Vangelo Migrante: XXX domenica del Tempo Ordinario – b (Vangelo Mc 10,46-52)

21 Ottobre 2021 – Un mendicante cieco, l’ultimo della fila, un naufrago della vita, al passaggio di Gesù comincia a gridare: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” Non proprio una richiesta di perdono ma la celebrazione del dono di un dialogo con Dio, sempre possibile, anche nella disperazione o in uno ‘stato di fermo’ come in questo caso.

“Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Il suo è un grido fuori programma che disturba. Disturba il disturba i riti e le aspettative; disturba chi pensa male di Dio e professa la fede nel ‘fai da te’, disturba chi gode nel confondere il peccato con il peccatore. Ma la vita è un fuori programma continuo e il Figlio di Dio lo sa. Esistono nell’uomo gemiti di cui abbiamo perso l’alfabeto e grida su cui non siamo più capaci di sintonizzarci.

Gesù, il Rabbi, ascolta e risponde. La sua attenzione libera tutta l’energia della vita: il cieco, non parla, grida; non si toglie il mantello, lo getta; non si alza da terra, ma balza in piedi.

La fede porta con sé un balzo in avanti, porte che si spalancano, un ‘di più’ illogico e bello. Credere è acquisire la bellezza del vivere, purificare i desideri, abbandonare il superfluo: “che cosa vuoi che io faccia per te?”, chiede Gesù!

Fidandosi di Gesù e perseverando anche dinanzi ai rimproveri circostanti, Bartimeo guarisce come uomo, prima che come cieco. Il Figlio di Davide si è accorto di lui, lo ha toccato e lo ha tirato fuori dal suo naufragio umano.

Il vero ‘miracolo’ è che è sempre possibile la fiducia e speranza in Dio, in ogni circostanza della vita si può dialogare con Lui e, quando serve, gli va fatto spazio.

È questa la cura che guarisce la nostra umanità persa, ferita, abbandonata o dimenticata. Ci rimette al mondo e ci rende anche discepoli, … con occhi nuovi. (p. Gaetano Saracino)

 

 

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