26 Settembre 2021 – Loreto – Pubblichiamo l’omelia di mons. Piero Coccia, Presidente della Conferenza Episcopale delle Marche pronunciata questa mattina nel santuario della Santa Casa di Loreto in occasione della Celebrazione nazionale in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato promossa dalla Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes.
- Il Signore sia con voi! Questo saluto della liturgia che facciamo nostro, giunga dal Santuario della Santa Casa di Loreto dove stiamo celebrando la Santa Messa, a tutti i presenti e a tutti coloro che ci stanno seguendo su RAI 1.
Oggi la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.
I Vescovi italiani, attraverso la Commissione per le Migrazioni e la fondazione “Migrantes”, quest’anno hanno scelto il Santuario di Loreto e la Regione Marche per la sua celebrazione in chiave nazionale.
Tale scelta non è casuale ma motivata da varie ragioni.
Il Santuario di Loreto definito da Papa Francesco nella sua visita del 25 marzo 2019, casa dei giovani, dei malati e della famiglia, compresa quella umana, custodisce la Santa Casa dove fu accolto Gesù il Verbo fatto carne. Questo luogo pertanto ci fa fare memoria dell’accoglienza.
Le Marche inoltre, regione al plurale ma plasmata dalla fede, da sempre ha saputo declinare la sua identità cristiana in sintesi culturali, integrando le varie differenze nella prospettiva dell’accoglienza e dell’arricchimento reciproco.
Di fatto l’accoglienza è nel DNA della nostra gente perché l’esperienza religiosa ha generato una ricca tradizione culturale. Non a caso la regione registra una significativa presenza di persone provenienti da altre terre ed oggi felicemente integrate nel suo tessuto sociale, economico e culturale.
Infine non va sottovalutato il fenomeno della migrazione interna che la regione sta vivendo a causa del recente terremoto e che ha visto migliaia di persone, lasciare l’entroterra per riversarsi sulla costa. Fenomeno questo che molto ha impegnato anche le nostre diocesi.
- La scelta di celebrare la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato nella nostra Regione non può che onorarci ma anche responsabilizzarci nel dare attuazione concreta al Messaggio inviatoci da Papa Francesco, il cui titolo è significativo e nel contempo molto impegnativo: “Verso un noi sempre più grande”.
Le parole del Papa ci interpellano e ci sollecitano ad uscire dal nostro “io” per costruire il “noi” dell’umanità. Papa Francesco ci ricorda che tale processo ci è richiesto dal messaggio biblico riferito alla creazione ed alla redenzione; da un’esperienza di chiesa che deve essere sempre più cattolica e cioè universale; da un mondo che esige di essere sempre più inclusivo superando conflitti e contrapposizioni e dove ognuno di noi è chiamato a mettere a servizio di tutti, i propri doni per realizzare un futuro “a colori”.
Le puntuali riflessioni del Papa ci impegnano a edificare con grande responsabilità un’umanità nuova che sappia amare, pensare e vivere come una grande famiglia per realizzare quella casa comune che spesso il Papa ci ricorda.
- Ma vado oltre. Con voi cari fedeli mi chiedo: a tale riguardo cosa ci sta dicendo la liturgia odierna?
Ci sta sollecitando ad essere costruttori del “noi”, promuovendo la cultura della inclusione, della relativizzazione dei beni materiali e della loro condivisione. Tre parole dunque che indicano tre esperienze a cui tutti noi siamo chiamati.
Il libro dei Numeri (11, 25-29) ci riferisce la reazione decisa di Mosè di fronte alla richiesta di Giosuè di escludere dal ministero della profezia Eldad e Medad. La tentazione di Giosuè è anche la nostra. Non di rado anche noi siamo portati all’esclusione dell’altro, anche del migrante. Ma la parola di Dio ci chiama ad un cambio di mentalità. Il migrante è sempre un fratello, anche se meno fortunato di noi, che quasi sempre fugge dalla guerra, dalla fame e dalla violenza di ogni tipo. La costruzione di un “noi sempre più grande” passa dunque attraverso il processo dell’inclusione che si fa atteggiamento culturale ed esistenziale.
San Giacomo Apostolo nella sua lettera (5, 1-6), ci indica poi il secondo processo necessario per costruire il “noi”: quello della relativizzazione dei beni materiali.
Pungenti sono le parole dell’apostolo nei confronti di chi assolutizza ed accumula i beni materiali: “piangete per le vostre sciagure […]. Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme…il vostro oro ed il vostro argento sono consumati dalla ruggine”.
La costruzione del “noi sempre più grande” richiede una forte convinzione: i beni materiali sono necessari ma non assoluti ed il loro accumulo non è giustificato.
Oggi si rende sempre più necessario il superamento di un duplice pregiudizio: quello della “materialità” intesa come unica sfera realizzativa della persona, come anche quello dell’accumulo dei beni come segno di grande potere. L’inseguimento di questi “miti” potrebbe renderci corresponsabili di tante ingiustizie anche nei confronti dei migranti i quali non poche volte per un pezzo di pane si piegano ad ogni forma di ricatto e di sfruttamento.
Non rendiamoci responsabili di un’umanità disumana!
Il Vangelo di Marco (9,38-43.45.47-48) ci riporta le parole di Gesù: “chiunque vi darà da bere un bicchiere di acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità vi dico non perderà la sua ricompensa”. La realizzazione di “un noi sempre più grande”, richiede l’esperienza della condivisione.
Tutti abbiamo le nostre ricchezze materiali, spirituali, culturali, professionali. Non sempre ci rendiamo conto che quanto ci è dato o quanto da noi conquistato, va condiviso per motivi di giustizia e di amore fraterno con chi ha meno di noi e vive nel bisogno dell’essenziale: cibo, casa, vestiario, lavoro…ecc. Per costruire un “noi sempre più grande” abbiamo bisogno di sostituire l’ansia del possesso individualistico con il sentimento e la convinzione della condivisione.
Accogliamo l’invito di Papa Francesco e della liturgia di oggi, a fare del nostro “io” un “noi più grande” rendendoci artefici di una società più accogliente, più fraterna, più giusta e più solidale attraverso la triplice esperienza dell’inclusione dell’altro, della relativizzazione dei beni materiali e della condivisione di quanto abbiamo.
La Vergine di Loreto che ha vissuto nella sua persona l’accoglienza del Verbo fatto carne, sia per noi modello ed aiuto per essere persone e comunità accoglienti.
Sia lodato Gesù Cristo.