Mons. Castellucci: “Vivere sciogliendo le paure”

Modena – “Credo che occasioni come questa ci aiutino a ‘sciogliere le paure’: riusciamo a stare insieme e a riflettere senza “tirarci addosso delle pietre” e questo non è scontato”, così l’arcivescovo di Modena-Nonantola mons. Erio Castellucci ha commentato il primo appuntamento dell’itinerario Dalla paura all’incontro, organizzato dalla Pastorale sociale, dal Servizio di animazione missionaria e dalle sigle dell’associazionismo cattolico, alla luce dei verbi «accogliere», «proteggere», «promuovere », «integrare».

L’evento ha avuto luogo nella chiesa della Madonna Pellegrina. La vasta aula liturgica ha accolto circa 500 persone di tutte le età. La serata è stata introdotta dal vicario per la Pastorale sociale, don Matteo Cavani, che ha sottolineato come «questo tema riguarda tutti, perché siamo tutti migranti nel cammino della vita». L’intervento dell’arcivescovo è stato preceduto da un’animazione teatrale, con alcuni giovani che, il volto coperto da una maschera anonima e una valigia in mano, hanno rappresentato la paura che proviamo per l’altro, finché la distanza non cede il passo all’incontro e al dialogo.

«Le emozioni che ci ha offerto questo inizio artistico ci aiutano a dire qualche parola sul tema “accoglienza” – ha esordio Castellucci. – Paradossalmente, “accoglienza” è una parola che oggi divide, mentre dovrebbe unire. Purtroppo, è una delle prove di ciò che san Paolo chiama “mistero di iniquità” (2 Ts 2,7): ciò che dovrebbe unire, divide». L’arcivescovo ha proseguito: «Le parole sono come pietre: possono costruire ponti, per legare, ma possono anche essere usate contro, per distruggere. Se la parola “accoglienza” ci divide, è segno che dobbiamo andare più in profondità: nel Vangelo è la profondità delle relazioni». La difficoltà ad accogliere deriva anche da problemi di percezione, come ha sottolineato una recente ricerca dell’Istituto Cattaneo. «Per “accoglienza”, la Chiesa non intende una sorta di benvenuto disimpegnato. Il primo passo per superare la paura e passare all’accoglienza è una buona informazione – ha affermato Castellucci – Sui 260 milioni di migranti nel mondo attuale, si calcola che 22 milioni (circa l’8%) siano i rifugiati che fuggono da conflitti. In Italia, la popolazione che viene dall’estero è pari a circa l’8,3%. I musulmani sono una parte minoritaria, circa il 2,5% della popolazione». A proposito  della frase: «aiutiamoli a casa loro», poi, le cifre dicono che gli immigrati sono i primi ad «aiutarsi a casa loro», grazie a circa 5 miliardi all’anno di rimesse. Ma il punto centrale, nell’intervento di Castellucci, non ha riguardato i numeri, bensì i volti. «Noi cristiani dobbiamo dare spazio ai volti. I volti sono le esperienze di accoglienza che possono contrastare le esperienze di rifiuto», ha detto. Dare spazio ai volti, alle persone, può aiutare i cattolici a superare gli steccati che li stanno dividendo. «Uno dei difetti maggiori dei cattolici in Italia è questo: dividersi sulla dignità della persona. Sono riusciti a dividerci sulla vita umana. La vita nascente, la vita indigente, la vita migrante, la vita morente – ha concluso l’arcivescovo – . Ma la vita umana vale più degli aggettivi che potremmo attribuirle: è l’amore per la vita che ci sostiene e che fa partire la vera accoglienza».

Il prossimo appuntamento della rassegna, Promuovere, sarà domani, martedì 26 febbraio, alle 20.45 a San Paolo, con don Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes. (Francesco Gherardi – Nostro Tempo)