Bologna – Mons. Giancarlo Perego, Direttore Generale della Fondazione Migrantes, ha tenuto ieri giovedì 15 settembre una relazione sui minori stranieri all’interno di un seminario di psichiatria transculturale svoltosi nell’Aula Magna dell’Ospedale Maggiore di Bologna.
Volendo tracciare il panorama attuale sul tema, mons. Perego ha evidenziato che “in soli dieci anni, i minori stranieri in Italia sono quadruplicati, passando dai 284.000 del 2011 agli 862.453 del 2008, fino a superare il milione di oggi”, come si afferma nell’ultimo Dossier Statistico Immigrazione e nel XVI Rapporto sulle Migrazioni 2011 a cura dell’ISMU. Una cifra che, in percentuale, rappresenta il 22,2% della popolazione straniera regolarmente residente.
“Attualmente – ha continuato il direttore della Migrantes, via mare e via terra, per nascita o per ricongiungimento familiare o per tratta, in fuga da 24 guerre e disastri ambientali, tra fame, siccità e violenze, nascosti spesso nelle stive delle navi, nei camion, negli autobus, arrivano in Italia oltre 100.000 minori: sono volti di bambini, ragazzi, giovani alla ricerca di qualcosa di nuovo per la propria vita”.
Negli ultimi tempi, poi, una città è divenuta simbolo di questo mondo spesso in fuga: parliamo di Lampedusa, come ricorda mons. Perego nella sua relazione, che ha già accolto, e sta accogliendo in queste stesse ore, migliaia di migranti minori.
Come affrontare, con scelte progettuali in rete, un tema tanto vasto e diversificato? A questa domanda il direttore della Migrantes risponde punto per punto, caso per caso, presentando le diverse situazioni dei minori: da coloro che sono nati in Italia a quelli ricongiuntisi con la famiglia; dai non accompagnati o separati a quelli rifugiati o vittime della tratta; dagli emigranti ai figli del popolo rom, sinti o camminanti; da quelli che vivono l’esperienza del carcere a quelli adottati; e non ultimi i minori figli dei circensi. Per ognuno di loro mons. Perego indica una strada, sempre guidata dall’immagine del lavoro in rete, che possa venire incontro e promuovere socialmente e umanamente il minore.
Al termine della sua relazione il direttore ha evidenziato alcune proposte di ricerca, necessarie per affrontare la tematica a partire da una ricerca sul campo che sia puntuale ed estesa, in collaborazione con i diversi servizi territoriali, specificando i diversi obiettivi (sanitario, socio-sanitario, interculturale; sostenere la mediazione culturale, una forma di intervento ormai assodata, con una relazione interculturale che costruisca un rete di legami; connettere strettamente il mondo della cura del minore con il mondo della cooperazione, affinché si arrivi a conoscere davvero i contesti di provenienza dei minori spesso fortemente diversificati; un’apertura da incentivare soprattutto per quegli ambiti di provenienza “lontani” linguisticamente, culturalmente e dalle prospettive socio-culturali altamente differenziate; sviluppare un approccio culturale adeguato con la disabilità, che spesso presenta modelli di segregazione, non considerazione o bassa percezione; approfondire il ruolo della donna e madre, strategico in ogni progetto che abbia a cuore la cura del minore.