadeva nel 1985. Grido inascoltato allora, come inascoltato è l’appello di papa Francesco nella sua Laudato si’, che oggi ci chiede di non uscire da questa crisi “uguali a quando vi siamo entrati”. (Fabio Zavattaro – SIR)