15 Ottobre 2020 – Le parabole di Gesù dirette a sommi sacerdoti e farisei, hanno suscitato un crescendo di ostilità al punto che questi gruppi, accordandosi addirittura con una fazione opposta, nemica giurata, gli erodiani, “cercano di impadronirsi di Lui” probabilmente per metterlo definitivamente a tacere.
E lo fanno a modo loro. Con una trappola ben congegnata. Gli chiedono: “è lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Come a dire: “stai con gli invasori o con la tua gente?”. Con qualsiasi risposta, Gesù avrebbe rischiato la vita: o per la spada dei Romani, come istigatore alla rivolta, o per il pugnale degli Zeloti, come sostenitore degli occupanti.
L’opportunismo e la malafede degli ipocriti di ogni tempo hanno caratterizzato con frequenza la storia del rapporto tra fede e politica. Molto spesso, purtroppo, pregiudizi e interessi inconfessabili ma facilmente intuibili hanno reso e rendono il dibattito su questi temi superficiale, improduttivo e fastidioso. Gesù, come sempre, non si lascia ingannare. Dalla domanda tira fuori un problema che interessa tutti. Non è in gioco il suo agire ma un comportamento che riguarda ogni uomo. Per questo resta ‘sul pezzo’ e chiede ai suoi interlocutori di fargli vedere la moneta che serve per pagare il tributo. I farisei gli mostrano una moneta romana, dimostrando nei fatti di usare il denaro coniato da Cesare e di riconoscerne di conseguenza il potere politico. Il tutto avviene nell’area sacra del tempio, dove era proibito introdurre qualsiasi figura umana, anche se coniata sulle monete. A questo punto le sue parole non possono più essere strumentalizzate. Sono loro, gli osservanti, a violare la norma, mostrando di seguire la legge del denaro e non quella di Mosè. La sua risposta è nota e giustamente famosa: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.
Il detto significa che il potere sovrano e assoluto è uno solo, quello di Dio a cui loro, ipocritamente, dicono di credere e dinanzi al quale ogni persona si impegna a prendere le sue decisioni. Tuttavia a Dio si obbedisce anche pagando il tributo a Cesare, perché il potere politico è parte di un ordinamento indispensabile per cercare di realizzare una giusta e pacifica convivenza. Ma nell’uomo c’è sempre qualcosa di più grande (di trascendente), di cui nessuno può disporre all’infuori di Dio. A tutti dice: “Date dunque a Cesare ciò che è suo, ma non dategli l’anima. Non consegnatevi alla logica del potere. Perché voi non appartenete a nessun potere, restate liberi da tutti, ribelli ad ogni tentazione di lasciarvi asservire”.
A Cesare le cose, a Dio le persone. A Cesare oro e argento, a Dio l’uomo. Ogni uomo.
p. Gaetano Saracino