4 Ottobre 2020 – Città del Vaticano – La fraternità va promossa nei fatti e non solo a parole. Il papa nella sua Enciclica “Fratelli tutti”, firmata ieri ad Assisi e diffusa questa mattina al termine della preghiera dell’Angelus, evidenzia che una società fraterna è quella che promuove l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” e permettere a tutti di dare il meglio di sé. E per una società fraterna occorre volere concretamente il bene dell’altro e la solidarietà che ha cura delle persone più fragili e che non guardi le ideologie lontano contro ogni povertà. Per il papa il diritto a vivere con dignità non può essere negato a nessuno e ribadisce che i diritti sono senza frontiere. “Nessuno – scrive papa Francesco – può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato, e tanto meno a causa dei privilegi che altri possiedono per esser nati in luoghi con maggiori opportunità. I confini e le frontiere degli Stati – aggiunge – non possono impedire che questo si realizzi. Così come è inaccettabile che una persona abbia meno diritti per il fatto di essere donna, è altrettanto inaccettabile che il luogo di nascita o di residenza già di per sé determini minori opportunità di vita degna e di sviluppo”. E al tema dei migranti il pontefice dedica un intero capitolo dell’Enciclica, la terza del suo Pontificato dopo la prima “Lumen fidei” del 29 giugno 2013, iniziata da papa Benedetto XVI e completata e firmata da papa Bergoglio e la “Laudato si” del 24 maggio 2015, sull’ecologia integrale. Per il papa i migranti con le loro “vite lacerate” e in fuga da guerre, persecuzioni, catastrofi ambientali vanno accolti, protetti, promossi ed integrati come ha ricordato anche recentemente nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si è celebrata domenica scorsa. “In alcuni Paesi di arrivo, i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi. I migranti vengono considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca dignità di qualunque persona. Pertanto, devono essere ‘protagonisti del proprio riscatto”, scrive dopo aver sottolineato che da “alcuni regimi politici populisti quanto da posizioni economiche liberali, si sostiene che occorre evitare ad ogni costo l’arrivo di persone migranti. Al tempo stesso si argomenta che conviene limitare l’aiuto ai Paesi poveri, così che tocchino il fondo e decidano di adottare misure di austerità. Non ci si rende conto che, dietro queste affermazioni astratte difficili da sostenere, ci sono tante vite lacerate”, dice papa Francesco. E “ non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno importanti, meno umani. È inaccettabile che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti, facendo a volte prevalere certe preferenze politiche piuttosto che profonde convinzioni della propria fede: l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno”. Il papa dice di comprendere che
di fronte alle persone migranti “alcuni nutrano dubbi o provino timori. Lo capisco come un aspetto dell’istinto naturale di autodifesa. Ma è anche vero – sottolinea – che una persona e un popolo sono fecondi solo se sanno integrare creativamente dentro di sé l’apertura agli altri” ed invita ad “andare oltre queste reazioni primarie”, perché “il problema è quando [esse] condizionano il nostro modo di pensare e di agire al punto da renderci intolleranti, chiusi, forse anche – senza accorgercene – razzisti. E così la paura ci priva del desiderio e della capacità di incontrare l’altro”. Nell’enciclica, che il papa definisce “sociale” evidenzia che affermare che tutti siamo fratelli e sorelle come esseri umani “se non è solo un’astrazione ma prende carne e diventa concreta, ci pone una serie di sfide che ci smuovono, ci obbligano ad assumere nuove prospettive e a sviluppare nuove risposte”. E quando il prossimo è una persona migrante “si aggiungono sfide complesse”. Certo, spiega, “l’ideale sarebbe evitare le migrazioni non necessarie e a tale scopo la strada è creare nei Paesi di origine la possibilità concreta di vivere e di crescere con dignità, così che si possano trovare lì le condizioni per il proprio sviluppo integrale. Ma, finché non ci sono seri progressi in questa direzione, è nostro dovere rispettare il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona. I nostri sforzi nei confronti delle persone migranti che arrivano si possono riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Infatti, ‘non si tratta di calare dall’alto programmi assistenziali, ma di fare insieme un cammino attraverso queste quattro azioni, per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana’”. E papa Francesco indica alcune “risposte indispensabili” come il semplificare la concessione di visti, aprire corridoi umanitari, assicurare alloggi, sicurezza e servizi essenziali, offrire possibilità di lavoro e formazione, favorire i ricongiungimenti familiari, tutelare i minori, garantire la libertà religiosa e promuovere l’inserimento sociale. E per quanti sono arrivati già da tempo e sono inseriti nel tessuto sociale, è importante – per il pontefice – applicare il concetto di “cittadinanza”, che “si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che – scrive – porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli”. E per fare questo serve un “lavoro comune” con una “legislazione globale per le migrazioni” con lo stabilire “progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la risposta di emergenza. Essi dovrebbero da un lato aiutare effettivamente l’integrazione dei migranti nei Paesi di accoglienza e, nel contempo, favorire lo sviluppo dei Paesi di provenienza con politiche solidali, che però non sottomettano gli aiuti a strategie e pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate”. Il papa ribadisce che l’altro diverso da noi è un dono ed un arricchimento per tutti perché le differenze rappresentano una possibilità di crescita: “l’arrivo di persone diverse, che provengono da un contesto vitale e culturale differente, si trasforma in un dono, perché ‘quelle dei migranti sono anche storie di incontro tra persone e tra culture: per le comunità e le società in cui arrivano sono una opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale di tutti’”. Da qui la richiesta in particolare ai giovani di “non cadere nelle reti di coloro che vogliono metterli contro altri giovani che arrivano nei loro Paesi, descrivendoli come soggetti pericolosi e come se non avessero la stessa inalienabile dignità di ogni essere umano”. Quando si accoglie di cuore la persona diversa, “le si permette – si legge ancora nel documento magisteriale – di continuare ad essere sé stessa, mentre le si dà la possibilità di un nuovo sviluppo. Le varie culture, che hanno prodotto la loro ricchezza nel corso dei secoli, devono essere preservate perché il mondo non si impoverisca. E questo senza trascurare di stimolarle a lasciar emergere da sé stesse qualcosa di nuovo nell’incontro con altre realtà. Non va ignorato il rischio di finire vittime di una sclerosi culturale”. Perciò “abbiamo bisogno di comunicare, di scoprire le ricchezze di ognuno, di valorizzare ciò che ci unisce e di guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti. È necessario un dialogo paziente e fiducioso, in modo che le persone, le famiglie e le comunità possano trasmettere i valori della propria cultura e accogliere il bene proveniente dalle esperienze altrui”. Oggi abbiamo sempre più bisogno di far crescere la consapevolezza che oggi “o ci salviamo tutti o nessuno si salva. La povertà, il degrado, le sofferenze di una zona della terra sono un tacito terreno di coltura di problemi che alla fine toccheranno tutto il pianeta. Se ci preoccupa l’estinzione di alcune specie, dovrebbe assillarci il pensiero che dovunque ci sono persone e popoli che non sviluppano il loro potenziale e la loro bellezza a causa della povertà o di altri limiti strutturali. Perché questo finisce per impoverirci tutti”. Solo una cultura sociale e politica che “comprenda l’accoglienza gratuita potrà avere futuro”, è il pensiero del pontefice.
Raffaele Iaria