A Roma un festival di teatro italo-romeno

Roma – “Se avessi i mezzi, non farei altro che una panca di legno in mezzo al mare. Costruzione grandiosa di quercia ben levigata, per farvi riposare, durante la tempesta, i gabbiani più pigri. È faticoso dover spingere continuamente l’onda, facendola come impazzire. Il vento, soprattutto lui, vi si potrebbe sedere di tanto in tanto. E dire così, pensando a me ‘non ha fatto niente di buono nella sua vita, solo questa panca di legno, intorno alla quale ha messo il mare’. Ci ho pensato bene, questo lo farei proprio con tutto il cuore. Sarebbe come un rifugio, da starci con la testa tra le mani in mezzo all’anima”.

 
Le parole del poeta romeno Marin Sorescu hanno fatto da manifesto al festival “TeatRomania – emersioni sceniche”, una rassegna di teatro che mira a “promuovere il dialogo italo-romeno” attraverso la scena “come luogo privilegiato di indagine, confronto e condivisione”. La seconda edizione del festival si è svolta a Roma presso l’Accademia di Romania dal 15 al 18 settembre.
“L’idea nasce dalla volontà di far conoscere la drammaturgia contemporanea romena in Italia, perché ci sono delle personalità del teatro romeno che devono assolutamente essere esportate”, spiega Letteria Giuffré Pagano, direttrice artistica di “TeatRomania”. Il festival è nato nel 2010 per iniziativa congiunta del Forum degli intellettuali romeni in Italia (Firi), e dell’associazione culturale “Telluris associati”, un collettivo di artisti toscani di cui fa parte Pagano. La rassegna ospita compagnie italiane e romene con l’intento di “approfondire la conoscenza reciproca”, promuovendo il dialogo tra le culture dei due Paesi. “Mi piace pensare che il teatro proposto dal festival sia come la panca evocata da Sorescu – ammette la direttrice artistica – una ‘misteriosa inutilità’, un luogo privilegiato, dove ci si può fermare, riposare, e meditare”. Ed è in questa condizione speciale offerta dal teatro che la scena diventa “luogo dell’attenzione”, rifugio temporaneo dov’è possibile l’incontro e l’ascolto, lontano dal brusio indistinto e dai luoghi comuni.
“Nel mio Paese c’è molta gente senza cuore. Perché se lo sono mangiato”. Il festival ha ospitato due testi della drammaturga romena Alina Nelega, messi in scena dal Teatrul Bacovia di Bacau, e dal Teatrul Ariel di Tirgu-Mures. Due monologhi che affrontano il tema dell’uomo di fronte al potere da due punti di vista opposti. “Amalia respira profondamente” è la storia di una donna la cui vita viene sconvolta dalla dittatura comunista. Dall’infanzia all’età adulta, Amalia sperimenta diversi meccanismi di adattamento di fronte a un susseguirsi di eventi tragici. Dal suicidio della madre all’uccisione del fratello e dell’unico figlio, con forza e ingenua rassegnazione, la donna cerca nell’ideologia comunista un punto fermo cui aggrapparsi, nel tentativo di costruirsi un percorso in una vita frantumata. In un alternarsi di tragicità e ironia, lo spettacolo prende il ritmo di un respiro, che risulta essere unica risorsa possibile quando ogni tentativo di trovare un senso viene meno.
Lo spettacolo “Hess” affronta invece il tema della dittatura dal punto di vista del potere, raccontando l’ultimo giorno di vita di Rudolf Hess, collaboratore di Hitler. Prima di compiere il suicidio, Hess riepiloga la sua esistenza alla luce dei Dieci comandamenti, rivisitati secondo il suo personale sistema di “valori”. La figura di uno dei protagonisti del nazismo, diventa così l’occasione per vedere l’uomo dietro l’astrattismo dell’ideologia, scoprendolo vittima a sua volta del potere. “Il teatro romeno contemporaneo mostra una forza e una profondità da tempo dimenticate nel teatro nostrano”, commenta Pagano. “Il festival ci offre un’occasione, forse unica, per capire cosa c’è dall’altra parte – continua – e per scoprire che questa invasione può essere davvero arricchente”. (M. Fallani – SIR)