GMMR: la riflessione della Migrantes di Vicenza

24 Settembre 2020 – Vicenza – Il fenomeno della mobilità umana continua, anche a seguito dei continui e recenti sbarchi di profughi, a essere percepito come una emergenza di cui pare non vedersi la fine. Il dibattito politico ha influenzato e non poco questa percezione alimentando inoltre una reazione negativa che buona parte dell’opinione pubblica ha assunto di fronte alla presenza di immigrati sul nostro territorio nazionale. Le migrazioni partono da contesti segnati da conflitti, mancanza o negazione dei diritti umani, da situazioni di disagio economico per cui la mobilità umana va analizzata e vista oltre le situazioni di emergenza. Uno degli aspetti poco presente all’attenzione pubblica e al dibattito politico è la presenza dei figli di immigrati, un indice che conferma una relativa stabilità dei migranti in Italia. I numeri non sono irrilevanti: 1 milione 316 mila sono i minori di seconda generazione pari al 13% della popolazione da 0 a 17 anni. Di questi 777.940 sono nati in Italia. La loro capacità di integrazione e di adattamento al contesto socio-culturale è indubbiamente maggiore rispetto ai loro genitori diventando in tal senso promotori di integrazione ma, al tempo stesso, si ritrovano chiusi tra il contesto familiare e quello sociale subendo pressioni da entrambe le parti con evidente disagio per una loro armonica integrazione. Non ultimo pesano su di loro le difficoltà socio-economiche della famiglia quali il difficile mercato del lavoro, il dissolversi della rete sociale, la precarietà abitativa o addirittura il fallimento del progetto migratorio dei genitori. Tali frustrazioni vengono proiettate sui figli i quali possono assumere comportamenti di rifiuto della società ospitante o di reazione negativa nei confronti della cultura familiare stessa. Posti di fronte a situazioni e processi che non hanno scelto e di cui non hanno il controllo, il disagio, lo scoraggiamento e l’insicurezza incidono non poco nel loro processo di crescita con rilevanti ripercussioni anche nell’ambito scolastico. L’abbandono scolastico e le ripetenze pari al 27,3% rispetto al 14,3% degli alunni italiani ne sono la prova. Le nuove generazioni non si avvertono appartenenti esclusivamente alla cultura del loro gruppo familiare come pure non si sentono parte integrante della cultura in cui crescono e vivono e nondimeno appartengono ad entrambi. Si trovano tuttavia nella condizione di poter apprezzare la ricchezza e al tempo stesso far emergere i limiti di entrambi i contesti culturali in cui vivono. La ricerca di una loro identità e di relazioni sociali costruttive evidenzia l’importanza di modelli di riferimento dove anche i valori del gruppo etnico di appartenenza possano trovare accoglienza. L’azione pastorale della Chiesa non può sottrarsi al compito di una sana crescita umana e di fede che i figli di migranti richiedono. Si impone pertanto un accompagnamento umano e spirituale mediante un contesto sociale e pastorale dove le differenze non diventano né uno strumento di rivendicazione né di esclusione ma un ambiente dove l’essere riconosciuti nella propria identità è la condizione per mettersi in relazione con l’altro e costruire una società culturalmente diversificata e integrata. Non possiamo negare il rischio che anche le nostre comunità cristiane rimangano su posizioni conflittuali anche nei confronti dei figli di migranti ma non possiamo al tempo stesso dimenticare che queste sono chiamate in virtù della loro stessa vocazione ad offrire modelli di incontro e di comunione. (p. Domenico Colossi – Delegato vescovile Ufficio Migrantes).

 

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