20 Febbraio 2020 – Bari – Il Mediterraneo è “anche luogo del riemergere di preoccupanti istanze teocratiche. Non solo in quei Paesi del Medio Oriente o dell’Africa che vivono una crescente islamizzazione dello Stato e il potere devastante di organizzazioni terroristiche, o in alcuni Paesi dell’est Europa, ma pure nei Paesi occidentali che sperimentano un tempo di disorientamento a partire dalla crisi del sistema economico e delle istituzioni democratiche e che rispondono ai flussi migratori irrigidendo i confini, chiudendo porti e valichi e negando ogni possibilità di accoglienza che comporti un reale confronto e la messa in movimento del sistema sociale”. A dirlo questa mattina Pina De Simone, coordinatrice del biennio di specializzazione in Teologia fondamentale della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale sezione San Luigi, nella relazione sul tema “Consegnare la fede alle generazioni future. Sfide e risorse nel contesto del Mediterraneo” che ha aperto la seconda giornata dell’incontro di Bari “Mediterraneo, frontiera di pace” promosso dalla CEI e che sarà concluso domenica, 23 febbraio, da Papa Francesco.
Per De Simone il Mediterraneo, “crocevia” di popoli, di culture e di religioni, da sempre “attesta l’interdipendenza dei popoli come un dato di realtà di cui prendere coscienza. Le culture che si sono sviluppate sulle sue sponde – ha aggiunto – sono il frutto di contaminazioni feconde maturate persino negli scontri e nei conflitti che l’hanno attraversato”. Il Mediterraneo è – ha detto ancora la docente della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale – “il mare del meticciato che ci ricorda come non ci sia identità senza l’altro. Per i credenti in Cristo Gesù è tempo di uscire da schemi di contrapposizione e di testimoniare una fede che è di per sé accogliente. Siamo chiamati ad essere ‘Chiesa dell’incontro’, a ‘disarmare i cuori’ ad abbattere ‘i muri dell’odio e della discordia’, nella consapevolezza della universale fraternità umana e nel riconoscimento della grande libertà di Dio che agisce anche al di fuori del cristianesimo”.
Un altro tratto della religiosità mediterranea che è “tutt’uno con la sostanza della fede cristiana”, ma che appartiene trasversalmente alle tre grandi tradizioni monoteistiche è l’ospitalità: “nella dialettica tra ospitalità e ostilità che attraversa l’esperienza religiosa come esperienza dell’assoluto e del vero, la religiosità mediterranea – ha detto De Simone – tende di per sé a privilegiare l’ospitalità a partire dal valore propriamente mediterraneo dell’accoglienza e dal dettato della fede. Basta pensare alle tante esperienze di accoglienza dello straniero e di convivenza pacifica tra persone di fede diversa che hanno visto e ancora vedono coinvolta la gente comune nella semplicità dei gesti quotidiani, al di là di ogni forzata contrapposizione ideologica e politica, e che sono vissute non mettendo tra parentesi la propria fede ma proprio a partire da questa”.
Nella rivelazione biblica “lo straniero e l’ospite sono “manifestazioni della presenza divina. E nel cristianesimo l’accoglienza dell’altro come fratello sgorga dal cuore stesso della Pasqua del Signore Gesù che ha distrutto in sé stesso l’inimicizia”!”. “Siamo dinanzi alla via maestra dell’annuncio del Vangelo”: accogliere l’altro “spalancare le porte del cuore, costruire una cultura dell’incontro, trame di dialogo e di fraternità vissuta come accade in tanti dei Paesi da cui veniamo. Accogliersi reciprocamente”. (R.Iaria)