Roma – “E’ fondamentale assumersi la responsabilità dell’accoglienza, altrimenti non si risolvono i problemi di chi non ha casa”. Lo ha detto padre Paolo Torre, comboniano, da sette anni vive nella baraccopoli di Korogocho, a Nairobi (Kenya), nella missione fondata 20 anni fa da p.Alex Zanotelli. Padre Torre è intervenuto ieri pomeriggio a Roma al convegno intitolato “Casa dolce casa…il diritto all’alloggio è un diritto umano”, organizzato da Amnesty International, all’indomani del World habitat day. Nel mondo oltre 1 miliardo di persone vivono in baraccopoli, in insediamenti precari o per strada, e le cifre tendono ad aumentare, mentre le autorità procedono a sgomberi forzati in diversi Paesi del mondo, soprattutto nei confronti dei Rom. A Nairobi, ad esempio, dove alcune settimane fa un centinaio di persone sono morte in un incendio nella baraccopoli Sinai, il governo, anzichè provvedere in maniera seria, ha mandato le ruspe. A Korogocho, dove vivono 60.000 persone senza servizi e in situazione precaria, i comboniani accolgono ragazzi di strada, cercando di restituire loro dignità.
“Il processo di riabilitazione non è facile – ha precisato il comboniano – perchè questi ragazzi non si sentono più persone, ma numeri”. Secondo p. La Torre “in fondo al governo nigeriano fa comodo avere milioni di persone nelle baraccopoli, perchè costituiscono una forza lavoro a basso costo e un enorme bacino di consumatori”.
In Italia, a Milano finora sono state abbattute 3.000 baracche dei Rom e compiuti 575 sgomberi forzati, soprattutto nel 2010. “In questi anni si è passati da un clima culturale in cui si difendevano i poveri ad un clima in cui ci si difende dai poveri. Bisogna tornare a vivere in città che difendono i diritti dei poveri”, ha detto Stefano Pasta, della Comunità di S. Egidio di Milano. Pasta ha raccontato le vicende vissute dalle comunità rom di Milano in seguito agli sgomberi, “che continuano ancora oggi con il cambio di giunta, ma con minore intensità”.
“Dal 21 maggio 2008 si ragiona di presenza di rom e sinti in termini giuridici di stato di emergenza – ha ricordato Pasta – come i rifiuti a Napoli o il terremoto in Abruzzo. Ma il binomio campi/sgomberi è finalizzato a mantenere i rom nella marginalità”.
Una possibile soluzione del problema è stata indicata dai progetti portati avanti nella baraccopoli di via Rubattino, con il coinvolgimento di numerose famiglie milanesi: “Più di 100 rom ora hanno una casa, grazie ad accordi con cooperative sociali ed edili. Molti genitori milanesi si sono cointestati le case acquistate sul mercato, perché nessuno vende ai rom. Questo modello è stato replicato in altre zone”. Tutti gli interventi successivi, compresi quelli dei rappresentanti delle comunità rom, hanno messo l’accento sulla necessità di trovare un’alternativa dignitosa ai campi, anche con case auto-costruite dai Rom, di cui già esistono, ignorati, i progetti.