Roma – Si svolgerà presto la prima Conferenza Mondiale delle donne di origine italiane residenti all’estero. Se ne è parlato sabato ad un seminario sulle donne promosso dal gruppo Donne del Cgie (Consiglio generale degli Italiani all’Estero) coordinate dalla vice segretario generale Silvana Mangione e dalla coordinatrice del Gruppo Donne Edith Pichler. Il seminario – ha spiegato Mangione introducendo i lavori – è stato voluto da tutto il Consiglio generale con l’obiettivo di “destare maggiore interesse e sensibilità verso quello che le donne fanno e costruiscono e gettare le basi per la prima Conferenza mondiale delle donne italiane all’estero”, che dovrebbe essere organizzata entro il 2020. Questa giornata “è un momento importante. Una giornata che guarda al futuro”, ha detto Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero della Farnesina, intervenendo al seminario mentre per il sottosegretario agli esteri e con delega agli italiani nel mondo, Ricardo Merlo, sono state le donne a “sostenere le famiglie emigrate”.
Vignali ha portato anche alcuni dati: circa 2,7 milioni le donne nei nostri schedari consolari “Sono giovani, l’età media è di 29 anni. Quella degli uomini è 32. Solo il 4% delle donne si dichiara casalinga, questo vuol dire che c’è una partecipazione attiva al mondo del lavoro”, ha detto aggiungendo che “La maggior parte è occupata in due settori che possiamo dire tradizionali: ristorazione e moda, ma ci sono tante altre professionalità. L’11 % è impiegato nei servizi, l’ 8 % nel marketing, il 6 % nella formazione, il 5 % nell’informatica, il 4 % nell’ingegneria, quasi il 3% nel management”.
Delfina Licata curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo per la Fondazione Migrantes, moderando nella mattinata il panel dedicato a leadership e rappresentanza ha dichiarato: “Nel corso degli ultimi decenni l’universo delle donne italiane all’estero è stato al centro di una notevole evoluzione culturale e socio-economica. Alle forti difficoltà che hanno segnato il percorso di inserimento occupazionale e di integrazione culturale delle ‘pioniere’, speculari ma amplificate rispetto a quelle affrontate dagli uomini, si affianca, oggi, l’alto grado di istruzione e formazione tanto delle loro figlie e nipoti, quanto delle ‘nuove’ giovani migranti. Ciò non significa però che oggi le donne italiane residenti all’estero godano indistintamente di una buona posizione e si siano completamente riscattate dal ruolo subalterno che ha segnato la loro esperienza di vita e di lavoro nel passato: anzi, le problematiche con cui devono confrontarsi sono ancora molte e complesse”. (R. Iaria)