Roma – Le attuali scelte della politica vanno verso l’ascolto della paura. Lungo questa direttrice si sta posizionando anche il rinvio della firma del Global Compact for migration.
Appare una contraddizione tra quello che emerge dal dibattito pubblico e dalle opinioni delle persone sui fenomeni migratori e quello che invece accade quando gli italiani parlano degli immigrati. Così le decisioni politiche finiscono per diventare parziali, perché si preferisce esaltare una parte invece di proporre una sintesi.
Una ricerca condotta da Ipsos nel 2018 evidenzia che la maggioranza dei cittadini non assume una posizione estremista: il 72% sostiene che il diritto d’asilo vada attuato e che le persone che hanno bisogno di rifugio vadano tutelate. Inoltre il 61% afferma di essere preoccupato di un crescente sentimento razzista e discriminatorio verso i cittadini stranieri. Infine il 42% dichiara che l’Italia in quanto Paese di tradizione cattolica non dovrebbe tirarsi indietro nell’assistenza ai migranti. Allo stesso tempo si legge nel Rapporto Ismu sulle migrazioni 2018 che il 41% degli italiani vede l’immigrazione come un problema, si sovrastima il numero di migranti presenti sul territorio con un rapporto di 1 a 3,6, infine il 44% sostiene che gli immigrati non si sforzano di integrarsi nella cultura del nostro Paese. Insomma si rivela una posizione articolata che rivela la complessità della situazione, dove accoglienza e paura di non essere rispettati convivono. Le attuali scelte della politica vanno verso l’ascolto della paura. Lungo questa direttrice si sta posizionando anche il rinvio della firma del Global Compact for migration. Un trattato internazionale promosso dall’Onu per adottare un approccio globale al fenomeno dei flussi migratori. Ci si è resi conto, infatti, che per affrontare la questione non possono essere lasciati soli i singoli Paesi. Il trattato vorrebbe offrire un quadro normativo per ordinare i flussi di mobilità umana in modo sicuro e regolare. Dato che però il Global Compact delega ai diversi sistemi nazionali il modo di realizzare le politiche di accoglienza si lascia ampia libertà di manovra ai singoli Stati. Tuttavia le difficoltà per il governo italiano nascono soprattutto dalla tentazione di schierarsi per la chiusura delle frontiere. D’altronde alcuni dei suggerimenti contenuti nel testo non sono in linea con l’attuale posizione del governo: come osserva il sociologo Maurizio Ambrosini l’accordo «prevede la disponibilità e la flessibilità di percorsi di immigrazione regolare, l’impegno a salvare vite dei migranti in pericolo, l’impiego della detenzione dei migranti solo misura di ultima istanza… la riduzione dei costi dell’invio delle rimesse». Insomma l’Italia per ora sceglie di lasciare le porte socchiuse con la speranza che un giorno torni ad aprirle per riprendersi il suo ruolo costruttivo nello scenario internazionale. (Andrea Casavecchia – Sir)