8 Giugno 2021 – Milano – Erano quasi arrivati. Il sogno di una vita nuova, lontano dalla guerra e dalle violenze, stava per realizzarsi. Ma non è stato così. Il piccolo Artin e la sua famiglia di origine curdo iraniana non ce l’hanno fatta. Proprio nell’ultimo miglio. La loro barca, partita da Dunkerque, in Francia, alla fine non è mai arrivata in Gran Bretagna. Si è capovolta nel Canale della Manica, trascinandosi l’intera famiglia partita dal villaggio natale tre mesi prima. È il triste e drammatico epilogo dell’esodo di Rasoul Iran-Nejad, di 35 anni, della madre Shiva Mohammad Panahi, 35, della figlia più grande Anita, di 9 anni e di Armin, sei, tutti morti, come il più piccolo della famiglia, Artin, di soli 15 mesi. Il naufragio, ricostruisce la Bbc, è avvenuto lo scorso 27 ottobre. Altri quindici migranti furono portati in ospedale e sulla tragedia è stata aperta un’inchiesta a Dunkerque dalla procura francese. Il corpicino del piccolo Artin è stato trovato la notte di Capodanno sulla costa sud-occidentale della Norvegia, vicino a Karmoy. È di pochi giorni fa invece il risultato del test del Dna comunicato dalla polizia norvegese. Per giungere all’identificazione è stato ottenuto un profilo del Dna e alla famiglia è stato comunicato che si trattava effettivamente di Artin, aggiunge la stessa fonte, citando poi una dichiarazione della polizia in cui si afferma che «professionisti qualificati del dipartimento di scienze forensi dell’ospedale universitario di Oslo sono riusciti a recuperare i profili del Dna corrispondenti». I resti del bambino verranno ora riportati in Iran per essere seppelliti. La famiglia di Artin veniva dalla città di Sardasgt, nell’Iran occidentale, vicino al confine con l’Iraq, ed era giunta in Francia dopo essere passata per la Turchia e l’Italia. I curdi iraniani sono una minoranza emarginata dal punto di vista politico ed economico nel loro Paese e a migliaia si affidano ogni anno ai trafficanti per cercare di raggiungere l’Europa. La famiglia di Artin aveva fatto scalo anche in Italia, a Taranto, dove era giunta a bordo di un veliero. Qui aveva tentato la difficile risalita dello Stivale e il passaggio (altrettanto difficoltoso) della frontiera francese, non si sa se attraverso Ventimiglia o, più probabile fra agosto e settembre, da Bardonecchia al Monginevro. Al campo di Dunkerque, in Francia, dove la famiglia è rimasta alcuni giorni in attesa del passaggio sul barcone, si ricordano ancora del piccolo Artin, particolarmente vivace e sempre allegro. «Sono sia felice che triste», ha raccontato alla Bbc Niyaht, la zia di Artin rintracciata dalla polizia norvegese. «Felice che il corpo di Artin sia stato finalmente trovato, e triste naturalmente perché ci ha lasciato per sempre». Fra i tanti messaggi ricevuti prima della partenza dalla Francia, il padre di Artin aveva scritto ai parenti informandoli del viaggio pericoloso che si apprestavano ad affrontare attraverso la Manica ma aggiungendo anche «non abbiamo scelta». «Se vogliamo andare con un camion, abbiamo bisogno di più soldi e ora non li abbiamo» aveva scritto. Una scoperta amara per la famiglia del bambino, i cui resti saranno rispediti in Iran per la sepoltura da parte dei familiari prima angosciati dalla scomparsa di Artin, ora addolorati per la sua fine spaventosa in una delle rotte più pericolose. (Daniela Fassini – Avvenire)