Città del Vaticano – Una Chiesa “sollecitata a rivedere i suoi metodi, le sue espressioni e il suo linguaggio”: così mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ha introdotto la presentazione del messaggio del Papa per la Giornata 2012 nel corso di una conferenza stampa in Vaticano.
“Per avere un quadro concreto sulla mescolanza dei popoli come conseguenza del fenomeno migratorio – ha detto mons. Vegliò – basta dare uno sguardo, per esempio, al ‘Rapporto Mondiale del 2010 sulle Migrazioni’ dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (IOM), che individua i Paesi che hanno ‘accolto’ il maggior numero di migranti negli ultimi anni”. Essi sono gli Stati Uniti d’America, la Federazione Russa, la Germania, l’Arabia Saudita, il Canada, la Francia, il Regno Unito e la Spagna.
“È evidente – ha proseguito – che il miscuglio di nazionalità e di religioni va crescendo in misura esponenziale. Nei Paesi di antica cristianità osserviamo la penetrazione della secolarizzazione e la crescente insensibilità nei confronti della fede cristiana, mentre in alcuni Paesi a maggioranza non cristiana c’è un influsso emergente del Cristianesimo”. Mons. Vegliò ha anche evidenziato che “ovunque pullulano i nuovi movimenti settari, con il tentativo di ‘eliminare ogni visibilità sociale e simbolica della fede cristiana’, come se Dio e la Chiesa non esistessero”.
Presentando il messaggio pontificio mons. Joseph Kalathiparambil, segretario del dicastero vaticano ha sottolineato che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nel suo Rapporto statistico annuale, diffuso nella Giornata mondiale del rifugiato dello scorso mese di giugno, ha denunciato “profondi squilibri nel supporto internazionale che le persone sradicate dalle loro terre ricevono”.
“Secondo il Rapporto – ha spiegato – i 4/5 dei rifugiati del mondo sono accolti dai Paesi in via di sviluppo, sia in termini assoluti che in proporzione ai loro sistemi economici. In effetti, il maggior numero di rifugiati è oggi ospitato da Pakistan (1.900.000), Iran (1.100.000) e Siria (un milione)”. Mons. Kalathiparambil ha poi ricordato che “questo avviene in un periodo caratterizzato da crescenti sentimenti di ostilità nei confronti dei rifugiati in molti Paesi industrializzati”. “Richiedenti asilo e rifugiati arrivano in un Paese straniero con tante preoccupazioni causate da persecuzioni e dalla violazione dei diritti umani, che li costringono a fuggire dalla loro patria. Nella società che li accoglie – ha ricordato – essi hanno bisogno di compassione e di aiuto, in una parola cercano un luogo dove possano sentirsi a casa”.
Della situazione degli studenti stranieri ha parlato il Sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, p. Gabriele Bentoglio, sottolineando che il numero degli studenti all’estero ha superato i tre milioni e si prevede che raggiunga i 7 milioni entro il 2025.
“I principali Paesi che li accolgono – ha precisato – sono Stati Uniti d’America, Regno Unito, Germania e Francia. Nel corso del decennio appena concluso, tuttavia, i più bruschi aumenti percentuali si sono avuti in Nuova Zelanda e in Corea, seguiti da Australia, Canada e Giappone”. P. Bentoglio ha anche affermato che “oltre il 50% dei flussi totali di studenti internazionali registrati nel 2008 provenivano da una ventina di Paesi, tra cui, ai primi posti, figuravano Cina, Polonia, India e Messico. Rispetto agli anni precedenti, però, gli incrementi maggiori – ha precisato – sono da attribuire a Colombia, Cina, Romania e Marocco. Sono diminuiti, invece, gli studenti provenienti da Filippine e Federazione Russa”.
“Se la mobilità degli studenti internazionali è in aumento – ha aggiunto p. Bentoglio – di pari passo cresce l’urgenza che i luoghi dell’educazione e della formazione, soprattutto a livello universitario, acquisiscano e valorizzino il legame necessario e strategico fra la ‘profonda sete di verità e il desiderio di incontrare Dio’, come raccomanda il Santo Padre, riferendosi da una parte alle comunità cristiane, affinché ‘siano sensibili verso tanti ragazzi e ragazze che, proprio per la loro giovane età, oltre alla crescita culturale, hanno bisogno di punti di riferimento”. Dall’altra parte, è “ovviamente indispensabile il corretto intervento degli istituti universitari, specialmente quelli di ispirazione cristiana, perché ‘siano luogo di testimonianza e d’irradiazione della nuova evangelizzazione”.
Per il rappresentante del dicastero vaticano la missione di coloro che hanno una responsabilità accademica e pastorale nel mondo universitario “dovrebbe essere quella di incentivare la collaborazione tra le culture diverse degli studenti, anche in vista di un annuncio esplicito del Vangelo ai giovani”.