Parma: una nuova casa per i rifugiati “esclusi”

12 Marzo 2020 – Parma – Wonderful Word, il mondo meraviglioso che canta Louis Armstrong, è il nome della casa di Parma che dallo scorso 23 dicembre accoglie migranti. Ed è davvero tutto bellissimo per chi come Salung, 31 anni, arrivato dal Gambia dopo un viaggio della speranza, con un permesso umanitario, ha vissuto per un anno in una ex pizzeria divenuta rifugio di invisibili. “Ora dormo bene, posso fare la doccia, lavare i miei vestiti”, sorride Salung mentre racconta. “La vita qui è molto bella – gli fa eco Dawda, altro gambiano –, le persone in questa casa ci hanno dato coraggio, studiamo, facciamo un corso per magazzinieri”.

Wonderful Word è un edificio su tre piani nella proprietà dei missionari Saveriani che questi hanno dato in comodato gratuito a Ciac (Centro immigrazione asilo e cooperazione) coordinatore della “Civiltà dell’accoglienza”. Una rete quest’ultima che comprende Caritas Parma e Fidenza, Cav, Comunità Betania, Di Mano in Mano, Istituto Buon Pastore, Pozzo di Sicar, San Giuseppe. “Eravamo alla ricerca di luoghi già a fine 2018, perché con i “decreti Salvini” molte persone sarebbero finite in strada e sarebbe nato un problema sociale”, ci racconta Emilio Rossi, presidente Ciac e responsabile della struttura. Dopo convegni e incontri pubblici “abbiamo capito che la solidarietà esiste e resiste, che le persone non rinunciano alla propria umanità. Il governo ha creato esclusi, la comunità si fa carico di accoglierli”. Il progetto non riceve finanziamenti pubblici – nell’ultimo piano della struttura verrà aperta a breve una casa per ferie per autofinanziarsi – e si sostiene tramite le associazioni. In questo solco è arrivata la risposta dei Saveriani pronti a fare missione anche in Italia, e di una sessantina di volontari che aiutano a mandare avanti la struttura.

Tra loro c’è chi, come Elena, 73enne con otto anni di volontariato in carcere alle spalle, insegna agli ospiti della casa a fare le pulizie. C’è Anastasia, origini greche, che di anni ne ha 29, è laureata in giurisprudenza con una tesi sul diritto d’asilo. E poi Bernadette e Franco, lei insegnante in pensione, lui cardiochirurgo, che oltre a essere impegnati in Africa con Emergency, hanno sentito il bisogno di condividere nella città in cui vivono quanto ricevuto nella vita.

La struttura di Parma può ospitare fino a 15 persone di entrambi i sessi – al momento della nostra visita c’erano nove uomini – che prima di essere ammesse fanno un colloquio con l’area legale, per verificare la regolarità dei documenti, e con quella sociosanitaria: vengono considerati come fossero beneficiari dell’ex Sprar. “Soprattutto – dice Chiara Marchetti, a capo dell’area progettazione di Ciac – devono avere la volontà di inserirsi nel percorso che è sperimentale perché prevede una responsabilità diffusa di volontari e ospiti”. Per il buon esito del progetto è importante un ricambio veloce ma equilibrato delle persone ospitate: il tempo di permanenza di tre mesi può essere prorogato, non all’infinito, affinché il migrante sia in grado di condurre una vita dignitosa.

A distanza di due mesi e mezzo dall’apertura della struttura si è deciso di farla conoscere dopo aver verificato – conclude Rossi – “che non è più un esperimento solo ideale, ma che può stare in piedi: è una casa che ha una sua forza”. Tanto grande da aver “infranto quella separazione che Salvini voleva creare tra noi e gli stranieri”. La speranza è che questo meraviglioso mondo di Parma possa propagarsi anche fuori dai confini della provincia. (Matteo Billi – Avvenire)

 

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